Anime & Manga > My HiME - My Otome
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Autore: Shainareth    25/05/2008    5 recensioni
[Mai Otome - manga] Takumi strinse a sua volta l’orecchino nel palmo della mano e si piegò in avanti, fino a poggiare la fronte contro quella della sua Otome, tenuta sotto sedativi per via delle terribili ferite riportate.
Genere: Romantico, Triste | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Akira Okuzaki, Takumi Tokiha
Note: nessuna | Avvertimenti: Spoiler!
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Dunque! Premetto che il manga l'ho letto solo in inglese e perciò sicuramente ho cannato metà del significato della storia, ma poco ha importanza ai fini di questa fanfic, se non relativamente all'IC dei due protagonisti. C'è da dire che, non essendo essi approfonditi come quelli della serie animata (di Mai HiME), temo di essermeli un po' dovuta inventare, dando così vita a due personaggi di gran lunga più maturi (perché tali mi sono parsi durante la lettura del manga) e soprattutto alle prese con un legame contorto, tenendo conto della dichiarazione fatta da Akira Otome in una delle ultime vignette che la ritraggono nonostante fino a quel momento la si sia vista invece devota al proprio Master ed impassibile alle decisioni da lui prese... quindi lungi da me pensare che, a differenza del manga di Mai HiME in cui i due non sembrano avere alcun rapporto sentimentale (o comunque un rapporto non abbastanza approfondito da far presumere qualcosa di simile), anche qui Akira fosse innamorata di Takumi. Buon per me e per tutte le altre fangirl di questo pairing. XP
Inoltrandovi nella lettura, noterete senza dubbio un radicale cambio di tono rispetto alle mie precedenti shot, dovuto principalmente al fatto di trattare personaggi più "seri" rispetto a quelli dell'anime, ma anche al soggetto scelto per questa storia, a tratti drammatica.
Sperando che la cosa non vi faccia storcere il naso, auguro a tutti una buona lettura. ^^
Shainareth
P.S. Ne approfitto subito per mandare un bacio a Cisca90, Chiarucciapuccia, Atlantislux, NicoDevil, Hinata_chan (alla quale questa shot è interamente dedicata) e Gufo_Tave (rimando la risposta alla sua recensione nel terzo capitolo di Pettegolezzi).





Mysterious Peridot

 

 

Le prese la mano stretta a pugno e, schiudendole le dita, rimase di sasso per quello che vi trovò: l’orecchino con il Peridoto. Akira si era strappata dall’orecchio la pietra un attimo prima che venisse colpita per evitare che la stessa ferita, mortale per chi non avesse avuto la fortuna di possedere le nano-macchine all’interno del proprio corpo, squarciasse anche il ventre del suo signore. Takumi strinse a sua volta l’orecchino nel palmo della mano e si piegò in avanti, fino a poggiare la fronte contro quella della sua Otome, tenuta sotto sedativi per via delle terribili ferite riportate.

   Le altre ragazze stavano ancora combattendo gli ultimi focolai di rivolta, e per quanto folle potesse essere sembrata la sua idea di gettarsi da sola contro il più compatto nugolo di nemici, quell’azione aveva permesso al resto delle Otome dei paesi alleati di Windbloom di aggirare il resto degli avversari per poter raggiungere incolumi il pericolo maggiore, il capo di quella squadra d’invasione che, chissà in quale sporco modo, era riuscito a carpire parte dell’antica tecnologia che il Garderobe aveva finora tenuto per sé. (*)

   «Akira?» mormorò il ragazzo quando la sentì emettere un flebile suono dalle labbra, schiuse affinché potesse riuscire a respirare meglio. Non ricevette risposta. «Cosa credevi di poter fare da sola?» la rimproverò poi, bonariamente, baciandole la fronte. «Sciocca… sciocca…» ripeté in un sussurro sommesso, la voce rotta dall’angoscia. La vita della sua Otome era ora appesa ad un filo, e, nonostante ella non avesse avuto neanche il tempo di riflettere sul da farsi quando, dopo una gloriosa impresa che l’aveva vista avere ragione su un largo numero di avversari, era stata accerchiata e colpita quasi a morte, Akira aveva avuto la prontezza – o forse l’istinto – di risparmiare quella ferita, quel dolore e, con tutta probabilità, la morte al proprio Imperatore.

   Takumi spostò lo sguardo sul Peridoto incastonato sull’anello che portava al dito medio della mano sinistra, la stessa pietra che anche Akira aveva indossato fino ad un attimo prima di essere trapassata da parte a parte e di cadere priva di conoscenza fra le braccia dei nemici. Quella pietra sembrava essere stata creata apposta per loro due: si diceva infatti che portasse vigore al corpo, calmasse il sistema nervoso e rinforzasse quello immunitario. Non avevano saputo appurare se fosse dovuto ad un caso o meno, ma da che Akira aveva smesso i panni della semplice guardia del corpo per diventare la sua Otome ed indossare così quella piccola pietra verde, Takumi XIII, da sempre costretto su di una sedia a rotelle per via del suo precario stato di salute, aveva iniziato a sentirsi meglio, riuscendo persino a lasciare il proprio palazzo imperiale per intraprendere dei viaggi che potessero portarlo al di fuori dei confini di Cardair. Soprattutto, però, si diceva che il Peridoto aiutasse a trovare il coraggio dei desideri del proprio cuore. E Akira lo aveva appena dimostrato.

   «Credevo che, diventando una Otome, avresti fatto più attenzione a te stessa» riprese il giovane, senza però tornare a guardare la ragazza, immobile sul letto su cui l’avevano adagiata dopo i primi soccorsi. «Confesso di aver puntato molto, a tua insaputa, su quell’affetto che sapevo provavi per me. Mi ero convinto che, temendo di fare del male anche a me, avresti evitato in qualunque modo di ferirti.» La sua voce, roca e provata dal dolore che la vista della Otome ferita gli procurava all’animo, era quasi irriconoscibile. Erano cresciuti insieme, avevano condiviso gioie e dolori, ed il destino li aveva poi voluti allontanare per via dello stato sociale: l’uno erede dell’Impero di Cardair, l’altra come sua guardia del corpo, prima, e come sua Meister, dopo. Ciononostante, la loro unione aveva continuato a rafforzarsi di giorno in giorno, portandoli ad un punto di esasperazione tale che a loro non bastava più il semplice stare l’uno accanto all’altra, seguitando a recitare quel ruolo che era stato imposto ad entrambi senza ch’essi potessero gridare al mondo cosa avrebbero realmente voluto fare, senza che potessero dar sfogo a quei desideri repressi nei reconditi abissi del proprio animo perché considerati tabù fra un Master e la propria Otome.

   «Sono stato uno stupido, perché mi sono fidato della tua devozione senza neanche rendermi davvero conto di quanto essa fosse immensa.» Gli occhi azzurri di Takumi ripresero a cercare il minimo movimento nei lineamenti del viso pallido della fanciulla, sul quale facevano spaventosamente contrasto i capelli scuri, madidi di sudore ed in parte incrostati di sangue. «Akira…» mormorò ancora l’Imperatore quando la sentì gemere di nuovo. Le labbra gli tremarono per le violente emozioni che, impetuose, si rincorrevano e si attorcigliavano all’interno del suo cuore. Strinse la pietra della ragazza nella mano sinistra per farsi coraggio quando lei schiuse gli occhi purpurei. «Sei stata fantastica» fu la prima cosa che riuscì a dirle.

   Sul volto di lei si disegnò una smorfia sofferta che voleva essere in realtà un debole, incerto sorriso. Annaspò a vuoto per qualche istante prima di riuscire a sibilare: «… Siete… ferito…?»

   Fu a quel punto che il giovane crollò, e la mano della Otome che lui teneva ancora nella sua fu dolcemente baciata dalle lacrime che iniziarono a grondare dai suoi occhi. Scosse il capo per tranquillizzarla, ed infine tornò a poggiare la fronte contro la sua, cercando di regolare il respiro e di riacquistare padronanza di sé. «Sto bene grazie a te» le assicurò, inspirando con morbosa adorazione l’odore del sangue rappreso. «Tuttavia… d’ora in avanti ti faccio divieto assoluto di usare ancora i tuoi poteri.» La sofferenza dell’espressione di Akira si acuì nell’udire quelle parole, ma non riuscendo a trovare la forza per piangere o per ribattere, la guerriera si limitò a muovere le dita fra quelle del suo signore, forse per comunicargli la propria contrarietà al riguardo. Takumi si impose di ignorarla e, forte dell’appoggio dei poteri di quella pietra che aveva già fatto più di un miracolo, continuò: «Non voglio più una Otome, Akira. Non se poi devo vederla in queste condizioni.» Tacque per cercare le parole più adatte per condividere con lei i propri desideri, e quando fu in procinto di tornare a parlare, scorse una lacrima all’angolo dell’occhio della ragazza. L’asciugò con un bacio. «Non ti scaccio dal tuo posto, sta’ tranquilla» riprese allora con una sfumatura di tenerezza nell’intonazione, carezzandole il dorso della mano con le dita. «Continuerai a restare al mio fianco, te lo giuro.» La vide piangere più di prima, e questa volta non per il dispiacere. «Ma prima che questo accada, anch’io voglio una promessa da te: devi riprenderti del tutto. Ho bisogno di te.»

   Akira cercò di ritrovare la voce, venutale meno a causa del respiro accelerato, e di reprimere le lacrime, ma l’oppressione di quell’infermità fisica e delle forti emozioni dovute all’ansia di essere abbandonata e alla paura di morire – timore che sempre l’aveva accompagnata da che era diventata una Otome, pena la contemporanea morte del suo signore – le impedivano di farsi obbedire dal suo corpo. Fu solo dopo vari, disperati tentativi che le riuscì di sussurrare un appena percettibile: «… Grazie… Takumi…»

 

 

 

 

 

(*) Sfortunatamente non ho la più pallida idea di che cosa possa essere realmente accaduto, ma chissà che in futuro io non tragga spunto da questa shot per creare un qualcosa di più vasto che coinvolga l’intero universo di Mai Otome (manga).





  
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