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Autore: jileysavedme    03/01/2014    0 recensioni
"Un suicidio non uccide solo una persona."
Genere: Azione, Drammatico, Malinconico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Il mattino seguente mi svegliai intorpidita dalla serata passata in quella discoteca, era una fortuna che i miei genitori non si erano accorti di nulla ma non mi stupivo di questo visto il loro interesse verso di me era pari a zero.
Scesi dal letto con la camicia da notte due volte più grande di me ma comoda per dormire, inciampai nei miei stivali che avevo buttato a terra sfinita quando ero tornata a casa, dovevo cominciare a riordinare la mia stanza era quasi incamminabile dentro, troppe cose fuori posto e troppo macello in giro, per arrivare alla porta dovevo scalare il monte Everest di vestiti, risi fra di stessa, ero la ragazza più disordinata di Londra, me lo sentivo.
Scesi le scale a piedi scalzi, il marmo ghiacciato dei gradini mi provocava leggeri brividi dai piedi fino alle spalle che coprivo con le mani per farmi calore, mia madre come al solito era seduta al tavolo della cucina con una sigaretta a una bottiglia di birra mezza vuota affianco a se, quando avrebbe smesso di uccidersi in quel modo? Per quanto la mia vita fosse orrenda e dolorosa, non volevo restare orfana senza una padre e una madre, ma sapevo che non avrebbero smesso mai e nemmeno potevo mettermi in mezzo, a quanto ne sapevo l’alcool per loro veniva prima di me.
Presi un respiro profondo ed entrai nella cucina inconsapevole di come avrei trovato l’umore di mia madre. “Ciao mamma.” Mi sforzai di farle un sorriso.
Aveva le occhiaie come al solito e i capelli arruffati dalla notte e lo sguardo perso verso la televisione, fece cadere le cenere della sigaretta dentro il portacenere e posò lo sguardo verso di me.
“Ciao.” Era fredda, peggio del marmo sotto i miei piedi.
“Sei di cattivo umore come al solito, è successo qualcosa?” Alzai gli occhi al cielo sforzandomi di essere gentile e di interessarmi di lei una buona volta.
“Cazzi miei.” Riprese a guardare la tv. “Torna nella tua stanza Nicole.”
“Cosa?” Alzai un sopracciglio aprendo il frigo per poi richiuderlo con violenza facendolo sbattere. “Adesso basta! Sto cercando di essere gentile e tu mi tratti così? Che diavolo di madre sei?”
“Non sono tua madre!” Lei alzò la voce girandosi furiosa verso di me.
“E allora chi diavolo sei?” Sbottai guardandola.
“Tutto, ma non tua madre.” Si alzò con l’aria di chi non gliene frega un niente di nessuno, prese la bottiglia di birra e se la portò nella sua stanza con se e chiuse rumorosamente la porta.
Sei una stronza, ecco cosa sei.” Pensai fra me.
Presi una tazza e il latte dal frigo che chiusi con il fianco con nonchalance e mi sedetti al tavolo aprendo la scatola di cartone del latte e versandone un po’ nella tazza.
Giuro, non fossi stata un’altra persona l’avrei presta a pugni ma purtroppo sono contro la violenza di ogni genere e tengo le mani al mio posto come una brava ragazza ma a volte mia madre, se così posso chiamarla dopo quello che ha detto, mi fa salire così tanto la rabbia da infrangere le mie stesse regole scritte nella mia testa, che una di queste è ‘non alzare le mani a nessuno’.
Sbattei la tazza sul tavolo facendo schizzare un po’ di latte fuori dall’irritazione, le ho sempre voluto bene ma negli ultimi anni la detestavo più che mai, non sapevo mai comportarmi quando avevo lei davanti e la rabbia mi saliva ogni giorno di più. Sarei finita per scoppiare.
Mi alzai dal tavolo e posai la tazza nel lavandino ancora un po’ irritata suo atteggiamento, salii di nuovo in camera mia cercando qualcosa da mettermi per andare a scuola, decisi di prendere una maglietta grigia e una felpa bianca e i miei soliti jeans stretti.
 
Alle 7.05 ero sotto casa di Rosy ad aspettarla, cinque minuti dopo lei scese e andammo a scuola insieme, come tutti i giorni.
Mi piaceva stare con lei, era la mia ancora di salvezza ogni volta che stavo male lei c’era è per questo che è la mia migliore amica, per davvero però. Non abbiamo quasi mai litigato, poche volte noi siamo compatibili e questo è un bene perché non sono quel tipo di ragazza a cui tutti piace, sono strana e per ‘strana’ intendo dire strana davvero.
“Hai visto il presunto evaso da galera?” Mi indicò un annuncio sul palo della luce scolorito ma che ancora si leggeva qualcosa.
“Cosa?” Mi girai a guardare l’annuncio cercando di decifrare quello che c’era scritto.
“JUSTIN MCCANN: IL CRIMINALE PIU’ RICERCATO DELL’INGHILTERRA EVASO IERI NOTTE DAL CARCERE DI LONDRA TRUPPE PERLUSTRANO TUTTA LA ZONA.” Rosy lesse ad alta voce al posto mio.
Io rimasi in silenzio a fissare la piccola fotografia del ragazzo sul manifesto, capelli mori, gli occhi color nocciola e lo sguardo di chi è infuriato col mondo intero, il cartello col numero segnaletico “648” e la maglia a strisce. Ma era bello, bello da mozzar il fiato anche da una foto scolorita e sporca attaccato a un palo di una città grande, scossi la testa e sbattei più volte le palpebre ritornando sulla terra col la mente.
“Tutto bene Nicole?” Rosy chinò la testa di lato guardandomi.
“Eh? Ah, si. Tutto a posto.” Poi riguardai la foto, aggrottando le sopracciglia. “Hai idea perché sia stato messo in galera?”
“Credo abbia rapinato una banca o qualcosa del genere..” Mi guardò. “Perché, ti interessa?”
“Mh.. No, non credo.” Spostai lo sguardo sul marmo ancora immersa nella bellezza in quella foto. “Forza, faremo tardi a scuola.” Tirai Rosy per la manica della felpa verso l’entrata della scuola.
In realtà non me ne importava affatto di entra a scuola, sarei rimasta ore seduta per terra a fissare quella maledetta foto, era possibile che qualcuno avesse dentro di se tanta bellezza?
“Hai fatto i compiti di matematica?” Rosy tirò fuori dalla borsa il libro di algebra.
“Ehm, c’erano compiti?” Finsi innocenza guardando il libro.
“Come pensavo..” Fece una smorfia. “Avanti, prendi il mio libro, copiali e dopo ridammelo.” Mi posò il libro in mano ed entrò in classe seguita subito dopo da me.
“Grazie Rosy, sei la migliore.” Sorrisi.
Mi sedetti al mio banco e tirai fuori il mio libro di algebra per ricopiare gli esercizi, non poco tempo dopo mi ritrovai a masticare il tappo della penna e a scarabocchiare il libro con disegnini stupidi e cuori, stavo pensando a lui; Justin MacCann.
Quella foto mi aveva messo in testa tante domande e il suo viso non si scollava più dalla mia mente, ero decisa: dovevo scoprirne di più su questo ragazzo così affascinante e misterioso.
 
Appena la campanella suonò sgattaiolai fuori dalla classe senza farmi vedere, uscii dalla scuola e ripercorsi la via che avevamo fatto stamattina io e Rosy per l’andata e strappai la foto dal palo, me la infilai nella borsa e tranquillamente feci finta di niente ritornando a casa.
Aprii la porta di casa, mi tolsi le scarpe e presi l’annuncio dalla borsa e corsi in camera mia ad accendere il mio computer per fare le ricerche su di lui, non avevo neanche mangiato ma ero così eccitata dal idea di saperne di più. Sbattei le unghie sulla scrivania aspettando che si caricasse, avrei dovuto comprarne uno nuovo di computer ormai questo andava a fatica, quando fu finalmente caricato aprii la pagina di Google e digitai il suo nome: “Justin MacCann”.
Mi uscii un sito simile a uno scompartimento di tutte le persone che sono state in galera, aprii la sua pagina e vidi le prime informazioni, le lessi con fretta.
“Nome e cognome: Justin MacCan
Continente: Canada
Città: Stratford
Anno di nascita: 13 Marzo 1994 “
Aveva due anni in più di me, era così giovane ed era già stato in galera, dio ma come si fa? Decisi di continuare a leggere tenendo i commenti nella mia mente per dopo.
“12 volte stato in galere per vari tipi di condanne: Rapimenti di persone e banche. Omicidi. Aggressione a persone comuni o di un Pubblico Ufficiale. “ E tanti altri.. Non ebbi il coraggio di leggerli tutti, ero troppo scossa. Com’era possibile che un ragazzo come lui provocasse tutto questo? Di certo non era il solo a fare queste cose, di sicuro c’era qualcuno che lavorava con lui.. O per lui.
Mi chiedevo che cosa avesse dentro per fare tutto questo? C’era qualcosa che lo tormentava? Qualcosa di brutto magari.
C’era anche un’altra sua foto, questa volta era a colori e non in bianco e nero come sull’annuncio, si vedeva meglio i suoi lineamenti perfetti e gli occhi marrone scuro quasi arrabbiato e triste nello stesso tempo, chiusi gli occhi per qualche secondo immaginandolo nella mia mente, mi morsi il labbro e sorrisi ero felice senza un perché, era un criminale ma era senza dubbio molto attraente.
Riaprii gli occhi e scossi la testa, chiusi internet e presi l’annuncio infilandolo nella tasca dei jeans ancora scossa dalle cose lette, presi il cellulare e chiamai Rosy. Non rispose, decisi di riprovare più tardi.
Scesi a mangiare qualcosa, a casa non c’era nessuno ero sola, aprii il frigo e presi la pasta avanzata di ieri e la riscaldai nel forno a microonde, aspettai 30 secondi e al bip la tirai fuori, presi una forchetta e mi sedetti a mangiare.
Ci ripensai su, ripensai a quel ragazzo nella foto con gli occhi cupi quasi pieni di dolore, mi chiedevo che cosa gli passasse per la testa.
Scossi di nuovo la testa, Rosy aveva ragione, io penso troppo.
Il cellulare squillò e sulla schermata si illuminò la scritta ‘Rosy’, io presi il cellulare di fretta e risposti.
“Pronto Rosy?” Aspettai una sua risposta.
“Ehi Nicole, ho visto la tua chiamata persa e ti ho richiamato. Hai bisogno?” Chiese quasi preoccupata.
“Niente di grave, volevo parlarti di una certa cosa.” Abbandonai il mio delizioso pranzetto e salii le scale andando in camera mia.
“Certo, dimmi.” Rosy sembrava tranquilla.
“Ti ricordi l’annuncio che abbiamo visto questa mattina?” Trattenni il fiato per qualche istante aspettando una sua risposta.
“Si, di quel ragazzo.. Perché?” Chiese curiosa e preoccupata nello stesso tempo.
“Ho fatto delle ricerche su di lui!” Mi sedetti sul letto a pancia in giù sorridendo come se avessi appena detto una battuta.
“E perché mai Nicole?” Chiese dall’altra parte del telefono.
“B’è non lo so, mi sembrava carino e volevo scoprire di più su di lui. Ho fatto male?” Chiesi aggrottando la fronte.
“No, certo che no.. Che cosa hai scoperto di nuovo?” Chiese ancora, curiosa più di prima.
“Ha due anni in più di me, è nato il 13 Marzo ed è stato in carcere 12 volte, tra cui 8 di queste è riuscito ad evadere.” Cercai di mostrare indifferenza nella voce.
“Oh mio dio, ma è proprio un carcerato tosto!” Rosy rise.
“Si.. E anche così bello..” Mi rotolai sul letto col telefono all’orecchio sorridendo come se lo avessi davanti.
“Si, non c’è male ma esistono ragazzi migliori di lui.” Ora era lei a mostrare indifferenza.
“Oh si certo, tipo?” Alzai un sopracciglio aspettando una risposta sensata da parte sua.
“David.” Al suono di quelle parole caddi giù dal letto facendo un tonfo per terra. Non ci potevo credere, lo aveva detto davvero?! Che cosa si era bevuta? Scossi la testa rialzandomi da terra.
“Aia..” Mi lamentai. “Sei impazzita?” Gli chiedi massaggiandomi la parte dolorante.
“Nicole sei per caso caduta dal letto?” Lei rise dall’altra parte del telefono.
“Stai zitta, sei diventata matta così tutto all’improvviso?” M’irritai.
“Rilassa i nervi o ti vengono le rughe, e poi David non è poi così brutto anzi.. E’ così bello.” Dalla voce sapevo che stava volteggiando nel suo mondo con l’immagine di David davanti agli occhi come se fosse in paradiso. Io rabbrividii a quel immagine disgustata.
“Dimmi che stai scherzando. Non può piacerti davvero David.” Ritornai seria.
“Allora a te non può davvero piacerti di quel criminale malefico.” Ribatte lei.
“Ehi, non parlare così di Justin!” Alzai la voce di qualche grado.
“Allora tu non dire che David è brutto, non lo è.” Lo fece anche lei.
Io rimasi in silenzio per qualche minuti, dopo sospirai e gliela dessi vinta. Era impossibile discutere con lei anche perché non ero una di quelle ragazze che amava discutere, preferivo farmi gli affari miei.
“Ok, va bene hai vinto tu.” Sorrisi.
“Lo so, lo so!” Alzò il tono di voce in segno di vittoria.
Io e Rosy restammo tutto il pomeriggio a parlare del più e del meno senza accennare ancora ne di David e ne di Justin McCan, ma non smisi un attimo di pensarlo ormai era penetrato dentro i miei pensieri e quando qualcosa mi entra dentro la testa è difficile velarla, molto difficile.
Chissà se lo avrei mai visto, forse non sarebbe stato un buon incontro, forse mi avrebbe puntato una pistola in fronte e mi avrebbe fatto fuori. Non lo so, ma morivo dalla voglia di vederlo, di sapere com’era fatto, di conoscerlo per davvero.
 
 
 
  
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