Capitolo 7: Notte in bianco
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vete
mai vissuto situazioni tipo sedere in aula con l’insegnante che sta per
nominare il malcapitato per l’interrogazione senza essere preparati? Oppure
quando vi accorgete di aver dimenticato il portafoglio e dovete pagare il conto
al ristorante? O non trovate più le chiavi e dentro casa non c’è nessuno? O state
per finire la benzina in aperta campagna?
Avete
presente quell’ondata di calore che vi sale al viso e poi ridiscende,
sostituita da una sensazione di gelo per tutto il corpo…?
In
caso affermativo avrete una vaga idea di quello che stava provando Alan Asuka
(alias Asuka Junior) dopo aver constatato la presenza, davanti alla porta di
casa, della signorina Rina Takamya, vezzosa compagna di classe, forzatamente
tollerata collaboratrice nelle operazioni anti-Saint Tail e - ciliegina sulla
torta - pretendente alla mano del giovane detective!
Mentre
si era trascinato a casa sua da casa Haneoka, le sensazioni che avevano pervaso
il suo essere erano state parecchie e tutte poco piacevoli: sgomento, rabbia,
delusione, angoscia, incertezza, odio, autocompatimento… una sola era riuscito a tenere a bada, fino a quel
momento: la paura… ed ora ecco che provava anche quella!
Per
la prima volta, dal giorno in cui la sua povera mamma era morta, Asuka Junior
tornava ad avere paura! Paura di rimanere in balia degli eventi. Di perdere il
controllo della situazione. Di sentirsi accusare senza riuscire a difendersi.
Ancora
una volta avrebbe dovuto affrontare una circostanza spiazzante. E sempre a
causa di una donna!
All’inizio
della sua vita, la donna che lo aveva messo al mondo si era separata da lui -
sia pure involontariamente - obbligandolo a diventare maturo prima del tempo. In
seguito, un’altra donna gli aveva rubato il cuore affascinandolo con una
misteriosa e intrigante identità, per forzarlo adesso a compiere una crudele
scelta fra sentimento e dovere. Infine, una terza donna lo avrebbe ora
attaccato di brutto, accusandolo di essere quanto meno un irresponsabile, tanto
peggio un traditore!
Ce
n’era abbastanza per diventare misogino… e il buon Philip Marlowe[1]
avrebbe dovuto fare miracoli, per evitarlo.
Sempre
che vi fosse riuscito!
***
Il
primo istinto fu naturalmente quello di nascondersi fin tanto che l’impiastro
in gonnella si stufasse di aspettare e se ne andasse, ma si rese conto fin da
subito che era troppo tardi, poiché lei l’aveva già visto.
Che
fare, dunque? Alzare i tacchi e scappare…?
Mai!
Per generazioni gli Asuka avevano affrontato le loro sfide, senza esitazioni o tentennamenti
e l’ultimo rampollo della famiglia non sarebbe stato da meno: avrebbe difeso
con le unghie e coi denti la sua dignità. O quanto ne restava!
*I
tori vanno presi per le corna!* pensò, sospirando.
Se
la sua natura “superpositivista” gli avesse consentito di conoscere
l’astrologia, si sarebbe ricordato che la sua prossima antagonista era nata
proprio sotto il segno del Toro… ma,
siccome non conosceva, né tanto meno credeva nell’astrologia, non poteva
nemmeno consolarsi col pensiero che, in fondo, se Rina era un Toro, lui era pur sempre un Leone…!
Ciononostante, tenne fede al suo proposito mentale e agì di conseguenza.
“Posso
sapere cosa ci fai, tu, qui…?” le domandò, cercando di nascondere la sua
ansietà sotto un’aria corrucciata.
La
ragazza alla sua porta lasciò scemare lentamente dal suo volto lo sguardo
accusatore che aveva assunto dopo averlo visto arrivare… e gli sorrise. Non era
certo un sorriso affettuoso, ma non era neppure cinico o beffardo. Era
certamente malizioso e si sarebbe anche potuto definire quasi “maternalistico”!
Il sorriso della madre rivolto al figliolo, dopo che ha subito una conseguenza
- non grave ma comunque spiacevole - derivata dal non aver seguito un suo
amorevole consiglio… il sorriso, insomma, del Te lo avevo detto, io…!
Forse
era per questo che faceva così paura…!
“Sai
com’è…” gli rispose, incrociando le braccia “…quando mi sono accorta che non
eri più con me, mi sono leggermente preoccupata. Sulle prime, ho pensato che
avessi ideato una qualche manovra aggirante per acchiappare quella maledetta
ladruncola… ma poi, quando ho capito che la nostra amica ce l’aveva fatta anche
stavolta e tu non sei più ricomparso… ho temuto che ti fosse successo qualcosa.
E allora…”
“Dannatamente
gentile, da parte tua” rispose lui, deciso a ignorare il tono ironico di quelle
parole “ma, come puoi constatare, io sto benissimo. Perciò, se vuoi scusarmi…”
Il
detective estrasse la chiave di tasca e fece per infilarla nella serratura
della porta, ma la ragazza gli strinse la mano sinistra attorno al braccio e
gli mise l’altra sulla spalla. Poi lo guardò, profondamente, negli occhi: “No, mio
caro… tu non stai benissimo. Tu stai
da cani. E si vede!”
Asuka
Jr. fu lì lì per risponderle in malo modo, ma fece appena in tempo a riflettere
che quella sera non gli conveniva passare subito dalla parte del torto, anche
perché, almeno a livello formale, nel torto lo era già…!
Aveva
piantato in asso la sua (pur coatta) “assistente” per seguire un piano di cui
non l’aveva fatta parte. Come se non bastasse, avrebbe anche potuto, almeno a
rigor di termini, essere accusato di abbandono di posto, durante il servizio. In
altre parole, era nei guai e doveva cercare di bagnarle, le polveri, non certo darvi
fuoco!
“Beh…
ammetto di aver passato una serata pesante… in effetti sono abbastanza
stressato e non vedo l’ora di mettermi a letto. Non credo, poi, che tu sia
messa molto meglio di me… quindi faresti bene a tornare a casa e fare
altrettanto!”
Per
tutta risposta, la nipote del sindaco si appoggiò con la schiena al portone di
casa e tornò ad incrociare le braccia: “No, tesoro! Io non mi muoverò da qui… almeno
finché non mi dirai dove sei stato…!”
“Non
ti riguarda!”
“Oh,
sì, invece… dal momento che sono la tua assistente!”
Alan
cominciò ad avvertire un leggero mal di testa. Chiuse gli occhi, sospirò
rumorosamente e replicò: “Non ti ho voluta io!”
“Ciò
non toglie che io sia la tua assistente!”
Il
mal di testa si fece più forte… e, assieme a quello, il giovane sentiva spuntare
anche un forte senso di nausea. Il buon senso gli raccomandava di mantenere la
calma per trovare il modo di scrollarsela di dosso in maniera indolore, ma
l’istinto lo spingeva talmente a sfogarsi per esorcizzare quella notte dannata,
che non si trattenne più… né aveva più la forza di farlo!
“Tu
non sei la mia assistente…!! Tu sei solo una dannata tirapiedi di quel
poltronaro di tuo zio… che ti ha mandata a sorvegliarmi perché non si fida di
me, ecco cosa!! Perché, dai e dai, l’hai convinto che io non sarei mai riuscito
a catturare quella ladra… e hai distrutto la fiducia che mi ero conquistato!!
Lo capisci o no, quello che mi hai fatto…??!”
La
giovane impallidì, ma rispose: “Alan… io volevo solo aiutarti a compiere il tuo
dovere. Volevo starti vicina…” la voce le si
fece tremula “…perché lo sai che tu mi piaci… che io ti…”
“STRONZATE…!!!
Tu volevi solo dimostrare a tuo zio che ero inadatto all’incarico, per farmelo togliere!
Oppure acchiappare Seya prima di me, per farmi passare da inetto!! Né l’uno, né
l’altro sono atteggiamenti coerenti, da parte di una spasimante…!!”
“Io
non volevo farti fare la figura dell’inetto! Io ti amo, Alan…!!! Io volevo solo
che te ne accorgessi, invece di correre dietro a una che ti stava prendendo in
giro, nascondendosi nei panni di Haneoka! E siccome tu non volevi saperne di
levarti le fette di salame davanti agli occhi… ebbene, lo confesso: cercavo di
allontanarti da lei!! Dopotutto, non riuscendo a catturarla - o meglio non volendo catturarla - tu mettevi nelle
peste anche mio zio…!”
“Va
bene” ghignò il ragazzo, toccato “d’accordo, accomodati: va’ a dire a tuo zio
che stasera ho abbandonato il mio posto… fammi togliere l’incarico… tanto non ti
servirà a niente: è troppo tardi, Rina… troppo tardi!!”
Il
povero Alan era esasperato. Il rancore che provava per Lisa Haneoka dal momento
in cui aveva constatato la verità, si fondeva col risentimento che provava per
Rina fin da quando il sindaco gliel’aveva appiccicata addosso, chiaramente
dietro richiesta della ragazza stessa. In fin dei conti, entrambe le ragazze lo
avevano manovrato per il medesimo fine di accalappiarselo: una facendosi
inseguire come ladra, l’altra intrigando per smascherare il suo gioco e
dirottare così i sentimenti del ragazzo verso di lei.
Ma
adesso basta: era stufo di farsi manipolare da quelle due donne…!
“Troppo
tardi?? Cosa vuoi dire, Alan…?”
“Che
anche se non sarò più autorizzato a darle la caccia, non farà nulla… perché
adesso non mi serve più…!!!”
Rina
non cessava di mangiarselo cogli occhi. Non l’aveva mai visto così infuriato… e
così bello, come quella sera!
La
sua aria così esasperata, la sua testa spettinata, la sua fronte imperlata di
sudore… e i suoi occhi - che più che esprimere ira imploravano aiuto -
l’eccitavano fino allo stordimento.
Tuttavia,
non era soltanto questo a farle battere il cuore all’impazzata, ma anche la
sensazione che il suo amato stesse per scoppiare e sarebbe bastato un niente per
fargli vuotare tutto il groppo che aveva in gola!
“Ma
allora… allora hai scoperto la sua identità...! È così, Alan? È COSÌ…??!”
Asuka
Junior sentiva che avrebbe dovuto fermarsi… la ragione, attraverso i disperati
segnali di James Watson,[2]
glielo diceva che, se si fosse lasciato scappare una parola di più, si sarebbe
rovinato. Ma era troppo incazzato… e troppo
stanco.
Stanco
di un’adolescenza spesa a controllarsi, a ragionare, valutare, riflettere, razionalizzare. Le emozioni, i
sentimenti, la natura del ragazzino che era in lui volevano uscire, frantumare
quella maledetta corazza che li comprimeva da anni e anni per potere, finalmente,
manifestarsi. E
“CERTO
CHE HO SCOPERTO
Alan
sentiva le gambe piegarsi… segno evidente che la sezione Motoria di Kirby non
aveva più energia per tenerlo in piedi. Le ultime calorie disponibili le
stavano bruciando Watson e Marlowe, nell’ultimo disperato tentativo di
scongiurare la catastrofe…
Ma
erano sforzi vani, i loro: la bionda ragazzina tutto pepe doveva soltanto dare un’altra
piccola spintarella… e lo fece: “Hai scoperto che Lisa e Seya sono la stessa
persona… è così…?” gli occhi di Rina erano ormai più taglienti di un bisturi.
“Io…”
rantolò il povero ragazzo, grondando litri di sudore.
“È
COSÌ…??!!”
“SÌ,
MALEDIZIONE…!!! SÌ, SÌ, SÌÌÌ…!!! AL DIAVOLO! AL DIAVOLO!! AL DIAVOLO…!!!”
Le
calorie disponibili erano finite. Alan Asuka, il “ragazzo speciale”, il
“piccolo-detective”, l’invidia dei ragazzi e l’idolo delle ragazze di tutta la
città di Seika (e non solo) cadde a sedere, sfinito… appoggiò infine le braccia
sulle ginocchia, vi nascose il volto e iniziò a singhiozzare, sommessamente.
Si
dice che un uomo non piange…
…forse
sarebbe più esatto dire che nulla riesce a far piangere un uomo… tranne una
donna!
A
quella vista Rina Takamya, ragazza dotata di bellezza, intelligenza, prestanza,
intraprendenza, senso della giustizia, superbia… ma non di meschinità, sentì a
sua volta inumidirsi gli occhi.
Camminò
verso il ragazzo che amava, si sedette accanto a lui… e con dolce fermezza lo
fece distendere, appoggiandogli la testa sul suo grembo. Poi cominciò ad
accarezzarlo e a sussurrargli: “Ssst… perdonami, tesoro… non volevo farti del
male, te lo giuro… io ti voglio bene. Non piangere, amore mio…!”
Le
sue frasi erano interrotte dai singhiozzi di Alan… e anche dai suoi.