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Autore: Jo_March_95    16/11/2013    2 recensioni
"I don't wanna love to destroy me like it has done my family"
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La mattina, in casa Milkovich, abbiamo tutti gli occhi cuciti a forza di lacrimare punti di sutura vomitati al vento, abbiamo tutti le orecchie tese perché chiunque respiri nelle vicinanze è un pericolo, abbiamo tutti le dita strette in pugni congelati nel tempo e le articolazioni scricchiolano sotto il peso delle intenzioni.
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Mandy e Mickey Milkovich, che quella firma "M.M.", alle elementari ci sembrava una cosa divertente, una
siglia solo nostra, un segreto a lettere puntate che poteva significare tante cose, ma la "S." di salvami non la trovavamo mai.
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Genere: Drammatico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Shonen-ai | Personaggi: Mandy Milkovich, Mickey Milkovich
Note: Missing Moments | Avvertimenti: Tematiche delicate
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I hear glasses breaking as I sit up in my bed



Non ho mai capito cosa intendesse la gente con l’espressione “tirar fuori le palle”.
Sono le fottute due di notte e il letto mi sta stretto, non riesco ad abitare lì dentro aspettando l’alba di un’altra giornata del cazzo quindi la prima cosa che mi viene in mente di fare, a parte l’incondizionato portarsi una cicca alle labbra, è passare l’olio alle catene arrugginite dei miei pensieri.
Terry russa tra un respiro profondo un rantolo di rimpianto, quelle altre teste di cazzo si dividono le lenzuola con i genitali maleodoranti che si appiccicano addosso come colla vinilica e Mandy geme nel suo lettino da principessa alternativa del cazzo con coroncine bruciate in qualche specie di rito satanico da quattro soldi mentre stringe una bambola di pezza tra le braccia.

Trema sempre, la notte, lo so perché la vedo con gli occhi arrossati dall’erba e la testa che gira talmente forte da farmi sentire bene.
Trema sempre ma non ha mai freddo, lo so perché le ho messo una coperta sulle spalle una volta sperando che non se ne accorgesse e invece lei m’ha rotto il naso e ho dovuto fingere di essere ubriaco fradicio per non perdere la reputazione.
Non che sia stata una cosa difficile, avevo l’alito pesante e quattro mani, quindi forse un po’ ubriaco lo ero per davvero.
Quella sensazione viscida che mi stringe la gola in una morsa di parole stagnanti che rischiano di soffocarmi a volte mi spinge a fare cose stupide, tipo mostrarmi umano.

Mandy me lo urla sempre in faccia con gli schizzi di saliva acida che saltano ad ogni sillaba come a rappresentare lo sputo di vita che conduciamo da animali in cattività, me lo urla in faccia che sono un frocetto senza palle. E poi mi dice di mostrarle, le palle.
A me fa ridere, e infatti quello che mi esce dalle labbra spaccate dal freddo e dai pugni di Terry è un suono gutturale che ha una nota di perversione nel timbro, è una risata da cazzone perché è quello che sono, la gente me lo dice sempre che sono un cazzone.
E poi dice << facci vedere le palle, cazzone >>.

I clown agiscono a comando con le pile scariche, io agisco d’impulso con i sensi ottenebrati e faccio il pagliaccio per guadagnarmi un po’ di rispetto e dare un senso a quel ghigno cupo che mi taglia in due la faccia.
Una volta alle elementari mi sono abbassato i pantaloni e le mutande e la gente mi puntava il dito contro ma l’unica cosa a cui riuscivo a pensare io era che non avevo fatto vedere le palle giuste altrimenti la reazione sarebbe stata diversa.
Io non dico mai a Mandy di far vedere le tette perché so che lo fa talmente tante volte che le da la nausea e poi comunque non è vero che ha una coppa C, lo sappiamo tutti che va in giro tutta imbottita.
Non dico mai a Mandy che è una femminuccia perché quando avevo cinque anni era lei a partecipare alle risse al posto mio.

Mi diceva sempre di scommettere sull’altro ragazzino e si faceva pestare a posta.
Alla fine tornavamo tutti e due ammaccati perché per non piangere Mandy doveva prendere a pugni me, ma almeno le tasche erano piene di caramelle e sigarette che non avevamo il coraggio di fumare.


Quando le parole pungono più della ricrescita ispida della barba che mi trapassa il mento penso a quello che vorrei dire a Mandy a proposito delle mie palle.
Tipo sul fatto che mi piace tanto mostrarle ma solo quando possono fare la conoscenza di altre palle o in alternativa un bel culetto sodo.
Tipo buttare sul vago che il suo finto fidanzato in realtà sarebbe la mia relazione stabile che non ho il coraggio di accettare, che l’altro Gallagher dagli occhi asimmetrici e lo sguardo da babbeo sa tutto ma non ha detto nulla così Ian può continuare a fare la principessa e raccontare la nostra storia d’amore proibita sotto le lenzuola soffiando parole di hashish al fratello che gli vive affianco.
Mentre io mi accontento di rientrare in casa troppo tardi e uscire prima che torni Terry,mentre io non apro mai bocca con Mandy altrimenti sarebbe lei a dover parlare con me e mi racconterebbe della nostra casa degli orrori e di quello che succede quando Terry torna ubriaco con l’assenza di nostra madre tra le dita da riempire con un paio di gambe da stringere.

Darebbe un senso a tutte quelle urla che sentiamo quando restano soli in casa e alle padelle ammaccate del corredo buono e allora io diventerei ancora più stupido e mi rimangerei le mie palle e non riuscirei a dormire la notte.

Quando passo per strada la gente cambia marciapiede e fissa la Beretta 92 che porto tra la cintura e i jeans lerci, se non ha abbastanza paura così tiro un po’ di proiettili in aria tanto per fare scena e tanto per far crepare qualche piccione portatore di handicap.
Il rumore degli spari mi fa esaltare come una cazzo di scimmia ma i miei piedi non si staccano da terra neanche se ci provo con tutto me stesso perché è da quando sono nato che mi ripetono che non arriverò mai in alto. Magari è vero e io non ce la farò mai ma almeno qualcosa di mio bucherà le nuvole e mi porterà quegli abitanti del cielo tanto coglioni da essersi rifugiati in fortezze di brezze mattutine e temporali estivi.
Cadranno stecchiti ai miei piedi e a quel punto non me ne fregherà più un’emerita minchia.
Non distruggo per il piacere di distruggere, la mia è un’azione fine a se stessa ma è priva di diletto.

La sera, in casa Milkovich, le stanze sono vuote, se si tralasciano le carcasse umane posizionate come soprammobili disadorni senza una vera logica.
Che poi è anche vero che stoniamo con il mobilio, noi Milkovich non facciamo pendant con niente.
Una cazzo di parola da frocio, pendant, ma è quello che non mi rappresenta, in fondo.

La mattina, in casa Milkovich, abbiamo tutti gli occhi cuciti a forza di lacrimare punti di sutura vomitati al vento, abbiamo tutti le orecchie tese perché chiunque respiri nelle vicinanze è un pericolo, abbiamo tutti le dita strette in pugni congelati nel tempo e le articolazioni scricchiolano sotto il peso delle intenzioni.

Io, quando il sole tramonta e Terry russa abbastanza forte da non rischiare di risvegliarsi, passo dalla porta d’ingresso come un cazzo di criminale ai domiciliari, sgattaiolo in camera con il pene moscio e l’adrenalina che mi dilata le arterie.

Sento di puzzare di frocio e di scopate da depravato, ho paura che uno di loro si svegli e annusi nell’aria l’odore della perversione che mi accompagna, che segua la scia fin dentro le mie mutande e mi inchiodi al pavimento senza via di uscita.
Più di tutto ho paura di puzzare di amore, come una poesia scritta nell’ottocento su pergamene filtrate dalla CIA dell’età vittoriana, come il nome di Ian inciso troppo a fondo nell’aria che respiro per poterlo grattare via senza morire di mancanza di ossigeno.

Ogni sera è la stessa storia, nel mio letto la tachicardia mi fa sentire ancora più codardo, è come se i battiti di questo mio presunto cuore vogliano scandire il ritmo della mia fuga, come se mi stiano preparando all’apocalisse.

Allora salto fuori dalle lenzuola talmente sudato che a vederle sembrerebbero fresche di bucato e invece è solo il terrore ad ammollarne il tessuto.
Socchiudo la porta della camera di Mandy con la sigaretta tra le labbra ed è come condividere una fumata perché lei inizia a respirare meglio, quando le insozzo l’aria.
Le sue mani si muovono a scatti e non so mai cosa vogliano afferrare, se avessi dei sentimenti avvicinerei i miei palmi alle sue dita severe per vedere se almeno un po’ combaciamo e riusciamo a stare bene, invece mi limito ad alitare anidride carbonica e sorridere tra i lividi delle labbra spaccate dall’ennesima rissa, quando lei dilata le narici e si prende la mia merda filtrata e sembra pure gradirla.

Mandy e Mickey Milkovich, che quella firma “M.M.” alle elementari ci sembrava una cosa divertente,
una sigla solo nostra,

un segreto a lettere puntate che poteva significare tante cose ma la "S." di salvami non la trovavamo mai.
  
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