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Autore: FlyingBird_3    03/01/2014    3 recensioni
Emilia Romagna, Agosto del 1944
Il generale Badoglio ha firmato l'armistizio con gli Alleati, lasciando però i soldati italiani senza un ordine preciso su come comportarsi con l’esercito tedesco.
Maria De Felice è una ragazza di 23 anni, italiana, nata in una famiglia di alta borghesia. Ha potuto studiare con insegnanti privati, ed il suo sogno è quello di seguire il padre nei suoi viaggi attraverso l'Europa.
Friedrich Schuster, ufficiale delle SS a 30 anni, onorato di molte medaglie al valore per le sue imprese di guerra, guida le truppe tedesche all'occupazione dell'Italia settentrionale.
Le loro storie si intrecceranno, sullo sfondo della seconda guerra mondiale, cambiando radicalmente le loro vite...
Genere: Guerra, Romantico, Storico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Guerre mondiali, Dopoguerra
Capitoli:
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Una settimana chiusa in casa. Francesco non stava scherzando quando ha detto che non sarei più uscita; mi ha tolto le chiavi, cambiando addirittura la serratura.
Non è venuto nessuno a trovarmi, come di solito accadeva più di una volta al giorno; Francesco comunque deve aver dato la chiave ad Anna, per assicurarsi che non mi accada niente.
Ed ora non vuole parlarmi nemmeno lei… non avrei mai immaginato avessi potuto creare uno scandalo del genere, per una cosa che per me è più che giustificata. Ma questo la gente non lo sa, non può capirlo.
Credo che nessuno potrà mai capirlo se non chi l’ha passato.
Nonostante Francesco sappia quanto odio essere chiusa in casa dopo quello che è successo dieci anni fa, non vuole sentire ragioni; così ho passato tutta la settimana da sola, pulendo e facendo da mangiare.
Sono le tre e mezza del pomeriggio, ed io sono seduta davanti allo specchio in camera mia, che rammendo i calzini del mio bambino.
All’improvviso sento il rumore della chiave che gira nella toppa al piano di sotto e butto tutto per terra, correndo giù per le scale per vedere chi è; di solito sono da sola fino a sera, quando Francesco torna a casa fermandosi a prendere Federico da Anna.
Mi fermo sull’ultimo gradino: è proprio lei con il mio bambino, che stanno entrando.
“Anna! Cosa… ci fai qua? Non andartene…” provo a chiederle, ma lei è titubante.
“Devo andare dal medico con i bambini. Non riesco a star dietro a tutti. Scusami…”
La vedo uscire dalla porta, ma prima che la chiuda mi avvicino, fermandola con le braccia.
“Anna, per favore! Almeno tu parlami!”
Lei mi guarda ancora con quello sguardo, che a tratti sembra anche dispiaciuto.
“Maria… mi dispiace, io…”
Cerco di insistere: non posso continuare con questa situazione di solitudine ancora a lungo.
“Avanti Anna! Non giudicarmi senza sapere come sono andate le cose…”
Lei è ancora titubante, come se si sentisse in profondo imbarazzo a parlarmi.
“Tu… non mi hai mai detto niente. E Riccardo è un collega di mio marito, ci conosciamo da anni. È una persona fidata, e gli crediamo. Io non so se la storia sia vera…” dice, alludendo a Federico, “ma comunque tu sei sposata. Hai tradito la persona più importante della tua vita, facendo andare di mezzo anche noi che te lo abbiamo fatto conoscere e gli abbiamo parlato bene di te”
Finisce così, senza darmi il tempo di controbattere; chiude con forza la porta, mentre una rabbia che non sentivo da tempo mi fa scoppiare in lacrime.
La gente mi evita perché amo un uomo che non è mio marito: perché per un uomo che ha una relazione fuori dal matrimonio è diverso, mentre per una donna no?
Corro in camera, chiudendomi dentro per riprendermi: non voglio che Federico mi veda così.
Non so lui cosa ne pensa di questa situazione, cosa gli abbiano detto, se mi ripudia o no.
Dopo alcuni minuti sento grattare alla porta, e la sua voce chiamarmi.
“Mamma… posso entrare?”
Mi asciugo gli occhi, cercando di dirgli si, ma la gola mi si è seccata; me la schiarisco, dopodiché glielo ripeto meglio.
Sono seduta sul letto, e lo osservo entrare, un po’ impacciato.
È da quando Riccardo se n’è andato che io e Federico non parliamo più, perché Francesco ha voluto lasciarmi da sola giustificando questa azione con “tuo figlio potrebbe prendere i tuoi vizi”.
Lo guardo, un po’ intimorita da come potrà reagire; lui non dice niente, ma si siede vicino a me, abbracciandomi.
“Mi sei mancata” dice, stringendomi forte.
Io lo stringo forte a mia volta, cercando di non piangere ancora.
“Anche tu mi sei mancato amore… mi sei mancato come l’aria…”
Restiamo in silenzio un po’, godendo della presenza dell’altro. Poi lo allontano da me, guardandolo in viso: è bellissimo, proprio come suo padre.
Gli sistemo un po’ i capelli, e lui stranamente si lascia fare.
“Mamma… lo zio mi ha detto che Friedrich in realtà è mio papà”
A quella frase sento un vuoto allo stomaco; cerco di rispondergli, il più sinceramente e delicatamente possibile.
“Fede, guardami. Sto per farti un discorso lungo, quindi ascoltami bene. Non so cosa ti abbia raccontato tuo zio, ma in ogni caso la verità te la posso raccontare solo io, perché lui non c’era quando è accaduto.”
Lui fa di si con la testa, all’improvviso concentrato.
“Durante la guerra l’esercito tedesco invase parte dell’Italia, e questo comprese anche il paese in cui abitavo con Francesco, tua zia Elena e i nonni. Alcuni italiani si riunirono in gruppi per scacciare i tedeschi, e di questi faceva parte anche lo zio come ben sai. Si riunivano nella nostra casa, e i soldati tedeschi li scoprirono, facendo però andare di mezzo noi.
Uccisero tutta la nostra famiglia… tranne me. Friedrich era a capo di quei soldati e li controllava, ma l’ho visto con i miei occhi che non ha dato l’ordine di uccidere nessuno; invece ha dato l’ordine di salvare me.
Ho collaborato con loro per alcuni mesi, e lui mi è stato vicino; entrambi eravamo soli e stanchi. La guerra non è solo sparare e divertirsi come pensi tu ora. È morte, tristezza, solitudine.
Ci siamo amati e da quell’amore sei uscito tu. Quando ho scoperto di essere incinta, lui mi aveva dovuta lasciare già da un pezzo… anche quella volta mi ha salvata, risparmiandomi la morte.
Sono andata a lavorare da delle suore in un convento per farti crescere bene, non so se te lo ricordi. Sei la cosa più bella che abbia fatto e ti giuro che non ti lascerò mai, qualsiasi cosa accada. Non ti ho lasciato quando non avevo niente, e non ti lascerò ora.
Friedrich comunque non sapeva che io aspettavo te… si è presentato questa primavera, dopo aver passato tutti questi anni in carcere.”
Federico abbassa gli occhi, mettendosi a giocare con i fili del tappeto.
“Perché non me l’avete detto prima?”
Sospiro.
“Avrei voluto farlo. Io non mi sono mai vergognata di aver amato tuo padre. Ma come vedi, le stesse reazioni che hanno suscitato questa cosa adesso, sono successe anche dieci anni fa”
“Cioè?”
“I tedeschi erano visti male. Erano i nemici, i freddi assassini che ammazzavano senza pietà. Stare con uno di loro, significava essere ripudiati da tutti. Hanno ripudiato anche te all’inizio, perché sei suo figlio.
Questi capelli biondi, gli occhi azzurri, la pelle chiara… sei la sua fotocopia. E per molto tempo la gente ha avuto pregiudizi contro di te, ma ho fatto di tutto perché crescessi come ti saresti meritato.”
Rimane in silenzio per un po’ prima di parlare ancora, iniziando a preoccuparmi.
“È simpatico Friedrich, anche se un po’ silenzioso”
Sorrido, accarezzandogli le mani.
“Non sentirti in dovere di fare niente tesoro. Lo so che per te dev’essere strano, forse può anche farti sentire a disagio. Ma fai quello che senti, non voglio costringerti ad amare chi non hai mai conosciuto.”
Lui fa di si col capo, poi si avvicina, abbracciandomi.
“Ti voglio bene mamma. Se vuoi saperlo sono contento che Riccardo se ne sia andato, non mi è stato mai simpatico. E non voglio più che sei triste per colpa sua”
Lo stringo di nuovo a me, baciandogli i morbidi capelli biondi.
 
Dopo due ore circa, sentiamo la porta aprirsi di sotto; scendiamo, incontrando ancora Anna.
“Riporto Federico a casa mia” dice.
Mi giro a guardare l’orologio, e vedo che sono le cinque e quaranta: Francesco di solito torna più o meno tra mezz’ora.
Federico mi guarda, speranzoso di non andare, ed io non vorrei lasciarlo.
Poi all’improvviso collego le cose: il pediatra è disponibile solo di mattina ed il pomeriggio visita a domicilio, ma solo in casi urgenti.
Anna ha voluto farci passare un po’ di tempo insieme, venendo a riprendere Federico prima che Francesco se ne possa accorgere.
“Vai Fede. Ci vediamo tra poco, non ti preoccupare”
Gli do una piccola spintarella, facendogli l’occhiolino; poi guardo Anna che esce con lui.
Prima che chiuda la porta, si gira e mi guarda a sua volta.
“Grazie” le dico.
Lei mi fa un piccolo sorriso, poi chiude la serratura.
 
È notte fonda e sono stesa a letto, incapace di prendere sonno.
Il giorno dopo che Riccardo se ne andò, Francesco volle subito sapere come facevo ad incontrarmi con Friedrich, ed io ho dovuto dirgli la verità; almeno sono riuscita a dissuaderlo dal chiudermi in camera, la notte.
Forse sto iniziando a soffrire di insonnia, ma rimango sempre in uno stato di limbo, tra il sogno e la realtà, che dura fino alle quattro di mattina circa. Orario in cui poi riesco a prendere sonno.
Sento degli scricchiolii provenire da fuori, ma non ci faccio caso: è una casa vecchia, scricchiola tutto il giorno.
Sto pensando a Riccardo ora: chissà cos’ha raccontato in giro; di certo devo avergli ferito particolarmente l’orgoglio, perché dover ammettere che sono andata con un altro è una cosa avvilente, per lui. Ma per come poi si è rivelato, meritava anche di peggio.
Con gli occhi percorro tutta la stanza che ho sistemato con gli anni: le lunghe tende azzurre, il boudoir alla francese, i grandi specchi, ma soprattutto l’elegante armadio in mogano. Piano piano, risistemando mobili vecchi che la gente non voleva più, ho fatto una camera degna di una signora.
Mi concentro sulla poca luce che entra dalle fessure dei balconi, quando mi pare di scorgere un’ombra provenire da fuori. Sbarro gli occhi, all’improvviso più attenta.
Cosa può esserci fuori da camera mia a notte fonda?
Vedo distintamente qualcuno camminare sul balcone.
Un colpo forte mi fa salire il cuore in gola, mentre le porte si aprono; c’è qualcuno nel mezzo, ma non riesco a distinguere bene.
Mi tiro su le coperte, cercando di coprirmi, ed intanto prendo il libro che stavo leggendo, per difendermi; il cuore mi batte all’impazzata mentre la figura si avvicina, ricoprendosi di buio.
Maria
Riconosco subito la sua voce calda e mi rilasso all’istante. Scosto le coperte, alzandomi; mi avvicino e lo abbraccio, stringendolo forte a me.
“Mio dio, sei tu…”
“Maria cos’è successo? Stai bene?”
Non rispondo, concentrata troppo sulla sorpresa che mi ha appena fatto.
“Maria?”
“Shh. Parla piano che stanno dormendo…”
“Apri la luce e rispondimi per favore.”
Di malavoglia lo lascio e mi avvicino alla lampada del comodino, accendendola: vedo le espressioni cambiare sul suo viso.
“Chi ti ha fatto questo?”
Intuisco stia parlando del livido, anche se non so come abbia fatto ad accorgersene, dato che non si vede quasi più.
“È stato Riccardo. L’hanno scoperto, e lui ovviamente si è arrabbiato… ma l’importante è che se ne sia andato. Non sopportavo più di averlo accanto…”
Si avvicina, prendendomi il viso in una mano e passando delicatamente il pollice sopra la ferita: l’occhio sinistro è attorniato solo da un leggero viola dallo zigomo fino al sopracciglio.
Mi stringo nelle spalle per il freddo che sta entrando dal terrazzino; lui lo nota e torna indietro a chiudere i balconi.
“Come hai fatto a sapere che non potevo più uscire?” gli chiedo.
Lui si riavvicina, fiero e dritto come sempre.
“È venuto Federico a dirmelo. Tuo fratello deve avergli raccontato tutto. Mi ha chiesto se è vero che sono suo padre… e poi mi ha raccontato di te, mi ha chiesto di venirti ad aiutare”
Ecco come ha fatto a sapere del livido.
Cosa ti ha detto? Ma soprattutto quando?” gli chiedo, incredula.
“Oggi pomeriggio. Mi ha detto che tuo fratello ti ha chiusa in casa e che tu piangi per questo motivo. Ma è vero? Maria dimmi la verità”
Sospiro, spostando lo sguardo da lui.
“Si è vero. Così pensa di proteggermi… chissà Riccardo cosa ha detto. La gente penserà che sia una prostituta o cose del genere…”
Torno a guardarlo, e lo vedo ricambiare il mio sguardo con una leggera tristezza.
Mi avvicino a lui, prendendogli le braccia.
 “Friedrich, scappiamo insieme. Andiamo via io, te e Federico. Non ne posso più di questa situazione... Vorrei finalmente stare con te e il nostro bambino, e basta.”
Quello che vedo sul suo volto non è quello che vorrei vedere ora: abbassa lo sguardo, come ogni volta che nasconde qualcosa.
“Non credo sia possibile” dice.
Il respiro mi si mozza in gola, ma cerco di calmarmi.
“Cosa significa? Te ne stai andando anche tu?”
“No Maria, non vado più da nessuna parte. Ma non possiamo vivere assieme” continua, ermetico.
Mi allontano, guardandolo con espressione dubbiosa.
“Perché? Cosa c’è ora che non va? Non m’importa se dovremo stare in un monolocale, se dovrò fare due lavori… vorrei stare con te, e vorrei che Federico abbia finalmente un padre. Lui è ancora giovane, si farà nuovi amici da un’altra parte…”
“No Maria, non è possibile che voi viviate con me. Ho ricevuto delle minacce di morte.”
Spalanco gli occhi, sedendomi sul letto.
“Da chi?”
“Dopo che è stato riaperto il processo hanno indagato sulla mia vita personale. Hanno scoperto che abito qua, ed estremisti di sinistra mi hanno minacciato di morte se rimango in Italia.”
Rimango un attimo in silenzio, digerendo la notizia appena ricevuta; poi mi risveglio come da un sogno, iniziando a parlare troppo velocemente.
“E allora vai via, al più presto… ritorna in Germania, in un posto tranquillo dove nessuno…”
“Perché non capisci?” mi interrompe, “Io non voglio più scappare. Voglio solo essere lasciato in pace. E rimanere vicino a te.”
“Friedrich se mai qualcuno dovesse farti qualcosa io mi sentirei responsabile!”
“Sono io che ho fatto questa scelta, non devi prenderti la responsabilità di niente. Ci parlo io con tuo fratello, non puoi continuare a vivere così”
Lo fermo, mentre si sta avvicinando alla porta.
“Tu non sai quanto è testardo mio fratello! Se ti vede potrebbe anche cercare di ucciderti, ricordati che è stato un partigiano… l’ha segnato più di quanto pensassi”
Mi metto fra lui e la porta, sperando che non la scardinasse; per fortuna le mie speranze sono esaudite.
“Ne parliamo domani mattina. Stai qui con me stanotte… ci sono tante cose che mi devi raccontare” gli propongo, appoggiando le mie mani sul suo grande petto.
Lui abbassa gli occhi come se ci stesse pensando, poi fa un cenno d’assenso stringendo le labbra, e avvolgendo un braccio attorno alle mie spalle.
Lo vedo fare il giro del letto, e stendersi vicino a me che sono già seduta; un brivido mi percorre la schiena, immaginandoci come marito e moglie.
“Vieni qua” mi dice, facendomi segno di appoggiarmi al suo petto.
Mi avvicino, sistemandomi tra le sue braccia, in un posto che sembra fatto apposta per me; e poi penso: l’ultima volta che abbiamo dormito insieme era a Cuneo. Tutte le sere che lo andavo a trovare, dopo aver fatto l’amore, me ne tornavo a casa per non essere scoperta.
“Mi sei mancato così tanto. Ti ho pensato tutta la settimana…” dico, ma lui mi interrompe di nuovo.
“Anche tu mi sei mancata, ma ora dobbiamo parlare di altre cose. Riuscirete lo stesso ad avere abbastanza soldi ora che le entrate sono calate?”
Mi alzo, guardandolo dubbiosa.
“Perché dobbiamo parlare di queste cose adesso?”
Mi guarda con la sua solita espressione indecifrabile.
“Hai paura delle minacce?” chiedo, immaginandomi il peggio.
“No, non ho paura. Per ora posso prendermi cura di te, ma se mi dovesse succedere qualcosa voglio morire con la consapevolezza di non aver tralasciato nulla.”
Lo guardo, sbalordita.
“Non azzardarti più a dire che ti debba succedere qualcosa.” Dico, risoluta.
“Non puoi nascondere la testa sotto la sabbia! È successo quando ero a Stoccarda, ed è successo anche qui. Non sono intimorito, ma…”
“Ma cosa?” dico, alzando un po’ il tono della voce, “Tu devi andartene. Non fare continuamente l’eroe! Come pensi che starei io se sapessi che ti hanno ucciso? Che sei voluto rimanere nonostante le minacce?”
Lui rimane calmo, cosa che mi fa innervosire ancora di più.
“Io voglio rimanere perché sono felice qua. È un posto tranquillo, pacifico. Se dovrò morire, morirò contento”
Mi alzo dal letto, cercando di rimanere calma; lui però mi prende per la vita prima che sia troppo lontana.
“Maria… per favore non voglio vederti star male per questa cosa…”
Mi spinge piano la testa vicino alla sua spalla; io mi appoggio, odiandolo e amandolo allo stesso tempo.
“Perché dev’essere tutto così complicato? Io vorrei solo stare con te… e vorrei che tu fossi tranquillo e felice…”
Mi prende il viso, costringendomi a guardarlo. Mi accarezza, parlandomi sottovoce.
“Io sono tranquillo e felice. Non ti devi preoccupare per me. Godiamoci questi momenti in cui possiamo stare assieme”
Questa frase l’ho sentita troppe volte… Ma siamo così vicini ora che l’unica cosa che provo è amore, puro: ed ecco che senza pensare affondo le mie labbra nelle sue, stringendolo forte a me come se questa cosa possa impedirgli di andarsene. Lo spingo piano, facendolo stendere sul letto, mentre lui tira su la mia camicia da notte.
Io gli tolgo la maglia, scoprendo quel petto ancora scolpito come una statua greca.
Gli accarezzo le spalle, mentre lui mi bacia ansante il collo; le mie dita riconoscono la cicatrice della ferita che si era procurato i primi giorni a Cuneo, la ferita che io gli medicai.
“Non te lo dico abbastanza Friedrich…” dico, tra un sospiro e un gemito che devo tristemente soffocare.
Ti amo… ti amo…”
Lui non risponde, ma me ne dimentico presto sentendo l’estasi prendermi, mentre i nostri corpi si uniscono ancora una volta.
  
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