Fanfic su artisti musicali > One Direction
Segui la storia  |       
Autore: Celeste9    02/01/2014    3 recensioni
“Non c’è niente di più pericoloso del demone della fantasia acquattato nell’animo femminile” (Isabel Allende).
Questa è una raccolta di OS di tutti i generi, prevalentemente romantiche, su quello che io considero il sesto membro degli One Direction.
(Da una delle storie) “La gioia che provo quando sono insieme a Josh mi fa quasi paura, non so se si tratti veramente di amore, ma, qualsiasi cosa sia, è una sensazione bellissima: mi sento come se la sua anima avesse riempito all’improvviso il vuoto che sentivo nella mia”.
CREDITS: il titolo della raccolta è un verso di “Drunk” di Ed Sheeran; i titoli delle varie OS sono quasi tutte canzoni dei Toto.
Genere: Romantico, Sentimentale, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Josh Devine, Nuovo personaggio
Note: Lime, Raccolta | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
 <<    >>
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
Image and video hosting by TinyPic

 

DRUM TALK

And when I've feelings that I can't explain
I let the drums do the talking

 

-Chi è Josh Devine? E perché ti segue su Twitter?

La voce alterata del mio ragazzo mi fece sussultare e la matita, impegnata a tracciare una precisissima linea, mi sfuggì di mano disegnando un antiestetico ghirigoro sul progetto per l’esame di architettura.

-Sai come funziona su Twitter, chiunque può seguirti- mi giustificai.

-Ma hai la timeline piena delle vostre conversazioni!

Cercai disperatamente un argomento a cui appigliarmi, confidando nel fatto che lui non conoscesse una parola di inglese, ma fortunatamente mi precedette.

-Ah, ma suona con gli One Direction! Ho capito: vuoi usarlo per arrivare a coso nell’armadio.

“Coso nell’armadio” era Liam Payne, o meglio, il suo poster a grandezza naturale che mi aveva seguito dalla mia cameretta fino all’appartamento che dividevo con il mio ragazzo. Ripensandoci, non era stata una grande idea quella di andare a vivere insieme: con la convivenza quotidiana avevo scoperto che eravamo profondamente diversi, ma dopo le superiori, di fronte alla scelta se fare l’interprete o l’architetto, avevo optato per la seconda, mi ero trasferita a Firenze e lui mi era venuto dietro “per dividere le spese” iscrivendosi a Scienze Politiche, giusto per dimostrare ai genitori di essere impegnato in qualcosa, anche se alla fine non aveva dato neanche un esame.

Io invece lavoravo sodo e quella sera afosa di fine giugno ero seduta di fronte alla finestra spalancata, china sul mio tavolo da lavoro e impegnata a progettare un ponte per l’ultima prova della sessione estiva.

Nonostante avessi le idee chiare sulla carriera che avrei voluto intraprendere dopo la laurea, non ero affatto il futuro architetto dalla mente quadrata come si poteva pensare, anzi, ero istintiva, disordinata e inguaribile sognatrice, di quelle che pensano che le cose belle accadano per caso e ci credono davvero.

-Vado a dormire- annunciò il mio ragazzo, sbadigliando scompostamente.

-Notte- dissi sollevata del fatto che l’indagine fosse già conclusa, perché la storia di Josh andava avanti da quasi un anno e su Twitter c’era solo una piccolissima parte di quello che avevamo condiviso.

Ecco, Josh faceva parte di quelle cose belle che avvengono fortuitamente, poiché tutto era nato da un complimento che gli avevo fatto:

-Spero che diventerai famoso come Jeff Porcaro.

E lui aveva risposto:

-Ma Jeff Porcaro è morto!

Avevo quasi sbattuto la testa sulla tastiera pensando che avevo buttato al vento la mia occasione, l’unica volta in cui ero stata notata in mezzo a tutto lo spam! Poi però avevo ricevuto un suo DM in cui mi spiegava che era cresciuto con la musica dei Toto, ma che il suo stile si avvicinava più a quello di Simon Phillips. E avevamo continuato a scambiarci messaggi parlando della nostra passione comune.

Un giorno mi aveva mandato un link: era “Wish you were here”, ma non la versione classica dei Pink Floyd, bensì la cover di Ed Sheeran; ero andata in confusione, aveva forse voluto dirmi qualcosa con quella canzone o l’aveva solo scelta perché gli piaceva? Ricordavo di avergli confidato che per me i testi erano  importanti almeno quanto la melodia, ma forse la mia fantasia stava correndo troppo. Avevamo continuato a scambiarci canzoni, finché lui non mi aveva dato il colpo di grazia con “Through the barricades” una canzone bellissima che celebra l’amore che riesce a trionfare nonostante tutto, l’emozione mi aveva stretto così forte lo stomaco che mi ero messa a piangere.

Dalla musica eravamo passati ad argomenti più personali, parlando dell’importanza che aveva la famiglia per noi, fino alla nostalgia che sentivamo nei confronti delle città di mare in cui eravamo nati. Cercavo di convincermi che non fosse il ragazzo perfetto, ma era tutto contro di me: la sua simpatia, la sua voglia di vivere e, perché no, la sua bellezza.

Non so perché avesse scelto me, probabilmente faceva così con tutte o forse trovava piacevole parlare con qualcuno che non lo ossessionasse o che gli facesse proposte al limite della decenza (anche se una volta, omettendo una preposizione, gli avevo scritto che avrei dovuto fargli un servizietto, anziché “devo darti buca”. Conoscevo bene l’inglese, ma non era facile scrivere in tempo reale, soprattutto se si era preda di una strana agitazione come lo ero io ogni volta che trovavo un suo messaggio).

-Sei innamorata di lui?- mi aveva chiesto una volta Valentina, la mia compagna di corso, l’unica che sapesse di noi e le avevo risposto di no, che per innamorarsi bisognava frequentarsi, che io ero impegnata, che lui apparteneva ad un mondo troppo diverso dal mio. Ma nello stesso momento in cui le parole mi uscivano dalla bocca indossavano le vesti delle bugie, perché il sorriso che mi si dipingeva sul volto quando parlavo di lui, o l’accelerare del cuore se mi capitava di pensarlo, erano fenomeni che non riuscivo a controllare.

Non avrei mai creduto che al mondo potesse esserci una persona che fosse assolutamente in sintonia con me, anche se a dirla tutta era come se non esistesse affatto: lui era il sesto membro degli One Direction, o comunque, un batterista di talento, io una studentessa italiana di architettura. C’erano dei giorni in cui mi trovavo a pensare che non avrei mai voluto conoscerlo, non così, almeno: avrei preferito che fosse un compagno di corso, il postino, il garzone del macellaio… invece era Josh Devine: che storia avremmo mai potuto costruire?

Avere al mio fianco un ragazzo poco affettuoso che mi trascurava e che metteva se stesso al primo posto, non faceva che incoraggiare la mia attrazione per Josh e questo non andava bene perché se da una parte mi sentivo felice e apprezzata, dall’altra ero dilaniata da terribili sensi di colpa e dubbi lancinanti.

-Sei innamorata- aveva sentenziato Valentina il giorno in cui l’avevo trascinata alla ricerca di uno smartphone su cui scaricare l’app di Josh per parlare con lui, proprio io, che andavo orgogliosa del mio telefono antidiluviano.

-È per controllare gli appelli in tempo reale- avevo provato a mentirle, ma lei sapeva benissimo che non era vero, mi conosceva troppo bene per non capire che il rossore che saliva sulle mie guance mentre lo sguardo contemporaneamente si abbassava, erano chiari segni di un sentimento che cresceva prepotentemente dentro di me ogni giorno di più.

Finii per usare la mia amica per mantenere un contatto con la realtà, sperando che lei, vedendo le cose da fuori, fosse capace di tenermi ancorata a terra, ma era troppo saggia e sincera per dirmi quello che non era evidente e così volavo sempre più in alto.

-So che tutta questa storia di Josh è sbagliata, che non dovrei farmi illusioni e soprattutto ricordare che sono impegnata, ma allora perché mi tremano le mani ogni volta che vedo un suo messaggio?

-Da quanto tempo non vieni letteralmente corteggiata? Non significa che se ti tremano le mani tu stia dicendo di sì. Significa che hai delle emozioni.

Non osai confessarglielo, ma io dicevo sì ogni volta che aprivo la bustina sul cellulare o cliccavo sul link della twitcam. Mi allontanavo sempre di più dalla grigia realtà per immergermi sempre più in quel mare di colori, un mare che, a lungo andare, sapevo che mi avrebbe inghiottito.

Josh aveva iniziato a mandarmi foto con Snapchat (“prima o poi ti troverai il batterista nudo!” aveva ironizzato Valentina facendo riferimento all’uso che normalmente veniva fatto di quell’applicazione), mi stupiva come riuscisse ad essere sempre fotogenico anche la mattina appena sveglio, o dopo una sessione in palestra o nel bel mezzo di un concerto. Una volta che ebbi scaricato la sua applicazione mi tempestò di videochiamate: facevamo conversazioni infinite con lui che rideva quando non capivo quello che definivo il “suo” inglese o quando gli dicevo di aspettare perché stavo cercando una parola sul dizionario. Durante le nostre chiacchierate tenevo il  telefono rigorosamente puntato sulla finestra aperta da cui si godeva un magnifico panorama di Firenze. Non mi ero mai mostrata, temevo che il mio aspetto avrebbe sporcato l’immagine che si era fatto della sua “Crazy Mofo preferita”, come amava chiamarmi in maniera dispettosa, ma sapevo di piacergli in qualche modo, ne avevo avuto la prova con un tweet che aveva scritto di getto con qualche errore e privo di punteggiatura e poi cancellato.

“It drives me mental after talking with you. I get crazy after to let the steam out the pot so to speak”.

Sapere che lo coinvolgevo anche in maniera fisica mi rendeva quasi orgogliosa e non ero mai riuscita a capire fino a che punto fosse scherzosa la sua gelosia nei confronti di Liam.

-L’ho colpito con un lime durante “Summer Love”- mi aveva candidamente confessato Josh, dopo che gli avevo raccontato della mia cottarella per Liam e io avevo riso, trattenendomi dal dirgli che il lime avrebbe dovuto tirarlo contro se stesso perché nei suoi confronti provavo qualcosa di ben più profondo della simpatia.

Era stato un lungo autunno in lotta col fuso orario, poi un inverno infinito a combattere con la voglia di scappare in Inghilterra durante la pausa tra un tour e l’altro e infine una primavera dominata dal desiderio preponderante di raggiungerlo durante una delle nuove tappe.

Ed era arrivata l’estate e me ne stavo ancora lì, seduta al tavolo da lavoro, di fronte a quella finestra da cui si vedeva tutta Firenze, inchiodata alla sedia dalla mia vigliaccheria, dal senso di responsabilità e dalla fedeltà verso una persona che era sempre più coinquilino e sempre meno fidanzato.

Josh mi aveva chiesto se sarei andata ad uno dei tre concerti italiani.

-Non posso, ho un esame da preparare- avevo riposto e lui aveva assunto un’espressione delusa.

Gli avevo mostrato la tavola con il ponte e aveva detto che gli sarebbe piaciuto che stessi progettando un ponte che unisse la mia vita alla sua, all’improvviso mi ero accorta che le goccioline che stavano cadendo sul foglio non era il sudore dovuto al clima torrido di Firenze, bensì lacrime incontrollabili che uscivano dai miei occhi: ero innamorata, follemente innamorata, adesso riuscivo anche ad ammetterlo persino con me stessa.

-Vado a dormire. Tu che fai?- ripeté il mio ragazzo chiudendo il suo pc.

-Finisco la tavola per l’esame.

In realtà in quella caldissima sera di fine giugno dovevo guardare la cam che Josh aveva aperto per farmi seguire l’esibizione dei ragazzi in diretta.

Ad un tratto qualcuno prese il suo telefono e lo portò in giro per il palco puntandolo su Liam che stava facendo l’assolo in “Over again”.

Mi tornò in mente un tweet in cui avevo scritto che una delle cose che rasentavano la perfezione erano le parole di quella canzone di Ed cantate dalla voce di Liam, mi fece piacere che se ne fosse ricordato.

-“Oh, Josh!”- pensai mordendomi le nocche, preda da una folla di emozioni che ormai ero in grado di identificare, ma che non potevo  dominare e che esplosero quando il telefono tornò al suo posto e lui si girò a farmi la linguaccia.

Finito il concerto, chiuse la comunicazione video, poi mi mandò un messaggio: “Ho impedito a Harry di tirare le mie bacchette in mezzo alla folla perché vorrei darle a te. Mi faresti avere il tuo indirizzo, così posso spedirtele?”

Glielo detti senza pensarci su, poi mi misi a disegnare: era notte fonda, ma non mi sentivo stanca, anzi, la città era silenziosa e l’aria più fresca, l’ideale per lavorare. Ero così presa dal desiderio di finire il progetto che non mi accorsi del tempo che era trascorso e solo lo sbuffare di un autobus mi fece alzare la testa dal foglio.

-“Ma che ora è? Sono già arrivati i pullman dei turisti?”- pensai dando un’occhiata all’orologio: erano quasi le quattro del mattino, chi diamine poteva aver voglia di andare a Piazzale Michelangelo all’alba?

Mi affacciai, dovevo essermi sicuramente addormentata e quello era un bel sogno. Non poteva esserci altra soluzione per spiegare la presenza del bus degli One Direction sotto casa mia.

Afferrai il telefono e scesi di sotto incurante dei capelli tenuti su da una matita, del pigiama e delle ciabatte.

La porta di casa si aprì cigolando.

-Dove vai?- bofonchiò il mio ragazzo dall’altra stanza.

-A buttare la spazzatura- risposi convinta.

Ed era vero, stavo per buttare via la mia vecchia vita, la nostra relazione, la mia carriera universitaria; stavo correndo incontro alla felicità che avevo costruito con pazienza, giorno dopo giorno, nel corso di quell’anno.

Prima di aprire il portone esitai, temendo che forse non gli sarei piaciuta fisicamente, ma la voglia di dargli quell’abbraccio che troppe volte avevo rimandato mi spinse prepotentemente fuori da quelle quattro mura che erano state il teatro della nostra storia fino a quel momento.

Mi avvicinai al bus, le porte si aprirono e scese per primo Liam: non me l’aspettavo e fissai il suo viso stanco senza sapere cosa fare. Se fosse accaduto la scorsa estate credo che sarei svenuta, invece in quel preciso istante non provai niente, lo salutai, gli sorrisi e chiesi:

-Dov’è Josh?

Dietro di lui si sentivano risate, rumori indistinti: una gran confusione! Cercai di sbirciare al di là del corpo di Liam e finalmente vidi spuntare quel sorriso luminoso che aveva illuminato le mie grigie giornate.

-Spostati, scimmione, lei è mia!- disse facendosi largo e non appena fummo l’uno di fronte all’altra mi fissò quasi incantato senza smettere di sorridere.

Mi porse le sue bacchette.

-Sono tue, te le avevo promesse.

-Hai dirottato il bus e fatto tutta questa strada per darmi le tue bacchette?- ero un po’ delusa, lo ammetto.

Il suo sorriso si fece più radioso:

-Veramente, visto che impiegavi tanto a progettare quel maledetto ponte, ho pensato di accelerare i tempi e collegare finalmente le nostre vite con qualcosa di meno effimero del segnale wifi. Non credevo fosse possibile innamorarsi di una ragazza senza averla neanche mai vista in faccia, ma poi un uccellino azzurro mi ha portato te.

Mi tese la mano per farmi salire a bordo dell’autobus.

-Non posso venire via con te, sono in pigiama.

-Abbiamo due giorni liberi prima del concerto in Germania, sai quanto shopping possiamo fare insieme?- poi mi prese il viso tra le mani e aggiunse- e quante altre cose!

Sorrisi, annuendo, mentre Josh mi diceva:

-Ricordi cosa ti ho scritto quando ero in Nuova Zelanda? Voglio che tu sia la mia amante, la mia amata, il mio amore! Lo penso ancora, sai?

L’ultima cosa cosa che vidi quel giorno, prima che le porte del bus si chiudessero, fu l’alba che salutava Firenze, tingendo il cielo di rosa e con esso il mio volto e quello di Josh uniti, finalmente, in un interminabile bacio.

  
Leggi le 3 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<    >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Fanfic su artisti musicali > One Direction / Vai alla pagina dell'autore: Celeste9