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Autore: Jo_March_95    29/12/2013    1 recensioni
"I don't wanna love to destroy me like it has done my family"
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La mattina, in casa Milkovich, abbiamo tutti gli occhi cuciti a forza di lacrimare punti di sutura vomitati al vento, abbiamo tutti le orecchie tese perché chiunque respiri nelle vicinanze è un pericolo, abbiamo tutti le dita strette in pugni congelati nel tempo e le articolazioni scricchiolano sotto il peso delle intenzioni.
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Mandy e Mickey Milkovich, che quella firma "M.M.", alle elementari ci sembrava una cosa divertente, una
siglia solo nostra, un segreto a lettere puntate che poteva significare tante cose, ma la "S." di salvami non la trovavamo mai.
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Genere: Drammatico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Shonen-ai | Personaggi: Mandy Milkovich, Mickey Milkovich
Note: Missing Moments | Avvertimenti: Tematiche delicate
Capitoli:
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There's still a little bit of your taste in my mouth,
there's still a little bit of you laced with my doubt,
its still a little hard to say, whats going on.

 
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E’ come uno di quei sogni in cui non riesci a ricordare le parole. E’ come quando ti svegli con gli occhi appannati e le guance completamente scavate, porti le mani all’addome e trovi un cazzo di cratere. E’ solo dopo un urlo di dieci minuti che provi a pensare che in realtà sia tutto un sogno, frutto di qualche pasticca unita al normale processo di rielaborazione dati delle ore notturne.

Ci vorrebbe un cazzo di poeta con le mani leggere per poter raccontare questa merda di storia senza farla sembrare l’ennesima fiction strappalacrime in onda su canali governativi per ammollarti il cervello abbastanza da convincerti a portare il culo fino ai seggi elettorali. Ci vorrebbe una dose di morfina da stendere un cavallo che si incula un elefante perché da solo non ci riesco, da solo sono senza protezioni, da solo non mi difendo più.

Che cazzo ci sarebbe da dire, poi, che non sia già stato scritto a calci e a pugni? Basta leggerlo tra i lividi e l’incurvatura delle anche lussate, basta prendere una cazzo di lente di ingrandimento e zoommare lì dove le cicatrici hanno lasciato testamento. Se crepo lascio tutto alla terra, se crepo seppellitemi intatto, riempite di fango le screpolature dell’anima in cui non ho mai creduto.


Era di giorno perché il sole splendeva dietro le tende, a me non è mai piaciuta la luce, sono come uno di quei ratti modificati geneticamente per apprezzare il marcio e trasformare il disgusto in godimento.
Era di giorno, ma non mi interessava del calore e dei granelli di polvere e forfora che volavano tutt’intorno, non me ne fregava un cazzo che l’atmosfera più romantica che si potesse raggiungere in casa Milkovich fossero due froci stesi sul divano con le birre in mano e biscotti bruciati appena sfornati. Avevo messo più erba che farina sperando che questo mi assolvesse dall’essermi comportato come una femminuccia, sentivo le dita pesanti di mio padre attorno al collo mentre rigiravo l’impasto, ma cos’altro avrei potuto fare? Ecco che qui la faccenda inizia a farsi patetica, ecco dove si inizia a dover dare spiegazioni. Sei fottuto nel momento stesso in cui hai bisogno di una giustificazione. Quella è già una condanna, mettere in fila parole che possano sembrare una sorta di consolazione, per mio padre è peggio che piagnucolare in ginocchio.
Eravamo lì, belli che spalmati sul divano, neanche troppo fatti perché a me piace sempre ricordarmele le scopate con Firecrotch.
E’ masochismo ma di quello dolce, è come un pianista che si spezza le dita per rendere l’ultimo concerto indimenticabile. Resto cosciente così che ogni inculata mi penetri fino in fondo, oltre la nube di ipocrisia, oltre le barriere di sicurezza antifrocio e gli airbag al nazismo che esplodono tutt’intorno alla prima ventata di pericolo.
Lui mi propone un giochetto, uno di quelli che trova sulle riviste da finocchio che ruba a casa di quel dottorino di merda. Porta nella stanza una cazzo di collana piena di palle e mi propone di infilargliele su per il culo, vuole fare lo stronzetto e divertirsi. Bevo una sorsata di birra e l’accontento perché quel sorriso da bambino ingenuo o lo assecondi o lo distruggi e io Ian l’ho distrutto troppe volte per poter sperare di vederlo tornare indietro così ho deciso di buttarla sul ridere, avrò fatto qualche battuta a denti stretti con le mani che tremavano ma lui era già piegato e non poteva sentire le costole incrinarsi, non senza i raggi X.
A quel punto è iniziato tutto, è bastato un solo rumore per farmi rivivere interamente quella merda di vita che alla fine si è rivelata un susseguirsi illogico di sparatorie e scopate da conigli. La maniglia che si gira con quella cadenza scricchiolante di cui solo Terry è capace, ho sentito il suo odore prima ancora della voce. Credo di aver avuto la faccia peggiore della storia mentre giravo il collo con addosso il peso della consapevolezza, è stato uno sforzo amplificato per mille, sapessi fare le moltiplicazioni sparerei una cazzo di cifra perché, fanculo, è stato talmente concreto che qualcosa si è incrinata già dal quel primo movimento. Tutto il resto è una macchia indistinta, è un lento progredire di dolore, è una macchina che si avvicina al burrone mentre autista e sterzo si fondono in un unico grande vaffanculo al mondo.
Il primo passo ha fatto tremare le budella ad entrambi, con la trachea infiammata ci siamo staccati talmente in fretta che qualcosa di suo deve essermi rimasto dentro, altrimenti non si spiega tutta questa densità che mi soffoca. Un pezzo di Gallagher come un cazzo di pelo incarnito o una caria nascosta, la poesia l’ho scaricata nel cesso e non trovo paragoni più adatti.
Terry è entrato con la faccia contratta e i denti stretti, masticandosi la lingua. Tutto ciò che avrebbe voluto fare era sputare me fuori da quella casa. Dalla sua cazzo di vita. Sono come un scheggia fastidiosa che gli trapana le tempie. Ha iniziato a colpirmi, con violenza, con rabbia. Non le solite scazzottate da cuccioli, quelle in cui sanguini per imparare che qualsiasi ferita prima o poi si rimargina, no. Erano proiettili di carne diretti in qualsiasi posto potesse essere abbastanza scoperto da farmi saltare in aria, alla fine.  E c’è riuscito, sono esploso. Gallagher ne ha prese di meno perché non le meritava, tutte quelle botte. Nella sua cazzo di famiglia a pezzi prenderlo nel culo o spalancare le gambe non fa differenza, è sempre sesso, nessun pregiudizio. Persino Frank col cervello fritto lo capisce.

In casa Milkovich invece si vive secondo natura, e la natura ci chiede soltanto di morire. Quindi in casa Milkovich si vive per morire, è successo con mia madre e non so nemmeno come si sia evoluta la vicenda, e in quel momento credevo stesse per succedere a me. Stavo per pagare il prezzo finale, aspettavo la pallottola che avrebbe scavato un buco profondo tra occhio e occhio spegnendo lo sguardo per sempre. Come dire: spegni la luce. Sbam e non vedi più niente, si scollegano i cavi, non c’è più energia. Sbam e crolli sul pavimento, dondoli nelle convulsioni e le arterie immobili ti cantano la buona notte del riposo eterno.
In tutto questo però non avevo calcolato una cosa, il marchio indelebile dello sguardo di Gallagher che si arpiona alle mie pupille dilatate e riempie il campo visivo per intero.
Una strana forza mi fa reagire, prende piede tra i legamenti del polso e contrae le falangi in pugni votati a cause perse. Terry è più forte perché è un assassino, perché ha fuso la vita e la morte dando alla luce noi, attraverso le tube usurate della mamma.
Siamo nati marchiati, chi in modo irreversibile e chi solo bruciante.

Non so come alla fine riapro gli occhi e da lì capisco di essere svenuto, la patina bianca che mi serra le palpebre non impedisce che le mie iridi color discarica incontrino quelle di Ian. Sembra risucchiato verso il pavimento, come una strana legge fisica che gli permetta di farsi inglobare dalle assi di legno consunto.
Non mi guarda, e io so che se lo facesse ucciderebbe mio padre ma sarebbe lui a morire, non si vince il demonio.
Muove i piedi in modo frenetico, lo percepisco dal ticchettare degli alluci che vorrebbe solo andare via di qui e dimenticare tutto ciò che ha a che fare con la maledetta casa degli orrori a cui sono incatenato a vita; porta le mani al naso accartocciato come se potesse rimetterlo a posto ma è dopo un attimo che mi rendo conto che è solo un gesto strategico per lavare via una lacrima senza dare nell’occhio. La dipinge di rosso con i colori a sangue che ha sulle mani, una scia cremisi che lo accompagna giù per l’addome fino al pube.
Per un attimo mi domando se Terry non lo abbia castrato ma fa male ai neuroni pensare ad una risata, quindi resto a dondolare la testa come un imbecille sforzandomi di non apparire troppo patetico ma già ho perso in partenza.  

Lui si volta e mi mostra un profilo ammaccato quando tento di alzare una mano, ho le unghie spezzate e frammenti di esse si trovano sul collo di Terry, presumo.
Immagino come Ian sia rimasto inerme a sopportare le violenze di mio padre mentre io vagavo nel nulla, immagino come il suo orgoglio ferito premesse ad ogni parola per farlo esplodere. Magari fosse successo.. qualcuno che mi levi la responsabilità di dover sopravvivere a mio padre, dio ti prego.

Ho le orecchie otturate e non sento Terry afferrare il cellulare e chiamare la troia di Svetlana, quella con le gambe snelle e gli occhi indecifrabili, si dice abbia iniziato a 12 anni, si dice non sappia smettere.
Ho accompagnato Terry al bordello così tante volte da saperle riconoscere tutte.

L’orologio segna i secondi e il ticchettare è pesante nell’aria, le molecole di O2 amplificano ogni suono ma le mie orecchie otturate di sangue lo respingono. Non so come sia per Ian, provo vergogna a vederlo lì nudo di fronte a me con una pistola puntata alla tempia e Terry che scrolla la cenere dalla sigaretta in modo da fargliela finire sui capelli.

Spera che il  mio rosso prenda fuoco, forse? Non sa che quella fiamma è già carbone? Che ha spento ogni scintilla dal momento in cui mi ha messo al mondo?

Vedo le efelidi di Ian fremere ma forse è solo un riflesso del mio, di tremore.


Il resto è il sogno.
Lei che arriva e si spoglia perché sa riconoscersi solo quando è nuda, mi salta addosso e Terry le ordina di rendermi uomo, di scoparmi fino a diventare etero.
Da bambini, Mandy una volta mi sussurrò nel sonno che Terry l’aveva stuprata, sbagliando l’ordine delle lettere disse testualmente: sturpata.
Io non le avevo mai creduto perché pensarci era peggio di qualsiasi realtà, pensarci mi faceva impazzire, mandava in aria i bulloni. Ho rimosso quella confessione dalla coscienza perché ricordare le labbra tremanti di Mandy mentre si apriva nell’incoscienza mi esauriva.
Saltavo dal letto, avevo undici anni e il pigiama di batman, saltavo fuori dal letto e passavo tutta la notte a fissare Terry mentre russava con un rivoletto di birra a innaffiare i baffi da sergente. Pensavo a come sturparlo a mia volta, a come ucciderlo per liberarci.

Ho fatto l’errore di guardarlo negli occhi mentre Svetlana si agitava senza riuscire a smuovere nulla in me, ho fatto il più grande fottuto errore della mia vita, guardarlo fisso nelle pupille e vederci dentro un sorriso. Rideva, rideva di me. E allora ho pensato a Mandy e a come trema tutte le notti. E’ come avere un Parkinson psicologico, ho capito solo ora che non era di Mandy quel tremore ma dei suoi fantasmi. Dei nostri fantasmi.
Lo sguardo di Ian bruciava sulla pelle come un’ustione esposta al sole, volevo che finisse prima, volevo che finisse per sempre. Ho afferrato la russa dai fianchi stretti ed esili e devo averle fatto male perché ha sospirato più forte, l’ho visto nel suo sguardo che provava compassione per me e mi faceva schifo perché lei sta messa peggio. Chiunque sta peggio di me, non posso essere sempre io il fondo del pozzo.

E’ finita quando lei ha iniziato a recitare meglio, quando io ho smesso di lacrimare e tirare su col naso come avessi cinque anni, è finita quando Terry ha perso i sensi per la troppa gioia e i troppi alcolici.
Ian è sgattaiolato dalla porta senza dire una parola, con addosso solo i boxer e mezzo litro di sangue.
Io sono rimasto lì con le ginocchia al petto e la pistola di Terry tra le mani, avrei voluto sparare diritto alla testa e dipingere una volta per tutte il tappeto con quel cervello da nazista accanito, ma la vista offuscata e il terremoto nel petto mi impedivano una presa salda, non avrei mai fatto centro. Non si distrugge il creatore, puoi solo piegarti al suo volere.


E finisce così, la bella storiella del ragazzo di periferia.
Sono tornato in camera a singhiozzi, fermandomi a prendere fiato ad ogni passo.
Una bambola rotta, ecco a cosa mi ha ridotto.
Resto asimmetrico sul pavimento a cercare una purga nel sangue che scorre da ogni orifizio, graffio le palpebre con le dita pesanti perché non riesco a trattenere i gemiti.
Sono ancora nudo di vergogna e di emozioni quando mi infilo nel letto e le lenzuola mi soffocano ma in questo mondo non voglio più respirare.


Finisce così la storia del finocchio dei piani bassi, quello che ha una copertura fatta di carta velina che cede ad ogni spiraglio, quello che cercava solo di sopravvivere e invece l’unica cosa che è stato in grado di fare è stata uccidere entrambi.
Se stesso e la scintilla che aveva nel petto, la scintilla che suo padre ha spento, che una volta divenuta carbone ha raccolto i pochi panni sul pavimento ed è andato via lasciandosi solo cenere alle spalle.

E’ come un sogno, di quelli in cui nulla va come vorresti tu, in cui la voce resta in gola e non puoi vomitarla in alcun modo, quelli in cui le mani sono sempre troppo lente e i pugni inefficaci, quelle in cui le lacrime sono giganti e lo stomaco si torce senza poterlo allentare. E’ come un sogno talmente reale che inizi a pensare che sia un sogno solo perché una tale dose di cruda realtà non la augureresti a nessuno.
E’ come….


                        
            ... Fanculo.


 
Life, it taught me to die,
so its not hard to fall,
when you float like a cannonball.



 
NdA: Non sono per niente convinta di questo capitolo, ho provato a scriverlo per tanto tempo e il risultato era sempre un foglio bianco sporcato dalle mille parole digitate e smagnetizzate. Alla fine mi sono decisa a pubblicarlo, però ho ancora molti dubbi sulla stesura.
Per quanto riguarda la scenda erotica, so che non era Ian ma Mickey a voler stare al gioco ma per esigenze della trama ho cambiato quella parte. Tanto il risultato è lo stesso, in fin dei conti.
  
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