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Autore: carelesslove    28/12/2013    0 recensioni
La donna si chinò sulle ginocchia e si fermò a fissare la figlioletta negli occhi chiari e sgranati. – tesoro, la mamma deve andare via
- Harry, per favore. – la implorò John esterrefatto – parliamone almeno. Non puoi piombare qui in questo modo e sconvolgermi la vita!
- Trovati una baby-sitter. – rispose lei candidamente.
John scosse la testa con rassegnazione - Aveva ragione nostra madre. Sei inaffidabile e impulsiva.
- Me l’ha consigliato la mia analista. E io sono d’accordo. Andare in clinica è la cosa giusta.
- La tua analista un caz…- insorse lui, poi si morsicò la lingua – Al diavolo tu e quella psicopatica…altro che psicologa, è più psicopatica lei dei suoi clienti.
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Genere: Angst, Generale, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Altro personaggio, John Watson , Nuovo personaggio, Sherlock Holmes
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
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- John, dobbiamo parlare.
Il medico sollevò lo sguardo dal menù e le lanciò un occhiata sconcertata. - Normalmente quando una donna dice quelle parole non c’è da presagire il meglio – osservò.
- Non è nulla di ciò che pensi, sciocchino – replicò lei con un sorriso, – non si tratta di recriminazioni riguardo al nostro rapporto.
Il medico detestava quel nomignolo ma sopportò pazientemente .
- Non so bene come dirtelo.
John capì che doveva trattarsi di una faccenda piuttosto seria e chiuse il menù – Ti ascolto.
Lei prese a torcersi le mani indecisa su come proseguire.
- Mary, nulla di ciò che mi dirai potrà sconvolgermi. Sono abituato alle cose più strane. In vita mia ho vissuto esperienze piuttosto surreali - per un momento nella sua mente comparve il profilo affilato del consulting detective.
Lei prese un respiro profondo – Il fatto è che ho un ritardo. Circa due settimane, compreso oggi.
John la guardò e la sua espressione mutò in pochi secondi.
- Ho fatto due test. Uno dei due è risultato positivo. Probabilmente si tratta di un falso allarme ma andrò a fare un controllo per sicurezza.
Nella mente di John si profilò una sola parola ma altamente significativa e inequivocabile. Catastrofe.
- Uh..co-cosa?
Lei sollevò le sopracciglia. – Pensi che la cosa ti darebbe fastidio? Un figlio insieme, intendo.
- No – fece John, titubante – Sono solo un po' ...Sorpreso.
- Si – lei guardò fuori dalla finestra del locale - Lo sai che io desidero tanto avere un bambino.
- Uno dei motivi per cui è finito il tuo matrimonio – annuì John.
- Già. Per me era diventata un ossessione - lasciò cadere la frase e John guardò altrove.
- Non è un problema. Voglio dire, stiamo bene insieme. Anche se non ci conosciamo da molto... Certo un figlio è un cosa seria ma tu ne hai tutto il diritto di volerlo, Mary.
Bugia, bugia, bugia. Lui tutto voleva fuorché dei figli, in quel momento, e certo non era ancora arrivato a contemplare l’idea dei fiori d’arancio.
- Guarda che non saresti obbligato ad assumertene la responsabilità. Io ho un lavoro piuttosto remunerativo, potrei pensare da sola al suo mantenimento e tu potresti decidere con calma che posizione prendere. Non intendo chiederti di sposarmi - fece lei con una risatina nervosa.
- Certo. – mormorò John, – quando hai l’appuntamento dal ginecologo?
- Domattina.
- Vuoi che ti accompagni?
- Non è il caso. Pensavo di andarci con mia sorella.
Nel frattempo si avvicinò il cameriere per prendere le ordinazioni. D’improvviso la prospettiva di cosa mangiare era l’ultimo dei pensieri.
Mio dio. Un figlio.

 
 
***
 
Il detective cavò di tasca il cellulare.
- Sherlock. – sentì dire semplicemente, senza un saluto.
Il moro rimase un attimo interdetto, dall’ apparecchio proveniva un respiro ansante.
- John – replicò perplesso, – cosa succede?
- Ho cercato di chiamare la signora Hudson ma non riesco a trovarla. Sai se Sofia è con lei?- esclamò l’altro in risposta.
Sherlock aggrottò le sopracciglia.
- Pensi che mia nipote sia con lei?– lo incalzò il medico alzando il tono di voce.
– No. Venti minuti fa ci siamo incontrati sulle scale e ha detto che andava al supermercato. – replicò secco. - Perchè tua nipote dovrebbe essere con lei?
Dio erano due mesi che non lo sentiva. Sentì la voce di John borbottare imprecazioni indistinte.
– Dimmi cosa è successo – non era una domanda.
- Non importa – replicò l’altro, evasivo.
- John – insistette.
– E’ sparita – una breve pausa, – sono venuto a prenderla a scuola e non c’era. Pensavo che la signora Hudson avesse confuso i giorni. Va sempre a prenderla il mercoledì.
– Nessuno l’ ha vista?
- No – rispose il dottore.
- Nessuno può essere andato a prenderla a tua insaputa?
– No. Nessuno. – esclamò l’altro irritato. - Ho già chiamato un sacco di persone.
Sherlock si morse leggermente il labbro – Va bene, devi mantenere la calma. La troveremo.
Sentì John trattenne un respiro e sussurrare roco – Se le succedesse qualcosa non me lo perdonerei.
- John – fece una breve pausa perché la sirena di un ambulanza disturbava la comunicazione, – ti giuro che la troverò. Non preoccuparti. Adesso chiamo Lestrade e gli chiedo se può mandare qualcuno dei suoi e inoltrare una segnalazione di scomparsa.
- C’era traffico e sono arrivato tardi. Se le succede qualc—
- JOHN – lo interruppe il detective - non serve a niente questo. Dove sei adesso? – quasi inconsciamente mimò il gesto di guardarsi intorno.
- Davanti alla scuola, in Leake Street – rispose teso.
- Harriett l’hai avvisata?
- Non voglio allarmarla, per ora.
- Va bene. Ti chiamo appena so qualcosa, tranquillo – detto questo Sherlock chiuse la comunicazione e mentre stava selezionando il numero di Lestrade dalla rubrica fu interrotto da un altro squillo. Mycroft. Bloccò la chiamata.
Il commissario di polizia rispose al quinto squillo e lo salutò gioviale - Capiti a proposito. Stavo per chiamarti. Devi raggiungermi per un caso.
- Ora non posso, Greg. Si tratta di John.
- E’ successo qualcosa? – domandò il commissario. Era curioso sentire Holmes rifiutare un caso, o meglio, rifiutarlo a priori.
- Sua nipote è scomparsa.– replicò conciso.
- Oh cazzo! Posso fare qualcosa?
- Dovresti far diramare un avviso dai tuoi uomini. Far chiamare gli ospedali…
- Forse non è così grave come pensate, magari ha semplicemente deciso di tornare a casa da sola.
- Ha sette anni – replicò il detective spazientito.
- D’accordo. Mi servono le generalità .
- Sofia Watson.
- Watson?
- Il padre non l’ha mai riconosciuta.
- Bastardo – commentò il commissario.
- Abbiamo una certa fretta, Greg. – il tono irritato tipico del consulting detective suonava più scortese del solito, sebbene lui non ne avesse l’intenzione.
- Una descrizione di quali vestiti indossava e una foto.
- Ok. Avrai tutto al più presto.
- D’accordo – replicò Greg, – ci sentiamo.
Detto questo Sherlock riattaccò. Il telefono si illuminò quasi subito. Un messaggio ricevuto. Mycroft. Lo ignorò.
Andò alla voce John e inoltrò la chiamata per riferirgli quanto detto da Lestrade.
Finita la chiamata lo schermo di Sherlock si illuminò di nuovo. Altra chiamata da Mycroft e una chiamata senza risposta da un numero sconosciuto. Le ignorò di nuovo e inviò un sms a Greg con i dettagli che gli aveva dato John.
Poi inviò un sms a quest’ultimo:
 
Vai a casa , potrebbe essere tornata da sola in autobus.
 
John rispose quasi subito:
 
Mi ha appena chiamato Mycroft, dice che Sofia è a Baker Street.
 
Sherlock rilesse una seconda volta per accertarsi di aver capito bene.
Inoltrò una chiamata al fratello e attese pazientemente che si degnasse di rispondere.
- Fratellino – rispose la solita voce melliflua, – sbaglio oppure mi stavi ignorando? Ho perso il conto delle chiamate che ho fatto.
- Cos’è questa storia?
L’altro fece una risatina – Si dà il caso che la signora Hudson abbia provato ad avvisare te e John trovando sempre occupato, così alla fine ha deciso di chiamare me. Si è praticamente trovata l’infanta sotto casa.
- Quindi sta bene.
- Se non ti conoscessi penserei che sei diventato sentimentale.
- Perché è a Baker Street?
- Pare volesse vederti, non arrivo a immaginare la ragione sinceramente. – continuò sarcastico. - Aveva un tuo biglietto da visita, e dopo aver preso un taxi alla stazione a pochi isolati dalla scuola si è fatta portare fin lì. Notevole per una bambina della sua età. La sig. Hudson ha dovuto pagare la corsa naturalmente.
- Glielo avevo dato per chiamarmi, non per scappare da scuola. Bene Mycroft, vado subito.
Il fratello si schiarì la voce - Ah Sherlock, se posso permettermi, sarebbe il caso che tu e quell'idiota di Watson la smetteste con le vostre scaramucce, state perdendo la testa. Cercare di ingraziartelo conquistandoti la simpatia della bambina è davvero patetico da parte tua. – aggiunse con una punta di cinico sarcasmo.
- Non voglio trattenerti Mycroft.– rispose stizzito il detecive. Chiuse la conversazione con gesto rabbioso e si avviò a passo svelto verso Baker Street.
Quando arrivò la signora Hudson era in evidente stato di agitazione.
- Sherlock caro, meno male, non sapevo come avvisarvi. Ho provato a chiamarti ma non rispondevi e pure con John dava occupato.
- Non si preoccupi Sig. Hudson. Dov’è Sofia? - chiese lui guardandosi intorno.
- Sono qui – rispose la piccola.
Sherlock  le andò incontro e le posò una mano sulla testa. – Non avresti dovuto andartene da scuola in quel modo, John non sarà contento.
- Volevo vederti.
- Dovevi chiedere il permesso.
- Lo sai che non me lo dà.
- Non è un buon motivo per disubbidire. Non mi va che John stia in pensiero.
- Bene – disse lei, voltandogli le spalle – non verrò più allora.
Si mise seduta a tavola e prese a sbocconcellare un pezzo di torta che la padrona di casa le aveva offerto.
- Sofia – la voce autoritaria di John, appena arrivato, li sorprese alle spalle, ed entrambi si voltarono simultaneamente.
- John – esordì Sherlock per blandirlo.
- Non ce l’ho con te.
Andò verso Sofia e la prese per un braccio facendola alzare di peso. – Sei tale e quale a tua madre, un irresponsabile, adesso prendi le tue cose e vieni a casa! – esclamò furibondo.
La bambina diede uno strattone al braccio e si rimise a sedere – Tu non mi comandi. Non sei mio padre!
Il biondo fece per darle uno schiaffo ma all’ultimo si trattenne e tremante di rabbia uscì dalla stanza.
Sherlock lasciò la piccola alle amorevoli cure della sig. Hudson, e seguì il medico.
Lo trovò seduto a terra davanti alla soglia, aveva stappato un flaconcino e ne aveva estratto due pillole che si gettò in bocca e ingoiò senza acqua. Ansiolitici, appurò Sherlock osservando il contenitore.
Gli sedette accanto e osservò le mattonelle del pianerottolo con studiato interesse.
- Ha ragione dopotutto, non sono suo padre e non ha bisogno di me. Un povero medico zoppo che non riesce a mantenere i nervi saldi senza ricorrere a qualche milligrammo di diazepam.
Il moro gli lanciò un occhiata fugace - Ma certo che ha bisogno.
- Me ne vado, torno a prenderla più tardi.
Fece per alzarsi ma il moro lo trattenne per un polso – Aspetta.
Sherlock estrasse dalla tasca un mazzo di chiavi e gliele mise in mano – Volevo ridarti le tue chiavi. Questa sarà sempre casa tua, se vorrai. La Sig. Hudson non fa che lamentarsi che è un manicomio da quando te ne sei andato. - Non sono io ad essermene andato. – ritorse l’altro, lapidario.
il moro annuì in silenzio - Tienile lo stesso. Non si sa mai.
John sentì pizzicare la gola e voltò la testa di scatto. – C’è altro?
- Si - mormorò il detective in un soffio. - Quella sera che tu … voglio dire, al pronto soccorso quando tu...
- Quella sera ti ho pestato, nient'altro – lo interruppe John, brusco.
Il moro rimase in silenzio.
- Pensi che sia gay per caso? – chiese il dottore, tagliente.
L’altro si strinse nelle spalle.
- Bene. – osservò il biondo, reciso. – Tanto a te cosa importa?
Silenzio. Rumoroso silenzio e Watson che cercava di evitare il suo sguardo.
- Non mi aspettavo due mesi di silenzio – continuò Sherlock, tra se e sé. – Forse non ti conosco bene come pensavo.
- Sono cambiate tante cose. Dopo tre anni le cose cambiano necessariamente, anche se non lo si vuole e non basta un randevouz accidentale per fare finta che non sia successo nulla.
- Mio fratello era convinto che non saremmo stati in grado di superarlo, ma io vorrei almeno poterti spiegare perché ho fatto quello che ho fatto.
- Mycroft sapeva?
Il detective annuì.
- Ovvio. E chi altri? – il medico aveva il tono spazientito di chi ha già sentito abbastanza.
- Nessun altro, nessuno che abbia veramente importanza. Ho dovuto farmi aiutare.
Nella replica di John si sentiva la rabbia che covava affiorare nella voce - Già, perché io non potevo farlo.
- Chiedi ma non vuoi sentire tutta la storia. – sbottò il detective, irritato.
- Sono stato davvero cieco per non vedere quanto poco tenessi a me - replicò il biondo, amaramente.
- Ho fatto tutto questo proprio per garantire che ci potesse essere ancora un te , un giorno. Moriarty aveva fatto bingo, se non fossi morto sarebbe toccato a voi morire, per consentirvi di rimanere in vita avrei necessariamente dovuto inscenare il suicidio. E i cecchini di Moriarty non scherzano. – si infilò le mani in tasca dopo essersi alzato in piedi, dando le spalle a John.
- Potevi dirmelo, dopo. – fece il biondo risentito.
- Purtroppo c’è stata una falla nel piano e qualcuno fedele a Moriarty ha capito che potevo essere ancora vivo ma per esserne certo avrebbe dovuto trovarmi e cosi ha fatto in modo di esaminare le persone che mi erano vicine quando ero vivo. Se avesse scoperto che era stato ingannato stai certo che ci avrebbe puniti, e non solo me.
- Una volta morto Moriarty che interesse aveva a continuare?
Il moro fece un sorriso amaro - Questa persona aveva un conto in sospeso con me personalmente, ci teneva tanto quanto Moriarty a portare a compimento la missione. Lo avevo mandato in galera alcuni anni fa e contavo che ci sarebbe rimasto ma purtroppo aveva conoscenze nelle alte sfere perché già all’epoca era braccio destro di Moriarty anche se nessuno lo sapeva, nemmeno Mycroft, altrimenti avremmo potuto estorcergli informazioni con mezzi più o meno leciti e arrivare all’arresto di Moriarty molto prima.
- Sapevi già allora di Moriarty?
- Sapevamo di un burattinaiocon una rete criminale ma non ancora chi fosse, poi lo abbiamo saputo ma era tardi, aveva già fatto in modo di intercedere per la scarcerazione del suo pupillo. Così tutti mi volevano morto per un motivo o per l’altro.
- Questo tizio dov’è ora?
- Ho identificato personalmente il corpo di Sebastian Moran. – rispose asciutto il detective, fissandolo dritto negli occhi.
- Un giorno Moriarty, un altro il suo pupillo, e domani? Chi mi garantisce che è finita?
- Nessuno. Anche se vorrei fare in modo di arrivare vivo il giorno in cui vecchio e rimbambito andrò a fare l’apicoltore nel Sussex. – si girò di nuovo a contemplare il vuoto della tromba delle scale.
Rimasero in silenzio per qualche minuto finché Sherlock cominciò a sentirsi a disagio, John era pallido e palesemente stanco.
Sherlock lo studiò con occhio critico – Stai bene?
– Si, voglio solo tornare a casa.
Il detective rispose con un sospiro – Vado a chiamare Sofia.

 

N.d.a.: Non ho idea se qualcuno stia ancora seguendo visto che non pubblico da secoli. In ogni caso mi scuso per aver riscritto più volte il cap., questa è la terza e definitiva stesura. Sinceramente fossi io avrei smesso di leggere la ff da tempo, è intollerabile modificare radicalmente i cap. dopo pubblicati, ma scrivere questa storia mi rilassa e diverte, e così la sto continuando a dispetto di tutto.
  
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