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Autore: _Nayre_    04/01/2014    3 recensioni
'Sono stanca di sperare in cose che non succederanno mai, sono stanca di continue delusioni e cambiamenti, vorrei semplicemente vivere la mia vita in pace, ma non c'è niente nella mia vita che mi dia pace...mi sento in continua tempesta, vorrei fermare tutto questo solo per un giorno, vorrei non sentirmi così inutile e sola, vorrei affronatre solamente un problema alla volta, vorrei una sottospecie di normalità e non essere schiavi di una realtà che non si vuole accettare; vorrei semplicemente vivere.'
Genere: Drammatico, Malinconico, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Liam Payne, Niall Horan, Nuovo personaggio, Un po' tutti
Note: Movieverse | Avvertimenti: Tematiche delicate, Triangolo
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-1 Hospital.

 
E’ mattina; il sole si inoltra nella mia stanza attraverso la finestra. Il giorno è arrivato; mi alzo e trascino il mio corpo dolorante sotto la doccia; oggi è il giorno della visita.
Ho aspettato con ansia questo giorno, ma adesso ho paura; vorrei ritornare sotto le coperte e cancellare il 9 aprile dal calendario; vorrei semplicemente non avere problemi, almeno per un giorno.
Il rumore di una porta che si apre mi fa ritornare alla realtà; mia madre si è svegliata. Faccio tutto più veloce possibile, mi sciacquo, esco fuori dalla doccia e ritorno nella mia camera, tutto solo per non vederela; per non vedere lei; per non vedere i suoi occhi.
Apro l’armadio fissandolo come se aspettassi una risposta sulla solita domanda di routine  -‘Cosa metto oggi?’- ma alla fine sono sempre i soliti vestiti monocolore: jeans e felpa neri con maglia e air force bianche. C’è chi dice che l’abbigliamento è un modo come un’altro per esprimere la propria personalità, bene, questa sono io. Sono una macchia di nero nel bianco; qualcosa che non si sente di appartenere nemmeno a se stessa; un’essere che non troverà mai un posto chiamato ‘casa’.
Ho finito di vestirmi, lego i capelli in un tuppo scombinato; preferisco non turccarmi oggi, solitamente uso il trucco per coprirmi, coprire tutte le mie imperfezioni, ma oggi non sono in vena, voglio solamente fare in fretta e tornare a dormire, lasciare tutti e tutto fuori da quella porta; esserci solamente io e il mio pensiero.
Prendo il telefono e le cuffie le metto in tasca e vado nella sala da pranzo; trovo mia madre seduta su una poltrona che sorseggia una tazza di the, cerco di evitare il suo sguardo scrutatore e vado in cucina a prepararmi del caffé, ne ho veramenete bisogno.
-‘Non si da più il buongiorno? Credevo di averti insegnato le buone maniere’- dice con voce esausta mia madre dall’altra stanza; speravo di essere invisibile ai suoi occhi. –‘Buongirno.’- rispondo seccata prima che la macchina del caffé copra il rumore delle nostre voci; il caffé comincia ad uscire riempiendo la tazzina; il solo
profumo mi fa risvegliare del tutto.


***

Entriamo in macchina, guardo l’orario sul telefono: sono appena le dieci del mettino; la visita è tra unì'’ora, ma meglio non ritardare.
Il tragito è di minimo mezz’ora, meglio ascolatre un po’ di musica; prendo le cuffie che ho nella tasca e le collego al telefono, scorro la playlist, non mi vanno dei ritmi troppo movimentati, il mal di testa mi perseguita da questa mattina, quindi preferisco qualcosa di più calmo e rilassante. Metto play e mi lascio trasportare dalla melodia; le parole mi entrano dentro, sembra la canzone giusta per me in questo momento. Rifletto molto sul testo; di questi periodi la cosa che mi viene meglio, a quanto pare, è pensare.
Le canzoni si susseguono, una dopo l’altra; il tempo passa, ma siamo ancora in macchina. Guardo l’orario sul display del telefono, sono già le 10.35, e per la prima volta da stamattina, scambio una frase con mia madre –‘Verso che ora dovremmo arrivare in clinica?’- la mia voce è quasi trasparente –‘Non manca molto, tra circa dieci minuti, speriamo di non fare tardi...’-.
Nel tono di mia madre c’è malinconia, è più preoccupata lei per il risultato degli esami che io, forse lei, a differenza mia, ha capito quanto è importante questa visita. Per tutta la mia vita non ho fatto altro che spostarmi da una clinica ad un’altra, mia madre è sempre stata alla ricerca di un medico che ci possa dare qualche speranza, che le potrebbe dare una sparanza; io ho smesso da tanto a credere di avere una possibilità, forse sono stanca di illudermi, forse non voglio sperare in qualcosa che so benissimo che non accadrà mai; accetto di fare tutte queste visite solamente per lei, perche non ho più il coraggio di guardarla negli occhi per paura di vedere tutta la sua sofferenza, il dolore. Vorrei portarmi con me tutto questo, vorrei levarle un peso, ma mi rendo conto che se io me ne andassi non risolverei niente, ma rinforzerei il suo odio per la vita, e darle una pena in più; se continuo a combattere lo faccio solo per lei.
Il mio sguardo è perso fuori dal finestrino a guardare il nulla; mi piace pensare che lì fuori, fuori da questa sofferenza, c’è qualcuno che ride; qualcuno che piange di gioia, per una nascita o per qualcosa di inaspettato; qualcuno che dopo tante notti passate da solo a bere le proprie lacrime ora vive la vita che merita.
Forse un giorno pure mia madre sarà una di quelle persone, che ride senza motivo, solo perche le va; senza più troppe preoccupazioni; avere finalmente la vita che merita.
Sposto il mio sguardo da fuori il finestrino alla donna al volante: è concentrata sulla strada; come me lei non è un tipo loquace, parla solamente quando non ha altra scelta; quando è interpellata, ma, come me, preferisce starsene lì a pensare, a cercare delle risposte che non esistono.
E’ messa che si tortura il labbro inferiore, questo segna la sua palese agitazione. Le direi i stare tranquilla, ma non farei che peggiorare la situazione, conoscendola; scelgo il silenzio, come la maggior parte delle volte.
Noto in lontananza una struttura, credo sia l’ospedale.
-‘Siamo arrivate.’- dice mia madre confermando la mia ipotesi; bene, il punto ora è scendere dalla macchina. Mia madre scende per prima, mi apre la portiera e mi aiuta a scendere; qualche settimana fa ho avuto un piccolo incidente che mi è costato un’ingessatura alla gamba: sono caduta dalla sedia.
 

//FLASHBACK
 
‘Finalmente si mangia; prendo il piatto che avevo appena preparato e lo poggio sul tavolo, sposto la sedia per sedermi, ma appena mi poggio su essa mi sento cadere; si è rotto il piede della sedia.
-‘Oh mio Dio, Clara! Stai bene?’- dice mia madre, cercando di farmi alzare; quella sedia era rotta da mesi, ma ora era proprio rotta. Mia madre mi cantinua a reggere, notando che da sola non ci riesco –‘Puoi camminare?’- le faccio un segno di no con la testa, mi viene da piangere per il dolore alla caviglia –‘Ma come cazzo hai fatto? Andiamo all’ospedale.’-
Ecco, mi ritrovo sempre distesa su un letto d’ospedale, per un motivo o per un’altro, sono sempre dentro quell’odiosa struttura.’
 
Mia madre mi fa poggiare sulla tettoia della macchina mentre lei si dirige verso il cofano, prende le stampelle e me le porge.
Entrambe ci incamminiamo verso l’interno della struttura; le mura sono di un bianco insignificante, sembra che chiunque entri in questo edificio perda la propria identatà, tutto è così regolare; nessuno sgarra niente; tutti hanno un compito, una posizione; è impossibile resistere quà dentro, ancora mi chiedo come ho potuto fare; spero solamente che non ci debba restare...
Continuiamo a percorrere l’anonimo corridoio; arriviamo nel nostro settore.
-‘Aspetta, mi vado ad informare per il turno.’- dice mia madre con voce rassicurante; mi accomodo su un posto libero guardandola mentre si allontana e scompare tra il via vai di persone in camice.
Osservo tutte le persone nella mia sala; tra tutti un ragazzo sembra essere avvolto da una luce diversa, ha qualcosa di insolito. Sto ancora cercando di capire cosa può avere di così tanto speciale da sembrare diverso dagli altri. Idossa dei jeans e una maglietta rossa con delle converse ai piedi; i capelli sono ben curati, di un castano chiaro; la pelle è macchiata da qualche neo, e nel collo è presente una voglia color cioccolato, lo stesso colore dei suoi occhi; alza gli occhi verso di me, permettendomi di osservarli meglio; ha una strana luce negli occhi, forse è quello che stavo cercando in quel ragazzo; mi accorgo che il suo viso si curva in un sorriso, lo sto fissando e lui se n’è accorto, bella figura di merda. Distolgo subito lo sguardo portando su un quadro difronte a me. Sento il suo sguardo sopra di me, ciò mi mette in suggestione; vorrei sprofondare.
Sento una presenza vicino la mia, mi giro e trovo il ragazzo della voglia sul collo; spero che non abbia intenzione di cominciare un discorso.
-‘Beh, ciao io sono Liam.’- mi dice mostrandomi un’altro sorriso –‘Clara.’- rispondo impassibile. Un pizzico di curiosità mi sfiora, per quale motivo si trova in ospedale? –‘Come mai qui?’- mi lascio sfugire; la curiosità è troppa.
-‘Devo fare alcune visite di controllo, tu?’- a quella domanda molte risposte, potevo inventarmi tante scuse, ma perche mentire a qualcuno che non vedrai più? Opto per la risposta più ovvia –‘Non noti il gesso al piede?’-
-‘Oh si.. scusa non l’avevo notato.’- non è una bugia, la considero una mezza verità; fare pena a qualcuno è l’ultimo dei miei pensieri, lasciamo correre.
-‘Come è successo?’- chiede ancora il ragazzo accanto a me; è alla ricerca disperata di aprire un discorso, ma tutti i suoi sforzi saranno inutili.
-‘Lunga storia...’- -‘Non ti preoccupare, guarda la fila.’- dice indicando con la testa la folla nella stanza; -‘Senti, non sono un tipo a cui piace parlare, scusami...’- dico chiudendo il discorso.
Passa qualche minuto, quando noto che sta scrivendo qualcosa su un pezzo di carta, appena finito me lo porge –‘Questo è il mio numero, mi piacerebbe risentitrti.’- quale della parte di ‘non sono un tipo a cui piace parlare’ non ha capito?
Una voce familiare attira la mia attenzione –‘Clara, andiamo è il nostro turno.’- dice mia madre porgendomi una mano; prendo le stampelle appoggiate al muro e mi alzo. Rivolgo un ultimo sguardo verso il ragazzo accanto a me –‘Ci sentiamo Clara.’- dice con un tono dolce accompagnato da un sorriso, gli rispondo con un debole sorriso prima di allontanarmi da quel ragazzo.

 

ANYWAY

BENE QUESTO E' IL PRIMO CAPITOLO DELLA MIA NUOVA STORIA, L'ULTIMA NON HA AVUTO GRANDE SUCCESSO, SPERO CHE IN QUESTA POTRO' EVITARE GLI ERRORI CHE HO FATTO IN QUELLA PRECEDENTE. SPERO IN QUALCHE VOSTRA RECENSIONE C: ACCETTO CRITICHE DATO CHE NON SONO UNA BRAVISSIMA SCRITTRICE... ANYWAY SPERO CHE LA STORIA VI PIACCIA, BACI.
PS. SE CI SONO ERRORI SEGNALATEMELI, HO RICONTROLLATO IL TESTO 3 VOLTE e.e VE NE SAREI GRATA :)
 xx Nayre
  
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