The
day after’s refrain
“Sto bene.”
Si decide a rispondere alla domanda muta che i suoi occhi gli hanno posto per tutto il giorno, cercandola tra la folla, tra i comignoli crivellati dai buchi della pallottole, tra le fiamme del campo di battaglia.
Non le piace sentirsi quegli occhi tristi addosso: li preferiva la notte scorsa, non così vuoti, non così preoccupati, una piccola luce nel fondo, accesi da qualcosa che non erano le sue fiamme, né i riflessi scarlatti del deserto e dell’aurora latente. Vivi.
“Sto bene.”
E per una volta è davvero così, per una volta è sincera.
Ma sente che lui non le crede: i suoi sensi di colpa sono qualcosa di più grande, più invincibile di qualsiasi rassicurazione. Ha imparato a conoscerli, ha imparato a conviverci, ma riuscire a sconfiggerli è una battaglia che non l’ha ancora vista vincitrice.
“Se avessi voluto fermarti, lo avrei fatto.”
Si assicura di avere i suoi occhi davanti, prima di ripetere la frase.
Si assicura che senta bene quel tu che suona ancora tanto strano.
Lui annuisce, senza dire nulla.
Si stropiccia le mani senza più guanti addosso, le avvicina al fuoco.
Nel movimento, le loro spalle si toccano.
Chiudono contemporaneamente gli occhi.
Come dire,
ho spettato
un pelo prima di aggiornare perché lo scorso capitolo aveva
bisogno di essere
“digerito” (quando l’ho scritto, non sono
riuscita a proseguire per una
settimana ^^”)…
Sono davvero
contenta
(beh, miglior termine sarebbe “sollevata”) che sia
piaciuto: è uno dei capitoli
su cui ho lavorato di più, un po’ per il tema, un
po’ perché in me lottavano
due parti. Una che moriva dalla voglia di scrivere una scena del genere e l’altra che,
come avete rilevato un po’
tutte, faceva giustamente notare che ai fini della trama reale, non
sarebbe
stata così tanto plausibile. Per cui il resto della raccolta
diciamo che è
stato scritto con l’intenzione fissa di riparare a un simile
sfogo creativo e
riallacciarsi il più possibile al naturale corso degli
eventi.
Alla fine mi
saprete
dire se ci sono riuscita o meno.
In ogni
caso, questo
episodio “destabilizzante” (non mi ricordo chi, ma
qualcuna in un commento ha
proprio usato questo termine, “destabilizzazione del loro
equilibrio”: non
poteva essere più azzeccato) offre un bel po’ di
possibilità di manovra dei
personaggi: cosa faranno, cosa diranno, come si affronteranno
d’ora in poi… me
ne sono accorta solo di recente, ma sembra che la loro intera storia
non sia
altro che un alternarsi di traumi più o meno grandi e
successivi tentativi
disperati di riacquistare un minimo equilibrio, anche se precario, in
attesa
della nuova scossa.
Come al
solito mi
dilungo con i miei viaggi mentali.
Grazie come sempre per
i commenti! A prestissimo
Bacione a
tutte