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Autore: MayaSorako    30/12/2013    2 recensioni
Titolo precedente: "Un sole tutto mio"
In una mattina come un'altra, la città attende il sorgere del Sole per cominciare una nuova giornata; nessuno può sapere che stavolta non succederà.
L'Apocalisse si avvicina, e non è la prima volta.
In quella che in un tempo lontanissimo fu la leggendaria terra di Luminaes, c'è chi da una vita lotta disperatamente per salvare questo mondo maledetto da una fine predestinata. Ma c'è anche chi, questa stessa fine, la attende con trepidazione e impazienza, e spera in una rinascita che possa portare nuova luce alla sua buia esistenza.
E poi, esattamente nel mezzo, c'è Dia.
Dia è una ragazzina solitaria, a cui basta poco per essere felice: la sua amata terrazza ed il Sole. Non sa niente di questa Apocalisse, né di chi sia lei in realtà o di quale imponente fardello le sue esili spalle dovranno portare da quel terribile giorno. Suo malgrado, rimarrà coinvolta in una Profezia e in un conflitto molto più grandi di lei ma, in questo intenso viaggio, non sarà sola.
Questo mondo condannato a perire dalla sua stessa nascita, può davvero essere salvato?
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"Perché niente è più spaventoso che l'essere in due, soli."
Genere: Drammatico, Sovrannaturale, Suspence | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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"Non potete portarmi via mia figlia!" gridava la madre di Dia, cercando di farsi strada tra la folla che si era radunata sotto casa loro. Certo, adesso si preoccupa per sua figlia, pensò lei, mentre osservava la scena dall'auto in cui l'avevano caricata come fosse un pacco postale. Era seduta accanto a persone che non conosceva, agitate, cupe, che la fissavano torve; un po' cercavano di capire cosa fosse, e un po' ne avevano timore. A Dia però non importava niente di tutto ciò; tante cose erano successe in quelle scarse ventiquattr'ore, troppe per una ragazzina di dodici anni che del mondo conosceva ben poco. Aveva ancora in testa le urla disperate dei genitori della bambina con le trecce, quando la mattina precedente il panico si era scatenato in casa sua, nella sua camera in particolare. Erano le cinque passate, e la puzza di bruciato aveva raggiunto il suo naso, destandola dal suo sonno. Qualcosa sta andando a fuoco! Non sapeva cosa fare: per la prima volta si trovava, da sola, a dover affrontare di persona una situazione pericolosa, ed era paralizzata dalla paura. Si guardò intorno, spaesata, senza riuscire a riconoscere niente, in quella camera, che potesse darle conforto. In terrazza, devo andare in terrazza, si disse. Lì sarò al sicuro

Varcata la soglia, si sentì subito sollevata, in pace con sé stessa, come se le fiamme lì non l'avrebbero mai raggiunta. Si avvicinò alla ringhiera, come sempre, e osservò nuovamente il panorama: villette a schiera e giardini perfettamente curati si disponevano in basso, mentre dall'alto un cielo poco stellato copriva tutto con il suo oblio. Ormai si avvicinava l'ora dell'alba, ma il sole non accennava a sorgere e neanche un fioco raggio di luce filtrava attraverso l'orizzonte. Dia era ansiosa come mai prima d'ora. Perché non sorgi? Avrebbe voluto domandare al sole, che comunque non avrebbe saputo risponderle. Fu allora che sentì un forte calore invaderle tutto il corpo, e la puzza di bruciato tornò a farsi sentire, come se non fosse mai andata via. D'istinto si guardò le mani che tutto d'un colpo avevano iniziato a brillare, ed insieme a loro anche tutto il resto: dalle radici dei suoi capelli rossi alle sue punte dei piedi. Sto bruciando, pensò, sconvolta. Io... Sto bruciando. Lo stupore si mischiò alla paura, e i suoi occhi insicuri vagarono alla ricerca di qualcuno che potesse aiutarla, posandosi tuttavia, forse per abitudine o forse spinti da qualcosa di molto più profondo e straordinario, nuovamente sull'orizzonte, dove qualcosa di anomalo catturò l'attenzione di Dia. Dovette sforzarsi per distinguere bene quell'ombra, ma non aveva più dubbi; non poteva averne, non su questo: ciò che stava guardando non era altro che il sole, ed era spento. Spento. Il suo mondo cominciò a crollarle sotto ai piedi. La sua unica certezza era scomparsa sotto ai suoi occhi, e adesso qualcosa di davvero inspiegabile le stava succedendo. La forte luminescenza emata dal suo corpo non accennava a spegnersi, ma il fuoco che lei sentiva ardere dentro di sé non bruciava affatto. Cosa faccio? Come lo spengo? Si chiedeva, disperata, mentre il panico le bloccava il respiro; e per un attimo la sfiorò il pensiero che la madre la vedesse. Non può vedermi così, non può. Il suo cuore saltò un battito, e Dia sentì l'angoscia impossessarsi di lei sempre più. Se sono brava nessuno lo saprà. Cercò di calmarsi, ma era troppo tardi: dei vicini si erano affacciati dalle loro case, allarmati dall'insolito ritardo dell'alba che mai, neanche nell'inverno più inoltrato, si era fatta aspettare tanto. E da così vicino, in uno scenario così buio, era impossibile non notare la splendente luce che lei irradiava tutto intorno a sé. Il rumore di un tonfo la fece voltare verso l'ingresso della terrazza, su cui giaceva, incredula e spaventata, sua madre, che si stringeva forte le mani al petto. Passò qualche istante prima che si decidesse ad alzarsi. Si sistemò la camicia da notte e i capelli, e il suo sguardo diventò da preoccupato a determinato. Prese la mano di Dia con forza e la portò dentro. "Nasconditi, e non uscire fuori per nessun motivo al mondo" disse, quasi sussurrando, fissandola intensamente dritta negli occhi. "Hai capito, Dia? Per. Nessun. Motivo." ripetè enfatizzando ogni parola, dato che la ragazzina non accennava a rispondere. Lei annuì, mordendosi il labbro e inghiottendo le lacrime che sentiva formarsi dentro sé. Aveva paura, molta più di prima ora che la madre sembrava sapere qualcosa che a lei sfuggiva su quello che le stava accadendo. Si accovacciò piano dentro al suo armadio, chiudendo lentamente l'anta per evitare che sbattesse. Devo restare nascosta, ribadì lei ancora e ancora, per tenere la mente occupata.

Ma non sarebbe servito a niente. Delle persone che non conosceva sarebbero venute a prenderla di lì a poco, e nessuno avrebbe potuto fare niente per evitarlo. Dia adesso era in quella macchina insieme a loro, e guardava dal finestrino sua madre che si faceva strada tra la folla arrancando e annaspando. Con grande forza di volontà giunse infine davanti a lei, e i loro sguardi si incontrarono nuovamente. Ma stavolta era diverso, gli occhi della donna erano diversi: tristi, fragili, materni. "Ricordati di mangiare" disse attraverso il finestrino, mentre una nuova luce inondava il suo sguardo. Lacrime... Dia sentì stringersi il petto mentre l'auto si avviava. Aveva sempre pensato cose così brutte di sua madre, e ora il senso di colpa la divorava. Già mi manchi troppo... Chiuse gli occhi, nel tentativo di calmarsi. E quando li riaprì, l'ennesima visione tornò a farle compagnia.

 

 

Angolo di Maya del 27/02/2014:
Salve gente! Ecco una cosa che volevo mostrarvi: una dolcissima Dia disegnata dalla meravigliosa Dyarika! <3



  
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