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Autore: selegon_93    29/12/2013    1 recensioni
Questa sera... la terra di Helden conoscerà la fine.
Questa sera... il destino sarà innegabile. Le fronde cadranno, le città bruceranno, le nuvole si squarceranno, e l'oscura ombra inghiottirà... ogni cosa.
Questa sera... tutto ciò che voi patetici esseri conoscete, svanirà nel silenzio del nulla. Non esiste la speranza. Non esiste l'amore. Non ci sarà il lietofine. Non tornerai a casa felice e contento con i tuoi cari. Le favole sono finite.
Questa sera... l'unica cosa assoluta, sarò io.
Genere: Azione, Fantasy, Suspence | Stato: completa
Tipo di coppia: Het, Shonen-ai
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Cieli di Sion.
L'aeronave era quasi giunta alla costa, e si accingeva a iniziare la tratta sopra l'oceano, per raggiungere il continente di Io.
Lily era sdraiata a pancia in su, sul divano della sala principale, guardando il soffitto mentre con la sua espressione bambinesca immaginava chissà quali storie.
Selegon invece era seduto di fianco alla finestra, sul davanzale, a sonnecchiare. Aveva anche lui indossato i vestiti donatigli da Ulog:
al capo aveva avvolte due lunghe fasce, che si intrecciavano più volte, per poi annodarsi e pendere dal lato sinistro. La pettinatura era differente, avendo ora i capelli sparati all'indietro che uscivano da dietro le fasce, e un piccolo ciuffo sbucava in mezzo alle sopracciglia.
Al busto portava una lunga giacca azzurra, la quale passava sotto una fascia legata alla vita, per poi uscire al di sotto di essa. Alle gambe invece portava dei pantaloni molto larghi con numerose pieghe.
Sul bordo della giacca, chiusa a cerniera, erano presenti numerosi ricami bianchi di forma intrecciata e squadrata, simili a dei labirinti stilizzati, i quali si trovavano anche sul bordo delle maniche. Avvolta attorno alla vita, c'era una fascia blu cobalto con dei ricami celesti sempre a stesso tema, al di sotto della quale indossava dei pantaloni bianchi, che scendendo si allargavano parecchio arrivando fino ai piedi, che portavano i suoi classici stivali di pelle.
Il ragazzo se ne stava con la schiena poggiata all'incavo del davanzale, a occhi socchiusi, con un turbine di pensieri che gli avvolgevano la mente.
I suoi occhi tornarono indietro di molti anni, attraverso i meandri del suo inconscio, catapultandolo nel passato:
Era seduto a un tavolo, all'interno di una piccola casetta in mezzo alle colline. Fuori dalla finestra, il paesaggio invernale era ricoperto da un sottile strato di neve, che lentamente scendeva, posandosi con dolcezza sul manto erboso.
Di fianco al tavolo, un piccolo caminetto ardeva silenziosamente, riscaldando il salotto, molto ben arredato ma visivamente semplice.
Davanti a lui, una donna sui quarant'anni, dai corti capelli biondi e con un rosso vestito da cucina stava cucinando ai fornelli, mentre con la coda dell'occhio controllava il forno. Di fianco a lei, un uomo alto dall'aspetto trasandato la stava aiutando nella cucina, tagliando delle carote a rondelle.
-Mamma- disse con voce infantile Selegon -quando arriva il fratellone?-
La donna si girò, sorridendo -Su su un po' di pazienza! Dovrebbe essere qui a minuti!-
-Uffa! Me lo hai già detto prima!-
-Dai, via! Non preoccuparti, non farà ritardo!-
Dall'esterno, un suono di passi di udì.
-Visto? È arrivato!-
La porta si aprì, e un ragazzo entrò in casa con aria spensierata. Dimostrava circa sedici/diciassette anni, e aveva dei lunghissimi capelli castani dritti e appuntiti raccolti in una coda, la quale scendeva fin quasi alla vita. Indossava una giacca marrone e dei pantaloni neri, e sulla spalla teneva un grande borsone.
-Bentornato!- Dissero i genitori in coro.
Selegon si alzò di scatto e si lanciò su di lui, abbracciandolo.
-Ehi ehi! Calma! Fammi almeno posare la mia roba!- disse, sobbalzando all'indietro.
-Allora!- disse il padre -come è andata all'accademia?-
-Ah, nulla... mi annoio come al solito.-
-Sei sempre il migliore eh?-
-Così pare!- rispose, poggiando la borsa in un angolo e togliendosi la giacca.
-Ehi ehi!- disse Selegon estasiato al padre -un giorno ci andrò anche io vero?-
La donna intervenne: -Prima arriva a quindici anni e allora ne parleremo!-
-Che bello! Me ne mancano solo otto!- esultò il bambino saltellando.
-E chissà che non mi supererai un giorno, eh?- rispose il fratello, con un sorriso.
Improvvisamente, il ricordo sbiadì, e Selegon si senti trascinare all'indietro da una voce lontana e fredda: -Sveglia...-
Le immagini si allontanarono velocemente, tornando nel buio da cui erano uscite, e il ragazzo aprì gli occhi lentamente. Si guardò intorno, e scorse una figura davanti a lui.
-...Sveglia...-
Selegon mise a fuoco l'immagine, e si trovò davanti un uomo con una tunica lunghissima nera e un cappuccio, attraverso il quale si intravedeva solo un occhio: quell'occhio rosso che sognava sempre.
-Sveglia!-
Anche quell'immagine sparì, ed egli si svegliò definitivamente, ritrovandosi davanti Lily che lo stava percuotendo dal braccio.
-Ehi! Era ora che ti svegliavi!-
-...Ah, dannazione. Si può sapere che c'è?- chiese lui, scuotendo la testa.
-Ulog ha detto che c'è un problema alla nave... sembra che dobbiamo atterrare qui per una ventina di minuti.-
-Come?- Selegon, senza indugiare oltre si alzò e andò a cercare Ulog.
Svoltò a sinistra ed imboccando il corridoio principale, entrò nella cabina di pilotaggio, scorgendo il messaggero accompagnato da Kras'nos.
-Che succede?-
-Oh, Selegon...- rispose il Mago. -abbiamo avuto un problema con il sistema di trasferimento energetico!-
-E cosa lo ha causato?-
-Un danno del genere potrebbe essere causato solo dall'esterno!-
-E dunque perchè scendiamo qui? Qualsiasi cosa abbia causato questo “danno” potrebbe attaccarci a terra!-
-Non abbiamo scelta... siamo quasi arrivati alla costa, quindi non possiamo far altro che fermarci qui. Se un problema sopraggiunge mentre siamo sopra l'oceano, non potremo fare nulla. E comunque non vi preoccupate: a volare sui cieli di queste foreste ci sono molte viverne e khalut*, probabilmente il problema è stato causato da uno di loro.-
-...Capisco. Dunque siamo in discesa?-
-Inizieremo le procedure di atterraggio tra qualche istante, vi suggeriamo di tenervi.-
Selegon annuì, e si aggrappò a una sbarra sulla parete. E intanto pensava. Era piuttosto curioso che il sogno che aveva fatto e quel “problema” fossero avvenuti nello stesso momento. Ma forse era troppo sovrappensiero.
 

 

                                                                       *

 

 

Sagas era immobile. I suoi increduli occhi guardavano con orrore l'immensa montagna che si avvicinava alla città.
Tutti i soldati rimasero pietrificati, dinnanzi a quella visione, sentendo freddi brividi che gli si arrampicavano sulla schiena; perfino Calasaar era basito, guardando la rovinosa marcia della creatura. Wulfras, di fianco a lui, aveva la stessa espressione sconcertata.
Arrancando i suoi lunghi artigli al suolo, il Drago ancestrale continuava imperterrito la sua avanzata verso Octal'em. Il suo corpo, più robusto e muscoloso sul petto, si assottigliava arrivando alle zampe posteriori, le quali erano decisamente più corte di quelle anteriori, e la non molto lunga coda terminava appiattendosi gradualmente somigliando a una sottile foglia di oleandro.
Dal suo carapace si staccavano pezzi di roccia e metalli depositatiglisi negli anni, cadendo al suolo con suono fragoroso, lasciando una scia di polvere sul percorso. Le zampe della creatura divoravano gli alberi e le rocce, sprofondando nel suolo di parecchi metri, sotto l'ingente peso che trasportavano.
Le mani di Sagas tremavano: non riusciva a muoversi, né a pensare a nulla, così come il resto dei soldati attorno a lui. Agron si girò verso il suo compagno, notando il terrore che aveva in volto: -Sagas...- bisbigliò tra sè.
Calasaar digrignò i denti, e pronunciando un incantesimo per amplificare la sua voce, mise la sua bacchetta davanti alla bocca, usandola come un megafono:

-Allora, volete rimanere fissi a guardare ancora per molto?! Prepatevi ad attaccare frontalmente!-
Tutti gli uomini, sentito quel richiamo, scossero la testa e si appostarono, pronti all'attacco. Sulle scarpate a destra e sinistra dell'entrata della città erano presenti degli arceri delle donnole bianche, accompagnati dagli specialisti incantatori dei fuochi fatui. I primi tesero gli archi, puntando verso la testa del Drago ancestrale, mentre i secondi pronunciavano formule per potenziare le frecce, rendendole dure come l'acciaio o attribuendogli capacità concussive ed elementali.
-Voglio dei colpi a impatto! Che i maghi utilizzino incantesimi perforanti o esplosivi! Chi invece si occupa dei cannoni miri al collo e alle giunzioni delle zampe anteriori! Dobbiamo concentrarci il più possibile in un solo attacco!- detto questo, Calasaar abbassò la bacchetta, e enunciò a bassa voce una formula, alzando poi il braccio e facendolo roteare al di sopra della sua testa; sulla punta della bacchetta iniziò a formarsi una piccola sfera arancione, la quale si ingrandì ad ogni giro, divenendo sempre più bianca e luminosa. Il mago infine fece fare un giro più grande degli altri, e prese fiato: -FUOCO!-
Tutti gli arceri lanciarono i loro colpi, seguiti dalle cannonate: un enorme raffica di colpi si diresse velocemente verso la creatura. Ci fu chi sparò prima e chi dopo, ma i colpi partirono quasi simultaneamente. Anche Calasaar lanciò il suo colpo, il quale di diresse dritto sulla fronte del drago.
Esso fu quasi colpito nello stesso momento da tutti i colpi, i quali causarono un immensa esplosione, che coprì l'intero corpo della creatura, con un violentissimo rombo. Un acuto verso di dolore, e una potente scossa dovuta alla sua caduta, furono le uniche cose che si udirono.
Una grande nuvola di fumo si stagliò tra le montagne, silenziosa. Calasar socchiuse gli occhi, cercando segni di attività al suo interno. Passarono i secondi, ma nessun segnale di vita venne captato.
-Lo... abbiamo ucciso?-
-Ci siamo riusciti davvero?- aggiunse Wulfras stringendo i pugni.
Sagas si girò verso Agron: -Ce l'abbiamo fatta!-
-Eh già, sembra di si...-
Il ragazzo esultò con gli occhi, guardando la silenziosa nuvola che si stava ancora espandendo.
-Si si, lo so che intanto morivi di paura!- disse Agron ridacchiando.
-Ehi, non prendermi in giro! Chiunque avrebbe avuto paura!- rispose l'altro con un buffo broncio in viso.
-E va bene, scusa!-
Calasaar interroppe i due: -Non lasciate le vostre posizioni! Io e Wulfras ci as...-
Un potente rombo lo interruppe. Dalla nube di polvere il Drago ancestrale uscì con ferocia, emettendo un potente ruggito adirato che fu udibile a chilometri di distanza, e con un profondo ringhio minaccioso avanzò rabbiosamente verso le mura di Octal'em.
-Dannazione! I nostri colpi lo hanno a malapena ferito!- sussultò il Gran maestro. -Uomini! Preparatevi a un altro attacco immediatamente! Dobbiamo colpirlo negli stessi punti di prima!-
La creatura aveva ormai raggiunto la città; la sua zampa destra si alzò con rabbia e con un ruggito la tese, per poi tirare un potentissimo e violento colpo alla scarpata su cui erano presenti gli arceri. Gli artigli penetrarono nella roccia come se fosse un castello di sabbia, disintegrando l'intero versante; frammenti giganteschi volarono in aria, schiantandosi contro la città, e distruggendo parecchi edifici.
Sagas e Agron vennero investiti da una potentissima onda d'urto dovuta allo spostamento d'aria.
-Argh!- urlò il primo mettendosi le braccia davanti al viso per proteggersi. -Agron!-
-Sto bene!-
I due faticavano a tenersi in equilibrio, e indietreggiarono sotto la forte raffica. Il vento lentamente si affievolì, permettendo ai due di guardarsi intorno: l'intero versante della montagna era stato distrutto con facilità, e il drago si stava accingendo ad attaccare direttamente la città.
Calasaar urlò: -Non lasciate i vostri posti! Continuate ad attaccare!- e caricando un altro attacco, puntò all'attaccatura della zampa sinistra. Gli arceri rimasti lo seguirono, scagliando delle frecce verso lo stesso punto. I colpi si concatenarono in una raffica che causò un esplosione moderatamente più piccola di quella precedente, ma comunque di elevata potenza.
-Non fermatevi! Continuate a colpirlo!-
Wulfras lo seguì, urlando: -Anche voi ai cannoni! Non siate da meno!-
Obbedendo agli ordini, tutti i soldati rimasti si prepararono a un secondo attacco, mirando all'interno della nuvola di polvere. Ma non ebbero il tempo di fare fuoco, che da essa emergette una zampa, la quale si abbattè fragorosamente contro la prima muraglia, disintegrandone buona parte con un solo colpo.
Sagas e Agron vennero nuovamente investiti da una seconda più potente raffica di vento e polvere. Non riuscirono a mantenersi in piedi, e staccandosi dal suolo, volarono indietro di parecchi metri, cadendo poi lateralmente e strisciando sul pavimento per qualche altro metro. L'elmo di Agron rotolò vicino a Sagas, il quale era accasciato a terra, quasi privo di conoscenza. Lentamente, alzò lo sguardo: alla sua destra, gran parte della prima muraglia era ridotta a un polveroso cumulo di macerie fumanti. Il sole era oscurato dalla fitta nube di fumo, e parte degli edifici interni erano stati distrutti dalle onde d'urto. Tentò di alzarsi, ma la testa gli girava tremendamente, e i suoni gli arrivavano alle orecchie distorti e lontani.
-Sagas!- sentì dire alle sue spalle. Girò gli occhi e vide Agron, che si stava abbassando su di lui per soccorrerlo. In quel momento, potè notare i tratti del ragazzo: dei capelli biondo scuro gli si posavano ondulatamente sulle spalle, e il suo viso dai tratti leggeri e spigolosi erano sormontati da un paio di grandi occhi celesti, che anche in quella penombra, erano vividi.
-Tranquillo, ce la farai!-
-A... Agron...-
Il biondo ragazzo aiutò Sagas ad alzarsi, prendendolo sottobraccio. -Ascolta, Calasaar, Wulfras e gli altri stanno tenendo a bada il drago per ora, ma noi siamo separati da loro... quindi ora dobbiamo raggiungere il versante nord delle mura per unirci agli altri, capito?-
Sagas annuì leggermente.
-Ok, allora andiamo, su! Tranquillo, ci sono qua io, vedrai che ti salverai!-
-Ci... salveremo... entrambi...- rispose il ragazzo a bassa voce. Agron gli sorrise. -Andiamo!-
Improvvisamente, tutto sembrò rallentare agli occhi di Sagas; il suo compagno che correva tenendolo saldamente, con una seria espressione in viso... più in là i soldati rimanenti, che stavano cercando con tutte le loro forze di attaccare la creatura... quest'ultima, che ringhiando continuava ad assestare colpi all'ormai distrutta muraglia... Calasaar che impartiva ordini ai suoi maghi, mentre indietreggiando, tentava di lanciare incantesimi... e il tutto era sordamente accompagnato da una silenziosa orchestra...
Improvvisamente, il Drago ancestrale alzò nuovamente l'arto destro, e tirando un ultimo colpo distrusse ciò che restava delle mura e della città bassa, coinvolgendo anche parte della seconda muraglia. L'onda d'urto fece sbalzare indietro Wulfras e Calasaar, e con violenza colpì i soldati ancora appostati, uccidendoli all'istante.
Agron, che ancora stava correndo, girò lo sguardo, e vide un' enorme frammento roccioso che volava verso di loro. Prontamente lanciò Sagas lateralmente, mettendolo in salvo dalla sua traiettoria. Quest'ultimo cadde a terra, e girando subito lo sguardo, vide Agron sorridergli. Un istante dopo, egli fu travolto dalla roccia.
-NOOO!- urlò a squarciagola Sagas. Tentò di rialzarsi, ma un secondo frammento si scagliò addosso a lui, schiacciandogli il braccio destro. Il ragazzo gemette acutamente di dolore, sentendo le sue carni spappolarsi sotto il peso del masso. Le lacrime gli scendevano impetuose sull'espressione straziata dal dolore, mentre il suo corpo si contorceva spasmodicamente.
Dall'altro lato della città, il drago aveva terminato la sua opera di distruzione, e con la seconda muraglia annientata, si accingeva a dare il colpo di grazia, che avrebbe fatto definitivamente sparire Octal'em dalla cartina geografica.
Calasaar uscì impolverato e sporco di sangue da dietro un masso tossendo, capacitandosi di cosa gli si trovava intorno: ciò che prima era una fiorente e maestosa città, ora era ridotta a cumuli di macerie e polvere. Qua e là erano sparsi corpi irriconoscibili e orrendi pezzi di cadavere tra schizzi di sangue.
Il Drago ancestrale alzò lentamente l'arto destro.
-È finita...- disse il gran maestro dei fuochi fatui, con un fioco sorriso in volto. I pochissimi soldati ancora in vita guardarono con occhi colmi di paura la creatura, tremando incolumi come mosche nella tela di un ragno.
Sagas, ancora in preda all'atroce dolore, guardò terrorizzato la zampa artigliata che si alzava in alto, come il martello della condanna di un giudice.
Il sipario della danza, era ormai alla sua chiusura. L'arto si fermò a mezz'aria, preparandosi a falciare ciò che rimaneva di Octal'em. Un flebile ringhio uscì dalle sue fauci, e la sua pupilla si restrinse.
L'attacco stava per essere lanciato, ma fu interrotto da una voce che si udì dall'alto della scarpata rocciosa a sinistra della città: -Heila! Sembra che qui ve la passiate maluccio!-
Lo sguardo del drago si rivolse verso la direzione della voce; una sagoma era apparsa in cima al pendio, ma il sole dietro essa ne rendeva difficoltosa l'identificazione.
Calasaar sgranò gli occhi, tentando di riconoscerla. Il suo sguardo lentamente si abituò alla luce, e la forma di quel corpo assunse compostezza: dei lunghissimi capelli platinati volteggiavano cullati dalla brezza, così come una lunga giacca di pelle nera con fiamme stilizzate bianche che egli indossava.
-Non è possibile... quello è... Zarickaf...-
 

 

                                                                            *

 

 

Da qualche parte a Noctinghal.
In una stanza buia e angusta, Ky'lam venne sbattuto con violenza al muro da un uomo avvolto nella penombra. Dietro di esso, due altri uomini stavano ritti in piedi, osservando la scena senza dire nulla.
-Dimmi dov'è.-
-Te l'ho detto, non lo so!-
-Finiscila con questa storia! Non ho tempo da perdere!- rispose il misterioso interrogatore, del quale si riuscivano solo a notare dei neri capelli curati tirati indietro, e degli occhiali che riflettevano la flebile luce, la quale filtrava dalla piccola finestra in alto.
Cercando di non farsi notare, Ky'lam avvicinò lentamente la mano alla cintura.
-Certo, è davvero carino il coltello con cui cercherai di colpirmi tra circa sei secondi.- disse l'uomo. -Ora vedi di allontanare la mano destra dalla cintura.-
Il ragazzo sbarrò gli occhi: -tu... cosa sei?-
-Le domande qui le faccio io se non ti è chiaro! Ora non farmi perdere altro tempo, e dimmi dov'è!-
-Te l'ho detto! Non ne ho idea! Non c'è motivo per cui...-
-Dovrebbe avermelo detto... stavi per dire questo?-
Ky'lam rimase basito.
-Già... sembra che allora tu non sappia davvero nulla... e va bene.- l'uomo guardò per terra, con finto rammarico in viso. -Allora... non mi servi più.-
-No aspetta! Io ti ho detto tutto quel che sapevo!- disse Ky'lam terrorizzato. L'altro però senza nemmeno ascoltare, iniziò a canticchiare un motivetto fischiettando flebilmente.
-Ti... ti prego... non farmi del male! io ho una figl...- la frase non terminò, che una lama argentea gli trafisse lo sterno. I suoi occhi tremolanti guardarono in avanti per qualche istante, e il suo corpo cadde poi di peso a terra, spegnendosi del tutto.
-Oh... tsk tsk tsk... mi si rattrista il cuore.- continuò l'altro pulendo con calma il pugnale, continuando a fischiettare. Poi, rinfoderatolo all'interno della sua elegante giacca nera, si girò verso gli altri due. -Bene, qui abbiamo finito, cerchiamo altrove. Sgomberate la zona.-

 

 

 

 

 

                                     “C'è chi muore da eroe, e chi svanisce in silenzio,
                                      senza gloria alcuna... perchè ai ciechi occhi del
                                      falciatore tutti siamo uguali. Carne alla carne,
                                      ossa alle ossa, sangue al sangue.”

                                                    [Helden: Curtain of death]


Khalut= Sottospecie della comune viverna. si presenta come un serpente alato, dotato di un bel piumaggio verde o celeste. Il cranio è provvisto di un affusolato muso osseo, simile a un becco primitivo. Come il suo cugino, è facile da avvistare sui cieli occidentali di Sion, data la sua abitudine di volare per la maggior parte della sua vita. 
Di norma sono fortemente territoriali, specie nel periodo primaverile.

  
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