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Autore: Parabates    27/12/2013    3 recensioni
Era una ragazza di circa diciassette anni. La vide un giorno della scorsa estate, in un prato, stava leggendo un libro, era d'incredibile bellezza. Era così strano di quei tempi vedere una ragazza così giovane sola e con gli occhi calamitati su quel tomo. Incuriosito, le si avvicinò abbastanza per cogliere meglio i suoi tratti. [...] Ricordava questo, questo e nient'altro nonostante l'avesse vista qualche ora prima.
In questo racconto è presente una malattia terminale, il cancro. Non verrà trattata in modo specifico, verrà tenuta piuttosto in disparte e in modo fittizio.
Genere: Drammatico, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Slash
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Capitolo Decimo.
trailer: 
https://www.youtube.com/watch?v=zHwg9fBEuHY
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"Non ti senti un po' imbroglione?"
"Nah, siamo in piena regola, in amore e in guerra tutto è lecito dice un detto, e noi siamo in amore, non è così?"
"Penso di si, penso proprio di si"
"Bene, ora che si fa?"
"Chiami Max"
"No, no. Prossima opzione"
"Non era una domanda a risposta multipla, anzi, non era proprio una domanda"
"Non posso chiamarlo"
"Certo che puoi, è il tuo ragazzo! E poi ora è il momento giusto per farlo."
"Oh no, non lo farò"
"Bene, allora lo faccio io, dammi il telefono"
"Non se ne parla, tu non fai proprio niente di niente!" Ma David riuscì a prendere il telefono dell'amico, andò su Rubrica e cercò il nome del ragazzo, trovando 'Max <3'
"Che carino, Max con il cuore" ironizzò
"Smettila, dammi quel telefono, Dav!" disse cercando di strapparglielo di mano, ma David lo fermò, era molto più forte di Dylan
"Shhh! Sta squillando"
"Dammi quel cellula.."
"Ciao Max-con-il-cuore!"
"Oh merda" commentò Dylan"
"Senti un po', sono David, l'amico di Lan, il quale è troppo imbarazzato per chiamati, così parlo io per lui, faccio da ambasciatore ed interprete di sentimenti altrui, ecco. Sono qui per farti una proposta, mi sembrava giusto dargli una spintarella"
"David attacca, per favore"
"Max, non far caso alla voce registrata di sottofondo -lo ignorò David- stammi a sentire, che ne dici di uscire oggi con Lan? Okay? Allora alle diciotto e un quarto al bar che si trova davanti la scuola, perfetto, perfetto! Grazie mille, ci sentiamo!" "Cazzo David, vaffanculo"
"Ehi ehi ehi, non ti arrabbiare, ti ho fatto un favore, mi ringrazierai"
"Cazzo David, io non ci vado. Che gli dico, eh? Sto lì a farmi dire quanto sono stupido?"
"Oh, calmati. Se proprio devi arrabbiarti con qualcuno, quel qualcuno sono io, quindi prego. Non prendertela con lui, Max non c'entra niente, no? Ecco. Quindi oggi andrai e gli chiederai scusa per avere un amico imbarazzante, improbabile ed inopportuno"
David sorrise "Mi sa che hai ragione"
"Certo che ho ragione, io ho sempre ragione"
"Non ci allarghiamo troppo, ora."
Risero tutti e due.
Passarono il tempo rimanente insieme, poi Dylan si avviò verso il bar dove aveva appuntamento, salutando l'amico e ringraziandolo per quello che aveva fatto.
"Siamo pari ora. Grazie a te, Lan"
Durante il tragitto nacquero numerosi dubbi nella testa di Dylan. Andare o no? Cosa avrebbe potuto dirgli? Che era un cazzone che non ascolta gli altri e giunge a conclusioni affrettate? Si fermò più volte durante il percorso per raggiungere il luogo di destinazione, a volte tornò anche indietro, ripensandoci, ma alla fine si rigirava sempre e si dirigeva verso il posto dove si erano dati appuntamento lui e Max, o per meglio dire David e Max.
Alla fine Dylan raggiunse il bar e vide Max seduto al bancone da solo, che girava il suo solito frappé alla fragola con un lungo cucchiaio, di quelli che si usano per i bicchieri alti. Prese fiato e si diresse con passo deciso verso l'entrata del negozio e spinse la porta di vetro, che suonò un campanello, avvisando tutti dell'entrata di un nuovo cliente. Max si girò, con gli occhi pieni di speranza, i quali, quando videro colui che stavano aspettando, iniziarono a sorridere, insieme alla bocca. "Ce l'hai fatta"
"Ehm si, mi ero perso" inventò una scusa Dylan, ma Max se ne accorse, ma face comunque finta di crederci.
"Era una vita che ti aspettavo"
"Si lo so, scusa."
"Tranquillo, stavo scherzando"
"Senti Max, mi dispiace. Sono uno stupido, ne sono consapevole, ma non sapevo davvero cosa dovessi fare e pensare. La situazione era quella che era: tu non mi chiamavi da settimane, mi evitavi quando mi vedevi, vedevo che abbassavi lo sguardo, non rispondevi neanche ai miei messaggi. Pensavo fosse qualcosa che avessi fatto io, pensavo di aver sbagliato qualcosa, ma quando ti ho visto con.. -esitò per un momento, sia per il dispiacere che aveva provato in quel momento sia perché non era sicuro di dover dire il nome della sorella- con quella ragazza. Non sapevo cosa pensare, mi dispiace tanto."
"No Dylan, sono io che devo scusarmi. Tutto quello che hai detto è giustissimo, è colpa mia. Avrei dovuto dirti quello che succedeva, che lei era mia sorella, si è mia sorella"
"Si, lo so, l'ho incontrata oggi. Non te l'ha detto?"
"Beh, in realtà no." Passò un attimo di silenzio. "Dylan, posso chiederti una cosa?"
"Certo, dimmi tutto"
Ma Max non chiese niente a Dylan, gli prese il viso tra le mani e lo baciò, come se fosse spinto da una forza immaginaria, probabilmente la passione. Quel bacio suscitò un po' di stupore sia in Dylan sia in tutti quelli che li stavano guardando, ma il ragazzo di staccò subito.
"Sai di fragola, lo sai che odio la fragola" si pulì la bocca Max rise "Scusami, ma, sai, sei troppo irresistibile"
"Si, lo so, ma ora so di fragola!"
"Cameriere, mi scusi, potrebbe portarci un frappé al cioccolato, per favore?" disse Max
"Certamente, arriva subito" rispose una voce
"Tu si che sai come farmi contento" gli disse Dylan mentre gli buttava al collo le braccia.



David era a casa, con quel pezzo di carta tra le mani, aveva il suo numero, ma cosa avrebbe dovuto farci? Non aveva una scusa abbastanza valida per chiamarla, anzi, a dire il vero, non ne aveva proprio nessuna. A quel punto arrivò la madre, che bussò e chiamò il suo nome.
"Che c'è?" rispose lui
"E' arrivato lo zio Alfred, dai scendi"
"Oh bene" disse con un tono non proprio felice.
Lo zio Alfred era il fratello più grande di James, il padre di David. Era abbastanza anziano, poco sopra la sessantina, aveva una struttura imponente, sembrava quasi un armadio tanto era grosso, era terribilmente scorbutico e puzzava sempre di alcol; aveva dei modi di fare di un cavernicolo, si scaccolava e diceva parolacce in continuazione, cosa che la madre di David non aveva mai sopportato, soprattutto quando il figlio piccolo era nei paraggi. David non l'aveva mai sopportato, quel modo di fare così rozzo era troppo per lui. Il ragazzo assomigliava molto alla madre, per certi versi, non sopportava che fosse così e quindi, quando veniva a stare da loro per quei quattro giorni all'anno, stava sempre fuori casa, specialmente da quando lo zio aveva saputo della sua malattia. Era indelicato e irrispettoso. Ciao malatino! Per quando hai programmato la tua morte?, Ma con la tua ragazza che fai? No guarda, non posso uscire, perché se no il vento mi si porta via, erano frasi tipiche, David non ci faceva più di tanto caso, la maggior parte delle volte, ma comunque gli dava fastidio, lo faceva sentire un inutile peso. Una volta Alfred se n'era uscito con Senti, non morire domenica, perché c'è la partita e non posso venire al tuo funerale e David, preso dalla rabbia, gli aveva risposto Ma stai tranquillo, io non ti ci voglio al mio funerale. Tutti c'erano rimasti di stucco, ma David non era riuscito a trattenersi.
David scese e, non appena lo vide, lo zio iniziò ad urlargli, con il suo vocione, che era troppo magro.
"Daniel -disse sbagliando il nome, come faceva la maggior parte delle volte- sei troppo pallido! Dove sono andati a finire quei bei muscoli che avevi l'anno scorso? E guarda che capelli! Sono troppo lunghi. Ogni anno peggiori sempre di più. James -si rivolse al fratello- non puoi crescere un figlio così! Se fosse mio figlio, sarebbe tutte un'altra cosa" peccato che nessuna donna voglia avvicinarsi a te neanche pagata profumatamente pensò David.
"Zio, mi chiamo David"
"Certo certo, come vuoi Daniel, sto solo scherzando, mozzarella"
David sbuffò "Mamma, io esco"
"Ma è tardi, rimani a casa" disse lei
"Helen, stai tranquilla, è abbastanza grande da capire che se tira un po' di vento, si deve aggrappare ad un palo!" rise del suo stesso cattivo scherzo. Nessuno rise, a parte lui, ovviamente.
David, semplicemente, ignorò le parole dello zio e uscì, senza avere una meta ben precisa.




Spazio autrice
Buona sera popolo di Efp!
Questa storia non se la fila più nessuno, mi dispiace, davvero. Nessuno legge, nessuno recensisce è triste, tristissimo. Credo che continuerò a pubblicarla per me.
Tanto così, per occupare il tempo.
Se c'è ancora qualcuno che mi segue, lo ringrazio, con tutto il cuore.
Magari ci sentiamo presto, okay?
Love you all
S.

xoxo


   
 
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