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Autore: TheBlackEyedSister    01/01/2014    1 recensioni
Guarda il soffitto scuro della stanza illuminata da un flebile raggio di luna piena mentre richiude gli occhi per la seconda volta senza, però, accorgersi di essere osservata da qualcuno dalla finestra di camera sua.
"non stai mantenendo la parola data, Heather...".
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| STORIA MOMENTANEAMENTE SOSPESA | Revisione in corso |
Genere: Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Alejandro, Courtney, Duncan, Gwen, Heather | Coppie: Alejandro/Heather
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale
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“Lie”

 

 

 

 

 

 

 

“hai fatto la visitina che avevo chiesto?”.

Capelli corvini frastagliati e alternati da ciocche blu sono sistemati in modo da far vedere due occhi neri come la pece.

“non sono il tuo burattino… e non vantarti solo perché sei ben vista dal capo!”.

Parole taglienti rivolte verso la mora, sono uscite dalla bocca di un uomo alto con la cresta da punk.

“però, non sono io la preferita…”.

“peccato… si vede che non sa cosa si perde…” conclude in tono malizioso l’altro.

“ti piacerebbe Duncan…” muove un’ultima volta le sue labbra colorate da un insolito blu notte, prima di scomparire.

“… nei tuoi sogni Gwen!” conclude infine lui.

“sempre il solito…” sussurra la mora, che per tutto questo tempo era rimasta a guardare la scena.

Si schiaffa la fronte sia esasperata che –senza mai ammetterlo- gelosa delle attenzioni del punk per la dark con gusti orrendi.

 

°°°

 

Tra le mani teneva un disegno stilizzato di due bambini mentre nel retro del foglio una scritta pasticciata di colore rosso: “Auguri AL!”.

Che cosa…

Lo guarda con una faccia interrogativa alla quale, Alejandro, risponde con un sorriso.

“cosa sarebbe?”.

La domanda le sorge spontanea non sapendo cosa c’entra un disegno stilizzato di auguri rivolto ad Alejandro. Diciamocelo era quello il vero problema –anche se non lo avrebbe mai ammesso, perché considerato stupido e soprattutto fatto sicuramente in età infantile- quel disegno gli era stato regalato da qualcuno che, per quello che si ricorda Heather in quel momento, non è stata lei.

La gelosia si fa strada dentro di lei repressa subito, però, dalla rabbia.

“non ci vuole un genio per capirlo… lo hai fatto tu, per il mio quarto compleanno…”.

Le sue parole la lasciano spiazzata: io non farei mai un biglietto di… auguri.

Questo era quello che pensava lei. Appunto.

“…mi ricordo ancora quando ti beccai a farlo. Subito non compresi il perché; eri ricoperta di vernice rossa e alzavi la mani per dirmi che non avevi fatto nulla. Il giorno dopo capii.”.

Era a bocca aperta, perché mai avrei dovuto fare una cosa del genere?

“ti vergognavi quando me lo consegnasti e la smorfia che avevi in faccia mi appagava di gran lunga. che cosa ti eri ridotta a fare…”.

Lo sguardo assassino di Heather compare frettolosamente nel sentire che, per quanto ne sapeva lei, il gesto –sicuramente pensato e soprattutto creato con uno sforzo sovraumano- non era stato apprezzato.

“…ma devo ammettere che mi è piaciuto, se no… non avrei tenuto quel biglietto per tutti questi anni!” si affretta a concludere Alejandro prima di ritrovarsi dolorante sul pavimento bianco.

Lo sguardo truce di lei si rilassa mentre ritorna sul biglietto-disegno di auguri.

 

 

“mamma! Sono a casa!”.

Una bambini con lunghi capelli corvini raccolti in due trecce, saliva di corsa le scale per arrivare in camera sua.

Lancia lo zaino in un angolino della stanza senza interesse e si catapulta sul morbido materasso.

Si riposa per qualche minuto per poi alzare lievemente la testa prima affogata del tutto sul cuscino a fiori.

Sospira esasperata.

“che cosa devo escogitare per far capire a mia madre che detesto i fiori? Soprattutto le coperte e le fodere con i fiori!”.

Rilascia la testa facendola affondare un’altra volta sul cuscino.

Sbatte i piccoli pugni con prepotenza sul materasso.

“non ho uno straccio di regalo per Al!” urla nel vuoto.

Si mette a sedere sospirando mentre guarda fuori dalla finestra che punta verso il giardino di Alejandro.

“e se gli facessi un bigliettino?”.

Senza esitare un istante Heather si fionda in soffitta e raccatta alla svelta tutto ciò che serve per poi ritornare di corsa in camera sua mentre una donna sulla trentina la osservava interrogativa, sperando vivamente che sua figlia non fosse impazzita –anche se tutte le cose cattive fatte da lei erano già atti da manicomio, se non anormali per una bambina di tre anni-.

Rilascia tutto sul pavimento, afferra un foglio e comincia a disegnare.

A disegno finito gira il foglio e apre la tempera rossa –l’unica trovata in soffitta- immergendo le fragili dita nella confezione e, con le dita imbrattate di rosso, comincia a scrivere nel foglio pasticciando di qua e di là e sporcando il pavimento compresa lei.

La porta cigola e lei si gira frettolosamente coprendo il biglietto ormai terminato da pochi minuti.

“Heather…”.

Sorpreso il bambino si avvicina ad Heather osservandola sporca di vernice per poi allungare le dita per togliere un po’ di vernice rossa attaccata ai capelli di una delle due trecce.

“…che hai fatto?” riesce alla fine chiedere Alejandro.

Lei alza frettolosamente le mani.

“non ho fatto nulla!” si affretta a negare la bambina.

“e la vernice?”.

Heather boccheggia a vuoto cercando –tra mille idee- quella giusta da poter spiegare al bambino la vernice rossa senza fargli scoprire il biglietto di auguri.

“volevo… volevo… volevo vedere se riuscivo a diventare rossa!”.

Alejandro sgrana i suoi smeraldi per poi scoppiare in una fragorosa risata.

“è per questo motivo ti sei imbrattata di rosso? Eres loca.” balbetta lui continuando a ridere.

Il giorno dopo con le gote arrossate, Heather, consegnò il bigliettino ad Alejandro.

Lui lo aprì sorridendo per poi arrabbiarsi una volta letto cosa c’era scritto:

“Auguri AL!”.

 

 

Un buffetto sulla guancia e le gote diventano rosse.

“ma che?” chiede confusa Heather rivolgendo lo sguardo verso di lui.

“quello che non ti ho dato quel giorno…”.

Un leggero risolino esce dalla bocca di Heather mentre posa il disegno sulla scrivania.

Due forti braccia le cingono i fianchi mentre delle labbra posano poi un leggero bacio sul collo di lei.

Si sottrae senza troppa fatica dalla presa guardandolo negli occhi.

“Alejandro…”.

“cosa ho fatto di sbagliato?” chiede innocente.

“io… io… vorrei che fossimo solo amici.” Sussurra Heather.

“perché?” chiede supplichevole lui.

“ho bisogno di chiarirmi le idee e in questo momento non è l’amore che mi può aiutare…”.

Silenzio tra i due. Solo il vento osava far rumore sbattendo contro la casa facendo muovere i balconi avanti e indietro provocando un’incessante sbattere rumoroso.

La delusione si faceva strada sul volto di Alejandro che, per la seconda volta, aveva veramente creduto che ci potesse essere qualcosa di più della semplice amicizia.

“va bene, se è questo quello che vuoi…” risponde sussurrando.

Una strana smorfia appare sul viso di Heather all’udire della risposta affermativa di lui.

“cosa c’è?” si ritrova a chiederle.

“niente, lascia stare…”.

Un pensiero gli passa per la mente di lui: e se fosse stato un tentativo di sorridere?

In passato ci aveva provato ma il risultato è sempre stato tutte le volte pessimo, quasi fosse incapace di sorridere sinceramente.

“…comunque sia, quella è stata la peggiore bugia detta in tutta la mia vita.” Continua Heather.

Per un primo momento Alejandro di ritrova spaesato.

“eppure stavi bene… in rosso!” conclude infine lui sarcastico mentre sul volto di Heather è finalmente apparso un sorriso. Non un ghigno e nemmeno quei sorrisetti falsi –di cortesia- che faceva a sua madre quando le regalava oggetti fioriti senza lasciare traccia di disgusto.

Era un sorriso. Sincero.

 

°°°

 

La chiave gira aprendo la porta di casa.

Heather entra, togliendosi il cappotto per poi lanciarlo in un angolo a caso della casa.

Sfinita, si siede sul divano del salotto infilando il viso tra le mani prima di passare le mani tra i lisci capelli corvini.

Si sentiva strana; come se si fosse pentita di qualcosa. Qualcosa che ha deluso una persona.

Alejandro…

Gli occhi persi nel vuoto si soffermano su un libro dalla copertina rossa e consistente.

A vederlo bene però… non è un libro ma un album fotografico! Non mi ricordavo di averne uno.

In un primo momento la sua mente stanca voleva lasciarlo là poi, però, le sue gambe si alzano e ignorano la decisione presa poco fa.

Accanto al mobile di legno si ferma in piedi raccogliendo l’album per poi aprirlo piano.

Non è pieno… ma magari ci troverò qualcosa di interessante…

Sfoglia le pagine osservando foto di cui non tiene nessun ricordo.

Domani le mostro ad Al… forse ne sa qualcosa.

Gira l’ultima pagina. Una foto riesce ad attirare la sua attenzione.

Una foto di gruppo: tre ragazze e due ragazzi.

Da come sorridono devono essere amici…

Si sofferma sui dettagli accorgendosi di conoscere o aver visto almeno tre di quelle persone.

Una di quelle ragazze era lei: i capelli le arrivavano alle spalle sempre lisci e lucenti sotto la luce del sole.

Era tra due ragazzi. Il primo era il ragazzo visto al centro commerciale -come poteva scordare i suoi occhi freddi come il ghiaccio?- il secondo era all’estremità del gruppo e poteva dire di conoscerlo; Alejandro.

Le altre erano due ragazze, mai viste prima…

Una delle due ragazze attira la sua attenzione: che stile orribile!

I capelli neri a caschetto erano alternati da ciocche blu. La bocca di un blu che, secondo Heather, stonava con la carnagione quasi cadaverica della mora. Per non parlare dei vestiti!

La seconda invece era perfetta in ogni parte: capelli recisi alle spalle ordinati e sistemati dietro le orecchie, un paio di lentiggini facevano compagnia a occhi neri.

Più osservava la foto più la sua testa comincia a fare domande. Era come se Alejandro volesse nascondergli la verità.

Duncan era vicino a lei mentre la teneva sotto braccio.

Per quale motivo Alejandro aveva detto di non conoscerlo?

 

 

 

   
 
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