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Autore: SusanTheGentle    02/01/2014    11 recensioni
Questa storia fa parte della serie "CHRONICLES OF QUEEN"

Il loro sogno si è avverato.
Tornati a Narnia, Caspian e Susan si apprestano ad iniziare una nuova vita insieme: una famiglia, tanti amici, e due splendidi figli da amare e proteggere da ogni cosa.
Ma quando la felicità e la pace sembrano regnare sovrane, qualcosa accade...
"E' solo un attimo, al sorgere e al tramontar del sole, attimo in cui riescono a malapena a sfiorarsi....
Sempre insieme, eternamente divisi"

SEGUITO DI "Queen of my Heart", ispirato al libro de "La sedia d'agento" e al film "Ladyhawke".
Genere: Avventura, Fantasy, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Caspian, Susan Pevensie
Note: Otherverse | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Chronicles of Queen'
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6. Sentimenti
 
 
Non voglio nient'altro che vedermi attraverso di te
Se potessi, passerei la mia vita ad amarti

 
 
 
La luce del pomeriggio filtrava dalle grandi finestre della Cappella d’Oro. Granelli di pulviscolo danzavano nell’aria immobile della vasta sala, dove un’unica persona se ne stava davanti alla Grande Quercia.
Miriel accarezzava la ruvida corteccia con affetto, in attesa del momento che aveva occupato i suoi sogni ogni notte, nessuna esclusa, da quando lo aveva lasciato.
Quando Peter era partito, era come se una parte di lei si fosse addormentata. Quella parte che aveva perso per restare insieme a lui, per vivere da umana al suo fianco, anche se ancora non sapeva quando avrebbe potuto. Si sentiva come gli alberi di Narnia, che perdendo le loro foglie, rimanendo spogli.
Aveva sempre saputo che, se mai il suo sogno di amarlo si fosse avverato, avrebbe dovuto fare i conti con la lontananza, ma affrontarla però era stato molto più difficile di quanto avesse potuto immaginare.
I primi giorni le era sembrato di essere sprofondata in un buco nero e di non poterne più uscire. Ma adesso… Adesso tutto il suo corpo fremeva di emozione. Ad ogni più piccolo movimento, tendeva le orecchie per ascoltare e capire se fosse stato l’albero o qualcun altro a produrre sommessi rumori che le facevano balzare il cuore in gola.
Lo aspettava nella Cappella d’Oro, perché cosi avevano deciso lei e Peter: quando lui sarebbe tornato, era là che si sarebbero riabbracciati.
Era passato quasi un anno… un anno per il tempo di Narnia.
E sulla Terra?
Il cigolio della porta quasi fu inudibile, ma Grande Quercia mosse le sue foglie al venticello tenue che entrò nella sala nel momento in cui i battenti vennero spalancati.
Miriel chiuse gli occhi, quasi tentata di rimanere lì, immobile.
Percepiva la sua presenza, sapeva che era lui.
Ebbe quasi paura di voltarsi, di guardarlo negli occhi, anche se lo voleva con tutta sé stessa. Lei credeva ancora di non essere all’altezza dell’amore del Re Supremo di Narnia. Eppure, lui l’aveva scelta. Tra le tante donne che aveva incontrato durante l’Età doro, Re Peter il Magnifico non aveva mai preso moglie. Aveva chiesto a lei di sposarlo. A lei e solo a lei.
“Miriel…”
La sua voce... Era vicina, come i suoi passi che udiva riecheggiare lievemente e poi arrestarsi.
Fu allora che si voltò.
Il sole illuminava i capelli del Re Supremo, facendoli brillare più dell’oro puro. Sul suo nobile viso c’era uno sguardo colmo di felicità, che brillava dentro i suoi occhi color del cielo.
Lo vide allargare le braccia, per lei.
E Miriel corse. Corse per raggiungerlo. Lui fece lo stesso e la strinse forte a sé.
“Oh, Peter...”
La Driade, la voce rotta dal pianto, si aggrappò a lui.
Peter affondò il viso e le mani in quella cascata di fuoco che erano i capelli di lei. Inspirò il suo profumo di fiori, baciò la pelle del suo viso e poi le sue labbra.
Miriel si sentì mancare e lo strinse ancor di più.
La parte addormentata di Miriel si risvegliò a quel tocco. Tutte le sensazioni tornarono vive. I ricordi furono lampi nella mente, soprattutto il ricordo dell’ultima notte sul Veliero dell’Alba.
Restarono là per un tempo incalcolabile, senza dire nulla, continuando a baciarsi, a guardarsi.
Infine, si separarono delicatamente dall’abbraccio, lui le prese una mano e lei la strinse.
Peter spostò lo sguardo sul fondo della stanza. “Grande Quercia” mormorò con un sorriso, “Ho sempre saputo che nemmeno le catapulte di Telmar sarebbero riuscite a scalfirlo. L’ultima volta che venimmo tra le rovine del castello lo cercammo, ma non lo trovammo”
“Anche lui vi aspettava” disse Miriel. Si avvicinarono insieme, camminando lentamente fino a trovarsi sotto le folte fronde verdi scuro. Peter afferrò entrambe e mani di Miriel e la guardò intensamente. Sedettero sotto Grande Quercia, abbracciandosi, iniziando a raccontarsi tutto il tempo che non avevano potuto trascorrere insieme.
“Sei felice qui?” le chiese il Re Supremo, giocherellando con i capelli della Driade.
“Oh, sì! Qui è tutto bellissimo. Tutti sono gentili con me: ci sono i miei più cari amici e i tanti altri che ho conosciuto. Amo questo luogo: Cair Paravel è stata la tua casa e un giorno sarà anche la mia”
“E’ già casa tua, Miriel” le rispose, baciandola su una guancia.
“Intendevo…casa nostra” aggiunse lei, con emozione.
Lui l’abbracciò di nuovo, nascondendo il viso nella sua spalla. Lei voltò il capo e cercò ancora le sue labbra.
“Non hai più rivisto la tua famiglia, vero?” le chiese poi Peter, facendosi un poco pensieroso.
Miriel scosse il capo. “Purtroppo no. Rinunciando alla mia immortalità, non so se potrò varcare di nuovo le porte delle Valli del Sole.”
“Non puoi?” chiese lui, alquanto perplesso.
“Volendo potrei, ma ricordi cosa disse Aslan a Caspian quel giorno davanti alla Grande Onda?”
Peter ricordava e annuì a sua volta.
“Il continuare non ha ritorno”, erano state le parole del Leone. Difatti, scegliendo di attraversare quella soglia, lo stesso Ripicì non era più tornato.
“Scegliendo di rimanere, vi devo rinunciare” continuò Miriel. “Esattamente come ha fatto Susan. Mi è stata molto vicina e mi comprende. E’ davvero l’amica più cara che ho”
Peter la guardò e vide che l’espressione amara apparsa sul viso di Miriel mentre parlava della sua famiglia, si era fatta più serena.
“Io e tua sorella abbiamo vissuto il nostro amore in modo molto simile” aggiunse la Driade, intrecciando le dita tra i capelli dorati di lui. “Confido che finisca allo stesso modo anche per noi”
“Assolutamente” le assicurò lui, stringendola al suo petto.
Miriel chiuse gli occhi, cullata dal battito del cuore di Peter, dal suo respiro, dalle carezze gentili sulla schiena, e la brezza che soffiava tra le foglie di Grande Quercia.
“Non angustiarti per me, Peter. Un giorno rivedrò i miei cari. Credo che debbano solo accettare la mia scelta”
“Pensi che non siano felici?”
“Alcuni di loro, credo proprio di no. Ma non importa, capiranno”. Miriel alzò il viso e lo guardò. “Lo sapevano che volevo questo. Che volevo te”
Arrossì improvvisamente, stupendosi lei stessa della propria intrepidezza nell’esternare i suoi sentimenti.
Lui le sorrise. “Capiranno quando vedranno quanto sarai bella e felice il giorno del nostro matrimonio”
Il cuore in gola, Miriel gli gettò le braccia al collo e lo baciò ancora e ancora.
“Sarà qui che ti sposerò, amore mio” disse Peter, accarezzandole il volto. “Proprio qui, sotto la Grande Quercia. Presto, te lo prometto”
“So che il tuo ritorno non è per sempre. Non temere di ferirmi” lo rassicurò la fanciulla, notando il grande dispiacere negli occhi azzurri di lui. “Devi prima compiere la tua missione. E’ molto importante”
“Non dubitare che tu lo sia di più” ribatté il Re Supremo molto seriamente, cingendole i fianchi con decisione.
Lei avvertì un brivido invaderle tutto il corpo, infiammarle le guance. “No, Peter. Non ne ho mai dubitato, e mai lo farò.”
“Ti amo, Miriel”
Peter le diede un bacio più intenso degli altri prima che lei potesse rispondergli, e quel gesto risvegliò nel cuore di entrambi mille meravigliose emozioni.
“Non ti lascerò più scappare.” sussurrò il ragazzo, allontanandosi dal viso di lei, solo per potersi specchiare negli occhi più belli del mondo.
“Non eri tu ad essere scappato?” sorrise Miriel.
Lui ricambiò, chiudendo gli occhi e abbandonandosi alla dolcezza che il corpo di lei gli trasmetteva, prendendo finalmente consapevolezza che erano di nuovo insieme, che non era un sogno, ma la realtà.
Miriel si trovò stesa sul suo petto, le mani di lui tra i capelli.
Grande Quercia chiuse i suoi rami attorno ai due giovani, per concedere loro la dovuta intimità.
 
                                                                                                                                                 
Lucy camminava pensierosa per i grandi e luminosi corridoi del castello, salutando e sorridendo a tutti quelli che incontrava, anche se dentro di sé sentiva lo sconforto crescere sempre di più.
Narnia era stata pervasa da un’ondata di felicità immensa e tutti stavano vivendo quel meraviglioso giorno appieno: i suoi genitori e Eustace avevano seguito Edmund in una vista completa di Cair Paravel e restarono fuori fino a sera. Peter era andato ad incontrare Miriel. Caspian a ricevere gli auguri del popolo anche per conto della Regina. Susan si era addormentata, finalmente riposandosi dalle fatiche di quel giorno: avere un bambino già non era cosa da poco, ma averne due doveva essere stato estenuante. Anche Rilian e Myra dormivano della grossa in una stanza adiacente quella dei genitori, in una favolosa culla a due piazze. Anche per loro non era stata un passeggiata, sicuramente.
Solo lei era rimasta lì, in attesa, cercando di occupare il tempo…cercando Emeth.
Ma di lui nessuna traccia.
Dov’era finito? Forse non voleva vederla?
Stanca di girare a vuoto, sostò sotto un portico all’ombra, guardando l’erba del giardino coprirsi di chiazze ora chiare ora scure, a seconda di come l’ombra delle nuvole correvano in cielo, coprendo e scoprendo il sole.
Era una bella estate calda ma non afosa, come tutte le estati di Narnia che Lucy ricordava.
“Lu?” la chiamò una voce gentile.
Lei si voltò e salutò Caspian, facendogli posto sul basso muretto sul quale si era accomodata.
“Hai finito con gli ospiti?” gli domandò.
“Sì, stavo proprio per tornare da Susan. Ma tu che fai qui da sola? Credevo fossi con Emeth” disse ancora il Re, osservando il suo viso malinconico.
“Mmm…no” fece Lucy, sconsolata. “L’ho cercato ovunque ma non lo trovo da nessuna parte”
Caspian la osservò un momento. Era strano vedere Lucy triste.
“Hai provato alle scuderie? Emeth ama passarci pomeriggi interi”
“Sì, ci sono andata. Te l’ho detto, ho fatto il giro completo del castello ma non riesco a trovarlo. E se se ne fosse andato?”
“E perché avrebbe dovuto farlo?”
“Non lo so. Forse perché…” Lucy si morse un labbro, come sempre quando era nervosa. “Forse non vuole incontrarmi. Forse si è stancato di aspettarmi e…”
Caspian le sorrise e le diede un buffetto sul viso. “Sciocchina. Ti pare possibile?”
Lucy lo guardò e scosse il capo, ma ancora nutriva qualche dubbio: non che Emeth non le volesse più bene, ma che avesse deciso di lasciare il regno senza attendere di rivederla.
Non poteva negare di essersi chiesta se il giovane soldato fosse rimasto a Cair Paravel o fosse partito per qualche altro luogo. Spesse volte il ragazzo le aveva confidato di non sentirsi ancora del tutto a sua agio in mezzo ai narniani, anche se gli sarebbe piaciuto molto considerare Narnia come casa propria.
Lei poteva solo immaginare quanto doveva essere stato difficile per Emeth cambiare stile di vita. E da Calormen a Narnia era davvero un gran cambiamento.
Lucy si rivolse di nuovo al Re, con una nota di vera preoccupazione nella voce.
“Caspian, Emeth sta bene?”
“Sta benissimo” la rassicurò il Liberatore. “Sul serio” aggiunse, notando che lei lo fissava insistente.
Lei sospirò e abbassò il capo. “Mi fa piacere saperlo”
“Secondo me non vi siete incrociati”
La ragazzina rialzò il capo. “Come?”
Caspian sorrise ancora, mettendole un braccio attorno alle spalle. “Anche lui ti starà sicuramente cercando per tutto il castello, ne sono sicuro. Avrete percorso gli stessi corridoi e le stesse stanze, forse più di una volta, ma senza mai incontrarvi. Vi siete ‘mancati’, per così dire. Non pensare che Emeth sia stanco di te, Lucy. Gli sei mancata veramente moltissimo.”
Lucy fece un gran sorriso, poi con un piccolo balzo scese dal muretto. “Grazie, Caspian”
“A questo servono i fratelli maggiori”
La Valorosa sorrise ancora e poi fece un giro su se stessa. “Sono presentabile?” chiese, indicando gli abiti che indossava, abiti del suo mondo.
“Vai benissimo”
“D’accordo, allora vado! A dopo!” e così dicendo schizzò via correndo, come se avesse la ali ai piedi.
Corse sotto altri portici e corridoi esterni, ariosi, freschi. Attraversò un ultimo tratto di cortile e infine arrivò alle scuderie. Se a Emeth piaceva tanto recarvisi, decise che lo avrebbe aspettato là. Era inutile vagare ancora per tutta Cair Paravel.
Appena gli stallieri la videro, le rivolsero saluti ed inchini.
La Valorosa s’intrattenne con loro, chiacchierando per qualche minuto. Salutò Destriero e poi, finalmente, la sua pazienza fu premiata.
“Ah, Emeth, eccoti qui!” disse uno stalliere. “Credo che tu abbia visite”
Il soldato non fece tempo a chiedere nulla che una figura femminile apparve tra quelle maschili, aggraziata e fragile in mezzo a quegli uomini fatti e finiti.
“Lu!” esclamò Emeth, immobile sulla soglia.
La ragazza spiccò una piccola corsa attraverso la stalle e si fermò davanti a lui. “Ti ho cercato dappertutto, avevo paura che non ci fossi”
Il ragazzo la guardò con un sorriso quasi incredulo, e poi la prese tra le braccia, senza curarsi degli spettatori.
Lucy, presa alla sprovvista da quello slancio d’affetto, non riuscì subito a ricambiare l’abbraccio. Si ritrovò così stretta a lui che non poté far altro che stringergli la camicia sul petto e voltare appena la testa per poterlo guardare.
“Emeth” mormorò, gli occhi che brillavano.
Forse non era l’incontro romantico che si era aspettata, là sulla soglia delle scuderie, ma che cosa le importava del dove? L’unica cosa che contava era poterlo rivedere e scorgere nei suoi occhi scuri che anche lui era felice di vedere lei.
“Non volevo credere a quel che mi aveva detto Miriel” disse infine il giovane, allentando un poco la stretta così che lei poté cingergli le braccia attorno al suo collo.
“Che cosa ti ha detto Miriel?”
“Che stavate per tornare. Non volevo crederci finché non vi avessi visti con i miei occhi”
“E adesso ci credi?”
Lo sguardo di lui era dolce, mentre la guardava. E Lucy si lasciò guardare, senza dire nulla, continuando a sorridere, le mani sulle sue spalle.
Emeth annuì, tracciando il profilo del suo viso con dita leggere. Il suo viso, il suo sorriso…lo aveva sempre adorato. E gli occhi del colore del mare, i capelli sciolti, tirati indietro sulla fronte da una semplice fascia blu.
La tirò indietro e le tenne le mani, osservandola attentamente.
“Cosa c’è?” chiese lei, perplessa.
“Hai degli strani abiti” osservò lui.
Lei rise divertita. “Non ho ancora avuto il tempo di cambiarmi. Arrivo direttamente da camera mia, da Finchley. E per fortuna che ancora non stavo dormendo, o mi avresti trovata in pigiama”
Emeth rise con lei, per la prima volta, e Lucy ne fu felice.
“Mi sei mancato tanto, lo sai?”
“Anche tu, da morire.”
Emeth l’attirò verso di sé con dolcezza, per poi tenerle con tenerezza il mento tra il pollice e l’indice. La vide chiudere gli occhi ma un momento dopo si fermò.
Sbirciò alle spalle della ragazza, dove gli stallieri ridacchiavano e scoccavano loro occhiatine divertite.
Tutti a Cair Paravel sapevano le storie avvenute sul Veliero dell’Alba, anche quelle che riguardavano la parte sentimentale. I cantori non si erano risparmiati nulla.
Emeth fece un’espressione cupa, prese Lucy per le spalle e la trascinò via da occhi indiscreti.
Lei, ancora ad occhi chiusi, in attesa del bacio, sussultò quando si sentì tirare in avanti e poi appoggiare alla parete all’esterno della stalla.
“Che fai?” chiese stupita.
Lui non rispose e si chinò sul suo viso, posandole un intenso bacio sulle labbra.
Lucy rise, portandosi le mani alle guance per coprire il rossore che le imporporò.
“Emeth, ci guardano”
“Chi se ne importa”
Lei rise ancora, le labbra premute contro quelle di lui. Sgusciò via da quel bacio troppo intenso, che sapeva di un amore e di una dolcezza inebrianti, e dai quali fu leggermente intimidita.
Cos’era tutto quel trasporto da parte di lui?
“Dai, vieni” gli disse, prendendolo per mano. “Voglio passare tutta la giornata con te”
E come Peter e Miriel, passarono la maggior parte del giorno a parlare, passeggiando mano nella mano per gli immensi e rigogliosi giardini di Cair Paravel.
Lucy gli mostrò un aspetto tutto nuovo del castello: ripercorse tutta la storia di quelle mura, che letta sui grandi e antichi tomi della biblioteca erano parsi al ragazzo decisamente più noiosi ( a Emeth non piaceva granché leggere, a dire il vero).
La Regina gli narrò aneddoti privati della sua vita con i fratelli quand’erano Sovrani, lo condusse verso passaggi segreti nascosti: alcuni potevano portare dalle cucine al pian terreno fin su alle torri, oppure c'era la stanza di Lucy che si apriva direttamente sul giardino, e altre cose del genere.
Lucy sembrava avere sempre qualcosa da dire, invece lui, a volte, trovava difficile trovare argomenti interessanti.
“Qui a Cair Paravel faccio parte del seguito di Re Caspian, e adesso sono un cavaliere dell’Ordine del Leone. Non c’è molto da dire…”
“Come sarebbe non c’è molto da dire!” esclamò Lucy, molto colpita. “E’ un grande onore, Emeth! Non tutti ne entrano a far parte!”
Lui si schermò stringendosi nelle spalle. “In effetti non ho ben capito perché Aslan me l’abbia permesso”
“Oh, smettila di sminuirti! E’ meraviglioso! E’ la notizia più bella che potessi darmi!” Lucy fece una risata aperta, forte, allegra, battendo le mani, mostrando tutta la sua naturalezza, la sua spontanea vitalità.
“E devo dirti anche un’altra cosa” riprese lui poco dopo.
“Cosa?”
“Credo che mi piaccia stare qui. E ora che ci sei anche tu, Lu, sento di poter davvero chiamare casa la tua Narnia”
“La nostra Narnia” lo corresse lei, lasciandolo piacevolmente colpito. “Saliamo lassù” gli disse d’un tratto, facendo una mezza giravolta su se stessa, guidandolo verso altissimo pioppo.
Emeth, stupito dai movimenti agili della ragazza, la seguì senza indugio.
Quando furono in cima si ritrovarono a fissare l’Oceano. Ma non era quello che Lucy voleva mostrargli.
“Ora voltati” gli disse ansante.
Lui lo fece e vide tutto il villaggio di Cair Paravel ai suoi piedi: sembrava un quadro con i suoi tetti spioventi, le decine di stradine serpeggianti che risalivano verso la cittadella in mezzo a un mosaico di campi e fattorie. Tanti puntini dalle diverse forme e dimensioni si muovevano qua e là: cavalli, carri, greggi e pastori, donne e uomini al lavoro, cavalieri di ronda. Più avanti, le acque del Grande Fiume s’illuminavano di lampi abbaglianti che luccicavano sulla sua superficie irregolare. Ancora oltre, lo sguardo si perdeva tre le Grandi Foreste.
Lucy chiuse gli occhi e respirò a fondo, accomodandosi meglio sul ramo. “Purtroppo da qui non si vede bene come dalla Grande Torre, ma è più vicina e si notano più dettagli. Osserva bene, Emeth: questa è Narnia. La sua varietà di creature, i suoi odori, i suoni, la tranquillità e l’allegria. Narnia è ogni sasso, pianta, animale, uomo, ogni cosa presente sul suo suolo, che si muova o non si muova. Guardati attorno e amala, Emeth, come la amo io”
Il vento estivo che gli solleticava il viso ambrato, Emeth si volse verso Lucy e ne fissò il profilo.
“L’amo già” sussurrò, fissandola intensamente finché la Valorosa non se ne accorse.
Quando incontrò gli occhi scuri e intensi di lui, Lucy abbassò il capo, arrossendo, mentre un tenero sorriso si disegnava sul suo viso.
Rimasero sulla cima dell’albero ancora un poco, finché il sole non iniziò a tramontare e fu ora di rientrare.
 
 
Susan dormì saporitamente gran parte del pomeriggio restante. Quando si svegliò si sentiva ancora un po’ stanca ma felice.
Si stiracchiò pigramente e aprì gli occhi, proprio mentre la porta si apriva.
“Ciao, dormigliona” la salutò Caspian, andando verso il letto e chinandosi per darle un bacio.
“Ciao” lo salutò lei, subito dopo dando in un profondo sbadiglio.
Si guardarono un momento e si sorrisero.
“Te la senti di venire a cena o vuoi che te la faccio portare in camera?” chiese il Re.
Lei scosse il capo e si mise a sedere. “No, me la sento. Ho voglia di vedere gli altri”
Cenarono nel salotto delle stanze reali, dove Caspian aveva preparato una sorpresa per Susan: la tavola era apparecchiata a festa e ad attenderla c’era la sua famiglia, più Emeth e Miriel.
“Tara e Clipse dove sono? E il dottor Cornelius?” chiese Susan.
“Hanno preferito cenare nelle proprie stanze” le rispose Miriel. “Non volevano disturbare”
“Anche noi non volevamo venire” ammise Emeth molto timidamente, la mano in quella di Lucy, posata sul tavolo.
“Ma non disturbano affatto!” esclamò Susan, voltandosi subito verso Caspian.
Già sapendo quale sarebbe stato il desiderio di sua moglie, il Re si volse verso uno dei camerieri che stavano in piedi dietro la tavola.
“Eseguo subito, Maestà” disse questi, andando a chiamare le due ancelle mancanti e il vecchio precettore.
L’allegra combriccola mangiò e chiacchierò in allegria e con grande disinvoltura. Tutti si sentivano a proprio agio.
Susan mostrò ai fratelli e al cugino il suo diario.
Eustace non disse nulla a proposito dei guai che aveva avuto con la sua amica Jill a proposito di Narnia, sperando che gli altri per un po’ se ne dimenticassero.
I signori Pevensie ebbero modo di ascoltare le straordinarie avventure dei figli e del nipote sul Veliero dell’Alba, e conoscere meglio Caspian. Il Liberatore e i quattro ragazzi Pevensie rievocarono anche le storie del passato, tra cui la creazione di Narnia e dei suoi primi Sovrani, o quella della bella Regina Biancocigno, per la quale si batterono molti valorosi cavalieri ma il cui cuore apparteneva già al più umile degli stallieri, che infine sposò. Poi quella del coraggioso Olvin Senzamacchia, che salvò damigella Liln dal malvagio gigante a due teste Pire, il quale si trasformò in un monte che tutt’oggi portava il suo nome: il monte Pire appunto, situato tra il confine tra Archen e Calormen. E ancora quella del giovane principe Cor e dalla tarkaana Aravis, grandi amici dei Pevensie nell’Epoca d’Oro.
Quando fu ora di andare a dormire, ognuno si recò nelle proprie stanze, e quando Eustace vide la propria non poté trattenersi dall’emettere un fischio di compiacimento.
La notte tiepida e calma avvolse Cair Paravel e suoi ospiti cullandoli dentro un sonno costituito solo di lieti sogni. Centinaia di stelle, insieme a una sorridente luna nuova, sembravano brillare più intensamente del solito nel cielo di velluto.
Una lieve brezza si alzò e lambì le fronde degli alberi, arrivando sino alle mura del palazzo, entrando dalla finestra del balcone della stanza reale e svegliando il Re, il quale si rigirò nel letto, rendendosi conto di essere solo.
Aprì del tutto gli occhi che aveva solo socchiuso, inizialmente stupito ma in un secondo tempo incuriosito per l’assenza della sua Regina.
Dove poteva essere andata nel mezzo della notte?
La domanda trovò subito risposta.
Era logico.
Caspian si alzò lentamente, camminando verso la stanza adiacente: quella dei bambini. Un sottile fascio di luce s’intravedeva dalla fessura della porta rimasta socchiusa. Il Liberatore la spinse e s’insinuò piano nella stanza, dove trovò Susan seduta su un piccolo pouf accanto alla culla. Le tendine bianche attorno ad essa volteggiavano leggermente nella brezza della notte. La Dolce poggiava le braccia sul bordo del lettino, il mento su di esse, lo sguardo fisso sui gemelli.
“Susan?” la chiamò Caspian in un sussurro appena udibile
Lei alzò la testa e gli sorrise, mentre lui le si avvicinava.
“Che cosa fai qui?”
“Mi sono svegliata e ho sentito il bisogno di vederli. Non volevo disturbarti” spiegò la Regina, con un tono di voce se possibile ancor più sottile. “Non riesco a stare lontana da loro”
Caspian afferrò una sedia e vi si accomodò all’incontrario, gli avambracci sullo schienale.
“Lo sai” disse, allungando una mano e posandola tra i capelli di lei. “E’ tutto il giorno che mi chiedo una cosa”
“Cosa?”
“Chi dei miei figli ha osato darmi un calcio questa mattina?”
Susan rise, lui con lei.
Forse fu la risata, forse fu per un altro motivo, ma in quell’attimo la piccola Myra aprì gli occhi e agitò le piccole braccia, mugolando appena.
“Chiediamoglielo” disse allora Susan.
Caspian si alzò dalla sedia e si chinò verso la culla, sollevando la bambina.
“Allora, tesoro mio” disse con aria molto seria. “Chi è stato di voi? Sei stata tu?”
Improvvisamente, la principessina iniziò a piangere.
“Accidenti… ha confessato subito”
Susan sorrise teneramente vedendo l’espressione avvilita apparsa sul volto di suo marito.
“Buona piccola” mormorò Caspian, cercando di calmare Myra, dondolandola tra le braccia. “Che cos’ha?”
“Fame, credo” gli rispose la Regina, prendendo la figlioletta dalle mani del padre.
Il Re osservò la naturalezza con cui Susan era già entrata nel suo ruolo di madre. Già in quelle prime ore era in grado di capire per istinto di cosa avevano bisogno i suoi figli, solo guardandoli, o da un loro vagito, da una smorfietta del viso.
Non che il ruolo del padre non fosse fondamentale, ma una cosa era indubbia, e Caspian lo sapeva bene: il ruolo della madre è quello più importante.
“Dovresti farti aiutare dalle balie, Sue”
“Non è necessario” rispose lei, sedendo di nuovo sul pouf insieme a Myra. “Ce la faccio benissimo da sola”
“Non è questo, è che non voglio che ti stanchi”
La Dolce gli rivolse uno sguardo stupito. “Caspian, ancora hai paura che possa accadermi qualcosa?”
Lui distolse lo sguardo. Poi sospirò, liberando un sorriso. “Sono uno stupido, hai ragione. Ma convieni che due gemelli sono alquanto impegnativi”
“Mi spiace, ma non farò come mi ha consigliato la vecchia balia del castello” protestò Susan con gentilezza. “Non mi fascerò il seno e non mi farò andar via il latte, pensando solo a mantenere la linea, solo perché qui in molti credono ancora che non sia consono per una vera signora allattare suo figlio”
Caspian sorrise e si chinò a terra, davanti a lei, passandole una mano tra i capelli.
“Non intendevo certo questo. E’ solo che mi chiedo come farai quando reclameranno insieme la loro mamma?”
Susan rifletté per un attimo. “Bene, vorrà dire che mi aiuterai a cambiare i pannolini”
“Co…? Non dirai sul serio?”
Si fissarono: lui quasi disperato, lei annuendo piano ma con convinzione.
“Oh, povero me…”
In quell’istante, anche Rilian si svegliò, affamato come la sorellina.
Il Re e la Regina li portarono nel letto con loro, avvolgendoli nelle loro copertine e coccolandoli, scambiandosi sguardi colmi di gioia e amore. Un amore senza confini, senza condizioni, senza ragioni, senza domande. Era solo amore. Puro, semplicissimo. Il loro amore. L’amore che aveva dato vita a quelle due splendide creature. Uno dei miracoli che la vita dona senza alcuna ragione.
“Ti perdonerò se li amerai più di me” scherzò Caspian, sdraiato su un fianco, una mano posata tra i sottili capelli neri di Rilian.
Susan gli sorrise, sistemando la camicetta di lino leggero che Myra indossava, coprendola meglio. Si alzò su un gomito e, stando molto attenta a non svegliare i gemelli, si allungò verso di lui per dargli un bacio.
“Come potrei amarti di meno, se ti amo ogni minuto di più?”
Caspian le prese la mano e gliela strinse. “Scusami per prima”
La Dolce lo guardò interrogativa. “Per cosa?”
Se n’era già dimenticata.
“Per aver interferito riguardo ai nostri figli. So che sarai all’altezza del tuo compito, Sue”
“Caspian, tu devi interferire. Non potrò fare tutto da sola, questo lo so, e mi farò aiutare, ma è da te che voglio l’aiuto maggiore. Voglio crescere questi bambini con te. Loro già adorano il loro papà.  E anch’io”
Incatenò agli occhi a quelli di lui, pensando a quanto le sembrasse ancora impossibile a volte poter vivere quel sogno ad occhi aperti. Si era innamorata del bel giovane principe che era accorso a salvarla sul suo cavallo. Aveva sofferto per lui, aveva pianto, gridato, combattuto. Adesso aveva davanti a sé un uomo, un Re, che ricambiava il suo amore, che per lei aveva quasi perso la vita, che aveva mentito per poterla tenere al suo fianco contro tutto e tutti, per realizzare quel sogno. L’uomo al quale aveva donato due figli, e se stessa, la sua intera esistenza.
“Ti amo, Caspian”
Parole semplici, forse banali, ma più vere di qualsiasi altre.
E lui lo capì. Capì che le parole non potevano esprimere quel che lei aveva dentro, come del resto non poteva lui.
I sentimenti non riescono ad essere espressi a parole, che vengono meno a volte.
Fu Caspian adesso ad allungarsi verso di lei per posarle un ultimo bacio sulla fronte. “Ti amo anch’io, pesciolino”
La Regina sorrise e poi chiuse gli occhi.
Dormirono tutti e quattro abbracciati, serenamente, senza un pensiero, Caspian e Susan tenendosi la mano. Tutta la notte.
 
 
I Pevensie e Eustace restarono a Narnia una quindicina di giorni.
Anche Aslan s’intrattenne per i festeggiamenti per la nascita dei principi. Era bello ma insolito vedere il Grande Leone aggirarsi per Cair Paravel.
“Ma dove dorme? E cosa mangia, soprattutto?” chiesero ai ragazzi i signori Pevensie, i quali erano davvero molto affascinati dalla figura di Aslan e provavano per lui una sorta di timore reverenziale.
A rispondere fu Lucy, che usò le stesse parole che il caro signor Tumnus aveva rivolto a lei tanto tempo prima.
“Sapete, non è addomesticato, lui. Non so bene dove vada a coricarsi di notte, e nemmeno come si procacci il cibo. A volte penso che Aslan non abbia nemmeno bisogno di mangiare e dormire. Non è un Leone come gli altri”
Caspian si assicurò sempre che non mancasse nulla ai signori Pevensie, trattandoli come si conviene ai genitori dei Sovrani di Narnia.
Il Liberatore trovava molto di Susan in sua madre: gli stessi modi cortesi, sempre pronta a consolare e consigliare.
Quando Helen gli disse che se voleva poteva chiamarla mamma, Caspian rimase piacevolmente imbarazzato da quella richiesta. Ringraziò di cuore, balbettando che per lui era un grande onore e una gioia, tuttavia rifiutando. Poi, inchinandosi e chiedendo di perdonarlo, si fiondò letteralmente fuori dalla stanza.
“Santo cielo, che cosa ho detto?”
“Nulla mamma, non preoccuparti” la rassicurò Susan. “E’ solo rimasto molto colpito. Vedi, Caspian non ha più né padre né madre, purtroppo”
“Oh, povero caro!”
Con Robert, invece, fu più difficile costruire una dialogo che non presentasse grandi vuoti, riempiti da spiacevoli silenzi nei quali il signor Pevensie fissava Caspian con molta insistenza, ma senza dire una parola.
Il Re di Narnia aveva il sospetto – infondato, ma pur sempre insistente – che Robert lo incolpasse in qualche maniera di avergli portato via la figlia maggiore. Chissà cosa poteva aver pensato quando aveva saputo che Susan aveva sposato un uomo del tutto sconosciuto, e che aspettava un figlio da quest’uomo.
Da un certo punto di vista si poteva dire che Susan fosse scappata con lui.
Ma il signor Pevensie non ce l’aveva affatto con Caspian, più che altro non sapeva come porsi dinanzi a lui. Era un giovane di appena vent’anni, che poteva benissimo essere suo figlio ma era pur sempre un re. Doveva dargli del tu o del voi?
“Immagino che Susy vorrebbe ci dessimo del tu” disse Robert, finalmente sfoderando un sorriso gioviale che ebbe il potere di distendere i nervi del giovane.
“Se me lo permettete, signore…”
E così fu.
I signori Pevensie si ambientarono in fretta al castello. Era tutto incredibilmente straordinario in quel mondo dove i loro figli erano realmente trattati come Re e Regine, un mondo rassomigliante al medioevo terrestre ma con l’aggiunta di ogni tipo di meraviglia, che nemmeno nelle fiabe più fantasiose sarebbe stato possibile rappresentare.
Anche Eustace si divertì moltissimo. Si adattò piuttosto bene, molto prima che sul Veliero dell’Alba, anche se non mancò di lamentarsi che non c’era acqua calda nei bagni se non la si faceva bollire, che il pane tostato a colazione era troppo secco, la minestra troppo bollente, gli abiti confezionati per lui troppo stretti o troppo larghi.
Nella scorsa avvenuta non aveva visto davvero Narnia, ma ‘solo’ l’Oceano Orientale. Approfittò così di quelle due settimane per prendere ulteriori appunti per le sue storie. Riuscì nell’intento grazie alla moltitudine d’informazioni che trovò nei libri dell’immensa biblioteca di palazzo, e dando fondo a quella del dottor Cornelius.
“Ah, come mi fa piacere vedere che qualcuno apprezza così tanto i miei libri” disse commosso il vecchio precettore, lanciando al Liberatore un’occhiata di rimprovero.
“Ce l’avete con me, dottore?”
“Sì, Maestà. Voi non siete mai stato uno studente tanto meticoloso, mi duole ammetterlo”
Caspian arrossì. “Veramente…”
“Ah, ma guarda cosa si scopre!” fece Susan, con uno sguardo furbo. “Qual era la tua media scolastica?”
Il dottor Cornelius stava per dire qualcosa, ma Caspian si affrettò a tappargli la bocca. “Cambiamo discorso, vi dispiace?”
“La verità è che Sua Maestà ha sempre preferito la scherma e l’equitazione piuttosto che l’aritmetica o la geografia” confessò più tardi Cornelius a un’interessatissima piccola folla di curiosi. “Ma era bravo nella letteratura e nella pittura, questo sì, e adorava la storia”
E a proposito di storie e libri, Eustace non aveva più accennato alla sua disavventura riguardante gli appunti di Narnia.
Non fu particolarmente difficile evitare Peter e Lucy, impegnati com’erano con i fidanzati. Un po’ meno lo fu con Edmund. Ma Susan era invece stata messa al corrente di quella che ormai tutti chiamavano ‘La storia degli appunti perduti’, e il ragazzino dovette sorbirsi i suoi rimproveri.
“Io a volte mi chiedo se tu abbia le pigne nel cervello, Eustace, davvero!” disse Susan.
“Le pigne ce le avrai tu!” aveva ribattuto lui, scandalizzando non poco Lora e le altre dame che in quel momento si trovavano con la Regina.
Quelle donne non avevano mai udito qualcuno rivolgersi con tanta impertinenza alla Sovrana.
L’unico che sembrava divertirsi un po’ meno era Edmund.
Caspian, da buon amico, notò prima di tutti gli altri che qualcosa non andava, ma il Giusto rispose che non c’era nulla.
Ma non era vero.
Non voleva darlo a vedere, poiché nemmeno lui avrebbe saputo come spiegare quell’improvviso senso di vuoto nato nel suo cuore mentre osservava Caspian e Susan, Peter e Miriel, Emeth e Lucy.
Tutti felici, tutti con dei progetti concreti per il futuro. Persino Eustace, tutto preso dal prendere nuovi appunti per il suo romanzo, sembrava aver trovato qualcosa che lo appagasse appieno.
Edmund aveva sempre trovato inutile perdere tempo con le ragazze. Sua madre sosteneva che dipendesse dal fatto che fosse ancora troppo giovane per pensare a certe cose, ma che quando sarebbe arrivato il momento in cui avrebbe incontrato la donna giusta, anche lui si sarebbe innamorato e avrebbe capito cosa stavano provando gli altri.
Riflettendo sulle parole di Helen, il pensiero di Edmund era subito corso a un volto.
Non aveva saputo spiegarsi perché gli era venuta in mente proprio lei, fatto sta che era accaduto, e non poteva farci nulla. Pensava a lei più del lecito, più di quanto fosse disposto ad ammettere anche a sé stesso. Spesse volte la sognava, e non gli dispiaceva affatto.
Tornando lì per la nascita dei sui nipoti, il Giusto aveva sperato di poter rivedere la giovane Stella, inutile negarlo. Ma se non fosse successo, se lei e suo padre non fossero venuti a far visita ai principini, non doveva rimanere deluso.
Non aveva mai dimenticato la luce dei suoi occhi color zaffiro e la sua voce lieve, certe volte da sembrare un sussurro. Il suo sorriso velato di tristezza, i suoi sorrisi timidi.
Shanna…
Perché?, si chiedeva Edmund. Perché il ricordo di lei era tanto forte e anche tanto nostalgico?
Erano stati insieme un lasso di tempo abbastanza breve, eppure non riusciva a smettere di pensarla.
Se gli altri nominavano Narnia, il suo pensiero correva automaticamente a lei, come quello di Peter a Miriel, quello di Lucy a Emeth, e com’era accaduto a Susan con Caspian.
Senza trovare una risposta accettabile a queste sue domande e dubbi, aveva finito con il diventare un poco invidioso della felicità altrui, e si era chiuso nel suo solito guscio di silenzio e sguardi cupi.
Non confidò a nessuno i suoi pensieri. Sarebbe stato pronto a farlo nel momento in cui le parole di sua madre si fossero avverate: nel momento in cui avrebbe capito.
 
 
La nascita del Principe Rilian e della Principessa Myra fu un grande evento, e vide giungere a Narnia, nei giorni seguenti, una gran successione di visitatori.
Dalle Isole Solitarie arrivò Lord Bern con la moglie e le due figlie minori, felici di poter riabbracciare Tara. Le sorelle si fecero raccontare tutto da lei sulla corte di Narnia e sulla vita che vi conduceva.
Dalle Sette Isole arrivarono Kal e la sua famiglia, il vecchio Rolf e altri abitanti. Giunsero visitatori anche da Archen, mentre dall’Isola delle Voci sbarcarono una numerosa comitiva di Monopodi guidati da Chief, il padre di Clipse, con moglie e altri novi figli a carico.
Tutti più piccoli, tutti maschi, i fratellini di Clipse non erano tranquilli ed educati quanto lei, ma dei gran mattacchioni combina guai. Appena loro madre si voltava, ecco che cominciavano a saltellare dappertutto, sparpagliandosi per tutto il castello. Ci volle quasi un’ora per ritrovarli, e intanto la povera madre si scusava per la brutta figura, singhiozzando di vergogna sulla spalla di Lady Lora.
“Su, su, cara signora, li ritroveremo”.
“Detesto i marmocchi!” esclamò Eustace, il fiato corto, mentre cerava di farsi strada in un cespuglio di ortensie, rimanendovi incastrato. “Ed! Ed, aiuto!”
“Che diavolo combini sempre?”
“Zitto e aiutami, ho detto! Anche l’ultima volta mi è capitata una cosa simile. Perché tutte a me?”
“L’ultima volta, da quanto ne so” commentò Edmund, cercando di tirarlo fuori, “eri un drago e avevi il sedere grosso come una casa, ma adesso…”
Il resto della frase venne soffocata da una coro di allegre risa.
Edmund si voltò con espressione minacciosa, per vedere chi fosse stato.
“Vi serve una mano?”
“Shira!” esclamò il Giusto, dimenticandosi in un attimo del cugino.
“Salve, Re Edmund”
“Ciao, Edmund” lo salutarono due ragazze, una mora e una bionda.
“Gael! Shanna! Cosa fate qui?!”
Il ragazzo si alzò da terra e corse loro incontro. Quando fu davanti a Shanna, le guance lattee della Stella si tinsero di un rosa acceso.
“Siamo venute con le nostre famiglie a far visita alle nuove Altezze Reali”
“Mi fa piacere! Mi fa molto, molto piacere!” esclamò il Giusto, imbarazzato, felice. “Anche Rhynce e Ramandu sono qui?” chiese poi.
“Sì, e anche mia madre!” aggiunse Gael. Era cresciuta parecchio, i capelli leggermente più corti.
Ma Edmund aveva occhi solo per Shanna.
Lei non era cambiata affatto, era più carina che mai.
Shira, sulla spalla della padroncina, volò verso il ragazzo incastrato tra i cespugli. “Lord Eustace, cosa state cercando con tanto interesse?”
“Forse loro” fece Gael, sospingendo in avanti una creaturina semi umana, che fino ad allora si era nascosta dietro la sua gonna e quella di Shanna.
Erano due dei fratellini di Clipse che, ridacchiando come matti, saltellarono dentro al cespuglio, e tirando e spingendo liberarono Eustace.
Gael lo osservò e rise ancora. Era così buffo con i capelli tutti spettinati, pieni di petali rosa, bianchi e lilla.
“Ciao, ragazze” le salutò finalmente, facendo un sorriso amichevole che mai gli avevano visto in volto.
Gael arrossì.
Quando rientrarono al palazzo, tutti i fratellini di Clipse erano stati ritrovati. Chief e sua moglie rimproverarono i figli e li cacciarono a letto senza cena. Ma i piccoli Monopodi non parvero prendersela più di tanto, sembravano più che altro soddisfatti di aver creato tutto quello scompiglio.
Da quel giorno in avanti, finché non giunse per tutti il tempo di ripartire, l’atteggiamento un poco passivo di Edmund si tramutò in un’incontenibile euforia. E sebbene il Giusto cercasse di mascherarla, traspariva senza che lui potesse fervi nulla ogni qualvolta stava insieme a Shanna. Cioè, praticamente sempre.
Lui pendeva dalle sue labbra, un po’ perché le piaceva sentirla parlare e un po’ perché si rese conto che non era in grado di intavolare una conversazione sensata con una ragazza. Cosa alquanto assurda, visto che con le sue sorelle, Miriel, Gael, Tara, ci riusciva benissimo.
“Di sicuro saranno molto più divertenti le tue giornate, Edmund. Io potrei parlare solo della mia isola o della Tavola di Aslan”
“Ma a me interessa, davvero! Dai, racconta!”
Pur non rendendosi esattamente conto di ciò che li spingeva a cercare sempre la compagnia l’uno dell’altra, riconoscevano che il loro legame non era quello di due semplici amici. Quando parlavano con altri non era come quando parlavano tra di loro. Non c’era quell’emozione, quella leggera tensione che faceva abbassare gli occhi a Shanna e sudare le mani a Edmund. Non provavano quella piacevole sensazione al petto, quella stretta, quella pressione che il cuore produceva battendo al suo interno più velocemente del solito, per poter far spazio a quell’ancora innocente sentimento che li legava.
Lui cercava sempre di farla ridere e ci riusciva. Shanna era così semplice, così innocente, così…
Bella.
L’aveva sempre trovata bella, ma ora lo era ancora di più. Ora che era scomparso il terrore albergato nello sguardo della Stella quando l’aveva conosciuta, poteva vederla sotto una nuova luce. Poteva ammirare la vera Shanna, senza pensieri tristi per la sorella traditrice, senza paura di venir braccata dalla Strega Bianca o da quei mostri che vivevano sull’Isola delle Tenebre.
Non avevano mai accennato a Lilliandil, o alla Strega. Shanna non parlava volentieri della sua prigionia, ma non aveva mancato di ringraziarlo per l’ennesima volta di averle salvato la vita.
Il tempo da trascorrere insieme era sempre tropo poco, ma questa volta, quando dovettero salutarsi, entrambi sapevano che si sarebbero rivisti. Non era più una speranza, era una certezza.
“Quando quei due si decideranno ad ufficializzare le nozze” disse Edmund alla Stella, alludendo a Caspian e Susan. “Verrete tu e tuo padre, vero?”
“Ovviamente” assicurò la fanciulla. “E rimarrai a Narnia, allora?”
A quella domanda, Edmund scosse il capo con un amaro sorriso. “Non penso, sai. Non per sempre. Non so quando succederà”
“Va bene, non importa” sorrise lei, baciandolo sulla guancia. “Conterò i giorni”
Lui s’irrigidì, annuendo, non sapendo che dirle.
Poi, in uno slancio di coraggio, si chinò su di lei e ricambiò il bacio.
Shanna spalancò i grandi occhi di zaffiro, incredula, toccandosi la guancia dove lui aveva posato le labbra.
“A-arrivederci” deglutì il Giusto.
Lei rimase immobile, fissando la sua schiena mentre lui si allontanava.
“Edmund!” gridò nel vento.
Lui si volse rapido e lei gli sorrise ancora, raggiante.
“Ti aspetto, lo sai”
Lui ammiccò appena. “Certo”
Poi la guardò sparire insieme a Ramandu e Shira, in una scia luminosa che quando raggiunse il cielo si confuse con la luce del sole.
“E così hai anche tu la ragazza, adesso” sorrise il Liberatore mettendogli un braccio attorno alle spalle.
“Edmund è un rubacuori, non lo sapevi?” disse Lucy divertita.
Il fratello si accigliò. “Non ho la ragazza. Shanna è un’amica”
“Le amiche non si baciano, Ed” disse Caspian, scompigliandogli i capelli.
Lucy si portò un dito sotto il mento, pensierosa. “Io mi ricordo che una volta hai detto una frase che suonava molto come: ‘io sono grade ma non so se voglio capire‘ ” disse, imitando scherzosamente la voce del fratello.
“Non fate gli scemi! Uffa…non è la mia ragazza! E non l’ho baciata!”. Edmund incurvò le spalle, affondando le mani nelle tasche dei suoi abiti terrestri.
I Pevensie si erano cambiati. Era ora di tronare in Inghilterra.
Aslan lasciò che gli ospiti salutassero gli abitanti di Cair Paravel, poi guidò la famiglia Pevensie e Eustace verso la spiaggia. Con loro Caspian, Susan, Miriel e Emeth.
“Parlerò ai miei genitori appena tornati sulla Terra” disse Peter a Miriel.
“Quando te la senti”
“Devono sapere che ho intenzioni serie”. Il Re Supremo si fermò e le si mise di forte. “Tu parlerai alla tua famiglia?”
“Ci proverò. Chiederò ad Aslan sul da farsi”
“Ti amo, Miriel”
La Driade si sporse verso di lui e lo baciò. “Anch’io. A presto, amore mio”
Si spinsero molto in là rispetto ai confini del castello. Ora si trovavano in un punto dove c’erano solo mare a est e boschi a ovest. Le torri di Cair Paravel si nascondevano dietro gli alberi.
Allora si fermarono e Aslan invitò la famiglia Pevensie e Eustace a procedere da soli lungo la battigia.
Ci furono ancora baci e abbracci, e qualche lacrima da parte delle donne.
Lucy fu l’ultima, perché Emeth sembrava davvero intenzionato a non volerla lasciare andare via.
“Mi duole, ragazzi, ma è tardi” disse il Leone, osservando la sua protetta e il soldato con un sorriso affettuoso.
Lucy lo baciò sul muso, poi, piano piano, lei, Peter, Edmund, Eustace, Robert e Helen, si allontanarono sempre più, senza mai voltarsi.
Susan, Caspian, Miriel, Emeth e Aslan restarono ad osservarli per lungo tempo, fino a che non divennero ombre indistinguibili che si confusero con quelle degli alberi, le quali si allungavano sulla sabbia dorata.
Il cielo si tinse di arancio e il gruppo tronò indietro.
Le tante orme sulla sabbia erano state in parte cancellate dalle onde dell’Oceano che s’infrangevano dolcemente sulla riva. Sarebbero ricomparse non appena i loro proprietari avrebbero rimesso piede su quella terra.
 “Figli miei”
La voce profonda e rilassante di Aslan interruppe il flusso di pensieri dei ragazzi.
“So quanto vorreste che si fermassero qui, ma non è ancora il momento”
“Sì, lo sappiamo” rispose Susan con un sorriso amaro.
“Ci lasci anche tu?” chiese poi Caspian al Leone.
Questi annuì e volse lo sguardo verso l’orizzonte sconfinato. “Hanno bisogno di me, laggiù”
Anche gli altri fissarono per un attimo la linea dove mare e cielo s’incontravano.
Un solo alito di vento e Aslan non c’era più.
“Fa sempre così” commentò Emeth. “Non ci da nemmeno tempo per salutarlo”
“Già” disse Caspian, posando un braccio sulle spalle di Susan, camminando lentamente a fianco a lei e agli amici. “Ha questo vizio di apparire e sparire quando non te ne accorgi. Gli piace fare un po’ di scena. Ma dopotutto, lui se lo può permettere”
 
 
A miglia e miglia di distanza, nel suo immenso palazzo di Tashbaan, l’Imperatore Tisroc si apprestava a ricevere la corrispondenza del giorno.
Sedeva attorno al lunghissimo tavolo insieme alle tre mogli e alle figlie quando il suo servitore arrivò con un piccolo vassoio d’argento sul quale erano posate numerose buste e pergamene, più un temperino d’oro con il quale Tisroc era solito aprire le sue lettere.
Il suo sguardo pensieroso passò in rassegna numerose richieste di nobili tarkaan e tarkaane, un invito a un matrimonio di una famiglia di una provincia vicina a Tashbaan, e altri vari inviti formali e informali.
Ma quando tenne tra le mani una busta con il sigillo di Narnia, sulla sua fronte si formò una ruga più profonda.
Strappò la busta con noncuranza, quasi con disgusto. La lettera non era lunga, si e no dieci righe.
Era da parte di Lord Erton, un vecchio amico di guerra, conosciuto quando Tisroc ancora era principe ed Erton un giovane Lord a capo delle forze armate dell’ormai vecchio Re Caspian VIII. Avevano combattuto sulle montagne occidentali, sterminando tutte le creature fatate che vi vivevano e contendendosi il possesso di quei luoghi, che poi erano andati a Narnia. Era un’epoca in cui la leggenda dei Pevensie era appunto solo una leggenda, dimenticata dai più, e ricordata con un brivido da chi credeva fosse tutto vero. Il nome di Aslan non veniva pronunciato da secoli.
Tisroc e Erton si scrivevano saltuariamente, non erano amici ma solo compagni di un obbiettivo comune: sbarazzarsi di Aslan e della Grande Magia.
Se però il Duca di Beruna riteneva necessario scrivergli, era perché a Narnia era accaduto qualcosa d’importante. Qualcosa che forse riguardava anche lui.
Finì di leggere e si alzò, facendo cenno ai servi di liberare la tavola dalle carte.
Improvvisamente, le donne interruppero le loro conversazioni e osservarono il sovrano con attenzione.
“Qualcosa ti turba, mio caro?” chiese l’Imperatrice, la prima delle tre mogli di Tisroc.
“No, mia adorata. Continuate pure il vostro pasto, signore”.
Detto ciò, Tisroc uscì e si diresse verso l’ala del castello riservata alle stanze del principe, suo primogenito.
Quando le guardie annunciarono l’arrivo dell’Imperatore, tutti i presenti s’inchinarono e lo accolsero con queste parole:
“Che Tash vi protegga, grande Imperatore Tisroc! Che possiate vivere in eterno!”
Quegli uomini che avevano gridato alla lode del loro signore, erano tutti medici, i migliori del regno di Calormen, che Tisroc aveva fatto arrivare a palazzo da ogni città e distretto perché curassero il principe Rabadash, il quale giaceva nel suo letto, in coma, da quasi otto mesi.
Il capo medico si avvicinò all’Imperatore, sempre però restando a distanza debita. Nessuno che non era della famiglia reale poteva toccare l’Imperatore.
“Come sta?”
“Come sempre, Maestà. Le sue condizioni sono stabili ormai, ma non c’è traccia di miglioramento. Molti di noi dubitano, ormai, che possa riprendersi”
Tisroc osservò il volto scarno di Rabadash, il pallore sulle guance olivastre, i capelli e la barba lunghi, la lunga cicatrice sul collo.
Quando Tisroc non aveva più ricevuto notizie dall’Occhio di Falco, aveva inviato una spedizione di dieci navi perché lo trovassero.
Il veliero di Rabadash, dopo la sconfitta, si era arenato su un isolotto minuscolo in mezzo al nulla. Le provviste e l’acqua potabile avevano iniziato a scarseggiare, ed era stato allora che, grazie a Tash, erano giunti i soccorsi.
Più della metà dei marinai e dei soldati era perito in battaglia. L’unica autorità rimasta a bordo era il capitano, il quale aveva riportato per filo e per segno i fatti all’Imperatore.
Tutti i piani erano andati in fumo: i pirati di Terebinthia si erano rivelati dei traditori, la Regina Susan aveva sposato Caspian X, Rabadash era quasi morto, tenuto in vita solo da una strana maledizione che ancora scorreva nelle sue vene.
Gli stregoni al servizio di Tisroc avevano lavorato insieme ai medici nei primi tempi, affermando che il fisico del principe era molto forte, ma poteva sopravvivere solo qualche mese in quelle condizioni, non di più. Se non si svegliava al più presto, quando anche gli ultimi scorci di maledizione se ne fossero andati, le medicine avrebbero potuto ben poco.
 “Non accetterò mai di avere per figlio un vegetale! Deve svegliarsi, avete capito?” tuonò Tisroc, tornando con la mente al presente.
“Stiamo già facendo tutto il possibile. Sta a lui, adesso”
In un volteggiare di ricche vesti, Tisroc lasciò la stanza e si rinchiuse nel suo studio a pensare.
La lettera di Lord Erton doveva essere in qualche modo collegata alle condizioni di Rabadash.
Erton scriveva per informare Tisroc che finalmente Narnia aveva un erede. Anzi, due. La Regina Susan aveva dato alla luce due gemelli, un maschio e una femmina.
Ma che cosa importava a Tisroc di tutto questo? Se Susan aveva dato dei figli al Liberatore, per Calormen non c’era davvero più speranza. Perché allora renderlo partecipe di quel lieto evento? Per invitarlo forse a far visita ai principi? Per burlarsi di lui?
No. Erton non sapeva nulla del pericolo in cui incombeva la stirpe del Sud, a meno che la notizia non fosse trapelata.
Probabilmente, questa volta, il Duca non gli aveva scritto con secondi fini. Era stata una semplice informazione della quale aveva ritenuto opportuno metterlo al corrente. Quando nasce un principe, dopotutto, è bene che i paesi circostanti lo sappiano.
Effettivamente, era stato proprio così: il Duca aveva scritto all’Imperatore solo per avvisarlo.
Lord Erton non avrebbe mai potuto immaginare quali sarebbero state le conseguenze di quella lettera. Ma certamente avrebbe partecipato al malsano, crudele piano che Tisroc iniziò a progettare da quel giorno. Un piano che avrebbe richiesto un lavoro minuzioso, accortezza nei minimi dettagli, lunghi calcoli, riflessioni, e soprattutto pazienza e cautela.
Un piano la cui organizzazione durò sei lunghi anni.

 
 
 
 
 
 
 
Con le feste ho trovato poco tempo per dedicarmi alla mia storia, e questo capitolo l’ho scritto a scatti, per cui scusate il ritardo anche questa volta. T________T
Proposito per il nuovo anno: essere puntuale con gli aggiornamentiiiiiiiiii!!!!!!!!!!! XD
Sentimenti…direi che come titolo calza, non trovate? Anche se non accade nulla di particolare per la svolta della trama, si vedono tutte le coppie e mi sono largamente dedicata a loro. <3 Diciamo pure che è la calma prima della tempesta. Ricordate il trailer? Ecco, questi primi capitoli sono stati l’inizio, fino a quel “And then…” E poi…
E poi…ringraziamenti!!!
 
Per le preferite:
aleboh, Angel2000, Araba Stark, battle wound, EstherS, Expecto_Patronus, Fly_My world, Francy 98, HikariMoon, Jordan Jordan, Joy_10, katydragons, lullabi2000, MartinaMalfoy, Mia Morgenstern, Muffin alla Carota, Mutny_Hina, oana98, piumetta, Queen Susan 21, Shadowfax, TheWomanInRed e Zouzoufan7
 
Per le ricordate: Araba Stark e Cecimolli
 
Per le seguite:
Araba Stark, Babylady, blumettina, catherineheatcliffe, Cecimolli, ChibiRoby, cleme_b, ecate_92, FioreDiMeruna, Fly_My world, GossipGirl88,  JLullaby, Jordan Jordan, Joy_10, Judee, Lucinda Grey, Mia Morgenstern, Min_Jee Sun, niky25, Omega _ex Bolla_ ,  piumetta, Queen Susan 21, Revan93 e Shadowfax
 
Per le recensioni dello scorso capitolo:
Araba Stark, aleboh, battle wound, Cecimolli, FioreDiMeruna, HikariMoon, Joy_10,   piumetta, Queen Susan 21, Shadowfax e susan the queen


Angolino delle anticipazioni:
Torniamo a dividere l’angolino in due.
Narnia: i gemelli cresceranno in fretta. Accadrà qualcosa a Caspian, ma non temete, tutto si risolverà, anche se dovrete spasimare!!!
Pianeta Terra: torneremo da Jill e da Eustace, ma vedremo anche gli altri Pevensie, concentrandoci su Peter in particolare, perché il Re Supremo potrebbe iniziare a pensare che il settimo Amico di Narnia non è così lontano…

 
Come sempre vi ricordo la mia pagina facebook per gli aggiornamenti.
Vi annuncio inoltre che ho scelto
l’anello di Susan: eccolo qui!!!
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Devo ringraziare più persone, perché mi è stato inviato da alebho, Joy_10 e Queen Susan 21. E’ lo stesso ragazze, per cui grazie ancora a tutte e tre!!!
A proposito: Joy, sono davvero felice che abbiamo potuto palrare!!! Ti adoro ancora di più gemella mia!!!!!!!!!!!!

Un bacio grande e buon anno nuovo a tutti!!!
Susan♥


 
   
 
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