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Autore: Darkry    28/12/2013    1 recensioni
Karol, una ragazza ricchissima, ha appena compiuto ventuno anni.
Il padre decide di regalare a lei e ad i suoi più cari amici, Tracey e Mark, una crociera di 106 giorni.
Ancora non sa che il destino la chiamerà a pareggiare i conti. Ancora non sa che lì, sulla nave, incontrerà Jake, che le aprirà gli occhi su un mondo da lei dimenticato, su emozioni messe a tacere dopo un brusco incidente.
Lì, sulla nave, Karol riscoprirà se stessa, scoprirà cosa significa amare e soffrire per amore... in un sogno fatto di ghiaccio.
Genere: Introspettivo, Romantico, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago
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CAPITOLO 5.

 
Imagine e trailer non disponibili... D:
Ringraziate il computer di Federica ma soprattutto Federica per questa pubblicazione improvvisa..

 
«Ragazzi, grazie infinite!» gli altri mi sorridono e Robert mi strizza l’occhio.
«Vai così, fratello!» dice prima di uscire.
Gli rispondo con un sorriso nervoso e appena la porta si chiude mi volto verso lo specchio e mi passo una mano tra i capelli.
Calma, mi dico.
È solo una ragazza.
Ma più me lo ripeto, più la cosa non sembra per niente tranquillizzante.
La porta cigola e mi volto verso l’entrata, agitato.
La figura esile di Karol scende velocemente i gradini, i jeans strappati, i capelli neri lunghi raccolti in una coda disordinata, una lunga felpa verde scuro le fascia il corpo e ai piedi porta vecchie e logore converse rosse.
Si ferma e arrossisce, mentre il viso si apre in un’espressione di stupore, le labbra rosa semi dischiuse, gli occhi azzurri spalancati e lucenti.
«Jake, cosa?».
Sorrido, mi avvicino e la guardo negli occhi.
«Per scoprire qualcosa in più di te» spiego. «Ti invito a cena».
Si porta le mani al viso e guarda estasiata il tavolino apparecchiato per due a lume di candela.
La luce delle candele si riflette sul ghiaccio, creando una luce calda e soffusa.
Cautamente, faccio scivolare la mia mano nella sua e la conduco vicino alla ringhiera della pista. Le porgo un paio di pattini.
«Ti accompagno io» sorrido.
È impossibile non farlo, vicino a lei.
«Jake, io…».
Una lacrima le scivola giù lungo la guancia e la raccolgo con il pollice.
«Ehi».
Karol tira su col naso, guarda la tavola e poi me.
«È… è tutto bellissimo, Jake ma…». 
«Ma? Cosa c’è che non va?» deglutisco silenziosamente e la guardo, voglio capire.
«Io non posso pattinare» la sua voce è rotta.
«Perché» non è una domanda. Voglio solo che mi spieghi, voglio esserle accanto anche se è pazzesco ed assurdo visto che la conosco da qualche giorno appena.
«Non posso e basta» la sua voce è spezzata, gli occhi sono lucidi.
«Va bene».
Non deve piangere, non è quello che voglio.
Voglio che sia felice, voglio conoscerla e non voglio costringerla a fare niente che non voglia.
Mi guarda sorpresa.
«Se vuoi posso portarti io sino alla sedia» propongo, curvando le labbra all’insù.
«Cosa?» guarda la pista e poi si fissa le punte dei piedi. «Non… non mi sembra il caso».
Sospiro e guardo il soffitto, passandomi le mani sulla nuca.
«Va bene» dico. «Almeno un invito a cena lo accetti?».
Alza lo sguardo su di me e finalmente sorride.
«Sì».
Sorrido anch’io e metto a posto i pattini.
«Va bene. Ti porto in un posto dove assaggerai la pancetta migliore del mondo» dico avviandomi verso l’uscita.
«La pancetta?» chiede, correndo per affiancarmi.
Le regalo un sorriso divertito e le apro la porta con un inchino per farla uscire.
«Fidati, non te ne pentirai».
 
Il ponte 12 stasera è illuminato a festa.
Ci sono cuochi giapponesi che fanno composizioni con frutta e verdura, luci intermittenti che illuminano le fiancate della nave, musica soffusa che pervade i vari ambienti e un profumino delizioso di cibo nei pressi del buffet.
Guardo la figura di Karol a pochi passi da me cercando di non farmi notare.
Sorride per ogni piccola cosa, le ciglia lunghe le contornano gli occhi azzurri rendendoli più luminosi e i lunghi capelli neri frusciano ad ogni suo movimento, lasciandomi estasiato.
Ha le mani piccole e morbide che sfioro ogni volta che posso cercando di farla sembrare una coincidenza e sorrido quando parla anche se non capisco niente, perché il suono della sua voce è limpido e armonioso, è un pizzicare di corde che ti fa battere il cuore, che lo fa accelerare o rallentare, a suo piacimento.
Ha un profumo fresco e sfuggente, come quello di una primula a primavera, eppure più freddo, come la neve.
«Jake».
Scuoto la testa, cercando di levarmi lo stupido sorriso che non vuole saperne di andare via.
«Sì?».
«Ti sei incantato» Karol ride ed è come se mille campanelli suonassero rallegrando il mondo.
«Cosa? Non mi ero incantato!» ho una dignità da difendere, io!
«Ah, no?» alza un sopracciglio e il suo sguardo adesso è furbo, intrigante.
«No».
«No, perché sei stato fermo per due minuti buoni a guardarmi le labbra senza muoverti…».
Strabuzzo gli occhi «Io…» non posso essere così scemo.
«e mentre parlavo ti sei avvicinato impercettibilmente, come un sonnambulo, e…».
«Non credo di…» poter essere così fottutamente stupido.
Deglutisco.
«hai avvicinato il tuo viso al mio…».
Mi passo le mani sulla nuca e sento il viso andare a fuoco.
«Ma…» ledetto testosterone!
«e allora ti ho chiesto se c’era qualcosa che non andasse e tu…» Karol riprende a camminare e la seguo scansando un paio di persone.
«Io…» merito la fustigazione!
«mi hai guardato come se venissi dalla luna. Hai anche sbavato un po’…».
Karol si ferma di botto e quasi la travolgo.
Sorride candidamente.
«Io non sbavo!» le punto un dito contro.
«E di tutto questo discorso tu capisci SOLO che hai sbavato??» chiede accigliandosi.
«Io, no, cioè sì, insomma, non lo so, ma porca put…» le parole mi si accavallano sulla lingua e devo dire che il mio cervello non è granché lucido con l’immagine di Karol davanti a me che mi accusa di aver provato a baciarla.
«È una cazzata» sussurro flebilmente, quasi per convincere me stesso.
«Sì, infatti. Però incantato lo eri veramente!» Karol ride e riprende a camminare, lasciandomi stordito per un attimo.
Due più due fa quattro.
Io mi ero incantato e lei mi ha raccontato una balla per dimostrarmelo.
Mi tocco il mento, colto all’improvviso dall’illuminazione.
Questa me la paga!
Mi getto al suo inseguimento e la afferro per un polso, costringendola a voltarsi verso di me. Le labbra sono stirate in un sorriso sornione e non posso fare a meno di sfoderare il mio sorriso, guardandola dritto negli occhi.
Avvicino il mio viso al suo e a pochi centimetri dalle sue labbra sussurro: «Andiamo a mangiare, furbacchiona».
Faccio scivolare la sua mano nella mia e mi giro per farle strada. Con la coda nell’occhio però, la vedo deglutire e sento le punte delle labbra arrivarmi alle orecchie.
Karol Peerce, non sai contro chi ti sei messa!
 
Arriviamo all’ultimo bancone e lascio a malincuore la mano di Karol per porgerle un piatto pulito e le posate avvolte in un tovagliolo di stoffa. Poi mi volto verso Paolo, che mi saluta allegramente col suo indistinguibile accento italiano.
«Ciao, Jake! Una delle tue nuove conquiste?» chiede sorridente rivolto a Karol.
Che il cielo mi fulmini!
Oggi il firmamento è contro di me!!
Guardo in cagnesco Paolo che deve aver capito di aver detto la frase sbagliata e cerca di recuperare punti.
«Cosa posso servirvi?».
«Ciao, Paolo…» mormoro, cercando di contenere la mia furia assassina, «vorremmo un po’ di quella tua speciale pancetta, un po’ di patatine fritte, salse, insalata mista, qualche hamburger speziato e pane morbido bianco».
Paolo si mette a lavoro con un sorriso e io mi volto verso Karol che è rimasta a bocca aperta.
Improvvisamente mi do dell’idiota.
«Scusa! Forse non dovevo ordinare anche per te… forse è troppo quello che ho ordinato, vero?».
Vorrei avere una clava da sbattermi ripetutamente in testa.
«No, no, non è per il cibo, figurati… è solo che… gli atleti non dovrebbero avere una dieta… equilibrata?».
Sento un nodo allentarsi all’altezza dello stomaco e lascio andare un respiro che non mi ero accorto di aver trattenuto.
«In realtà sì, ma oggi è il mio segreto giorno di trasgressione, perciò non dirlo a nessuno!» le strizzo un occhio e sorrido nel vederle le guance imporporarsi.
«Ritornando a prima…» dico, prendendo i piatti che Paolo mi porge e ringraziandolo velocemente, «l’idea di un bacio non sembrava preoccuparti granché…» ghigno, osservandola attentamente.
Karol abbassa lo sguardo mentre le guance le vanno a fuoco e io rido sommessamente.
«Macché! Figurati, baciarti! Come ti passa per la testa?» farfuglia e la mia risata da silenziosa si fa tonante.
Mi guarda male, ma non riesco a trattenermi e continuo a ridere, prendendo una patatina tra il pollice e l’indice.
«Smettila di ridere!» mi intima, guardandosi nervosamente attorno. «Ci guardano tutti!».
Me ne infischio di tutti e presto Karol si unisce a me nella risata e iniziamo a mangiare più rilassati.
Quasi non sento il sapore del cibo mentre mangio, perché lei è tutto ciò che c’è in questo momento. Ma che cazzo dico? È una bella ragazza, carina magari, ma bella, ma perdere la testa per lei mi sembra esagerato!
Mi acciglio e riprendo a mangiare il mio hamburger piccante.
Sollevo lo sguardo per un attimo e incontro i suoi occhi e subito voltiamo la testa dall’altra parte.
Cristo, quanto mi sento idiota!
Gli occhi mi cadono sulla superficie liscia e dura del tavolino, sull’ombra proiettata dalla morbida mano bianca di Karol poggiata sopra, sulla luce che la candela getta sui suoi polpastrelli, sulle unghie corte e senza smalto incastonate sulle dita.
Senza pensarci allungo un braccio verso di lei e le prendo la mano.
È troppo tardi per tornare indietro.
Sussulta, alza lo sguardo e mi fissa, ma non mi muovo, siamo seri, entrambi cerchiamo negli occhi dell’altro una risposta che non troviamo.
Karol intreccia le sue dita con le mie ed un nodo mi si scioglie all’altezza del petto.
Deglutisco e il cibo caldo dimenticato mi scende giù in gola.
Sorride.
Sorrido.
Allunga una mano verso di me e mi sfiora il mento con un fazzoletto, togliendo un pezzo si carne che mi ero sbavato addosso.
Vorrei morire.


 
  
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