Serie TV > Violetta
Segui la storia  |       
Autore: syontai    31/12/2013    13 recensioni
Un mondo diviso in quattro regni.
Un principe spietato e crudele, tormentato dai fantasmi del passato.
Una regina detronizzata in seguito ad una rivolta.
Una regina il cui unico scopo è quello di ottenere sempre più potere.
Un re saggio e giusto da cui dipendono le ultime forze della resistenza.
Una ragazza capitata per il volere del destino in un mondo apparentemente privo di logica, e lacerato dai conflitti.
Una storia d'amore in grado di cambiare le sorti di una guerra e di tutto questo magico mondo.
This is Wonderland, welcome.
[Leonetta, accenni Pangie, LibixAndres e altri]
Genere: Avventura, Fantasy, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Leon, Un po' tutti, Violetta
Note: AU, Cross-over, OOC | Avvertimenti: Contenuti forti, Violenza
Capitoli:
 <<    >>
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A




Capitolo 17

La quadriglia dell’aragosta

La musica che proveniva dal folto della foresta da lieve si fece sempre più accesa. “N-Non la senti questa musica?” domandò Violetta a un soffio dalle labbra di Leon, il quale, come ripresosi da una fase di trance, la scostò da sé con forza. “Ma che diavolo mi sta prendendo!” borbottò, disinteressato al fatto che la ragazza potesse sentire tutto, cosa che avvenne. Altamente imbarazzata per quella situazione, si alzò di scatto, pulendosi la gonna dai petali di fiori e dai ciuffi d’erba. “Sarà meglio tornare al castello” aggiunse Leon, alzandosi senza guardarla negli occhi. “Se vuoi tu vai, io voglio sapere da dove proviene questa melodia” esclamò elettrizzata Violetta, aggirandosi curiosa per la radura, cercando di capire dove il suono aumentasse di intensità. “Non se ne parla! Non ti lascerò qui da sola” disse duro Leon, lasciando trapelare anche una nota di preoccupazione. “Nel senso…che potresti tentare la fuga” si affrettò a precisare, tendendo la mano verso di lei, per riportarla indietro. Violetta sorrise e gli afferrò la mano per trascinarlo fuori dalla radura, nel bosco. Mentre si lasciava trascinare, il principe osservava le loro mani strette, e si chiese se non fosse il caso di lasciarsi guidare da quelle strane emozioni che avvertiva ogni volta che la guardava, che si specchiava in quei limpidi occhi castani. E al solo pensiero sentiva il cuore fermarsi all’improvviso. Non era normale, assolutamente. “E’ una musica bellissima!” esclamò la ragazza, accelerando il passo, con dietro Leon che non capiva il perché di tutta questa euforia. Tendendo l’orecchio meglio, e concentrandosi sulla musica dovette ammettere che era una bella melodia: ritmo incalzante, dallo stile quasi celtico, e che faceva venire voglia di ballare. Si fermarono sotto una piccola tettoia di legno, che precedeva l’ingresso a una casa fin troppo nota alla giovane Violetta, che si arrestò di colpo. “Che succede? Non vuoi più sapere di più su questa musica?” chiese serio il principe Vargas. “Si, è solo che…in questo posto ci sono…tipi un po’ strani”. “Beh, allora torniamo indietro. Dovevi darmi ascolto fin da subito” si pavoneggiò l’altro, gonfiando il petto con aria di autorità. Amava avere ragione, sempre e comunque, provava una vera gioia quando la gente era costretta a riconoscergli il merito di aver saputo fin da subito consigliare la decisione giusta da prendere. Ma la reazione di Violetta ancora una volta lo fece rimanere a bocca aperta: “No!”. Leon scoppiò a ridere ironicamente: “Perché non ti arrendi mai? E’ così dura ascoltare i consigli degli altri?”. Gli dava enormemente fastidio il fatto che le tenesse testa in quel modo. Abituato com’era ad avere tutti ai suoi piedi, si irritava non appena qualcuno non lo trattava nel modo dovuto.
Avrebbe voluto ribattere ancora, per fargli capire che non aveva intenzione di seguirlo, quando la porta di legno si aprì cigolando. “Ma chi si rivede, vi stavo aspettando!” strillò Beto, martellandogli le orecchie. “B-beto” salutò timorosa Violetta, vedendosi in due secondi catapultata dentro la stanza, resa accogliente dal camino acceso. Al centro, sul tavolo da tè, c’era un giradischi in bronzo, che diffondeva la musica che li aveva tanto attirati. Il Ghiro e la Lepre Marzolina stavano saltellando, imitando una sorta di ballo. “Basta con questa stupida musica!” esclamò il Cappellaio, alzando la punta del giradischi, con fare stizzito. La musica si fermò e si sentì solo il canticchiare dei due compari dell’uomo. Il Ghiro quel giorno sembrava particolarmente attivo, e si scatenava anche senza accompagnamento musicale. Beto, agitatissimo come sempre, dall’enorme quantità di teina che scorreva nel suo corpo, prese una padella e gliela diede in testa con una violenza inaspettata; il povero animale traballò per un secondo, poi cascò a terra, e cominciò a ronfare nuovamente. “Ci voleva” sentenziò soddisfatto, riposando l’arma sul tavolo. Violetta si chinò preoccupata vicino al Ghiro, per sapere se stesse bene: “Ma…questa è una pazzia! Non si dovrebbe fare del male agli animali in questo modo”. “Lui ha la testa più dura di una noce, non preoccuparti, Violetta cara, hai altre questioni più importanti da affrontare” disse l’uomo, facendosi improvvisamente serio. Il suo sguardo saettò sul principe Vargas, rimasto all’ingresso, profondamente confuso. “Ehi, tu, stoccafisso, entra, mica mordiamo” sghignazzò la Lepre, prendendo una tazzina e bevendone il contenuto in un solo sorso. “Noi dobbiamo andare” ribatté Leon con la sua solita freddezza. “Meno male che c’è un camino, il tuo tono di voce è da brividi, amico” rise Beto, afferrando il braccio di Leon e trascinandolo dentro. “Ho qualcosa che fa per noi!”. Si avvicinò ad una mensola fissata alla parete e tirò fuori da una pila di dischi polverosi un disco di un colore arancione chiaro. Leon scoppiò a ridere, ma non era una risata malvagia, sembrava piuttosto una risata isterica: “Non crederete davvero che io mi metta a ballare con voi pazzi scatenati? No, io e Violetta torniamo al castello”. Il modo in cui aveva marcato il suo nome la fece rabbrividire, e i suoi occhi che le ordinavano di alzarsi e di seguirlo erano peggio di una doccia fredda. “Ma…solo un ballo” lo supplicò, alzandosi e avvicinandosi con un’espressione tenera. Amava ballare, quasi quanto cantare, e anche se profondamente squilibrati quei tre compari erano a loro modo simpatici, e soprattutto abbastanza innocui. “Non mi incanti con quella faccia” esclamò Leon, voltandosi dall’altra parte. Doveva mostrarsi forte, anche se quel viso così dolce faceva crollare in un secondo tutte le sue difese. Violetta, consapevole del potere che in quel momento aveva su di lui, sorrise maliziosa, si aggrappò alle sue spalle, e si avvicinò con la bocca al suo orecchio, in punta di piedi. “Per favore, uno solo. In fondo ancora non è buio” gli sussurrò dolcemente. Leon si irrigidì di botto, e chiuse gli occhi. Sospirò profondamente in segno di resa, e la ragazza lo abbracciò da dietro entusiasta: “Grazie Leon, grazie mille”. Le mani di Violetta gli cingevano il busto, con un affetto che non aveva mai provato, e che gli stava lentamente scaldando l’anima. Sentiva il volto appoggiato sulla schiena, il calore emanato dal suo corpo. Brividi di emozione correvano lungo il suo corpo, fino a raggiungere le punte delle dita, fino a sconvolgere ogni singolo neurone del cervello. “Ma dopo dritti al castello” precisò, per dimostrare di non essere stato completamente vinto. “Assolutamente si!” esclamò la ragazza, prendendogli la mano e cercando di portarlo al centro della stanza. Leon si ritrasse di colpo inorridito: “No, non ci siamo capiti! Non ho intenzione di ballare!”. “Dai, Leon! Altrimenti non mi divertirei” mormorò lei, arrossendo. L’aveva ammesso, aveva ammesso di provare qualcosa per Leon. Non nel modo tradizionale, non c’era stato alcun ‘ti voglio bene’ o ‘ voglio stare con te’, ma il suo cuore si era appena dichiarato intenzionalmente, e in maniera implicita. Non aveva mai battuto così forte, non le aveva mai mandato segnali così chiari, ed era giunto il momento di seguirli. Solo che Leon non sembrava voler ballare, forse non le interessava avere nulla a che fare con lei. E nonostante cercasse di sorridere quella situazione le faceva male: il principe continuava a fissarla di sbieco, non ancora consapevole di cosa quelle parole potessero voler dire. Per fortuna Beto agì in tempo, infilando il disco con un vigore tale che il giradischi quasi non cadde dal tavolo per l’urto. La musica cominciò a partire, vivace e coinvolgente, e Leon si sentì frastornato all’inizio, mentre subito dopo si trovò al centro di un cerchio. Il Ghiro, la Lepre, Beto e Violetta lo circondavano di spalle, ridendo come pazzi. “Ma che…?” imprecò, cercando di uscire da quella prigione. “E dai, sangue reale, lasciati andare. E’ la quadriglia dell’aragosta, chi non la balla ha una faccia tosta!” strillò Beto, sciogliendo il cerchio, e formando delle coppie. La Lepre ballava con Violetta, e Leon era in mezzo a Beto e il Ghiro che, una volta risvegliato, era ancora più scalmanato di prima. Il Cappellaio ghignò soddisfatto e fece un cenno alla Lepre, che si spostò di scatto, lasciando sola Violetta in mezzo alla stanza. “Cambio partner” sghignazzò l’uomo, dando una spinta a Leon, che rischiando di inciampare si ritrovò quasi tra la braccia di Violetta. “S-scusa”. Leon era profondamente mortificato per la situazione. La musica andava avanti, con un ritmo sempre più lento. O forse erano i loro cuori che registravano i rumori all’esterno più lentamente. Leon cercò di dire qualcosa, ma Violetta posò un dito sulle sue labbra: “Non rovinare questo bel momento. Voglio solo ballare con te”. Gli prese la mano, e gliela mise intorno alla vita teneramente, quindi posò la destra sulla sua spalla, e lo guidò con dei piccoli tocchi leggeri.
“Mi piace stare con te” esclamò d’un tratto il principe, seppur con un notevole impaccio nel seguire i suoi movimenti. La melodia adesso era romantica; ispirava dolcezza ed amore. Non capivano come la stessa musica potesse assumere tutte quelle sfumature. Beto sorrise disinvolto: non per niente aveva messo la Quadriglia delle Aragoste. Un brano magico in grado di adattarsi alle emozioni di coloro che lo ballavano. Violetta continuava a guardarlo dritto negli occhi, e si chiese come sarebbe stato bello vederli brillare per amore. Avrebbe tanto voluto che provasse i suoi stessi sentimenti, sentimenti che si erano lentamente manifestati, con una forza ormai devastante. La mano che le sfiorava il fianco, rafforzò timidamente la sua presa. Leon sorrideva impercettibilmente, rispondendo alla dolce espressione della ragazza. Si sentiva rilassato per la prima volta in vita sua: non sentiva i sensi di colpa per tutti i crimini commessi, non sentiva gli ordini della madre o il desiderio di sangue. Stringendo quella creatura così fragile desiderava stare con lei in quella casa per sempre. Anche a costo di sopportare la compagnia di quelli stranissimi tipi. “Mi sento strano quando sono con te” le confessò all’orecchio, senza riuscire ad evitare di ispirare profondamente, in cerca del suo profumo, solleticandole così la pelle. “Ed è qualcosa che ti fa stare bene?” chiese lei, non sapendo se volesse davvero conoscere la risposta. “Si, lo è” rispose semplicemente, sfiorandole la guancia con un dolce bacio. Violetta tremò quasi per quel gesto e non fosse per la forte presa che il ragazzo stava esercitando sulla sua vita, avrebbe potuto crollare sul pavimento in un istante. La musica finì di colpo, riportandoli alla realtà. “Non avrei dovuto, sono stato scortese” si scusò Leon, per il modo in cui era stato esplicito e irrispettoso. Per la prima gli importava davvero del modo in cui trattava qualcuno. Da piccolo aveva sempre prestato una pedissequa attenzione al galateo, che gli veniva insegnato ogni giorno. E anche adesso che era più adulto in pubblico si era sempre mostrato rispettoso, ma…con Violetta era diverso. Avrebbe potuto trattarla male, avrebbe potuto farne quello che voleva. E non l’aveva fatto. Ci teneva a quella ragazza, ci teneva davvero; e quel misto di nuove emozioni lo spaventava. Perché quel desiderio di voler stare sempre stare tra le sue braccia? Perché quel bisogno fisico di baciarla, come se fosse l’obiettivo di tutta la sua vita fin lì? Senza rendersene conto, ormai i loro corpi si toccavano, le sue braccia la stringevano con naturalezza a sé, e lo sguardo era fin troppo combattuto, se cedere o no alle lusinghe delle sue labbra socchiuse che lo chiamavano. Violetta se ne accorse, ma non disse nulla, in attesa di una sua mossa. Alla fine Leon cedette: chiuse lentamente gli occhi, e la baciò lentamente. All’esterno non era un bacio appassionato, ma dentro le loro anime si toccavano, e si conoscevano, attraverso quel semplice gesto. Leon ebbe una scossa che non aveva mai provato in vita sua. Non era adrenalina pura, non era nemmeno paura. Era qualcosa di diverso. E se fosse quello l’amore di cui tanto gli parlava Humpty? Sorrise. Il sapore era proprio come se l’era immaginato: una dolcezza sconfinata. O forse era anche meglio. Esercitò una pressione leggermente più forte, e la sentì fremere tra le sue braccia. Affondò ancora le labbra nelle sue, desideroso di conoscere ancora di più quella strana sensazione. Dopo un tempo indefinito, anche a causa della bolla temporale che avvolgeva quella casa, lentamente si separò e riaprì gli occhi di scatto, poggiando la fronte sulla sua. Voleva conoscere la sua reazione, sperava di non aver agito male, di non essersi lasciato andare per un pugno di mosche. Il suo enorme orgoglio non avrebbe retto un rifiuto. Violetta socchiuse gli occhi, come assaporando ancora quel momento, poi li aprì del tutto, e lo guardò. Lentamente un dolce sorriso si dipinse sul suo volto, e Leon capì. Completamente euforico la baciò ancora, e ancora. Erano baci veloci, dei semplici tocchi di labbra, ma bastavano a far perdere la testa ad entrambi. Si erano dimenticati perfino che qualcuno li stesse osservando.
Violetta ancora non riusciva a credere di aver dato il suo primo bacio. A Leon. Se qualche mese fa glielo avessero detto lei avrebbe semplicemente riso per quella paradossale, quanto sgradita, battuta. Eppure adesso le sembrava la cosa più naturale del mondo. Anzi, tutto ciò che era successo prima di quel bacio aveva perso importanza. Era come se avesse iniziato solo in quel momento la sua avventura in quel mondo. Ogni volta che Leon la baciava sentiva che attraverso il bacio le diceva tutto ciò che a parole non sarebbe mai riuscito ad esprimere. Avvertì il naso di Leon affondare nella sua guancia, solleticandola leggermente, e le venne da ridere. Il principe, come contagiato, ridacchiò anch’egli, e si separò a malincuore. Continuò a guardarla negli occhi, e le strinse la mano, per poi darle un bacio sulla guancia. Il rumore di applausi li risvegliò da quella sorta di sogno, e i due si allontanarono imbarazzati.
Beto li guardava al settimo cielo, mentre i due mostravano il loro amore, e annuì: si, Violetta ci era riuscita. E questa era la prova che gli serviva; doveva solo capire quando sarebbe stato il momento giusto di rivelarle tutto. Lo Stregatto lo aveva avvertito: doveva prima capire molte cose da sola, altrimenti non avrebbe compreso appieno l’importanza di ciò che si nascondeva dietro il Paese delle Meraviglie. Lo sguardo intenso e serio non sfuggì al Ghiro e alla Lepre, che compresero al volo l’oggetto delle riflessioni dell’uomo. Quasi saltarono sul posto quando sentirono il Cappellaio battere le mani vigorosamente, interrompendo il loro totale estraniamento. “Bravi, bravi!” esclamò, riacquistando la sua euforia classica per non destare sospetti. Non appena sentì il corpo di Leon allontanarsi, Violetta provò un brivido, nonostante la stanza fosse resa calda e accogliente dal camino acceso. Tenne fisso lo sguardo a terra, ma di sottecchi si rese conto che anche il principe stava facendo lo stesso. “Contento che vi siate divertiti. D’altronde la Quadriglia dell’aragosta tira fuori il meglio dalle persone” rise il Cappellaio. “Si è fatto tardi, è il caso di andare” si affrettò a dire Leon, dando una rapida occhiata alla finestra della casa che si affacciava sulla tettoia. Cercò conferma guardando Violetta, e si incantò nel notare il lieve rossore delle guance. Lei annuì, sempre a testa bassa, e i due si avviarono fuori di lì. Mentre stavano per uscire, Beto si avvicinò alla ragazza, e le sussurrò: “Brava, Violetta, tu sai far prendere una piega inaspettata alla storia. Ed è proprio ciò che ci serve”. Violetta si voltò di scatto verso il suo interlocutore, e lo guardò seria. Quelle parole…le sembrava tutto molto simile a ciò che le aveva detto lo Stregatto, ma non avrebbe saputo dire in che modo. Leon le prese la mano timorosamente, e la condusse fuori, nel fresco serale, mentre il ghigno che si dipinse sul volto di Beto si allontanava velocemente, così come l’intera casa.
“Qualunque cosa ti abbia detto, non ascoltarlo. E’ solo un pazzo” la rassicurò Leon, camminandole al fianco, senza lasciare la mano fragile stretta nella sua. “Forse hai ragione…” lo assecondò convinta, mentre avanzava a passo spedito per stare dietro a quello del principe. D’un tratto si fermarono e si voltò verso di lei, con sguardo sofferente; guardava prima le loro mani intrecciate, poi il suo viso, e poi di nuovo le mani. “Ti da fastidio?”. “A cosa ti riferisci?” chiese Violetta. “Se ti tengo la mano, intendo. Non voglio che ti perdi, o cose del genere. Si sta facendo buio, e la foresta può essere un posto pericoloso” si giustificò Leon, grattandosi il capo con la mano libera. “No…anzi, è bello che ti preoccupi per me”. Giurò di averlo visto arrossire, nonostante il buio, ma non glielo fece notare. Comprendeva la difficoltà con cui cercava di aprirsi a lei, e non intendeva forzarlo. “Non voglio che ti succeda qualcosa di male mentre sei con me. Ne va della mia credibilità” rispose Leon, cercando di sembrare il più naturale possibile. Violetta si avvicinò a gli diede un bacio sulla guancia: “Grazie”. I due ripresero a camminare, senza dirsi nulla, ognuno con lo sguardo rivolto dalla parte opposta. Ogni tanto si lanciavano un’occhiata fugace, per vedere cosa stesse facendo l’altro, e puntualmente ritornavano ad ignorarsi. Ma la mano di Leon stretta nella sua era comunque un gesto inequivocabile, per quanto la situazione agli occhi degli altri potesse risultare anormale. Leon non era il tipico ragazzo normale. Non che a lei dispiacesse, visto il modo in cui le tremavano le gambe quando incontrava i suoi occhi verdi, luminosi come il chiarore tenue della luna, e profondi come le torbide acque di un lago.
Lara osservava dall’alto di una torre due lontane figure avvicinarsi al castello. Il vento le scompigliava i capelli, e i suoi occhi esprimevano solo odio e invidia. Aveva subito riconosciuto Leon e Violetta, e vederli così vicini la irritava terribilmente. Quasi tremava di rabbia; dovette chiudere gli occhi e ispirare un paio di volte per recuperare un po’ di autocontrollo. Una donna si mise al suo fianco, e appoggiò la mano destra sul merlo, intenta a osservare la sua reazione. “Non ti facevo così possessiva, Lara” si insinuò Jackie, facendo seguire questa osservazione da una breve risata. “Eppure Leon insieme a te ha sempre avuto donne in abbondanza. Cosa è cambiato?” continuò imperterrita, allargando la ferita che lacerava il cuore della serva. “Questa volta è diverso. Non  si era mai allontanano dal castello con una compagnia femminile. Temo che quella Violetta lo abbia stregato in qualche modo” rispose Lara, fin troppo presa a seguire ogni loro piccolo movimento per prestare attenzione alle parole della donna. “Conosciamo tutti Leon, non è in grado di innamorarsi in alcun modo. E’ una macchina da guerra, progettata fin nei minimi dettagli dalla regina LaFontaine” spiegò la donna con fare ovvio. “Sappiamo entrambe che cosa è successo a quel ragazzo e il modo in cui gli sono stati strappati tutti i sentimenti”. Lara si voltò lentamente, e sostenne lo sguardo fiero di Jackie, per poi scrollare le spalle: “Fino a che punto si può davvero cambiare la natura di un uomo? E se in fondo Leon non fosse mai cambiato? Se ci avesse mostrato il suo lato disumano solo per nascondere e proteggere la parte di sé che non è stata contaminata dalla malvagità della regina?”. “Non dire queste sciocchezze senza fondamento, cara. Leon ha ceduto, lo sappiamo tutti; ha ceduto nel momento in cui ha ucciso una delle persone a cui teneva di più”. Lara annuì violentemente per convincersene: “Hai ragione, sono io che mi faccio troppi problemi. Rimane comunque il fatto che io quella lì non la sopporto”. “E allora liberatene, come hai fatto con tutte quelle che si avvicinavano al principe” ghignò la domestica della regina, sistemandosi una ciocca biondo cenere dietro l’orecchio, e provando a sistemarla dentro la cuffietta bianca che stava indossando. “Non sarà un gioco come le altre volte. Ho come l’impressione che Leon non voglia perderla, e non se la farà sfuggire facilmente. Che ci troverà in quella ragazza, poi” sbuffò la serva, amareggiata. “Trattieni la tua invidia, e non agire in modo imprudente. Sbaglio o mi avevi parlato di un busto di Javier finito in mille pezzi?”. Lara trattenne una risata amareggiata, mentre un lampo nero attraversò i suoi occhi scuri. Jackie le aveva dato l’idea giusta per liberarsi di quella serva da quattro soldi. “E Leon sarà mio” sussurrò fredda, rientrando all’interno del castello. Jackie annuì e lanciò un’ultima occhiata ai due giovani spensierati, che ormai avevano raggiunto le mura. “Violetta Castillo” sentenziò sprezzante, per poi seguire la sua compagna. Non avrebbe lasciato che quella ragazza dal passato incerto avesse influenza sul principe fino a tal punto.
Finalmente raggiunsero le mura. Violetta sentì la mano di Leon abbandonare la sua al freddo, e gli rivolse uno sguardo interrogativo. “Non voglio che al castello si sappia” spiegò Leon, intuendo i suoi dubbi. “Si sappia cosa?” chiese la ragazza, sorridendo dolcemente. Aveva capito a cosa si stesse riferendo, ma le sarebbe piaciuto che lui stesso glielo dicesse. Leon sembrò in notevole difficoltà. Cominciò a guardarsi nervosamente intorno e poi borbottò qualcosa di incomprensibile. “Non ho capito nulla!” rise la giovane, confondendolo ancora di più. “Che…ci sm bciti” disse Leon, stringendo i denti, e parlando a bassa voce. Violetta si avvicinò e gli stampò un bacio sulla guancia, poggiando le mani sulle sue braccia. Al solo tocco sentì i muscoli rilassarsi, e capì di avere un potere quasi devastante sul principe. “Ci siamo baciati” ammise di colpo, arretrando di qualche passo. “O meglio, io ti ho baciata”. “Ed è stato un male?” chiese lei, timorosa della risposta. “E’ stato un male?” le rivolse la stessa domanda, prendendole le mani, e guardandola negli occhi, quegli occhi per cui stava cominciando ad impazzire ancora più di prima. “Per me no, è stato uno dei momenti più belli della mia vita”. Arrossì dopo aver pronunciato quelle parole, e osservò il sentiero polveroso su cui si trovavano. Leon si avvicinò in modo reverenziale, e sfiorò lentamente le sue labbra, per poi toccarle nuovamente, come un’ape che si posa sul fiore dal nettare più dolce e dal profumo più inebriante. Si separò e le sorrise ad un soffio: “Voglio fidarmi di te. Non so come mai, va contro tutto ciò in cui credo. Ma…mi fai uno strano effetto, Violetta”. “Uno strano effetto?” ripeté la ragazza, senza riuscire a capire. “Non ho mai desiderato di baciare qualcuno prima d’ora. Mi succede solo con te” disse, per poi baciarla nuovamente, sempre a fior di labbra. I suoi baci erano strani: dolci, ma non appassionati. Non si era spinto oltre l’assaporare le sue labbra. Forse per lui era fin troppo strano, e non sapeva come agire. Forse preferiva semplicemente aspettare per fidarsi completamente. Senza dire nulla, i due si allontanarono dalle mura, sotto cui si erano messi per non essere osservati, e si fecero riconoscere dalle guardie per farsi concedere l’ingresso. 
Violetta sorrise tenuamente, mentre una strana luce si diffondeva intorno al suo corpo. Era lei. “E’ lei” confermò una voce profonda, cavernosa. “Se me lo dici tu, LI, allora mi fido” sussurrò la giovane Cassidy, volteggiando nel cielo azzurro, sopra il castello. La sue pelle era trasparente come l’acqua limpida, i suoi occhi si fondevano con le nuvole bianche che passavano velocemente, desiderose di percorrere tutto il Paese delle Meraviglie. “Brava, bambina, c’è un motivo se le redini della storia sono state affidate a te” tuonò ancora la voce. Lentamente sentì il suo corpo farsi pesante, e le palpebre si chiusero quasi automaticamente, per poi scivolare sempre più in basso, sempre più in fondo, nell’oblio.
“E’ lei!” strillò la bambina, alzando il busto dal letto con la fronte sudata. Come sempre intorno a lei c’era solo oscurità, ma avvertiva una presenza. Una mano grande e calda le sfiorò il viso con tenerezza, e si ritrovò tra le braccia di qualcuno. “Papà…sei tu?” domandò incerta, mentre alcune lacrime le rigavano il viso. Le emozioni provate durante il sogno, la sensazione di cadere da un’altezza inverosimile ancora turbavano il suo piccolo cuore. “Si, sono io, bambina”. La voce pacata dell’uomo la tranquillizzò subito, e lentamente alcuni ricordi del suo sogno riaffiorarono come tanti spezzoni isolati. Il puzzle si ricompose, e le indicazioni di LI tornarono vivide nella sua memoria, come un’incisione nell’acciaio. “Lei è qui, papà” disse, riacquistando un po’ di serenità, sentendo al tatto le morbide coperte di lana che la avvolgevano. “Lei chi?”. “Papà, è arrivata. L’erede scelta da Alice, colei a cui sono state affidate le sorti del Paese delle Meraviglie”.








NOTA AUTORE: Hola! Aggiorno oggi per due motivi: domani non ci sono a casa, e ne approfitto per farvi gli auguri per l'anno nuovo. Buon 2014 a tutti! :D Prima di tutto dedico questo capitolo a SHINEBRIGHT, visto che il 29 era il suo compleanno e io come un perfetto idiota me lo sono scordato xD Perdooooono :3 Comunque, commentiamo un po' questo capitolo. BACIO LEONETTOSO! Lo so, voi pensavate che visto che erano stati interrotti il bacio ce lo sognavamo, e invece no! Volevo solo tenervi un po' sulle spine xD Ok, io ho sclerato di brutto, di fronte alla tenerezza di Leon, ma anche di fronte alla dolcezza di Violetta. BASTA, MUOIO. Ma quanto sono belli *O* Bravo Beto! Anche se nel finale è un po' inquietante con quelle parole. Nulla a che fare con le insidie che stanno preparando Lara e Jackie, che ha paura che Violetta possa ottenere una sempre maggiore influenza al castello. Andatevene, belle, che nessuno mi caccia Violetta ù.ù Nel frattempo Cassidy ha una delle sue visioni, in cui visualizza l'Erede famosa di cui parlava la sua profezia. Ma chi è questo LI, che ha deciso di dare l'oneroso compito a Cassidy? Misteri su misteri si accavallano nella vostra mente, ed è un bene xD L'atmosfera di mistero è importante fino alla rivelazione cardine della storia :D Grazie a tutti voi che mi seguite e leggete questa storia. Buona lettura, E BUON 2014 A TUTTI! 
 
  
Leggi le 13 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<    >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Serie TV > Violetta / Vai alla pagina dell'autore: syontai