Fanfic su attori > Johnny Depp
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Autore: Ele_6    30/12/2013    0 recensioni
Ok, non ho mai fatto niente del genere, quindi non aspettatevi chissà che cosa. Seguo Johnny da sempre praticamente e questa idea mi frullava in testa già da un pò, quindi eccomi qui. Questa è una FF inventata al momento, scritta di getto, che parla del giovane Johnny Depp proiettato nel presente, della sua vita sbandata, caratterizzata da alcol, droga e rock&roll, di amicizia, dell'inizio delle sue prime esperienze cinematografiche e di come queste lo portino a scoprire cosa vuol dire amare ed essere amato. Ho preso spunto da episodi di vita vera di Johnny, dai vari libri che ho letto e anche da alcune mie esperienze personali. Il resto è puramente frutto della mia fantasia e di come credo siano andati certi fatti. Beh, vediamo un pò che ne esce xD Io ci provo. Spero vi piaccia. Idee, consigli e critiche sono sempre ben accettate :)Grazie a tutti.
- Ele.
Genere: Generale, Introspettivo | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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"John!", si sentiva urlare da dietro la porta.
"John!", di nuovo, sempre più forte.
"John! Alzati ho detto!", ora era davvero incazzata.
Cazzo di madri. Non ti lasciano mai in pace per i fatti tuoi quando quella è la cosa che vuoi di più al mondo in quel momento. Soprattutto quando sono le 7:30 del mattino e te ne stai beato al caldo nel letto sotto le tue coperte.
Ha capito proprio male. Io oggi non ho la minima intenzione di alzarmi da questo letto, nemmeno se mi offrissero una canna riempita con la migliore marijuana sul mercato. Beh, forse per quella un pensierino ce lo avrei fatto. Ma farlo per andare a scuola non ci pensavo minimamente.
"John!!", la voce si era fatta ancora più acuta e si percepiva benissimo la rabbia con cui veniva pronunciato quel nome in quel momento.
"Non mi alzo! Non ci vado oggi a scuola! Non ne ho voglia! Quindi smettila di rompere e fammi dormire cazzo!"
Dissi quelle parole senza pensarci, con la testa che mi rimbombava e quasi farfugliando. La sbornia della sera precedente si faceva sentire.
Alcuni secondi dopo quelle parole, non so come, mi ritrovai in piedi, scaraventato giù dal letto a sentire il freddo del pavimento ghiacciato della mia camera. Le scarpe e le calze erano state le uniche cose che ero stato in grado di togliermi dopo essere tornato a casa, ignorando a che ora della notte, in che stato e soprattutto chissà con quale cazzo di sostanza in corpo.
"Guardati, fai schifo! Non sei nemmeno riuscito a spogliarti per metterti a letto!", ormai era furiosa. E un pò, o forse di più, la capivo.
"Ero stanco", cercai di ribattere senza arrivare al solito scontro.
"No non eri stanco, te lo dico io com'eri:", ormai mi conosceva troppo bene, mi aveva visto così troppe volte. "talmente ubriaco e fatto da non essere nemmeno in grado di farlo". Quelle parole le uscivano con disprezzo e senza speranza, quella l'aveva persa già da un pò con me.
"Mamma non è vero, ero solo un pò brillo, tutto qui". Tentai inutilmente di ribattere, perchè dopo aver visto per terra vicino al letto il mio pacchetto di Rizla + vuoto, sapevamo entrambi che stavo mentendo.
Il peggio stava per arrivare. Che novità.
"Guarda che non sono stupida". Stavolta era calma, razionale, ed è in questi momenti che bisogna preoccuparsi di più.
"Non sono nata ieri, anzi molti anni prima di te, ma soprattutto non sono qui a farmi prendere in giro da un ragazzino che non sa prendersi le sue responsabilità e butta via la sua vita così!"
Odiavo la paternale. La odiavo con tutto me stesso.
"Ah perchè adesso ti interessa della mia vita?", quelle parole uscirono incontrollate, senza rendermene conto."Questa si che è una novità!"
Mia madre con i miei fratelli era diversa, molto diversa. E la capivo. Dei quattro sicuramente ero il più diverso anche io. Mio fratello e le mie due sorelle già fidanzate con ottimi partiti e già consapevoli di quello che sarebbero diventati. Io, ribelle chitarrista scapestrato alla ricerca della libertà, incurante delle regole e adulatore di sesso, droga e rock&roll. Che disonore.
"Non ti permettere di rivolgerti così a tua madre!", aveva la voce tremante, furiosa per quella mancanza di rispetto.
"Mi permetto si!", ero stanco, stanco delle solite discussioni.
"Perchè quando vuoi fai la madre", e che madre. La prima chitarra me l'aveva regalata lei, vedendo quanto mi stavo appassionando alla musica dopo la morte del nonno. Era il mio rifugio.
"e invece quando ti è più comodo diventi un cazzo di poliziotto tedesco che sa solo rompere i coglioni!"
SBAM!

La sensazione di ricevere quello schiaffo, forte, dritto in faccia mi fece sobbalzare dalla sedia, come quando stai dormendo e sogni di cadere nel vuoto.
"Oh cazzo!"
"John che succede? Tutto bene?", anche Kate si era spaventata.
"Si Kate, scusami"
"Mi hai fatto spaventare!", rise, ora era più rilassata.
"Lo so", risi anche io.
"Ero in dormiveglia ed ho fatto un incubo, fa rilassare molto essere sotto le tue mani", sdrammatizzai.
"Oh, addirittura", sembrava imbarazzata da quelle mie parole.
"Eh si, non pensavo che farsi truccare fosse così rilassante"
"Sono contenta! Visto che nel prossimo mese starai nelle mie mani tutti i giorni"
E purtroppo lo sapevo. Avrei dovuto armarmi di molta pazienza in quel mese.
"Certo, mi avrebbe fatto più piacere riuscire a farti fare un bel sogno, piuttosto che un incubo. Che stavi sognando?"
Quella domanda un pò mi spiazzò, anche perchè non sapevo come rispondere.
"Non ricordo mai i sogni che faccio", inventai.
Lei annuì e continuò il suo lavoro. Non mi andava di raccontare del sogno, avrebbe scaturito domande a cui di certo non avevo voglia di rispondere.
Nella mezz'ora seguente pensai a mia madre, a come se la stesse passando, che stesse facendo in quel momento e che uno di questi giorni l'avrei chiamata, almeno per farle sapere dov'ero e che me la stavo cavando da solo. Ma soprattutto per chiederle come stava, non per routine, ma come stava veramente.
"Johnny, abbiamo finito"
Quella frase la stavo aspettando da circa due ore e finalmente era arrivata.
"No, non ci credo", scherzai.
Non avevo voluto specchi durante la trasformazione, ne avrei voluto sapere come sarei diventato.
Avevo solo visto al momento del provino un disegno fatto da Tim da bambino, poi rifatto sempre da lui, da cui aveva preso ispirazione per il personaggio. Il disegno ritraeva questa curiosa figura con due grandi occhi neri malinconici, i capelli nero corvino tutti arruffati e con due forbici affilate al posto delle mani. I capelli e le forbici non mi preoccupavano, i primi li avevo già arruffati di mio e sarebbe bastata solo una tinta e al posto delle mani mi sarei infilato una specie di guanti che avrebbero trasformato le mie dita in quelle lame.
Interpretare quegli occhi era il vero problema, riuscire a trasmettere tutto quello che si ha dentro solo attraverso lo sguardo. Ma di questo me ne sarei occupato di li a poco, la curiosità di specchiarmi mi stava divorando.
Avevo voluto la sorpresa finale ed era arrivato finalmente il momento di godermela, tutta in un colpo. Tutto e subito. Come in tutta la mia vita, come quando hai in tasca 2 grammi di coca e te la fai a rate, o come dico io in più botte. Che gusto c'è? Che senso ha farti tre righe che nemmeno le senti? Te ne fai una e te la fai come si deve, traendoci tutto il piacere possibile che in quel momento hai a disposizione. Cazzo di vita.
"Lo specchio è di qua", mi indicò Kate.
Andai verso quello specchio con le gambe tremanti, sia perchè dopo due ore su quel cazzo di sgabello scomodissimo si erano addormentate, sia per l'emozione che mi stava tradendo forse per la prima volta in vita mia.
Silenzio.
Rimasi in silenzio a fissare quel riflesso per cinque minuti buoni, senza riuscire a pensare a niente, stando solo immobile a fissare quel mio nuovo volto.
"Non è possibile", riuscii a dire solo questo, nient'altro.
Tutto e subito. Che sensazione cazzo.
La sensazione che amavo di più al mondo era tornata, la stavo rivivendo, ma non di certo come avrei fatto solo qualche mese prima.
  
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