Storie originali > Fantasy
Segui la storia  |       
Autore: GattaMatta    24/05/2008    0 recensioni
Un'esplosione e la sottile barriera tra due mondi si spezza... ma basterà davvero per mettere fine ad una vera amicizia?? Amore, conflitti, malintesi, battaglie e... un bel pizzico di superficiale quotidianità!
Genere: Demenziale, Azione, Avventura | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
 <<  
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
La lanterna che portava, rimbalzò a terra e si spense. Il ragazzo davanti a lei la soppesò con lo sguardo alla luce della torcia che teneva in mano, le sfiorò le gambe nude con un guizzo divertito negli occhi, prima di rivolgersi al compagno: “Che dici, la facciamo a pezzi subito?” “Ma è pelle e ossa!” Ribatté l’altro, facendola dondolare all’impazzata. “Bè, è meglio di niente, no?” Nian fu lasciata cadere a terra mentre i due continuavano a discutere animatamente. “Non potete uccidermi, non vi ho fatto niente…” Cercò di fare notare loro con un filo di voce. “Credi davvero che a noi serva un motivo per ucciderti? Sei del villaggio, e questo ci basta!” Ringhiò uno dei due in risposta, mentre l’altro rideva in modo sguaiato, e Nian aveva la terribile sensazione che non stessero affatto scherzando, nonostante quei due non sembrassero esattamente due campioni di intelligenza. Uno portava i capelli di un assurdo blu elettrico sparati in tutte le direzioni, l’altro era quasi completamente rasato, a parte una cresta che gli svettava sulla sommità della testa. Quando si avvicinò, Nian notò che aveva la lingua trapassata da un orecchino. Un paio di occhi ambrati la scrutarono con l’occhio critico del macellaio, il tipo crestato le sollevò il viso e le accostò la torcia. “Però… è piuttosto carina, vero fratello? Potremmo portarla al capo! In fondo possiamo sempre mangiarcela dopo...” Dopo cosa, di grazia?? “E’ una nostra preda!” “Si, ma il capo lo verrà a sapere e non sarà affatto contento che non abbiamo diviso!” A quel punto, convinta di aver udito abbastanza, Nian si alzò in piedi ignorando il tremito delle gambe e si incollò sulla faccia un sorrisetto forzato. “Bè… ragazzi, perché non facciamo come se non fosse mai successo?” Propose allegramente dandogli delle pacche sulla spalla. “Mai successo?” Ripeté il tipo con i capelli blu. “Si,” Esclamò Nian speranzosa, cercando di non sembrare troppo compiaciuta. “io me ne torno immediatamente a casa mia e voi non avrete guai con il vostro capo...” I due ragazzi la guardarono come se fosse matta e Antinea si accorse di quanto doveva sembrare strano, lei che parlava di moralità a due assassini incalliti in piena notte e in una foresta piena di lupi. “Andiamo, non sarebbe bello alzare le mani su una ragazza, no? E poi... due contro uno? Scommetto che nemmeno voi potreste essere così infami... senza offesa, ovviamente...” Osservò Nian, continuando ad arretrare. “Bè, allora... tante belle cose…” Riuscì ad allontanarsi di appena qualche passo, prima che di essere catturata un’altra volta. La afferrarono per un braccio e la trascinarono indietro. “Oh, no, tu non te ne vai da nessuna parte!” “Si, hai invaso il nostro territorio e la devi pagare!” La diplomazia non l’avrebbe portata da nessuna parte con quei due. Strinse convulsamente il pugnale, liberò il braccio con uno strattone e si lanciò sul lupo più vicino, colpendolo allo stomaco con un calcio. Cercò di finirlo con un affondo ma il compare le fu subito sopra. Parò il suo assalto con una certa fatica: lui disponeva di una robusta lancia a due punte, molto più adatta per gli assalti, e in più in quanto a forza fisica le era nettamente superiore. Evitò per un soffio il colpo d’artigli dell’altro, e gli saltò alle spalle, poi, sperando con tutto il cuore che funzionasse, con due dita gli premette un punto particolarmente sensibile della colonna vertebrale e facendogli perdere momentaneamente l’uso delle gambe e quello cadde a terra come un sacco vuoto. L’altro si era ripreso del colpo allo stomaco prima del previsto e quando si voltò si trovò la sua spada contro la gola. Le tolse il pugnale. “Cosa hai fatto a mio fratello?” Ringhiò minaccioso. “Non è niente di grave, tra poco riacquisterà l’uso delle gambe.” Mormorò Nian rassegnata. “Saresti così gentile da togliermi quella spada dalla gola? Mi mette leggermente a disagio...” “Tienila d’occhio.” Lo avvertì l’altro. “Oh, non scappo mica, faccio solo un po’ di resistenza...” Il ragazzo che la teneva sotto tiro si voltò per controllare il compagno e Nian ebbe appena una frazione di secondo per decidere: allontanò la lancia con il dorso della mano, ignorando il dolore, e scappò velocemente dalla parte opposta, correndo a zigzag tra gli alberi e incespicando nelle spesse radici che spuntavano dal terreno. Non sapeva dove stava andando, ma perdersi nella foresta al momento le sembrava il male minore. Continuava a correre nell’oscurità più completa, sbattendo di tanto in tanto contro arbusti e graffiandosi le gambe nei rovi. Si guardò alle spalle, continuando a correre e andò a sbattere contro qualcosa di duro e cadde all’indietro. Il ragazzo la guardava sogghignando orribilmente, schermando la luce della torcia con una mano.“Dove pensavi di andare, eh?” Nian scattò nella direzione opposta e si trovò davanti il compagno. “Mi hai convinto, portiamola dal capo.” Quello che reggeva la torcia la afferrò senza tante cerimonie per un braccio, poi si inoltrarono nel profondo del bosco. “Fai una mossa falsa e te lo spezzo.” La avvertì minaccioso strattonandola. Nian riprese a respirare: non tutto era perduto, in fondo. Magari avrebbe scoperto che il capo dei lupi era una persona ragionevole e aperta al dialogo, e magari l’avrebbe liberata, ordinando ad un gruppo di guerrieri di riaccompagnarla a casa... Era una speranza alquanto fievole, ma era tutto ciò che aveva, l’ultimo appiglio per non lasciarsi vincere dall’angoscia. Attraversarono una radura e si trovarono di fronte all’ingresso buio della tana. Nian istintivamente, cercò di puntare i piedi, riluttante, ma venne condotta dentro senza esitazioni. La grotta era ampia, illuminata da due piccoli fuochi, intorno ai quali si era riunito il branco, ancora intento a spolpare le carcasse di quelli che sembravano due cervi. C’era tutto il branco al completo. Nian una volta, aveva visto i loro manifesti di cattura nell’ufficio di Maqun e poteva riconoscerli tutti. Quello più vicino, quello che lucidava di buona lena la canna di uno spaventoso bazooka, era quasi sicura che si chiamasse Ryo, famoso per la sua passione smodata per gli esplosivi, e poco più in là, quello con una cicatrice sulla guancia che strappava brani di pelle dal suo pezzo di carne doveva essere Akira, e accanto a lui... Interruppe il suo elenco, mentre i suoi carcerieri la trascinavano in avanti e anche gli altri lupi si accorgevano della sua presenza. “Ehi, fratelli, che ci avete portato di bello?” “Goshy, Key, dove l’avete trovato un simile bocconcino?” “E’magra ma non deve avere un cattivo sapore.” I lupi ringhiavano sommessamente, si leccavano le labbra con aria famelica, molti si avvicinavano per annusarla da vicino, palpandola con le mani artigliate; Nian trasalì quando sentì qualcosa di caldo e umido sfiorarle la gamba e scoprì con sommo orrore che un ragazzo le stava leccando il sangue che le colava da una ferita. Erano l’immagine della violenza bestiale. I corpi lividi e muscolosi erano solcati da cicatrici, e piuttosto smilzi. Tralasciando il fatto che vivessero a così stretto contatto con i lupi, il loro aspetto era decisamente intimidatorio: le zanne acuminate che spuntavano tra le labbra ad ogni minimo sogghigno, le orecchie appuntite e le code folte e pelose. Tutti portavano sul viso il segno distintivo del lupo, il kirade, una linea scura appuntita disegnata con il carbone sotto entrambi gli occhi che stava a simboleggiare le zanne dei lupi e serviva anche come segno di riconoscimento. Goshy e Key si inchinarono davanti al loro capo, trascinando a terra anche lei. Antinea alzò lentamente lo sguardo. Chi poteva essere in grado di guidare un branco di guerrieri perversi e assetati di sangue? Temeva di saperlo, ma aveva paura di rispondersi. Un ragazzo alto e muscoloso, dai capelli scuri la fissava con aria di crudele divertimento, mentre grattava dietro alle orecchie il suo enorme lupo grigio, che subito si tese verso di lei, ringhiante. “Buono Ginta, hai appena mangiato.” Il lupo ubbidì immediatamente, allontanandosi da lei. Con sua grande sorpresa, il ragazzo le porse una mano per aiutarla ad alzarsi e lei la afferrò, sentendo che il suo cuore si riempiva nuovamente di speranza. La tirò su con uno strattone e Nian si trovò praticamente faccia a faccia con lui, i nasi che quasi si sfioravano. Per qualche secondo si fissarono. Il ragazzo aveva gli occhi di un’intensa tonalità di blu cupo e i capelli neri, drizzati in una cresta da punk che sfidava la legge gravitazionale. Doveva avere sei o sette anni più di lei. Era così bello che per un attimo Nian dimenticò tutto il resto, tuttavia la realtà tornò presto a farsi sentire, in tutta la sua crudeltà. Il ragazzo la afferrò bruscamente, serrando la presa sul suo viso. Ma certo, si disse Antinea amareggiata, quel ragazzo tanto prestante doveva essere sicuramente Kiosho, il capo dei lupi. Maqun gliene aveva parlato spesso, ma come al solito a lei entrava da un orecchio e usciva dall’altro. Kiosho era più che malvagio, era crudele, perverso, un assassino spietato. Uccidere era per lui un vero e proprio piacere a giudicare dalla sua interminabile lista di malefatte, che andava dai massacri più disumani alla violenza carnale. Oltre a vedere scorrere il sangue si diceva amasse l’alcool e le belle donne. Per questo godeva di una sorta di macabra fama, che di riflesso contagiava anche il suo branco. “Che sapore avrà il tuo sangue?” Sussurrò, sfiorandole il viso in fiamme con le labbra. Antinea si liberò con uno strattone. “Non mi toccare!” Kiosho rise. Una risata diabolica, orrenda, senza un minimo di allegria. “Che caratterino! Non ti va di giocare un po’ con me prima di essere sbranata?” Goshy e Key si fecero prontamente avanti, forse per rivendicare la loro parte di gloria. “Capo, mentre eravamo di ispezione nella foresta abbiamo trovato questa ragazzina.” “E’ carina, vero capo?” Kiosho annuì, lasciandola andare. “Oh, si, è molto carina. Un fiorellino.” Disse, con una risata sguaiata. Nian decise di tentare con il discorso che si era preparata mentalmente per convincerlo a liberarla, ma non nutriva molte speranze. “E… ecco, se posso parlare, io…” “Non puoi.” La interruppe lui freddo. “Tu ora giochi con me e quello che puoi fare è gemere.” “Ma… mi scusi se sbaglio… mi dispiace molto di essere entrata nel vostro territorio e naturalmente sono pronta a scusarmi....” Mormorò con un filo di voce. Ben prima di finire capì che sarebbe stato inutile. “Ti dispiace?” Ripeté lui sprezzante. “No, non ancora...” I lupi intorno sogghignarono. “Scusate se sbaglio, ma... la foresta è un bene comune e non è esclusivamente di vostra proprietà...” Per tutta risposta, Kiosho la colpì con uno schiaffo che la ribaltò all’indietro. Nian rimase per terra, col respiro affannoso e la guancia dolorante, in attesa del colpo di grazia, i denti stretti. Gli occhi le si stavano lentamente riempiendo di lacrime. Il sorrisetto mellifluo di Sakatroky le attraversò la mente... no, non poteva finire così, se solo avesse avuto ancora il suo pugnale… Un rumore metallico e Kiosho sguainò un immensa spada, un arma di terribile bellezza. La sola lama era larga quasi quanto un braccio di Nian, e quasi più lunga di tutto il suo corpo, doveva pesare parecchio, anche, eppure quel tipo la brandiva con un braccio solo e senza alcuna evidente fatica. “Aspetta Kiosho, fratello!” Dei passi leggeri si avvicinavano decisi e veloci. Nian alzò lo sguardo appena in tempo per intercettare due occhi viola. La ragazza dai lunghi capelli neri e la coda da lupo bianca di quella mattina si era appena introdotta tra lei, raggomitolata a terra e la spada levata del capo. L’intero branco trattenne il respiro. Nian spalancò gli occhi. Era proprio lei, non poteva sbagliare. Ma se quella mattina si era dimostrata tanto arrogante e scontrosa, davanti al suo capo sembrava come rimpicciolita. Kiosho le lanciò un occhiata divertita, Hitoe lo fronteggiava pallida ma decisa, anche se lui la sovrastava in altezza. “Sei gelosa, sorellina?” Ghignò, abbassando la spada. “Posso soddisfare anche te, se vuoi.” La ragazza non si fece intimidire. “No. Voglio soltanto che tu liberi la prigioniera.” “E perché dovrei farlo?” “Perché…” Hitoe si interruppe esitante, scoccando un occhiata furente a Nian “perché questa ragazza mi ha aiutata a sfuggire al cacciatore, questa mattina al villaggio, e…” Kiosho la interruppe alzando le sopracciglia. “Quante volte ti ho detto di non andarci da sola?” “Si, ma…” “E poi,” proseguì lui imperterrito, afferrando con uno strattone Nian “se questa ragazzina ti è tanto amica, perché questa sera ha violato il nostro territorio?” Hitoe fece un paio di passi indietro, incerta. Certo, il capo non aveva tutti i torti. “Ma… il nostro codice d’onore…” “Non ti viene il sospetto che, avendo saputo di quell’inutile codice, questa sgualdrinella sia venuta fin qui per spiarci contando sul fatto che non l’avremo uccisa dal momento che ti aveva salvata?” A quel punto, il branco, che aveva assistito più o meno in silenzio fino a quel momento, iniziò a farsi sentire. “Giusto! E’ una spia!” “Squartiamola e mandiamo quel che resta al villaggio come monito!” Suggerì qualcuno. “Si, uccidiamola!” Ululò un lupo dall’aria aggressiva, levando la spada. Hitoe sembrava spiazzata, il suo sguardo andava ora dai suoi compagni ora da Nian. Kiosho, con un sorrisetto soddisfatto tornò a fissarla. “Sentito? Non sono l’unico a pensarla così a quanto pare. E come sai, agisco per il tuo bene e quello di tutti gli altri quando prendo decisioni.” Nian strabuzzò gli occhi: improvvisamente era diventata lei la cattiva? Si alzò in piedi, incerta sulle gambe e l’intero branco ammutolì per la sorpresa e l’indignazione ma a lei non importava nulla: una rabbia cieca le stava lentamente montando. “Sentite, capisco quello che pensate di me. Davvero. Ma io non sono una spia, ve lo giuro. Provate a pensarci: una spia non sarebbe venuta qui disarmata e…” “Ma tu non eri disarmata!” Protestò uno dei due che l’avevano catturata, esibendo agli altri il suo pugnale. Qualche risatina si levò dal resto del branco. “Impressionante!” Ridacchiò il tipo con il bazooka. “State commettendo un grosso errore!” Riprese Nian, con il cuore in tumulto, parecchie paia di occhi puntati su di lei, cercando di sovrastare il trambusto che pervadeva la grotta. “Io sento che possiamo fidarci!” Insistette Hitoe, arrossendo poi sotto lo sguardo avido che Kiosho le indirizzò. “Molto bene. Prendi la spada e seguimi, lupacchiotta.” Disse, accennando all’uscita della tana. Hitoe ubbidì, seguita da tutto il branco e da Goshy e Key che trascinavano Nian. Il clan si dispose lungo i margini della radura, in attesa. Alcuni reggevano delle torce, ma per il resto la radura era buia e densa di ombre. Hitoe e Kiosho stavano al centro, uno di fronte all’altra, le spade sguainate. Nian analizzò con occhio critico i due contendenti. Era ovvio che Kiosho era superiore a Hitoe in quanto a forza fisica, ma lei sembrava molto più veloce e aerodinamica, e così anche la sua spada, lunga e sottile. “Perché non provi a convincermi della tua teoria? Ti sfido ad un duello leale, sorellina.” “Accetto.” Replicò in fretta Hitoe, evidentemente nervosa. “Un momento. Con una posta in gioco sarebbe molto più… eccitante, non credi?” “Se vinco io libererai la ragazza.” Asserì Hitoe, pensando che si era cacciata proprio in un bel guaio. “Ma se invece perdi…” Gli occhi del ragazzo brillarono di una luce inquietante, mentre fingeva di riflettere, per lasciarla con il fiato sospeso. “Nuda! Nuda!” Scandivano a gran voce un paio di lupi. Hitoe indirizzò loro un occhiata furente, e mostrò le zanne. “Dovrai restartene a mollo nel fiume fino a domattina. E ovviamente la mocciosa farà una brutta fine.” Concluse Kiosho con un gran sorriso. “Ci sto!” Il cuore stava per scoppiare, o almeno così le sembrava. La sua vita era nelle mani di una sconosciuta che in più non sembrava avere molte speranze. Non sapeva quanto fosse forte, certo i muscoli perfettamente scolpiti sul petto e sulle braccia di Kiosho erano molto eloquenti. Hitoe si concentrò, respirò a fondo. Poteva farcela, si disse. Quello che aveva di fronte era un avversario come tutti gli altri, ne più ne meno. Aprì i grandi occhi viola e calciò il terreno con tutte le sue forze, lanciandosi all’attacco, spiccò un poderoso balzò per evitare un fendente e sguainò la spada, impugnandola con due mani, come un pugnale. La velocità di caduta e il suo peso avrebbero fatto il resto. Ma Kiosho non era uno sprovveduto: non si spostò di un millimetro fino all’ultimo momento, poi a sua volta, estrasse la sua immensa arma. Hitoe fu costretta ad una rapida contorsione a mezz’aria per non cadere sulla lama. Volteggiò per spostarsi e balzò verso destra dove fu intercettata da un potente calcio che la fece rotolare via. Tutto ciò era accaduto in pochissimi secondi, appena qualche battito di ciglia. Si muovevano ad una velocità quasi impercettibile a occhio nudo. Nian non credeva ai suoi occhi. Sembrava quasi una danza. Hitoe si rialzò subito, ansante, massaggiandosi lo stomaco. Aveva previsto tutto, l’aveva costretta a quel brusco spostamento per poterla colpire senza errore. Era forte, proprio come sapeva, ma non poteva arrendersi. “Forza sorella!” Un grido di incoraggiamento la raggiunse, e riacquistò fiducia. Prese nuovamente slancio, si lanciò ancora una volta su di lui. Kiosho la attendeva, fermo, immobile, con il consueto ghigno diabolico sulle labbra. Parata. La pressione la respingeva. Saltò agilmente indietro, atterrando in piedi e un nuovo fendente tagliò subito l’aria nella sua direzione. Si abbassò per evitarlo, tentò un affondo. Niente da fare. Qualche incitamento, dei fischi. Le venne un’ idea. Si, è rischioso, ma non ho altre carte da giocare. Rinfoderò la spada e si lanciò all’attacco, fece una rapida finta a destra, poi schizzò dalla parte opposta. La lama la inseguiva. Chiuse gli occhi, cercando di captarne il sibilo. Eccolo. Saltò. Ce l’aveva fatta. Era a cavallo, o meglio, era sulla spada. Sfruttando il piatto della lama come base d’appoggio, puntò la schiena e fece partire un poderoso calcio che andò a segno. Un mormorio ammirato percorse coloro che assistevano al duello. Hitoe atterrò agile dietro di lui. Kiosho piantò la spada nel terreno, asciugandosi con il dorso della mano il sangue che gli colava dal labbro. Ora! Hitoe si voltò fulminea, pronta a mettere fine all’incontro, ma il suo pugno venne bloccato. “Presa!” Sogghignò il suo avversario, trascinandola inesorabilmente verso di lui. Le torse il braccio e la afferrò da dietro, quindi le sfiorò la gola con le zanne. Aveva vinto. La terrà le franò sotto i piedi, mentre osservava impietrita. Negli ultimi istanti del duello, quando Nian aveva iniziato a intuire come sarebbe finito, aveva provato una sgradevole sensazione, ma nulla in confronto a quello che provava in quel momento. La sua ultima speranza si era dissolta. Senza fretta, Kiosho lasciò andare Hitoe, poi un ordine deciso: “Liberate la ragazzina!” Per un attimo serpeggiò lo stupore, poi, lentamente, Goshy e Key allentarono la presa sulle sue braccia e la lasciarono andare. Hitoe sembrava di gran lunga la più sconcertata. “Ma, fratello, io ho perso…” Obbiettò debolmente. “Ma ti sei impegnata. E poi mi hai colpito. Non te la sei cavata affatto male.” Chiarì lui additando il taglio sul labbro che continuava a sanguinare abbondantemente. Hitoe rimase in silenzio per un po’, cercando di capire cosa si celasse dietro al suo sorriso malizioso. “Oh, beh, grazie…” Mormorò perplessa. “Grazie a te, piuttosto. Credo di interpretare il volere unanime dicendo che non vedo l’ora di vederti a mollo.” Hitoe smise all’istante di sorridere. “In fondo hai ragione tu, nel dire che non mi hai battuto, no? Quindi direi che ora tocca a te scontare la tua penitenza.” Concluse, dandogli una leggera pacca sulla spalla. “Sei un bastardo.” “Lo so.” Replicò lui. Hitoe appoggiò la spada a terra, rivolse un sorriso di sfida a tutti quanti, poi scomparve tra gli alberi con un guizzo della coda candida. L’acqua del fiume era piuttosto fredda, ma non la infastidiva. Rimase in piedi, al centro del fiume, mentre l’acqua continuava il suo corso intorno al suo bacino, inzuppandole gli abiti e i capelli, lo sguardo alzato verso il cielo, a fissare il disco argenteo della luna piena. Ogni tanto qualcosa di liscio e veloce le sfiorava le caviglie e un refolo di vento la faceva rabbrividire, ma Hitoe non si mosse di un passo. A nulla erano servite le insistenze dei suoi fratelli, che, dopo un paio d’ore, l’avevano raggiunta per cercare di convincerla che si era dimostrata una valente guerriera e che la penitenza poteva dirsi scontata. “Abbiamo detto fino al mattino, e fino al mattino resto qui.” Aveva contestato categorica. Ad un tratto, un fruscio persistente tra i cespugli la mise all’erta, ma dalla boscaglia emerse la ragazza bionda. “Ciao.” Disse lei, in tono discorsivo. Hitoe si limitò ad osservarla incuriosita. “Non siamo di molte parole, eh?” Proseguì lei allegra, cominciando a togliersi gli stivali e i calzini. “Che stai facendo?” Le chiese Hitoe, guardandola come se fosse matta, mentre si alzava e facendo attenzione a non scivolare sui massi limacciosi guadagnava il letto del fiume. “Secondo te?” Ridacchiò quando le fu giunta accanto. “Questa era la mia prova.” “Si, lo so. Allora diciamo che resterò a farti compagnia. Ti disturbo forse?” Nian si sporse in avanti, per vedere il viso di Hitoe, ma lei continuava a restare in silenzio. “No.” Disse infine, e non aggiunse altro. Ad oriente stava cominciando a delinearsi una sottile striscia grigiastra: l’alba era vicina. Con pochi semplici gesti era stata suggellata una nuova amicizia, ancora acerba, ma che avrebbe avuto tutto il tempo per maturare, così come quel sole che stava lentamente spuntando all’orizzonte, bagnando le cime degli alberi della sua luce dorata. Maqun, sbucando da chissà dove, le corse incontro pallido ed ansioso; era chiaro che doveva aver passato tutta la notte a cercarla. Senza che nessuno glielo avesse chiesto la avvolse nel suo mantello e le camminò a fianco, deciso ad accompagnarla a casa. Rimasero in silenzio per alcuni lunghi istanti, mentre camminavano spediti. Nian camminava a capo chino, non voleva incrociare il suo sguardo di rimprovero. Non voleva sentirsi dire che era stata una stupida. Lo sentì sospirare. La ramanzina era in arrivo. “Nian, sei così intelligente, non posso credere che tu abbia fatto una cosa del genere... non puoi immaginare quanto fossimo preoccupati per te, tua madre piangeva come una fontana...” Come al solito non aveva perso tempo per arrivare al sodo. “ti rendi conto di quello che hai fatto? Hai rischiato la vita per una stupida scommessa!” Nian registrò solo di sfuggita il fatto che Maqun fosse venuto a sapere della scommessa con Sakatroky e ad ogni modo non era esattamente dell’umore giusto per sentirsi fare una predica, specialmente da chi rischiava la vita un giorno si e l’altro pure. Lo respinse freddamente. “Ti prego, Maqun, non farmi la ramanzina... non sono più una bambina piccola. Mi dispiace, va bene?” “Non è questo il punto, maledizione! Tu pensi che nella vita basti prendersi qualche responsabilità? Certo, con la tua vita puoi farci quello che ti pare, ma hai idea di quanto possano soffrire quelli che ti stanno accanto?” Si interruppe, passandosi le mani sul viso. “Scusami, hai ragione... ma ero così preoccupato... maledetti lupi...dimmi, stai bene? Sei ferita? Ti hanno fatto qualcosa di… strano? Se ti succederebbe qualcosa non potrei mai perdonarmelo!” “Sto bene...” Mormorò Nian. Era esausta. Le emozioni che aveva vissuto quella notte le sarebbero bastate per tutta la vita. Voleva solo essere lasciata in pace e soprattutto, avrebbe voluto che Maqun la smettesse di guardarla con condiscenza, come un dottore davanti ad una bimbetta che non vuole ammettere di avere la febbre alta. Alla condiscenza si sommava poi una certa incredulità. Non si era mai sentito di qualcuno che entrava nella foresta, per poi uscirne del tutto incolume il giorno dopo. Maqun fissò di sottecchi la testa bionda di Nian, ma lei non alzò lo sguardo. Distrattamente si abbassò il mantello per coprirla meglio. “Nian, senti, non ho idea di quello che ti passa per la mente in questo momento, ma… ecco se tu volessi farmene partecipe… non ora si intende…” Aggiunse precipitosamente vedendo che lei apriva la bocca per ribattere. “…ma se mai avessi voglia di parlare con qualcuno… ecco, sai dove sono!” Nian alzò lo sguardo, grata, ma trasalì. Sulla gola del cacciatore lasciata scoperta dal mantello, spiccava una orribile cicatrice: due grossi buchi, a non troppa distanza fra loro. Maqun doveva aver notato il suo sguardo allibito perché spiegò: “E’ stato il capo branco, Kiosho... mi ha morso, stavo per morire dissanguato. Una delle innumerevoli volte che ho rischiato di lasciarci le penne!” Scherzò, tornando poi serio. “Sai, per uccidere, i lupi mordono alla gola, dove c’è la giugulare… e così… beh… al cervello non arriva più ossigeno e la vittima muore dissanguata. E ti assicuro che non è affatto divertente poi, subire sei trasfusioni al giorno!” “Tu... sai molte cose sui lupi...?” “Ho passato la vita a dar loro la caccia... direi che posso vantare una certa conoscenza.” Mormorò cupo Maqun. Si fermarono davanti al cancello della casa di Nian. Dentro c’era parecchio trambusto, era evidente che nessuno era andato a dormire quella notte. Quando Nian, sempre sorretta dal cacciatore, fece il suo ingresso in cucina, fu accolta dagli strilli isterici della madre che le si avvinghiò al collo, singhiozzando. Il padre e i fratelli erano sparsi per la cucina e al suo arrivo inaspettato avevano iniziato a urlare e saltare e l’avevano abbracciata tutti insieme, rischiando di strangolarla. “Oh, Nian... eravamo così preoccupati...non sapevamo dove eri finita e il tuo compagno di classe...” Sua madre piangeva contro la sua spalla. “Sakatroky ha confessato tutto, ha detto di averti convinta ad andare nella foresta.” Chiarì idril, chiaramente scossa. “Ma neanche tu, Nian, potresti essere così scema... non ci volevamo credere...” “Sei diventata matta? Me lo dovevi dire che quell’idiota ti aveva di nuovo preso di mira!” Aggiunse suo fratello Felm, cercando di apparire severo senza troppi risultati. Maqun, che aveva cercato di sgattaiolare via con discrezione, fu catturato dal padre di Nian che lo trascinò in cucina ringraziandolo di cuore. “Avanti, cara, Nian non ha voglia di sentire rimproveri adesso... è stanca, ha passato una nottata orribile...” Osservò suo padre comprensivo. “Si, certo...” Sua madre la lasciò andare, con gli occhi lucidi e Nian sentì una stretta al cuore. “Si, hai ragione...certo... è che... ero così preoccupata...” “Scusate se vi ho fatto preoccupare, ma vi assicuro che sto bene, non mi hanno fatto del male...” Nian sentiva un groppo che le saliva in gola, ma non voleva piangere davanti a loro. “Ora... vorrei fare un bagno...” “Vengo a darti una mano!” Esclamò prontamente Idril, trascinandola su per le scale. Le riempì la vasca di acqua calda, mentre lei si spogliava dietro al paravento. “Vorrei tanto che tu me lo avessi detto. Della scommessa, intendo.” Nian non trovò nulla con cui ribattere. Cosa avrebbe potuto dire di fronte a quell’inconfutabile osservazione? Idril aveva ragione, tutti avevano ragione…Maqun, i suoi genitori, Felm… come al solito aveva deluso le aspettative di tutti. “Allora, qual’è la verità?” Chiese idril chiudendo la bottiglia di bagnoschiuma. “La verità?” Ripeté Nian perplessa. “Sakatroky ha detto che questa notte vi siete visti e poi tu sei entrata nella foresta. Maqun ha confermato, dicendo di averti vista arrivare da lì. Lo so che sei brava a combattere e tutto il resto, ma non posso credere che tu sia uscita dalla foresta senza nemmeno un graffio.” Idril fece una pausa, guardandola mentre si infilava nell’acqua calda. “Non ti hanno fatto qualcosa di strano, vero?” Proseguì, cauta. “Non mi hanno violentata Idril, altrimenti a quest’ora non sarei qui.” Ribattè stancamente Nian. “I lupi ti uccidono dopo che... bè, hai capito. Credo che non vogliano correre il rischio di far nascere figli mezzosangue.” Idril le afferrò la mano. Voleva scoprire se le aveva detto una bugia. Essendo gemelle, potevano comunicare telepaticamente quando tra loro c’era il contatto fisico delle mani. Rimase in silenzio, mentre davanti agli occhi le scorrevano i pensieri di Nian e provava le sue stesse sensazioni. Le lasciò andare le mani, disgustata. “Chi era la ragazza con i capelli scuri, che ti ha difeso?” Antinea sprofondò ancora un po’ nell’acqua calda e un lieve sorriso le increspò le labbra. “Una mia amica.” Sin da piccola, nelle scaramucce tra bambini e in seguito nelle comuni liti di tutti i giorni, Nian aveva sempre cercato di mantenere la neutralità. Se due compagne litigavano, si rivolgevano a lei per stabilire quale delle due avesse ragione, e Nian, sebbene odiasse essere coinvolta in quel genere di cose, cercava di fare osservazioni su entrambe, e generalmente la situazione si risolveva da sola. Con il suo carattere calmo e conciliante era un ottima paciera e fonte di consigli. Anche in quell’occasione si trovava in una situazione parallela, ossia contesa tra due schieramenti avversi: da una parte i lupi, i suoi nuovi lugubri, pericolosi amici, che insistevano affinché Nian rivelasse loro gli spostamenti dei cacciatori di taglie, dall’altra Maqun che pretendeva informazioni circa l’ubicazione esatta della tana e i giorni in cui i lupi avrebbero attaccato Freiad Teru. Perché nonostante l’avesse redarguita infinite volte ancora la pregasse di non frequentare simili criminali, Maqun era sicuro che Nian si recasse nella foresta praticamente ogni giorno. Aveva deciso di non dire nulla ai suoi genitori perché sapeva che si sarebbero preoccupati immensamente, ma la teneva d’occhio per quanto gli era possibile e cercava di dissuaderla. “Certo che stare dietro a te è faticoso! Dovrebbero pagarmi gli straordinari!” Era solito ripetere burbero. Nian sorrideva. “Non capisco di cosa parli!” Aveva sempre giudicato i lupi come spietati assassini, volti solo al sangue e alla guerra, come venivano descritti al villaggio, degli esseri senza un briciolo di umanità, che si mangiavano a vicenda e si accoppiavano tra consanguinei come gli animali che li servivano. Inizialmente non ci voleva credere, che gli stessi esseri che innumerevoli volte avevano attaccato il villaggio, uccidendo e devastando, fossero in grado di dimostrare un simile affetto reciproco. Scherzavano, si aiutavano con infinita pazienza, uniti e concordi come un unico corpo. Con Hitoe poi, erano particolarmente protettivi, perché era una ragazza ed era la più piccola. Tra lei e Nian era nata una bella amicizia: Hitoe era una ragazza adorabile lontano dal campo di battaglia. All’inizio era rimasta parecchio sorpresa nel vedersela ricomparire davanti, ma poi aveva finito con l’abituarsi alla sua presenza. Più ardua impresa era stata guadagnarsi al fiducia dei suoi fratelli e convincerli che non era una spia, ma Hitoe si era impuntata e loro avevano finito con l’arrendersi, come al solito, e dargliela vinta. Ogni tanto le facevano qualche sgarbo, facendole capire che se non fosse stato per i capricci della più piccola le avrebbero riservato tutt’altro trattamento, ma nel complesso erano abbastanza gentili. Tra Nian e Hitoe c’era molta complicità, nonostante fossero diverse come il giorno e la notte: Nian aveva trovato una amica sincera (a volte fin troppo) e allegra, Hitoe una compagnia femminile con cui poter parlare anche delle cose più delicate. A dispetto del disprezzo che intercorreva tra gli abitanti del villaggio e i lupi, le due ragazze erano inseparabili. Nemmeno quel giorno, Nian appena uscita da scuola, non aveva dubbi su quale sarebbe stata la sua meta. Tornò di corsa a casa e lasciò la borsa dei libri dentro al cancello; mentre era ancora girata, sentì una mano batterle sulla spalla. Si voltò, suo padre era appena tornato dal laboratorio. Le sorrise, un po’ pallido. “Non ti fermi a pranzo con noi?” “Ehm… no, vado a mangiare con Iko e poi passiamo tutto il giorno in biblioteca per una ricerca… di… di scienze. Torno tardi.” Inventò Nian sul momento. “E vai in biblioteca con arco e frecce? Non sapevo che i libri abbiano mai aggredito qualcuno…” Commentò suo padre inarcando le sopracciglia. “E’ solo perché… ehm, vedi… io…” Nian imbarazzata, non sapeva più che scusa inventare. Pensò, a disagio, che se Hitoe l’avesse sentita avrebbe roteato gli occhi davanti all’intrico di cretinate in cui si era avventurata senza più riuscire ad uscirne. “Sai… Iko ed io… avevamo pensato di fare qualche tiro, giù al vecchio mulino…tutto ciò naturalmente dopo che avremo finito la ricerca in biblioteca.” Si affrettò a chiarire Nian, dal momento le sopracciglia del padre stavano rischiando di sparire nell’attaccatura dei capelli. Calò un silenzio imbarazzante. “Nian…ok, vai… ma fa attenzione, eh?” Nian gli schioccò un sonoro bacio sulla guancia. “Certo! Grazie papà!” “Ah, senti… e con quel ragazzino… Sakatroky?” Nian sorrise. “Tutto bene! Da allora se ne sta alla larga!” Detto questo corse via verso la foresta. Aveva la netta impressione che suo padre intuisse tutto, come sempre aveva fatto. Sin da piccola non era mai riuscita a nascondergli nulla. Fece un largo giro, in modo da non essere pienamente visibile dal villaggio e cominciò a risalire la china. Il giorno prima aveva piovuto violentemente e l’erba era bagnata e scivolosa. Hitoe la stava aspettando impaziente, seduta sul grosso ramo di un olmo, le gambe penzoloni. “Era ora! Credevo che non saresti arrivata più, si è fatto notte, sai?” La accolse subito indignata, indignata dondolandosi a testa in giù dal ramo. “A me sembra ancora giorno. E poi sono stata trattenuta…” “Ah, capisco… in questo caso mi dispiace di aver rovinato il tuo appuntamento con…” “ Ma che hai capito! Mi ha trattenuta mio padre! Quante volte te lo devo dire che io non ho rapporti con nessuno in questo momento, specialmente con Maqun…” “Si, si certo, e ti aspetti che io ci creda?” “… al contrario di te, che a quanto sembra fai fuoco e fiamme con quello che voleva farmi secca qualche notte fa… con Kiosho…” Hitoe cadde quasi dal ramo. “Cosaaaaaa? Ma dai, smettila di scherzare!” “Per questa volta farò finta di crederci. E poi... sbaglio o lui ti mangia con gli occhi?” “Bè... non saprei...” “Dai, mettiti con lui, lupacchiotta!” Rise Antinea dandole di gomito. “Certo, ma solo dopo che tu ti sarai messa con Maqun, fiorellino!” Replicò Hitoe, mettendo fine alla disputa.
  
Leggi le 0 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<  
Torna indietro / Vai alla categoria: Storie originali > Fantasy / Vai alla pagina dell'autore: GattaMatta