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Autore: MayaSorako    31/12/2013    3 recensioni
Titolo precedente: "Un sole tutto mio"
In una mattina come un'altra, la città attende il sorgere del Sole per cominciare una nuova giornata; nessuno può sapere che stavolta non succederà.
L'Apocalisse si avvicina, e non è la prima volta.
In quella che in un tempo lontanissimo fu la leggendaria terra di Luminaes, c'è chi da una vita lotta disperatamente per salvare questo mondo maledetto da una fine predestinata. Ma c'è anche chi, questa stessa fine, la attende con trepidazione e impazienza, e spera in una rinascita che possa portare nuova luce alla sua buia esistenza.
E poi, esattamente nel mezzo, c'è Dia.
Dia è una ragazzina solitaria, a cui basta poco per essere felice: la sua amata terrazza ed il Sole. Non sa niente di questa Apocalisse, né di chi sia lei in realtà o di quale imponente fardello le sue esili spalle dovranno portare da quel terribile giorno. Suo malgrado, rimarrà coinvolta in una Profezia e in un conflitto molto più grandi di lei ma, in questo intenso viaggio, non sarà sola.
Questo mondo condannato a perire dalla sua stessa nascita, può davvero essere salvato?
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"Perché niente è più spaventoso che l'essere in due, soli."
Genere: Drammatico, Sovrannaturale, Suspence | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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La stanza non era angusta come Dia se l'era immaginata: un letto a soppalco e un grande scrittoio, entrambi in legno, la facevano assomigliare ad una di quelle camerette dei cottage di montagna che aveva visto in qualche catalogo di mobilia della madre molto tempo prima. A completare l'arredamento ci pensava una lampada di ceramica molto carina, che però stonava terribilmente con tutto il resto; era l'unica fonte di luce perché, esattamente come il sole, anche Dia si era spenta all'improvviso. Questo le aveva permesso di calmarsi un po', ma adesso non riusciva a smettere di guardare fuori dalla finestra, anch'essa inutile in quanto a illuminazione, nonostante fossero solo le quattro del pomeriggio. Il sole doveva tramontare anche oggi, vero madre? Pensò, avvilita. E invece era lì, immobile, nello stesso punto in cui lei lo aveva lasciato quella mattina.

"Non potresti sforzarti un altro pochino di ricordare, piccola? Ogni minimo dettaglio potrebbe essere determinante." Un giovane uomo, uno di quelli che si erano trovati nell'auto quello stesso giorno, le stava seduto davanti. Il suo tono era pacato e i suoi occhi gentili, ma continuava insistentemente a porle domande a cui lei non sapeva cosa rispondere, e questo a Dia non piaceva. Fissava il vuoto con indifferenza, sperando di far comprendere a quell'individuo che ormai stava parlando da solo; ma, mentre il suo pensiero vagava senza meta, le tornarono in mente le atroci immagini che aveva visto poco prima in macchina: un anziano signore in bicicletta e un camionista che aveva perso il controllo del mezzo... Niente sarebbe potuto andare più storto per quei due: il TIR si era accartocciato su una parete rocciosa schiacciandoli entrambi, tra gli schizzi cremisi che volavano dappertutto. Del vecchietto era rimasto ben poco da recuperare, mentre il corpo senza vita dell'autista penzolava dal parabrezza, ancora gocciolante di sangue. Ciò fece sobbalzare Dia, cosa che il suo interlocutore non potè fare a meno di notare. Non guardarmi, pregò. Non ho più niente da dirti. Si coprì il volto, credendo ingenuamente che così l'avrebbe lasciata in pace. Lui cambiò espressione un paio di volte, ed altrettante volte si fermò non appena fu in procinto di parlare; si portò la mano ai capelli strofinandosi metà viso, e poi sospirò. "E' un'incatevole tentazione, quella di chiudere gli occhi e lasciar perdere tutto" disse, sorridendole teneramente. Appoggiò la stessa mano sulla sua spalla. "... Ma non si fa - alzò le spalle, scuotendo la testa -... Non si può." Dia gli sorrise di rimando, senza sapere perché. Forse per quella nota malinconica che aveva sentito nelle sue parole. O forse, semplicemente non le andava di contrariarlo; sembrava essersi sforzato molto per scegliere la cosa giusta da dire, ma era veramente fuori strada. A me non piace chiudere gli occhi, avrebbe voluto dirgli. Non più. Adesso, quando le capitava, gli incancellabili ricordi di Quelle Persone cominciavano a circondarla... E la paura di riaprirli l'assaliva, perché non sapeva cosa avrebbe visto questa volta. E la volta successiva, e quella ancora dopo...

"Non starle troppo vicino, non sai cosa potrebbe combinare da un momento all'altro" lo esortò, acida, una voce femminile che veniva dalla porta. Dia si volse di scatto verso di lei, confusa. Una donna con una lunga treccia nera e due taglienti occhi grigi la osservava intensamente, piena di inspiegabile rancore; lei non era riuscita a riconoscerla. L'uomo alzò gli occhi al cielo, e non la degnò di uno sguardo mentre controbatteva. "E' soltanto una bambina, Granada." La donna sbuffò di disappunto, girandosi per dar loro le spalle e simulare la sua sortita. "Si, è soltanto una bambina che si illumina e vede il futuro... " disse abbassando sempre più il tono di voce, fingendo di non voler essere sentita. Dopodichè uscì, sbattendo la porta. L'uomo era palesemente desolato per l'accaduto, ma cercò di sorvolare come meglio poteva, per non farlo pesare ulteriormente sulla coscienza, già provata, di Dia. "Una sola" esordì. Lei non capiva, e si domandò se per caso non stesse parlando con qualcun'altro. "Dico a te! - le passò ripetutamente la mano davanti agli occhi, come a voler recuperare la sua attenzione - Dimmi una cosa sola, una qualsiasi. La prima stupidaggine che ti viene in mente, e per oggi ti lascio in pace." Sembrava sincero, e lo era: questa specie di interrogatorio era stato un po' una tortura per tutti e due. Dia lo accontentò quasi subito, dopo aver trascorso qualche attimo ad osservarlo. "Va bene questo?" La sua domanda suonò quasi come una supplica. "Vedremo" rispose lui, ammiccando. "Brava, Lucciola". Le scompigliò i capelli a mo' di saluto e lasciò la stanza. Che maleducato, si disse, ma in realtà un po' le stava simpatico.
 
Lucciola...

Zeno chiuse la porta a chiave con due mandate, con espressione un po' combattuta. "Non ti ci affezionare troppo" gli intimò Granada, addossata allo stipite con le braccia conserte e un'aria contrariata. Lui sospirò, esasperato. "Ti sei ridotta così male da essere gelosa anche di una ragazzina adesso?" La donna sgranò gli occhi, sconcertata da quelle sue parole così stizzose, a cui non era abituata. "Lo dico per il Tuo Bene!" sbottò, collerica, battendo con forza il palmo della mano destra contro il muro. Scese il silenzio, e i due abbassarono gli sguardi. Povera piccola... Granada si allontanò di qualche passo, camminando verso l'uscio della zona abitativa del complesso; si fermò a metà strada, di nuovo con le braccia conserte. "Allora? Cos'è che dobbiamo cercare?" chiese, fingendo noncuranza. Zeno sorrise tra sé e sé mentre rispondeva. "Una mucca." Questa sì che è bella, commentò nella sua testa. "Una... mucca." ripetè lei sarcasticamente, sperando che si trattasse di uno scherzo di cattivo gusto. "... Una mucca" confermò lui. Granada lo fulminò con lo sguardo, ma prima che potesse aggiungere altro lui le impose di fermarsi. "Lo sai che non c'è tempo da perdere. Quante mucche potranno mai esserci in questa sciagurata città maledetta?"

 

Angolo di  Maya:
Salve, cari lettori! Volevo soltanto augurare un buon 2014 a tutti; e che sia un anno pieno di amore, felicità, zucchero filato, pony e arcobaleni <3 (e recensioni)
  
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