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Autore: jovina    05/01/2014    3 recensioni
Lizzie e Jamie non erano amici. A malapena si conoscevano.
Nessuno dei due era intenzionato ad avere un qualsiasi tipo di rapporto con l’altro, escluso quello lavorativo. Ma una sciarpa, rossa come il filo del destino, cambierà le cose...
Genere: Commedia, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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CAPITOLO 1: L’equivoco
 
 Lizzie
Jamie
 
Lizzie e Jamie non erano amici. A malapena si conoscevano.
Nessuno dei due era intenzionato ad avere un qualsiasi tipo di rapporto con l’altro, escluso quello lavorativo.
Da un paio di mesi, infatti, ogni pomeriggio Lizzie andava a casa dell’attore, la puliva da cima a fondo; talvolta lasciava qualcosa di pronto da mangiare per la cena e, alle 19.00 precise, se ne andava.
Da parte sua, Jamie usciva non appena lei metteva piede oltre la soglia e rientrava solo quando lei non c’era più.
Ma un pomeriggio di inizio Ottobre, Jamie decise di tornare a casa prima; un po’ per il freddo, un po’ per la noia. Se ne stava però in piedi davanti alla porta d’ingresso pensando che una volta entrato avrebbe dovuto salutare la cameriera.
Merda…com’è che si chiama? Maledetta memoria, perché non me lo ricordo mai?!
Bè, potrei sempre cavarmela con un “ciao, sono a casa”. Ci pensò seriamente per qualche istante…
Dio, così no! Fa tanto padre di famiglia!
Ma come diavolo si chiama?!
Prima che potesse maledirsi ancora una volta l’uscio gli si spalancò davanti e lui si trovò davanti una faccetta sorpresa.
Lizzie! Ecco come si chiama! È così facile, perché me lo dimentico sempre?!
Nel frattempo la ragazza si era scostata dal passaggio e lo guardava con le sopracciglia alzate, come a dire “allora, entri o stai li fuori?”.
«Come facevi a sapere che ero davanti alla porta?», le domandò entrando nel salotto. Con il camino acceso quella stanza diventava incredibilmente accogliente.
«Ti ho visto mente passavi sul vialetto dalla finestra della cucina. E visto che non ti sentivo entrare ho pensato che forse avevi dimenticato le chiavi ».
Per un attimo riaffiorò alla mente di Jamie un ricordo di quando sua madre lo rimproverava per aver dimenticato le chiavi e sentì quasi il bisogno di giustificarsi.
«Ce le ho le chiavi! Mi ero solo fermato a pensare a una cosa…», si infilò una mano nei capelli e si grattò distrattamente la nuca.
«Stavi cercando di ricordare come mi chiamo? », domandò lei con un sorriso.
Anche Jamie sorrise.
«Ok, mi hai beccato! Scusa »
«Non fa niente, capita », Lizzie liquidò il discorso con un’alzata di spalle, poi si diresse verso la cucina, «Vuoi un tea? Il bollitore è già sul fuoco »
Il ragazzo la seguì e la ringraziò; era solo Ottobre, ma quel giorno faceva un freddo micidiale e una bevanda calda non poteva fargli che bene.
Guardò, fuori dalla finestra, il cielo plumbeo di Londra: di lì a poco avrebbe cominciato a piovere…di nuovo!
Ma quando arriva l’estate? Pensò.
«Come ti sei accorta che non ricordavo il tuo nome? », le chiese distrattamente.
«Perché quando devi chiamarmi esiti sempre e la maggior parte delle volte alla fine dici “hey ragazza” »
Lizzie non era offesa dalla cosa, sembrava solamente divertita.
Quando sentì il rumore di uno sportello che si apriva cigolando, Jamie si voltò e non poté trattenere una risata: Lizzie stava cercando di afferrare una tazza dallo scaffale più alto, allungandosi sulla punta dei piedi e saltellando senza risultati.
Con un paio di lunghe falcate, Jamie attraversò la cucina e la raggiunse sporgendosi dietro di lei per afferrare la tazza; poi fece un passo indietro.
«Certo che sei proprio bassa! », esclamò squadrandola da capo a piedi.
La ragazza si voltò di scatto verso di lui e le sue sopracciglia guizzarono verso l’alto, sul viso le si dipinse un sorriso sghembo.
«Questa non è il genere di frase che non si dovrebbe dire ad una ragazza! E comunque non sono bassa, sono minuta! », lo rimproverò strappandogli di mano la tazza e riempiendola di acqua bollente.
Jamie la osservò per qualche istante: era davvero minuta. Arrivava appena al metro e sessanta ma era ben proporzionata, con curve femminili e una vita sottile.
I capelli avevano il colore del grano e le scendevano fino alle spalle in morbidi boccoli ordinati: la cornice perfetta per un viso regolare, con un nasino alla francese, degli splendidi occhi blu e delle labbra sottili e ben definite.
Lizzie era una ragazza molto particolare, con uno stile retrò che le donava un’aria da diva degli anni ’50.
Si chiese come mai avesse sempre tenuto le distanze da lei; ma liquidò subito il pensiero.
Riprese la tazza di tea e se ne andò in salotto, stringendola fra le mani.
Rimasta sola, Lizzie terminò in fretta il suo lavoro e poi si preparò per tornare a casa.
«Jamie, io ho finito. Vado a casa», dichiarò entrando in salotto e afferrando la sua giacca dall’appendiabiti.
Lui, seduto sul divano, si girò a guardarla.
«Ok, allora buona serata! »
Lei lo salutò con un rapido gesto della mano ed uscì fuori dalla porta di casa.
Dopo un paio di minuti, alzandosi, Jamie notò qualcosa per terra: era la sciarpa di Lizzie; doveva esserle caduta mente se ne andava.
Se non sbaglio prende l’autobus per tornare a casa. Forse faccio in tempo a portargliela.
Afferrò la lunga sciarpa di lana e si precipitò fuori casa.
Come previsto stava piovendo a dirotto, ma invece di prendere un ombrello si infilò la lunga sciarpa sotto la felpa e cominciò a correre lungo il vialetto.
Oltrepassato il cancello svoltò a destra; la fermata era in fondo alla strada e là, riparata da uno sgargiante ombrellino giallo, c’era Lizzie.
«Lizzie! Lizzie! », gridò raggiungendola.
Mentre si piegava per ripararsi sotto l’ombrellino giallo scrollò i capelli, inondando la povera ragazza con gli schizzi di pioggia, facendola ridere.
«Hai dimenticato la sciarpa! Non vorrai mica prendere freddo, nanerottola! », la riprese tirando fuori l’ammasso di lana da sotto la felpa e mettendogliela attorno al collo.
Lei si lasciò scappare un sospiro; «Grazie, credevo di averla persa».
Gli regalò un sorriso, poi si sporse a guardare dietro di lui. «Sta arrivando il mio autobus. Forse è meglio che tu corra a casa; sei bagnato come un pulcino»
Mentre lei scompariva dietro le porte del mezzo, Jamie si incamminò con tutta calma, con le mani in tasca.
Bagnato come un pulcino! Ma figurati! Al massimo bagnato come un leone, o un drago…o un soldato! Un pulcino…io non sembro un pulcino!
 
Dopo quell’insolito pomeriggio tutto tornò alla normalità: Lizzie arrivava e Jamie se ne andava per tornare solo in serata.
Per quasi tre settimane tutto tornò com’era sempre stato.
Poi un pomeriggio, seduta sull’autobus, per sopperire alla noia Lizzie sbirciò distrattamente la rivista di gossip della donna che le stava accanto e per poco non le venne un colpo al cuore.
In copertina, su una foto a tutta pagina c’erano lei e Jamie, sotto la pioggia mentre lui le sistemava la sciarpa. E poi ancora, in altre foto più piccole lei che entra in casa di Jamie, loro due che parlano sull’uscio e, la più sconcertante, un’immagine di lei apparentemente avvolta in un lenzuolo vicino al letto del ragazzo.
Presa dal panico, appena scesa dal bus, comprò la rivista in un chiosco li vicino e si precipitò a casa dell’attore.
Ad attenderla in salotto c’erano Jamie e il suo nuovo agente, un’autoritaria donna sulla quarantina di nome Angy.
«Che cavolo significa questo? », sbottò Lizzie sventolando la rivista davanti ai due.
«Volevamo giusto chiederti la stessa cosa», esclamò visibilmente seccata Angy, «Tu ne sai niente? »
«Ovviamente no! Stai forse insinuando che è opera mia?! », esplose la ragazza sconcertata; gli occhi blu spalancati, un leggero tremito all’angolo della bocca.
Teneva le braccia rigide lungo il corpo e stringeva spasmodicamente i pugni, in un pallido tentativo di contenere la rabbia.
A quel punto, Jamie si allontanò dal caminetto e le si avvicinò, posandole una mano sul braccio.
«Non stiamo insinuando niente. E’ solo che io non parlato con nessun giornalista e naturalmente neanche Angy; perciò ci siamo chiesti se tu avessi parlato con qualcuno…»
Il tono amichevole di Jamie fu come un balsamo per i nervi a fior di pelle di Lizzie, che riuscì a calmarsi un poco.
«Ti posso assicurare che non ho parlato con nessuno. A dire il vero ho sempre detto che lavoravo a casa di una vecchia signora», sorrise timidamente.
Jamie spalancò gli occhi e la bocca, in un’espressione sorpresa: «Una vecchia…ma che cavolo?! »
Prima che potesse terminare venne interrotto da Angy: «Scusa, ma allora che diavolo ci facevi nuda nel suo letto? »
L’arroganza con cui Angy parlava mandava Lizzie in bestia. Era una donna insopportabile!
«Non ero nuda! », rispose la ragazza stizzita, «Stavo cambiando la biancheria del letto e siccome faceva caldo indossavo una canottiera. Quando ho raccolto le lenzuola devono aver scattato la foto creando il malinteso! »
«Bè allora il mistero è risolto! Basterà smentire la cosa e sarà tutto a posto, giusto? », domandò Jamie infilando le mani nelle tasche degli strettissimi pantaloni neri.
«Se vuoi che la stampa si butti su di voi come piranha, si! », esclamò la donna, «Se date una smentita verrete perseguitati, tutti e due. Ma se invece portate avanti la farsa per un po’…insomma, le riviste scandalistiche sono abituate alle tue relazioni lampo», continuò riferendosi a Jamie, poi guardò Lizzie, «E tu avresti quei dieci minuti di celebrità che tutti desiderano! »
I due ragazzi si scambiarono un’occhiata sconcertata, poi si girarono nuovamente verso Angy.
Ci furono pochi istanti di silenzio.
«Io ci sto! », esclamò Jamie con un’alzata di spalle.
 

ANGOLINO DELL'AUTRICE
Premetto che questa è la prima fanfictrion che pubblico e ho riletto e riscritto il capitolo più o meno un milione di volte...
Comunque ringrazio in anticipo chi leggerà la mia storia e mando un ringraziamento speciale e un fiume di baci a Rory: grazie Rory, senza il tuo sostegno non avrei mai pubblicato! Ringrazio anche mia sorella Ilaria e adesso è appollaiata come un avvoltoio dietro di me, controllando tutto ciò che scrivo! 
Concludio dicendo che spero continuate a leggere la mia storia! 
A presto!
 

 
 
 

 
  
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