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Autore: Hp_Nameless    05/01/2014    1 recensioni
Salve a tutti voi, popolo di Efp. Vi starete chiedendo: “Perché questa matta mette una frase come titolo di una storia? ” Ebbene, questa è una bellissima frase dei Beatles (che tradotta, per chi non lo sapesse, è: L’amore è vecchio, l’amore è nuovo, l’amore è tutto, l’amore sei tu. Sì, in inglese funziona meglio!) che rispecchia molto la storia, e per questo è stata scelta come titolo. Questa è la storia di Justin Bieber, all’apparenza il solito bulletto, e Jennifer Hall, la sua imprevedibile ragazza.
ATTENZIONE: la storia è un cross-over con Eric Saade, personaggio di spicco verso la metà della storia.
-Amore ma dove mi porti?- chiesi con insistenza a Justin
-Smettila Jen, è una sorpresa- rispose lui continuando a trascinarmi per un braccio. Era il giorno del mio diciassettesimo compleanno e Justin aveva deciso di farmi una sorpresa.
Genere: Romantico, Sentimentale, Triste | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Altri, Justin Bieber, Nuovo personaggio
Note: Lime, OOC | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Love is old, Love is new, Love is all, Love is you
Capitolo 14: Love is new



Così, dopo trentadue lunghe ore di travaglio, finalmente era nato mio figlio!
Il mio corpo non avevo retto lo stress e il dolore di un parto naturale, perciò ero caduta subito dopo in un sonno profondo.
Quando mi svegliai, ore dopo, ero in un letto del reparto pediatria, con mio fratello Joshua che mi teneva una mano e Rosalie, seduta in braccio a lui, che mi osservava. Aprendo gli occhi fui accecata dalla luce, e solo mettendomi a sedere potei notare Emma ed Edward poggiati vicino all’armadietto e Luca che guardava fuori dalla finestra.
Non c’erano né mamma né papà, e c’era da preoccuparsi se nessuno dei due era in ospedale.
Tentai di lasciare la mano di Joshua ma Rosalie strinse le nostre tra le sue.
Prima che potessi domandare dove fosse la mamma, la vidi entrare con un piccolo batuffolo bianco tra le braccia.
«Piccola, saluta la mamma» disse alzando il braccino del piccolo.
Anzi no, della piccola. Il mio primogenito era una bellissima bambina con una folta zazzera di capelli biondi sul capo e due piccoli occhietti azzurri.
Ginevra. Oh sì, quello sarebbe stato il suo nome!
Era nata prematura, ma la mamma mi aveva assicurato che non aveva riportato danni cerebrali né fisici.
Una vera forza della natura!
Quando l’avevo presa in braccio per la prima volta avevo provato una sensazione stupenda, perché lei era la mia bambina, la mia piccolina, la persona più bella al mondo. Io avevo smesso di esistere per Eric, per Juls, per mamma, per i miei fratelli, ora esistevo solo per lei: per amarla, coccolarla, abbracciarla, consolarla, farla felice. Sì, quello era diventato il mio scopo: farla felice!
-Come si chiama?- domandarono all’unisono Emma e Luca nei loro modi di fare da gemelli.
-Ginevra- dissi sicura. Quel nome mi piaceva da… sempre! Era dolce, non troppo lungo, e con un soprannome che poteva essere usato anche come un nome vero e proprio!
Avevo cercato tra l’archivio italiano dei nomi per sapere il suo significato, ed avevo scoperto che significava splendente tra gli elfi, il che aveva un non so cosa di fiabesco.
***
Anche se Ginny stava bene, l’avevano tenuta in ospedale qualche giorno più del dovuto per monitorare attività fisica e cerebrale, solo per stare più tranquilli.
Quando andai a prenderla, il 3 luglio, Joshua insistette per essere lui ad accompagnarmi.
Mi misi in tiro, indossando una gonnellina nera, una canottiera bianca e le scarpette bianche senza tacco e senza suola liscia per non sembrare sciocca o inadatta al ruolo di madre.
[http://www.polyvore.com/hospital_home/set?id=96127281]
Camminai dritta e a testa alta fino al reparto di pediatria e poi entrai spedita nel nido lasciando Joshua fuori ad aspettarmi.
Ne uscii poco dopo con la mia bambina tra le braccia.
-Com’è bella l’amore di zio- disse Joshua mentre mi apriva la portiera della macchina per mettere la piccola nel seggiolino. Era molto più piccola dei bambini normali, lo vedevo anch’io facendo il paragone con quella pagnottella di Rose, quando nacque.
Mi sedetti nel sedile posteriore, accanto al seggiolone, e Joshua guidò con un sorriso per tutto il tragitto, senza staccare gli occhi dalla strada e rispettando ogni limite, divieto o stop.
-Wow Joshua, siamo arrivati a casa nel doppio del tempo che abbiamo impiegato per andare in ospedale- scherzai uscendo dall’auto e prendendo tra le braccia Ginevra.
-È inutile che prendi per il culo- disse tirando fuori il seggiolone, chiudendo la portiera e  aprendo la porta di casa.
Mentre stavo per rispondergli varcai la soglia di casa, trovandomi di fronte tutta la famiglia, con tanto di nonni, intorno al tavolo ad aspettare noi.
La mamma rapì Ginevra portandola a spasso tra i parenti mentre Rosalie mi portava via nel salotto, seguita da Luca, Emma, Edward e Joshua.
Emma mi si sedette accanto, col suo pancione che si notava, ed Edward le stava vicino tenendole la mano.
-Tutti noi- iniziò Rosalie rivolgendo occhiate di fuoco a tutti, -Abbiamo qualcosa da dirti.
Fu Joshua il primo a parlare: -Scusa sorella, se non sono stato capace di proteggerti da quel mostro, e se quando l’ho scoperto non ho saputo proteggervi entrambe.
-Scusa piccolina- continuò Luca, -se non sono stato il fratello maggiore che avrei dovuto essere, proteggerti ed ascoltarti sempre, e se quando hai provato a parlarmi mi sono dileguato.
-Scusa amore mio se ho pensato, anche solo per un momento, che non dovevi avere questa bambina perché troppo piccola e immatura. Non capivo l’amore che si può provare per qualcuno che vive dentro di te, anche se non l’hai mai visto- mi fece commuovere Emma.
-E infine Jen- concluse Rosalie, -scusa se sono stata troppo invadente nei tuoi confronti: avevi bisogno dei tuoi spazi, ma non avevo capito nulla!
Tutte quelle scuse, quel voler farmi capire di essere dalla mia parte, mi fecero sentire… non so… più accetta del solito. Quel calore familiare di cui sentivo la mancanza, si era improvvisamente moltiplicato, avvolgendomi e facendomi sentire protetta e amata.
Per l’arrivo a casa di Ginevra, la mamma, con il sussidio di Emma e Rose, aveva deciso di organizzare un pranzo.
Mi disse di invitare, per la domenica, successiva, Julie, Ashley, Eric e Honey, mentre lei invitò i nonni e delle zie paterne con cui era rimasta in buoni rapporti dopo il divorzio.
***
La domenica successiva, verso le 12.30, arrivò Juls, stupenda nel suo vestito azzurro, col viso limpido contornato dai capelli scuri, pronta per aiutare la mamma, Emma, in un bellissimo abito rosa simile a quello di Rosalie del primo appuntamento, e Rose, in forma smagliante nel suo abito felino.
Più tardi arrivarono zia Carol e zio Josh con Toby e Harry, e, insieme a loro, zia Hanna e zio Shan con Arya e Spencer.
Alla fine arrivarono Honey, Eric e Ashley.
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Tutti si abbuffarono di pasta bianca con spinaci e carne macinata, pollo e patate e insalata come contorno, facendo i complimenti a mamma per l’ottimo cibo italiano.
Nel bel mezzo del pranzo Ginny iniziò a piangere, così decisi di portarla a fare un giretto fuori, nel giardino, per farla calmare.
Mi sedetti sul dondolo sul retro, a osservare il viale vuoto, quando vidi un’ombra avvicinarsi.
Spaventata, portai Ginevra dentro, affidandola a Rosalie, e andai vicino la siepe.
Un rumore di foglie calpestate, di nuovo un’ombra e poi la dottoressa Bieber mi spuntò davanti con una lettera tra le mani.
-Ancora lei?! Cosa diamine vuole?- domandai attaccandola e nel contempo riprendendomi dallo spavento.
-Tua figlia è bellissima Jennifer- rispose indicando il balcone dal quale erano sparite, pochi secondi prima, Rose e Ginny. –Sono venuta solo per darti questa- disse consegnandomi la lettera e sparendo lungo il viale isolato.
La guardai percorrere la curva, poi sparire insieme all’eco dei suoi passi.
Mi sedetti sul dondolo e lentamente aprii la lettera: profumava di menta e vaniglia, gli odori preferiti di Justin…
Cara Jennifer,
So che ce l’hai con me, ma come posso biasimarti?
Ti avevo promesso che ti sarei stato vicino, che ti avrei aiutato, e invece sono scappato come un codardo, convinto da mio padre e Jason.
Lo so che non dovrei essere qui a scriverti questa lettera, che dovrei essere in capo al mondo per te, per non vedermi mai più, ma la verità è che starti lontano mi fa male, tropo male, un male che non credo di aver mai provato prima.
Quando siamo partiti ho visto la tua faccia, per strada, e sono scoppiato a piangere. Sì, proprio io che prendevo in giro i ragazzini che piangevano, ho frignato per tutto il viaggio, come un bambino senza il suo giocattolo preferito.
Quel bambino però, ha capito di volerlo per davvero quel giocattolo, e ha intenzione di venirselo a riprendere anche se sarà contro tutto e tutti.
Ti amo Jen, ti amo come non ho mai amato nessuno in vita, ti amo come la luna ama le sue stelle e come le montagne amano il tramonto.
Ti amo, e non smetterò mai di farlo.
In attesa di tue notizie
Justin
L’inchiostro era sbiadito in alcuni punti, reduce delle lacrime, supponevo.
Cavoli... Justin che piange… Allora ci tiene davvero a me!
No! Non era vero, erano tutte scuse per farmi cadere di nuovo in trappola e magari perdere Jennifer, per sempre.
Lo stesso per sempre che mi aveva promesso quando mi corteggiava, lo stesso per sempre in cui avevo sperato quando seppi della gravidanza, lo stesso per sempre che aveva spezzato e buttatomi in faccia.
No, non ci sarei cascata ancora, non sarebbe riuscito di nuovo a ingannarmi.
N.d’A
E voi? Cosa ne pensate voi di questo inaspettato Justin? Fatemi sapere le vostre opinioni, mi raccomando ;)
A presto
Ily
  
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