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Autore: kiku_san    25/05/2008    2 recensioni
E se Murtagh non fosse fuggito dal palazzo di Galbatorix, ma fosse cresciuto alla sua corte tra intrighi e giochi di potere, fino a diventare Cavaliere e a giurargli fedeltà di sua spontanea volontà..E se Brom e Ajihad non fossero morti ...E se L'Imperatore considerasse Nasuada una pedina essenziale per la vittoria contro i Varden...Un NasuadaxMurtagh che inizia con un inganno e si sviluppa tra odio e violenza, in un gioco crudele e perverso nel quale i ruoli di vittima e carnefice non sono così scontati.
Genere: Romantico, Drammatico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Murtagh, Nasuada
Note: What if? (E se ...) | Avvertimenti: nessuno
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L’OSTAGGIO (Parte terza)

6. La mattina, al risveglio, Murtagh ci mise diversi minuti per capire cosa era successo. Era la prima volta che gli accadeva: da sempre dormiva come gli animali, di un sonno leggerissimo, con il corpo sempre all’erta, senza mai abbassare la guardia.
Si sentiva bene, in forma, lucido e scattante. Ad un tratto ricordò tutto. Si guardò attorno, Nasuada era seduta sul divano, Tornac era accanto a lei e stava riposando.
“Cos’era quella pozione, sei una guaritrice?” disse rivolgendosi alla ragazza.
“No, da noi tutte le donne la conoscono: serve contro i postumi dell’ubriacatura, per calmare il vomito, attenuare i dolori di testa; si usa anche con bambini perché abbiano un sonno tranquillo, senza incubi”
“Non sono un bambino”
“Lo sei mai stato?”
Murtagh rimase assente, come se inseguisse un ricordo.
Gli apparve l’immagine chiara di un sogno appena svanito: degli occhi profondi, molto simili a quelli di Nasuada, qualcuno che lo chiamava tendendogli le braccia e la sensazione di essere al sicuro, come se tutto in quel momento andasse bene.
“Era una stregoneria”
“No, te l’ho detto”
“Perché lo hai fatto, io sono tuo nemico”
“Questa notte non lo eri, eri solo una persona che stava male e io potevo aiutarti”
“Molto nobile da parte tua, ma non aspettarti lo stesso trattamento da me, quando tu starai male sarà per mano mia e per il mio divertimento”
Nasuada non ribadì, sarebbe stato inutile, non sarebbe mai riuscita a comprendere cosa spinge un individuo alla malvagità gratuita.
Cambiò discorso: “Avete mandato un messaggero da mio padre con le vostre richieste?”
“Sì certo, ci vorranno parecchi giorni perché ritorni con la risposta. Ancora per un po’ puoi stare tranquilla, poi tutto dipenderà dalla risposta di tuo padre”
“So già cosa risponderà mio padre”
“ Allora preparati al peggio”
“Lo sto già facendo”
“Bene, meglio per te” rispose Murtagh e fece per uscire.
“Il tuo padrone ti reclama?” sussurrò con disprezzo Nasuada.
“Non ho padroni”
“Neppure di notte?” chiese lei.
Murtagh la guardò freddamente: “T’interessa l’argomento”
“No”
“Allora vado, ho dei prigionieri che aspettano le mie cure, ho bisogno di sentirmi vivo”
“Che significa?”
“Il dolore e la morte degli altri provano che io esisto”


7. Quando Murtagh tornò era pomeriggio inoltrato, aveva la giubba e le mani sporche di sangue, alcuni schizzi avevano raggiunto il collo della camicia e il viso.
“Ora ho voglia di una donna, ti devo allontanare, ma potrai sentirmi nella tua stanzetta tutta sola e potrai immaginare di essere qui con me; non ti preoccupare è solo questione di giorni e poi ciò che temi o che speri si avvererà”
Nasuada non seppe cosa ribadire, si sentiva soffocare dalla rabbia e dalla paura.
“Da me non avrà né una né l’altra”cercò di ricordare a se stessa e di imprimere queste parole fortemente nella sua mente.
Nella stanzetta si addormentò a fatica, in compagnia di Cho. Ad un tratto il suo sonno agitato fu interrotto bruscamente; l’urlo che l’aveva fatta sobbalzare, acuto, terribile, stava spegnendosi, seguito da singhiozzi e gemiti. Nasuada si alzò dal letto, si avvicinò a Cho che aveva gli occhi aperti.
“Cosa è stato?”
“Non chiedere mia signora, il padrone si sta divertendo”
Ritornò a letto con l’orecchio teso, il cuore che batteva all’impazzata. Per lei era insostenibile non poter far nulla, se non stare a sentire lo strazio di un’innocente.
Murtagh l’aveva capito subito: quello era il suo punto debole.
I gemiti divennero sempre più flebili fino a scomparire. Passò del tempo e il sonno la riprese. Le sembrava di aver appena chiuso gli occhi, che un altro urlo la svegliò di soprassalto, seguito nuovamente da singhiozzi esasperati.
Andò avanti così fino all’alba.
Era mattina inoltrata quando Tornac le fece cenno di uscire.
Murtagh da qualche giorno chiedeva la sua compagnia quando mangiava.
Lui aveva il viso sbattuto ma soddisfatto.
“Sei stanca? Non hai dormito bene?”
“Mi hanno tenuta sveglia urla e singhiozzi”
“In effetti è stata una notte agitata”
“Non capisco come tu possa essere così! Anch’io ho ucciso, non ho passato i miei anni a ricamare o ad ascoltare poesie, so cosa significa la violenza, so cosa significa uccidere un uomo, ma quello che non capisco è come puoi essere così abbietto e crudele solo per divertimento; non ti pesano queste azioni terribili, sporche, sanguinose e senza gloria che tutti i giorni compi? Non puoi essere veramente così, avrai anche tu qualcuno che ami e che ti ha amato: tuo padre, tua madre….” quasi lo supplicò Nasuada.
Aveva bisogno di una conferma in tutto ciò che aveva sempre creduto: che in ogni essere umano c’è sempre un po’ d’amore.
“Quando avevo tre anni mio padre mi mise davanti un bambino di circa la mia età, tra le mani una spada e volle insegnarmi ad usarla, naturalmente seguendo un metodo di sua invenzione: se avessi colpito il mio avversario, lui lo avrebbe sgozzato davanti a me, se invece mi facevo colpire sarei stato io ad essere punito. Io ero terrorizzato, rifiutai e lui dalla rabbia, mentre cercavo di scappare, mi fece questa” si voltò e alzando la tunica, mostrò la cicatrice sulla schiena, “Fu un miracolo se riuscirono a salvarmi. Voleva uccidermi ma quella volta non ci riuscì”
“E’ orribile”
“No per niente, io avrei fatto lo stesso. Posso capire la sua delusione per un figlio vigliacco. Mi avrebbe ammazzato, se non che da lì a poco dovette partire per una missione dalla quale non tornò più. Capisci perché non odio Brom? Anche se involontariamente, uccidendo Morzan, mi ha salvato la vita. Come vedi non ho avuto molto amore da mio padre”
“Forse da tua madre?”
“ Mia madre non ha fatto altro per me che partorirmi. E’ morta più o meno quando mio padre ha lasciato il castello per cercare l’uovo di Saphira e di me non si è mai occupata. Veniva a trovarmi una volta ogni tanto, poi sparì per lungo tempo, quando tornò fu per morire per una strana malattia. Io ero piccolo non la ricordo neppure. Sicuramente era più interessata ad occuparsi di mio padre che di me.”
“Come sei finito qui?”
“L’Imperatore sapeva che Morzan aveva un figlio, era l’unico a conoscere questo segreto, che mio padre aveva tenuto celato a tutti. Mi portò alla sua corte e mi fece educare dai migliori maestri. A diciotto anni mi chiamò in udienza privata, non ero mai stato solo con lui. Mi spiegò il suo sogno: fare d’Alagaesia un paese ricco, prosperoso e in pace, sotto il suo comando.Da allora cominciò ad occuparsi personalmente d’alcuni aspetti della mia istruzione. Circa un anno fa uno delle uova di drago si schiuse alla mia presenza. L’Imperatore mi nominò Cavaliere e io gli giurai fedeltà e ubbidienza. Da quel giorno cominciò ad avviarmi all’arte magica; non sono giunto al suo livello, lui è molto geloso del suo sapere, ma sono sicuramente più esperto di Brom, Eragon e di tutti gli Elfi. Galbatorix ha superato da un pezzo le loro remore, ha varcato i confini di ciò che è proibito e ha acquisito un potere che nessuno può sfidare.”
Murtagh si accigliò per un attimo, poi un sorriso perverso gli accarezzò le labbra: “ Però ora che ci penso, da una persona ho avuto molto amore”
“Allora sai cosa significa?”
“Certo! Era la favorita dell’Imperatore. Il primo ricordo che ho di lei risale a quando avevo sette o otto anni. Io e lei a letto insieme. Il suo letto era grande e profumato, profumi forti e penetranti che m’intontivano. Mi aveva fatto bere del vino dalla sua coppa. Sentivo caldo e lei mi spogliò, poi lo fece anche lei, mi accarezzava e rideva. A quel punto entrò Galbatorix, vide la scena e si mise a ridere, poi mi cacciò dal letto e occupò il mio posto.Hai ragione quella donna mi amò molto, ci divertimmo molto insieme, finché un giorno, ero ormai un ragazzo, sparì. L’Imperatore alcuni anni più tardi mi disse che aveva dovuto eliminarla, era diventata troppo invadente, non aveva capito nulla, pensava di averci in pugno entrambi”
Nasuada non sapeva cosa pensare, quel racconto, narrato con calma e senza particolari emozioni, la sconvolgeva.
Lo guardò e suo malgrado finalmente capì cos’era ciò che in fondo sentiva per lui e ne rimase sorpresa e confusa. Come poteva provare ciò che provava per un essere come Murtagh?
Forse era questo che Brom tentava di insegnare ad Eragon.
“Cos’è quello sguardo?” la voce di Murtagh era pressante.
“Compassione credo” rispose quasi soprapensiero Nasuada.
“Compassione? Cosa significa?”
“Nessuno ti ha mai guardato così?”
“No e non mi piace, non farlo neppure tu se non vuoi che mi arrabbi”
“Non sai cos’è, perché dunque dovresti arrabbiarti?”
“Non mi piacciono le cose che non conosco, nascondono sempre un inganno”
“Sai cosa ho capito da tutto ciò che ti ho raccontato?” proseguì, appena lei distolse lo sguardo, “Non puoi fidarti di nessuno, non devi mai abbassare la guardia, non puoi mai pensare di essere al sicuro. I miei genitori mi hanno educato da schifo” rise “Ma non devi valutarmi con il tuo metro, tutti i miei legami si fondano sull’odio e sull’assassinio. Quando sono cresciuto tutti hanno cominciato a trattarmi con la stessa cautela che si adopera con una lama affilata, per trovare la forza di vivere mi era necessario uno scopo,tutti ne hanno almeno uno: potere, ricchezza, donne, felicità, conoscenza, gloria… Alla fine l’ho trovato: sopravvivere a tutti i costi, lottare soltanto per me stesso e vivere distruggendo chi si mette sul mio cammino.”
Nasuada scosse la testa: “Non posso credere veramente che la tua vita sia stata questa. Ci deve essere stato almeno un momento in cui hai provato amore per qualcuno”
Murtagh riandò al sogno della notte passata: quegli occhi profondi. Nel sogno si sentiva sicuro e provava sensazioni strane, che in realtà non ricordava di aver mai sperimentato.
Cancellò deliberatamente quelle immagini dalla sua mente.
“Ora ho Castigo, io e lui siamo una cosa sola”
“Gli vuoi bene?”
Murtagh scosse la testa: “Non puoi capire, non è bene, è qualcosa di diverso, se lui morisse morirei anch’io, e viceversa. Ci siamo necessari”
Si alzò e prima di uscire rivolse un sorriso ferino a Nasuada: “L’amore rende deboli, l’odio cura”


8. Ad Aberon, nella reggia di re Orrin, scadeva l’ultimatum dell’Imperatore, il messaggero aspettava la risposta da portare ad Uru-Baen, non c’era più tempo per le incertezze.
Quando a palazzo si erano accorti della scomparsa di Nasuada era ormai troppo tardi, tutte le ricerche erano risultate infruttuose.
L’unica possibilità era che Nasuada fosse stata fatta prigioniera. Era viva cantava il cuore di padre di Ajihad, per poi precipitare dalla gioia al terrore, la ragione gli diceva che sarebbe stato meglio se avessero trovato il suo cadavere.
Poi era giunto l’ambasciatore inviato dall’Imperatore: Nasuada era a Uru-Baen, ostaggio di Galbatorix.
Ajihad aveva ascoltato imperturbabile il messaggio, poi quando l’uomo se n’era andato aveva dato sfogo alla sua rabbia.
Il suo primo impulso era stato quello di salvarla, avrebbe organizzato un piccolo gruppo scelto tra i migliori guerrieri, avrebbero raggiunto la capitale, sarebbero penetrati nel castello e l’avrebbero liberata. Sapeva già mentre esponeva il piano e s’intestardiva a organizzarlo nei dettagli, che aveva ragione Brom: nessuno sarebbe riuscito a raggiungerla.
Ajihad allora aveva deciso di accettare le richieste dell’Imperatore: si sarebbe consegnato nelle sue mani in cambio della libertà della figlia. Non poteva agire diversamente. Nessuno avrebbe potuto chiedergli tanto!
Brom si era dichiarato contrario, capiva il suo dolore, ma non era accettabile che lui accogliesse le richieste del nemico; nel momento in cui si era messo alla testa dei Varden, aveva assunto verso di loro delle responsabilità.
Che ne sarebbe stata della ribellione? Quanti uomini e donne e bambini erano e sarebbero morti inutilmente? Senza di lui, che era il capo carismatico di tutta quella gente, l’Imperatore avrebbe vinto; per questo chiedeva che lui occupasse il posto di sua figlia, sapeva che nessuno avrebbe potuto sostituirlo, neppure Brom, neppure Eragon, neppure Nasuada. Lui era il cuore e il cervello della rivoluzione, tolto di mezzo lui, la rivolta sarebbe morta.
Ajihad fece entrare il messaggero e mentre pronunciava le parole che condannavano sua figlia, cercò di impedire alla sua voce di tremare e al suo cuore di spezzarsi, lo riempì invece di vendetta, una vendetta spietata e senza freni. L’Imperatore e Murtagh sarebbero morti, lui stesso avrebbe strappato loro il cuore dal petto, dopo averli tormentati in mille modi. Avrebbe vinto perché voleva che Alagaesia tornasse ad essere un paese libero, ma ora soprattutto per vendicare la figlia.


9. Nasuada non riusciva a tenere il conto dei giorni della sua prigionia, sapeva solo che ormai era questione di poco e il messaggero sarebbe tornato con la risposta di suo padre. Passava la maggior parte del tempo nella sua cella in compagnia di Cho, solo il mattino e verso sera veniva fatta uscire ed era in quelle occasioni che incontrava Murtagh.
Quel giorno, ancora una volta, cercò di analizzare i suoi sentimenti. Si sentiva quasi in colpa perché più che odio, Murtagh gli ispirava pietà. In realtà lui era arrogante, crudele, sadico, senza scrupoli ne rimorsi, un individuo che poteva ispirare molti sentimenti ma non certo compassione.
Ma poi ricordava quello sguardo che così fermo e strafottente a volte si distoglieva dal suo come se qualcosa dentro di lui cedesse, rammentava la storia della sua vita e si chiedeva se veramente lui fosse così per sua natura o se qualunque essere umano sarebbe diventato uguale a lui, per sopravvivere. Se fosse toccato a lei la sorte di Murtagh, come sarebbe diventata?
Gli ispirava pietà il suo essere addirittura incapace di decifrare delle emozioni elementari che ogni essere umano sperimenta fin da piccolo: tenerezza, compassione, dolcezza, per lui erano vocaboli ai quali non sapeva far corrispondere nulla. Nessuno li aveva mai provati nei suoi riguardi, di conseguenza lui non aveva mai avuto modo di sperimentarli nei confronti di altri. Temeva ogni cosa che non conosceva, viveva sempre pensando che prima o poi qualcosa di brutto potesse accadere, doveva attaccare prima di essere attaccato.
Con questi pensieri in testa Nasuada si appisolò. Non era più nella stanzuccia ma stava cavalcando sulle pendici dei Monti Beor. Spronava il suo baio in salite e discese, con il vento nei capelli; poco più avanti Kaled la incitava a prenderlo, ridendo. Uno dei pochi momenti spensierati che ricordava, dove non c’era paura, ne prudenza, ne attenzione, ma solo la gioia infantile di sentirsi liberi, all’aria aperta anziché nascosti nelle grotte che avevano delimitato la sua infanzia e la sua adolescenza, di sentire il sapore del vento.
Quando entrò Murtagh l’incanto si ruppe e lei si ritrovò di nuovo prigioniera.
“Alzati, il messaggero è arrivato con la risposta di tuo padre, l’Imperatore richiede la tua presenza”
Nasuada sentì raggelarsi il sangue: alla fine il momento era giunto. Ora si sarebbe visto di che tempra era fatta, se gli insegnamenti di suo padre e di Brom erano serviti a qualcosa o se erano solo belle parole che lei non era in grado di mettere in pratica.
Si affrettò, seguendo Murtagh, che si era chiuso in un silenzio insondabile.
Fu fatta entrare al cospetto di Galbatorix.
“Vieni lady Nasuada, aspettavamo te”
Al suo fianco Durza era una figura demoniaca.
“Il mio messaggero mi ha appena portato la risposta. Mi dispiace, ma tuo padre non tiene alla tua salvezza”
“Non dispiacetevi, mio padre mi ama e niente di quello che direte mi farà cambiare idea”
“Ho chiesto a tuo padre uno scambio: lui al tuo posto; ti sembra una richiesta eccessiva? Quale padre non sacrificherebbe la sua vita per salvare quella del proprio figlio? Ebbene lui non ha accettato, preferisce rimanere al sicuro nel suo palazzo e lasciare te qui a soffrire e a morire: pensi ancora che ti ami?”
“Sì, mio padre ha promesso al suo popolo di portarli alla vittoria, di sconfiggerti, di ripristinare l’antico ordine, di riportare pace e libertà e spazzare via insieme con te paura, terrore e ingiustizie. Se si consegnasse a te la speranza del popolo andrebbe perduta. Io non valgo tanto, al suo posto avrei fatto lo stesso”
“Povera ragazza, come la follia di un padre può ripercuotersi amaramente sui figli. Cosa possiamo fare di te perché tuo padre si penta della sua scelta?”
“Dalla a me mio signore” disse con voce stridula Durza.
Nasuada non poté trattenere un brivido; si sentiva come un topolino in una riunione di gatti affamati e con gli artigli già sfoderati.
Murtagh avanzò di un passo: “Vorrei averla io mio signore, come premio per averla dovuta sorvegliare senza toccarla per tutti questi giorni. Vorrei potermi prendere finalmente ciò che mi è passato sotto il naso per così tanto tempo”
Galbatorix fece una smorfia: “Sei sicuro di essere stato così diligente, Cavaliere?”
“Ad eccezione di quel contrattempo iniziale, non l’ho mai toccata”
“Va bene te l’assegno, ma non sarà tua per sempre. Il popolo d’Alagaesia dovrà sapere che colui che si declama salvatore e liberatore: Ajihad il re dei Varden, ha condannato per codardia la propria figlia ad essere la puttana dei suoi nemici. Passerà di mano in mano, finché la sua presenza ci divertirà.Tienila e divertiti, ma non ucciderla ne rovinarla irrimediabilmente come fai di solito con i tuoi giocattoli”
Murtagh s’inchinò sogghignando in faccia a Durza, poi prese per un braccio Nasuada e la condusse nei suoi appartamenti.
“Tornac la ragazza è mia! D’ora in avanti alloggerà qui, nella stanzetta andrà la vecchia, le farà da serva, dille di preparala per questa notte. Mi voglio finalmente divertire, poi raggiungimi nella Sala d’Armi”
Tornac chinò il capo. La vecchia Cho già si era mossa per sistemare le coperte sul lettuccio che sarebbe stato suo, per lei la vita non era mai stata così bella.
  
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