Libri > Harry Potter
Ricorda la storia  |      
Autore: anneboleyn94    27/12/2013    3 recensioni
"Sono terrorizzato, confuso, spaesato, disorientato, perché a Hogwarts mi hanno insegnato molte cose, ma non ad allevare due cuccioli disorientati, spaventati e confusi quanto me."
Spin off di Daimon.
I pensieri di Remus Lupin sulla sua vita e sui due bambini che si è ritrovato ad allevare. Può essere letta anche da chi non conosce la storia. Note all'interno.
Genere: Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Nuovo personaggio, Remus Lupin
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Nessun contesto
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A

Con le unghie e con i denti

Titolo: Con  le unghie e con i denti
Note dell'autore: Questa storia è una spin off della mia long fic Daimon. Temporalmente, si colloca in un punto imprecisato tra il primo e il secondo anno a Hogwarts di Philippe. Può essere letta anche da chi non conosce la storia... tutto quello che c'è da sapere, è che sei anni dopo la morte dei Potter, Remus si è preso carico di due piccoli mannari francesi, ed è andato a vivere con un branco di licantropo. Per coloro che seguono Daimon: l'aggiornamento arriverà presto, non disperate.
Buona lettura




Il mio primo ricordo come lupo mannaro è svegliarmi nel mio letto, fasciato da bende candide e ricoperto da lenzuola che mi avvolgono come un sudario, mentre mia madre, seduta ai piedi del letto, piange coprendosi il volto con le mani, e ha la schiena curva e sembra piccola e minuta, e mio padre sta in piedi, davanti a lei, con la testa girata di lato e le spalle scosse da singhiozzi silenziosi. La scena è straziante e in qualche modo indecente, perché mia madre è forte e coraggiosa e mio padre non piange mai, e mi sembra di spiarli dal buco della serratura. Per un istante mi chiedo se sono morto, perché non riesco a spiegarmi altrimenti tanto dolore. E in seguito scopro che sì, sono morto. Respiro, cammino, mangio, soffro, piango e ho paura, ma sono morto, perché quello che ero, quello che credevo sarei diventato, è morto, e sono morte le parole che usavo per descrivermi a scuola quando gli insegnanti ci facevano presentare alla classe, sono morte le speranze che i miei genitori nutrivano per me, perché un padre vuole che il proprio figlio segua le sue orme senza tuttavia ripeterne gli sbagli, e una madre allatta il suo bambino al seno e giura a se stessa e all’universo intero che suo figlio non sarà altro se non felice, e invece io sono morto. Sono morto, perché una mattina mi sono alzato e respiravo, camminavo, mangiavo, sorridevo, giocavo e ridevo e la mattina dopo non ridevo più, soffrivo e piangevo e mi sentivo più vivo che mai perché il sangue bruciava in ogni mia vena, ma ero morto, dovevo essere morto, perché altrimenti come può uno svegliarsi una mattina ed essere un umano, un mago, e svegliarsi quella successiva e scoprire di essere un licantropo, e che la propria vita è finita?

I ricordi della mia infanzia sono chiari, eppure quando li richiamo alla mente mi appaiono grigi e freddi e distanti ed estranei, almeno fino al giorno in cui Albus Silente bussò alla nostra porta. Da quel momento, i miei ricordi hanno i colori dell’arcobaleno: rosso, come il dormitorio di Grifondoro, caldo e disordinato e accogliente; arancio, come i capelli di Lily, che prese posto vicino a me il primo giorno di scuola; gialli, come divennero gialli i capelli di Dereck Malley la prima volta che feci uno scherzo con James e Sirius; verde, come il parco di Hogwarts, teatro dei miei ricordi più belli; celeste, come gli occhi di James, limpidi e per nulla ingannevoli, oppure blu, come il fondo scuro del Lago sulle rive del quale nacquero i Malandrini; viola, come la veste indossata da Silente il giorno che bussò alla mia porta e mi offrì un posto a Hogwarts e io seppi che no, non ero morto.

I miei anni a Hogwarts sono avvolti da una bolla, sono come un sogno di quelli che ti fanno alzare la mattina col cuore gonfio e una canzone in testa, salvo poi scoprire che la realtà è ancora lì, immutata e crudele e difficile e dolorosa come quando sei andato a dormire, se non peggio. E per quanto tu possa aggrappartici, ben presto di quel sogno non rimarrà che l’eco di una felicità lontana ed effimera.
Eppure Hogwarts non era un sogno, era la mia vita, e sì, ci sono state risate, scherzi, giornate spensierate in Sala Comune e scorribande notturne, ma c’è stata anche la paura di essere scoperto e abbandonato, il senso di colpa per non riuscire a impormi quando  pensavo che lo scherzo stesse diventando pesante, e persino, per quanto sia difficile ammetterlo, l’invidia. Invidia per James e Sirius, belli e popolari  e viziati e che non si sono mai svegliati una mattina credendo di essere morti. 
A Hogwarts ho imparato la differenza tra bene e male, tra luce e buio; ho imparato il valore dell’amicizia e del coraggio e della lealtà e a essere fiero di dichiararmi un grifondoro, e ho imparato come funziona il mondo e a capire quando occorre lottare con le unghie e con i denti - persino unghie e denti di mannaro - per ciò in cui si crede, e quando invece bisogna cercare un compromesso.

E adesso mi sembra di essere  di nuovo quel bambino che si sveglia nel suo letto e si chiede se è morto, perché tutto quello che ho avuto il dono di conoscere e amare è stato spazzato via in una notte, la notte di Samhaine, notte di morte e di sconvolgimenti, e sei anni dopo, mentre cercavo un po’ di colore sul fondo di un boccale, è entrato lui, vestito non di viola ma di nero, e ho scoperto che ho ancora tutto da imparare. Sono terrorizzato, confuso, spaesato, disorientato, perché a Hogwarts mi hanno insegnato molte cose, ma non ad allevare due cuccioli disorientati, spaventati e confusi quanto me.
A Hogwarts ho imparato che ci sono il bene il male, grifondoro e serpeverde, noi e loro.

 E adesso non capisco… non capisco, perché Philippe è riservato e indipendente e silenzioso ed è finito a Serpeverde, e mi chiama Remus, e ogni volta lo fa con tono dubbioso, come se si aspettasse di non udire risposta, mentre Marc è vivace e non sta mai fermo e gioca con gli altri bambini ed è una peste, e quando mi chiama papà sento il cuore gonfio e una canzone in testa. Ma è il viso di Philippe quello che si è illuminato di gioia al sentir parlare di Hogwarts, come se per la prima volta dopo quattro anni avesse scoperto che sì, era vivo, ed è Philippe quello che viene in soggiorno quando sto alzato fino a tardi perché non riesco a dormire e mi porta una tazza fumante di cioccolata, per poi sedersi vicino a me e sorseggiare la sua in silenzio; è Philippe che mi sta sempre vicino quando ci raduniamo con gli altri in attesa della trasformazione, condividendo il mio disagio. E Marc è dolce, ed è ingenuo, e ha un cuore grande e gli occhi azzurri e limpidi come lo erano quelli di James, però quando lo osservo dormire raggomitolato sulla poltrona – perché è testardo e ostinato e si rifiuta di andare a letto finché non crolla addormentato in soggiorno o in cucina – non posso fare a meno di sentire una morsa allo stomaco, la stessa che provo ogni volta che vedo Lei che lo prende in braccio e gli racconta le sue storie e gli sorride, un sorriso dolce e fiero e possessivo che mi raggela nel profondo, perché è il sorriso che le si è stampato in faccia quando le ho parlato della prigionia dei bambini e di ciò che quel verme ha fatto fare a Marc, così piccolo e innocente.

E quando vedo quel sorriso, o il modo in cui Marc le scodinzola dietro e la chiama mamma, con la fiducia e la dolcezza di un devoto che si rivolga alla Dea Madre, o l’eccitazione del bambino via via che la luna piena si avvicina, sento una morsa allo stomaco e il gelo nel petto perché anche se sono un mago, e un adulto, e una persona razionale e so che Lei ha la bocca colma di sciocche superstizioni e Marc è solo un bambino e non ricorda niente di quella maledetta, dannata notte, non posso completamente scacciare dalla testa la paura che Marc, il vivace, solare, dolce Marc, con gli occhi limpidi e cristallini come quelli di James, sia davvero diverso da me e da Philippe. È una verità che leggo nella sua espressione cupa e burrascosa quando il fratello parte per Hogwarts, ed è una verità che leggo nello sguardo pieno di ironica compassione di Lei quando le dico che anche Marc andrà a Hogwarts, perché è un mago ed è suo diritto.
-    Ti sbagli – mi dicono quei tremendi, bellissimi occhi irrisori – lui non è come te, non è come te. Lui ha nutrito la Bestia. -
  
Leggi le 3 recensioni
Ricorda la storia  |       |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Torna indietro / Vai alla categoria: Libri > Harry Potter / Vai alla pagina dell'autore: anneboleyn94