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Autore: helhime    04/01/2014    2 recensioni
Bella viaggia fino a una misteriosa casa nel profondo di un bosco, alla ricerca di aiuto per spezzare la maledizione che grava sul suo principe...
Questo è solo l'inizio di una serie di rivisitazioni di favole classiche: spero che vi divertirete a leggerle come io mi sto divertendo a scriverle! :P
Genere: Angst, Fantasy, Horror | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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   C'era una volta una piccola casa nera, sprofondata come un sasso in un bosco nero.

Per arrivarci, bisognava percorrere uno stretto e nero sentiero, che serpeggiava tra neri tronchi, contorti come le dita di uno scheletro coperto di fango.

E dentro quella dimora, viveva una strega, nera anch'essa.

Morgana era il suo nome.

Morgana non era giovane né vecchia. Non era bella né brutta. Morgana semplicemente esisteva.

E questo era già un insulto sufficiente alla realtà, senza bisogno di aggiungere aggettivi.

La megera aveva sempre dimorato laggiù, anche se nemmeno i più vecchi ricordavano quando esattamente fosse arrivata. Qualcuno diceva persino che ci fosse sempre stata, vecchia quanto la più vecchia delle querce del bosco, antica quanto era antica la terra stessa su cui dimorava.

Nessuno faceva mai visita a Morgana nel profondo del bosco: solo chi si smarriva – o chi  aveva smarrito la speranza.

Venne dunque il giorno in cui una giovane giunse nel cuore del bosco, in cerca di Morgana: aveva la pelle bianca come la porcellana e gli occhi limpidi come il cielo oltre le foglie. Al suo passaggio i rovi si scostavano, timorosi di ferirla, e i lupi chinavano la testa, inorriditi all'idea di spaventarla con le loro fauci.

La fanciulla camminava sicura, il suo semplice abito l'unica cosa bianca in quel tetro bosco.

Cercava forse il consiglio della megera? Questo si chiedevano i corvi dagli occhi scuri come bottoni.

Lei l'avrebbe divorata di certo! Tremavano le falene dalle ali brune come antiche pergamene.

Tuttavia, la bella giovane nemmeno per un solo istante esitò, fermandosi solo quando era ormai sulla soglia della casupola di legno.

Non serviva bussare: la porta della casa nera era aperta, come ogni giorno di ogni stagione dell'anno. Il vento vi correva libero all'interno, come un visitatore abituale.

La strega sedeva su una seggiola di legno, davanti a un focolare spento ormai da tempo.

“Cosa volete, principessa?” mormorò come mormora l'acqua nello stagno. “Molti secoli si sono posati sulle mie stanche spalle da quando qualcun altro ha osato entrare nella mia dimora.”

   La fanciulla, che vestiva come una contadina, esclamò: “Pietà, mia buona signora, cosa dite?! Non sono certo una principessa: sono solo una sciocca ragazzina del popolo.”

   Morgana rise come ridono le cornacchie all'alba nel cielo addormentato.

“Mai si è veduta donna comune con pelle come alabastro e occhi simili a gocce d'acqua di fonte! Non tentate di ingannarmi: voi siete nata dal sangue e dalle lacrime di chi portò corone d'oro.”

Fuori una fitta pioggia cominciò a percuotere il bosco scuro e silenzioso.

“Lo posso ben dire, visto che son io stessa regina!”

La voce di Morgana era sprofondata in un abisso di tristezza così profonda da far risuonare di dolore ogni singola quercia, ogni più piccola foglia del suo regno, al punto che la giovane visitatrice per un attimo ne fu annichilita: era una sofferenza troppo grande da sopportare per un cuore puro come il suo.

   “Mia signora, vi chiedo pietà ancora una volta!”

La ragazza si lasciò cadere a terra, i riccioli che dipingevano d'oro il pavimento nero.

“Si, io sono figlia di re, eppure sono la più sventurata delle donne!”

Le lacrime rotolarono giù dai suoi occhi come perle.

“Sono la principessa Bella, e vengo da un regno lontano mille leghe dal vostro bosco. E mille leghe io ho fatto, senza dormire né mangiare, per raggiungere questo luogo. Ho camminato, guidata solo dalla luce del sole e della luna, senza altra scorta se non il cielo vasto e infinito. Così ho fatto, secondo le antiche leggende, solo per cercare voi: ho bisogno della vostra magia che può fare ogni cosa!”

   La megera spazzò dalla sua lunga gonna fiori ormai divenuti polvere.

“Un lungo viaggio avete fatto! Quale sciagura mai può averlo provocato?”

   “Mio padre tornava dalla guerra in terra straniera, quando un violento temporale lo spinse a cercare riparo in un maniero avvolto dai rovi.” iniziò a raccontare Bella. “Il padrone del castello, prode nell'uso della spada, minacciò il padre mio di morte per aver profanato la sua dimora, ed egli, per aver salva la vita, promise me in sposa: di tutte le principesse ero infatti quella a lui meno gradita. Fui quindi condotta nel Castello dei Rovi, ma lì vi trovai rose e bellezza, e non il freddo autunno che avevo temuto: il mio amore addolcì infatti all'istante il cuore del crudele sovrano, e mi vinse il suo affetto eterno.”

   “Perché, principessa Bella, splendida di ogni virtù, desiderate dunque i servigi di una strega?”

   La nobile fanciulla le prese una mano nelle sue, gli occhi divenuti scuri come il mare in inverno.

“Voi dite strega, ma se mi aiuterete io fata vi chiamerò, e sette volte benedetta ai miei occhi sarete!” esclamò, baciandole le ginocchia. “Dovete sapere che ero sul punto di sposarmi col Principe del Castello delle Rose: già avevo indossato il mio manto nuziale, il capo cosparso delle viole più pure. Stavo scendendo i gradini che avrebbero fatto di me la donna più felice al mondo, quando un orribile stregoneria colpì il mio amato.”

La voce si ruppe, mentre il pianto le inumidiva di rugiada la veste da povera.

“Le mie sorelle gelose lo incantarono per portarlo via da me: hanno sempre avuto tutto da nostro padre il re, che a loro mai negava nulla, e non poterono perciò sopportare io avessi qualcosa a loro negata – il principe. Non appena il mio amato vide cosa era diventato, il Castello delle Rose si chiuse per sempre, nascondendo alla mia vista il fiore più prezioso di tutti: l'amore.”

   Morgana le posò una mano sul capo, esortandola ad alzarsi.

“Bambina, suvvia! Le vostre lacrime innocenti non si addicono a questi luoghi.”

Si alzò con lentezza, indicandole con un gesto uno sgabello ricavato dal gambo di un gigantesco fungo.

“Sedete e non piangete più.”

I suoi occhi saggi si posarono sulla sua visitatrice.

“Raccontatemi piuttosto di che maledizione si tratta.”

   Bella fece come le era stato detto e si sedette: era infatti risaputo che mai e poi mai si doveva contraddire Morgana, se se ne volevano i favori.

“Il suo aspetto” riprese, con un tremante sospiro, “è molto cambiato: nulla più conserva dell'antica bellezza. Quando si vide riflesso nel lago del giardino, per la rabbia il Principe strappò ogni singola rosa del castello e scacciò fino all'ultimo servo. E alla fine, in una notte di luna piena, mi portò l'ultimo fiore ancora vivo in tutto il suo maniero: era questo il suo addio.”

   La strega la guardava, ma non sembrava davvero vederla: il suo sguardo si perdeva nei ricordi di altre fanciulle forse. Di altre anime altrettanto pure, che erano giunte con i loro sogni infranti fra le mani, sperando che lei potesse riparare ciò che era rotto.

Ma forse mai nessuna ragazza di tale perfezione era giunta in quella piccola casa nera prima di allora, e Morgana stava solo ricordando qualcuna delle sue crudeli malefatte.

“Posso aiutarvi, siatene sicura. Tuttavia, io vi dico questo: donatemi una ciocca dei vostri capelli dorati, e io vi farò scortare nel vostro lontano Paese. Tornate al re vostro padre e sposate un uomo di nobili natali. Dimenticate sia la primavera della vostra vecchia dimora che l'autunno di questo bosco. Questo è il mio consiglio per voi.”

   La fanciulla si gettò ancora ai piedi della strega, in lacrime.

“Ve ne prego! Se mi scaccerete, ne morirò! Tesserò una corda con le mie stesse chiome e mi impiccherò alla quercia più antica.”

   Morgana parve diventare più grigia e più vecchia davanti a quella minaccia.

“Vi domando allora, Bella: siete pronta a sacrificare il prezzo richiesto perché io spezzi l'incanto? Siete pronta a donare a me la cosa che ha di voi più valore?”

   “Prendete i miei occhi, per i quali un sovrano straniero mosse guerra al padre mio, o tagliate fino all'ultimo boccolo della mia chioma, che offusca il sole. Nulla ha più valore del mio amore.”

   Morgana rise, come ridono di noi le fiere dai loro rifugi segreti, celati all'occhio umano.

“Voi parlate come una giovane innamorata, non c'è che dire! Affermate che nulla ha più valore di ciò che provate ora. Molto bene, mia principessa. All'alba scioglierò l'incantesimo sul vostro principe.”

Il vento urlò fuori alla casetta nera, ma nessuno parve udirlo.

“Quando il gallo canterà lassù, nei verdi campi a nord, allora egli sarà di nuovo libero dal sortilegio.”

Morgana prese dal fondo della misera stanza un cumulo di paglia e lo gettò tra le ceneri, fredde come il suo cuore antico.

“Ora però ascolterete le mie storie, prima di partire. E quando il gufo annuncerà il calare della prossima luna, voi tornerete da me: allora mi direte quanto vale il vostro amore quando manca ogni altra cosa.”

La strega si sedette, il camino che riprendeva lentamente vita e calore.

E piano piano cominciò a narrare...

 

 

 

  
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