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Autore: Chtsara    06/01/2014    3 recensioni
STORIA IN REVISIONE
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Florentia, XVII secolo d.C.
Le sorti del regno stanno per cambiare: una studentessa di nome Elenoire diventa l'artefice del destino dell'intera popolazione, ancorata alla vita da un semplice ciondolo a forma di cuore che porrebbe fine ai suoi giorni se solo si rifiutasse di obbedire agli ordini di un demone dagli occhi di ghiaccio e l'espressione omicida.
Ma ben presto altri problemi prenderanno d'assalto Elenoire: rivelazioni sul suo passato, sparizioni, seduzioni a tradimento, battaglie, duelli, un amore improvviso e ossessivo, da cui sembrerà impossibile uscire; non quando la sua anima gemella risulterà essere proprio il suo nemico per eccellenza, nonché la fonte dei suoi problemi e dei suoi guai, che nel bene e nel male le cambierà la vita.
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Non c'era più niente a separarli, nemmeno l'aria: i suoi occhi affondarono in quelli di Elenoire, talmente scuri da sembrare un mare di ombre e così espressivi da lasciarlo senza fiato; le labbra semichiuse esalavano dei respiri corti e veloci, in sincrono con i suoi battiti del cuore, mentre lo sguardo continuava a caderle ad intervalli regolari sulla bocca di lui.
Genere: Dark, Romantico, Storico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: Lime | Avvertimenti: Contenuti forti
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Passarono i secondi, i minuti, forse persino qualche ora prima che riuscissi a pronunciare anche un semplice “Oh”.
Indubbiamente, quella frase non aveva nessun senso: con tutti gli insegnanti privati che avrebbe potuto avere, con tutte le comodità di cui avrebbe potuto usufruire stando semplicemente a casa sua, voleva andare a vivere in un collegio per studiare?
“Ma perché?”, sussurrai sconvolta poco dopo, voltandomi a guardarlo come se fosse impazzito o avesse ricevuto una botta in testa.
Leonardo si strinse nelle spalle e sorrise della mia espressione. “Per stare più vicino al popolo”.
Ah, certo, come ho fatto a non pensarci prima? Ora ha un senso, sì sì.
Abbassai lo sguardo, non sapendo come rispondere: individuai però il ciondolo a forma di cuore che non smetteva un attimo di brillare alla luce della luna, più ardente e doloroso che mai dal momento in cui io e Leonardo avevamo iniziato a parlare.
Poi una voce, ben diversa da quella del re, ruppe quel momentaneo silenzio fermandomi il respiro e aumentando la velocità dei battiti del mio cuore: una voce fredda, distaccata, autoritaria, minacciosa. “Sto arrivando”.
Intanto, però, Leonardo continuava a parlare, evidentemente ignaro di quel che avevo sentito io. “... ed è stato per questo che ho fatto quell’ispezione al collegio, visto che...”.
“Elenoire! Eccoti! Ti stavamo cerc... oh”.
Mi alzai di scatto nel riconoscere il tono sorpreso e infine deluso di Josh, il quale restava fermo sulla soglia della porta a guardare me e Leonardo al chiaro di luna: sul suo viso passarono prima l’incredulità, poi la sconfitta, seguita dal disgusto e dal tradimento.
Mi sentii ancora peggio nell’individuare una seconda sagoma dietro di lui: un uomo dagli occhi cristallini mi guardava senza però uscire allo scoperto, restando accuratamente nell’ombra come se non volesse farsi riconoscere. Allora prima non aveva mentito: stava davvero arrivando.
Intanto gli occhi di Josh non smettevano un attimo di passare da me a Leonardo, fissandoci con una vaga espressione di rabbia mista all’indignazione.
Anche Leonardo sembrò accorgersene, perché gli chiese: “Stai bene, Josh?”.
“Ho il vostro permesso di scortare Elenoire al caldo dentro il castello, Vostra Maestà?”, si intromise coraggiosamente Alexander prima che Leonardo potesse ricevere risposta.
“Sì, certo, andate pure”, disse distrattamente il re con un cenno della mano, continuando a soppesare lo sguardo di Josh e senza nemmeno salutarmi.
Non smettevano di fissarsi: Josh furioso, Leonardo sorpreso. Perciò fui lieta di raggiungere Alexander nell’ombra, poggiare la mano destra sul suo braccio sinistro e rientrare nel castello: il cambio di temperatura fu tale che il ciondolo a forma di cuore smise di bruciarmi con tanta insistenza sul petto, tornando ad essere tiepido e indolore.
Seguii Alexander sulla pista da ballo, in mezzo a tutti gli altri presenti, e con una giravolta riuscimmo a seguire gli altri a passo di danza.
“Posso sapere...?”.
“Sei riuscita a portarlo fuori, brava”, mi interruppe lui con un sorriso quasi caloroso.
Una consapevolezza non proprio rassicurante si insinuò tra i miei pensieri. “Sei stato tu a portare Josh da noi? L’hai fatto apposta? Volevi che ci vedesse?”.
“Quel ragazzino potrebbe intralciare i miei piani più di quanto tu creda”, sbottò lui di tutta risposta. “Tanto valeva fargli capire di non avere speranze, con te, visto che non ti sei minimamente preoccupata di smettere di illuderlo”.
A quella frase non avrei potuto replicare e Alexander lo sapeva benissimo. Abbassai lo sguardo sui miei piedi in movimento senza riuscire a fermarmi dalla danza.
Dopo un paio di minuti di puro silenzio tra noi due (in cui la musica cambiò in un motivetto più allegro e movimentato), raccolsi tutto il mio coraggio e sussurrai: “Leonardo verrà al mio collegio. Dovrò vederlo ogni giorno”.
Ma Alexander scoppiò a ridere, catturando l’attenzione di molte delle ragazze lì intorno al sentire quel suono insolitamente cristallino. “Lo so”.
Aggrottai le sopracciglia, confusa. “Come...?”.
“Non te l’avrebbe mai detto se non vi foste allontanati dalla sala da ballo, il trasferimento al collegio è un segreto e voleva che restasse tale”, sospirò Alexander con tono malinconico. “Era necessario che ti portasse fuori. In tal modo, comunque, avrei anche potuto accompagnare Josh da voi per mostrargli quella scenetta indubbiamente dolce e romantica”. Vedendomi arrossire, furiosa, aggiunse con un sorriso: “E devo dire che ha funzionato, sei stata brava”.
“Ma questi piani contorti e oserei dire inutili li concepisci durante la notte? Fammi capire”, sbottai frustrata immaginando quello che intanto stava succedendo in giardino.
Alexander si limitò a sorridere con un’innocenza sorprendente e strinse la presa sui miei fianchi, per poi sussurrarmi all’orecchio: “Una cosa del genere, sì”.
Rabbrividii al contatto della sua voce con la mia pelle e sussurrai: “Perché non mi hai detto tu stesso del suo trasferimento?”.
Alexander ridacchiò e si scostò di nuovo per guardarmi. “Considerati i tuoi disastrosi tentativi di intraprendere una conversazione decente con lui, mi è sembrato giusto ideare una situazione in cui avresti potuto rimediare, e così è stato”. Sospirò ancora una volta e continuò: “Riesco solo ad immaginare gli sforzi che avrei dovuto fare se aveste continuato a battibeccare ogni minuto senza il minimo rispetto da parte di entrambi”.
Lasciai correre, infastidita, e non risposi. Quando le danze si chiusero con un fragoroso applauso proveniente dall’intera sala da ballo, riuscii a scorgere una folta chioma di capelli biondi apparire dalla porta conducente al giardino e muoversi tra le persone come se sperasse di passare inosservato: un inchino riservatogli da un uomo alto e mastodontico, però, lo tradì. Lo osservai silenziosamente senza dire nulla ad Alexander, anche se sospettavo che l’avesse notato anche lui: Leonardo continuò a camminare fino a raggiungere l’uomo bruno che l’aveva accompagnato al collegio insieme a Thenebrus e, dopo avergli frettolosamente annuito, sparì con il re attraverso una porta laterale.
In quel momento mi ricordai del pezzetto di conversazione che ero riuscita ad origliare subito dopo essere arrivata al castello e fui seriamente tentata di raccontarla ad Alexander: ma qualcosa nei suoi occhi di fuoco (fissi ostinatamente alla sua destra) mi convinse a lasciar perdere. Evidentemente non era una cosa importante, altrimenti non sarei stata l’unica ad accorgermene, ne ero sicura.
“Elenoire! Oh, grazie a Dio!”.
Mi voltai verso la voce di Hannah alla mia sinistra e rimpiansi di averlo fatto subito dopo averla guardata: un’espressione esasperata era dipinta sul suo volto incorniciato da una coda di cavallo arruffata che fino a qualche ora prima era stata il mio capolavoro.
“Johnatan, vi dispiace se vi rubo Elenoire per un momento?”, esordì Hannah con una voce calma che non combaciava in alcun modo con il suo viso.
“Buonasera, milady”. Alexander lasciò la presa sui miei fianchi e si inchinò al suo cospetto. “No, nessun problema. Arrivederci, Elenoire”. Avvicinò la mia mano alle sue labbra, vi depose un bacio veloce e sparì tra la folla.
Non aspettai un secondo di più per voltarmi verso Hannah. “Allora? Dove sei finita per tutto questo tempo?”.
Lei aggrottò le sopracciglia e ribatté: “Sei tu quella che è scomparsa, io sono sempre stata qui! Dove eri finita?”.
“Scappavo da Josh, fin quando non ho trovato Johnatan”, mormorai, prendendola per un braccio e trascinandola lontana dalla pista da ballo. Quando fui sicura che nessuno potesse ascoltarci, le chiesi: “Cos’è successo ai tuoi capelli?”.
Un rossore istantaneo si dipinse sulle guance di Hannah. “Io, be’, anche la mia pazienza aveva raggiunto il limite e Cory era diventato così geloso di ogni ragazzo che mi guardava da iniziare a stringermi a sé con tale forza da scoraggiare chiunque a starmi vicino. Poi ha cominciato ad essere pesante, così gli ho morso la mano che mi cingeva le spalle e, cogliendo l’occasione, sono fuggita”.
Non riuscii a trattenere le risate sentendo quell’ultima frase. “L’hai morso davvero?”.
“Sì, cioè, non potevo restare lì a guardarlo mentre gemeva dal dolore, no? Mi avrebbe uccisa, se fossi rimasta accanto a lui”. Scrollò le spalle, indifferente. “E tu come ti sei liberata di Josh?”.
Sorrisi. “Gli ho chiesto di andare a prendermi da bere”.
“Il classico, insomma”, ridacchiò Hannah scuotendo la testa.
“C’è un motivo se viene definito classico, giusto?”, osservai con un ghigno. “Vuol dire che funziona sempre”.
“Quindi da questo momento in poi ricominceremo a scappare dai gemelli Grayson?”, mi chiese porgendomi la mano destra.
La strinsi soddisfatta e risposi: “Affare fatto”.
“Mentre ti cercavo, comunque, ho visto un ragazzo che assomigliava vagamente a Johnatan e che di conseguenza era un dono di Dio incarnato in un uomo”, sospirò Hannah beatamente facendosi aria con una mano con sguardo sognante. “Vieni, se riesco a trovarlo di nuovo te lo mostro”.
Ci infiltrammo tra le persone che continuavano a chiacchierare sulle note di una nuova musica, al riparo dalla pista da ballo, e quando Hannah riconobbe il famoso sconosciuto me lo indicò con uno squittio eccitato.
A primo impatto, non riuscii a pensare che Hannah non avesse ragione: aveva una pelle diafana che spiccava in confronto a tutto l’oro che caratterizzava la stanza e dei folti capelli castani accompagnavano un sorriso perfetto e dei grandi occhi scuri.
Ignorando l’abbagliamento iniziale, mi soffermai sul suo aspetto in generale: se non fosse stato per il colore degli occhi e dei capelli, mi avrebbe sicuramente ricordato Alexander; aveva il suo stesso fisico possente, l’aria da ragazzo autoritario e misterioso, oltre ad un alone che riusciva ad oscurare tutti intorno a lui.
Ma quando alzò lo sguardo verso di me, notai i suoi occhi diventare sempre più scuri con il passare dei secondi. Si congedò con un saluto distratto dai signori con cui stava parlando e cominciò a camminare nella direzione mia e di Hannah.
Il ciondolo a forma di cuore riprese ad ardere insistentemente sul mio petto mentre la stessa voce fredda e distante di Alexander che aveva echeggiato nel giardino mentre ero con Leonardo parlava di nuovo: “Scappa”.
Non me lo feci ripetere due volte: presi Hannah per un braccio e corsi via tra la folla trascinandomela dietro e spingendo con noncuranza tutti quelli che mi sbarravano inconsapevolmente la strada.
“Elenoire... ma cosa... fermati! Ho detto di fermarti!”, borbottò Hannah, indignata, facendo fatica a stare al passo.
Smisi di correre pochi minuti dopo, sicura di aver frapposto abbastanza distanza tra noi due e lo sconosciuto: non avevo idea di chi fosse, ma non volevo immaginare cosa sarebbe successo se non avessi obbedito all’ordine di Alexander.
Hannah liberò il suo braccio dalla mia stretta e piantò i piedi per terra come a volermi dire che non si sarebbe mai più mossa da lì. “Allora, mi vuoi spiegare?”.
Fui seriamente tentata dall’idea di raccontarle tutto: di Alexander, di Leonardo, del ciondolo a forma di cuore assassino, della banshee, della mia missione; ma in fondo sapevo che non mi avrebbe capito, che non mi avrebbe creduto e che mi avrebbe dato della pazza... E se anche avesse pensato che stessi dicendo sul serio, avrebbe cercato di aiutarmi proponendomi di condividere con me il fardello della situazione: non potevo coinvolgere anche lei, non quando potevo evitarglielo...
Perciò fui costretta a mentirle di nuovo. “Ho intravisto Josh e Cory dietro di lui e... sembravano furiosi, non volevo subire una scenata davanti a tutti”.
“Ma quel ragazzo...”.
“Avrai modo di vederlo un’altra volta, ne sono sicura”. La tranquillizzai battendole una mano sulla spalla, nonostante sapessi quanto sarebbe stato improbabile che quella mia previsione si avverasse.
La festa continuò per un altro paio di ore, un arco di tempo in cui non incontrai più né Alexander, né lo sconosciuto: quando scorgevamo i gemelli Grayson, io e Hannah sparivamo tra la folla ritardando solo di una mezza giornata la scenata che sicuramente ci avrebbero fatto la mattina dopo; ma, del resto, sarebbe stato meglio in collegio che davanti a metà del regno.
Anche Leonardo sembrava sparire ogni minuto, per poi riapparire ad intervalli regolari ogni volta in mezzo ad un gruppo diverso di persone che lo elogiavano senza un po’ di contegno con un’evidente intenzione di entrare nelle sue simpatie.
Dopo il brindisi in suo onore e dopo aver mangiato una fetta di torta gigantesca, Hannah si sedette ad un tavolo in un angolo della sala e borbottò: “È inutile continuare a scappare alla vista di quei due, Elenoire, tanto saranno con noi nella carrozza”.
Mi si ingarbugliò lo stomaco a quella frase: non ci avevo proprio pensato. “Be’, non penso che vorranno stare da soli con noi, non quando li abbiamo evitati per tutta la serata. Se hanno intenzione di fare una scenata, vorranno sicuramente assicurarsi che ci sia qualcuno a godersi la scena, no?”.
Leggermente tranquillizzata da quelle parole, Hannah annuì e non rispose.
Uscendo dal castello, infatti, non facemmo fatica a prendere posto in una carrozza insieme ad altre due ragazze del sesto anno del collegio, Carol e Samantha (le quali facevano parte del gruppetto che aveva seguito di soppiatto Leonardo, Domina Maria e gli altri due signori nel giardino del collegio), e Hannah sospirò di sollievo dopo essersi seduta vicino a me.
Non appena il veicolo iniziò a muoversi, Carol sprofondò nel sedile e mormorò: “È stata una festa stancante”.
Inarcai le sopracciglia. “Come mai?”.
Lei scosse i capelli liberandoli dagli innumerevoli fermagli e rispose: “Abbiamo cercato di seguire il re per tutta la notte, ma spariva sempre all’improvviso e ogni volta dovevamo ricominciare da capo”.
Samantha annuì. “È stato snervante, in effetti. Ma anche molto soddisfacente”.
“Un paio di volte ci ha anche guardate!”, esclamò Carol tutta emozionata.
Magari si è ricordato di avervi già viste in collegio quando avete iniziato a seguirlo.
“Ormai tutti sanno che non ha più alcuna intenzione di rimanere da solo, al trono”, sospirò Samantha. “Dovrebbe sposarsi a breve, non credete?”.
Una fitta allo stomaco seguì quelle parole e a malapena riuscii ad annuire: mi ero completamente dimenticata della mia vera missione e buttare quella frase lì per caso non era stata una buona idea, almeno non per me.
Arrivati al castello borbottai dei vaghi “Buonanotte” alle ragazze e mi gettai sul letto della mia stanza senza nemmeno cambiarmi il vestito.
Il re si era rivelato meno arrogante di quanto pensassi e con una certa riluttanza ammisi a me stessa di essermi sbagliata a giudicarlo in quel modo alla prima impressione. Josh e Cory invece erano ritornati ad essere i soliti ragazzi pesanti di sempre e Alexander mi aveva indubbiamente sorpreso: per la prima volta, non aveva cercato di uccidermi.
Ma tutti i miei pensieri finirono ben presto al volto dello sconosciuto dagli occhi scuri che Hannah mi aveva indicato con tanto entusiasmo: lo stesso portamento di Alexander, i suoi stessi istinti omicidi impressi nello sguardo in cui era incastonata la stessa furia malcelata.
E poi perché mai avrebbe dovuto seguirmi? Cosa voleva da me?
Di una cosa ero certa, però: non l’avevo mai visto prima, nonostante la somiglianza con Alexander, ed ero quasi sicura che nemmeno lui mi conoscesse. Ma allora come mai non si era fatto alcuno scrupolo a dirigersi nella mia direzione senza comunque curarsi di nascondere le sue intenzioni?
Iniziai a pensare che la sua somiglianza con Alexander non fosse casuale, che si conoscessero, anche se in teoria avrei dovuti vederli parlare almeno una volta; o magari avevano intrapreso una conversazione proprio mentre io ero concentrata su qualcos’altro e di conseguenza non mi ero accorta di nulla.
Mi stropicciai gli occhi dal sonno e mi alzai di malavoglia per togliermi il vestito e indossare la camicia da notte; non provai nemmeno a sfilarmi la collana di dosso e, con un grugnito, sprofondai nel materasso coprendomi con le lenzuola come se quelle potessero proteggermi da tutto ciò che di bizzarro stava accadendo nella mia vita.
 
Nei tre giorni successivi miracolosamente non successe niente di strano: le lezioni ripresero come al solito, le chiacchiere sulla festa del re erano passate fuori moda e molte delle coppie formatesi alla cerimonia si erano sfasciate; persino Josh e Cory sembravano aver rinunciato all’idea di fare una scenata davanti a me e ad Hannah, ma nonostante questo noi non smettemmo di scappare via non appena li scorgevamo in lontananza.
Fu solo durante il quarto giorno, mentre io ed Hannah passavamo in rassegna dieci libri diversi nella biblioteca del collegio per una ricerca di storia, che un nuovo pettegolezzo si diffuse in tutto l’edificio: un gruppetto di ragazze (tra cui Samantha e Carol) chiacchierava fitto fitto passando davanti al nostro tavolo e a malapena riuscii a scorgere le parole “re” e “stamattina”; fu solo quando sentii “trasferimento” che per poco non caddi dalla sedia.
“Elenoire? Stai bene?”, mi chiese Hannah, vedendomi con gli occhi sbarrati.
“Sì, non è niente”. Ripresi la piuma che mi era scivolata sulla pergamena imbrattandola tutta di inchiostro e ricominciai a sfogliare le pagine di un libro antico e a dir poco consunto.
“Comunque non capisco perché dobbiamo elencare tutti questi papi”, borbottò Hannah stiracchiandosi sulla sedia con uno sbadiglio e lasciando cadere la piuma. “L’importante è che ne abbiamo uno adesso. Non mi importa molto di quello che è successo tre secoli fa”.
“Non dirlo a me”, ridacchiai. “Ma se non scrivessimo una relazione decente credo che Domina Maria non si farebbe tanti scrupoli ad ordinarci di scrivere il Credo cento volte”.
Ma Hannah non accennò a riprendere la sua piuma e rimase con le braccia dietro la testa a fissare gli scaffali pieni di libri dietro di me. “Quanti anni credi che abbia la biblioteca?”.
Alzai lo sguardo dalla mia pergamena e la fissai divertita. “Persino la biblioteca è diventata abbastanza interessante da potersi permettere di distrarti dai tuoi compiti?”.
Hannah scrollò le spalle e sorrise. “Ho bisogno di una pausa. Non mi sorprenderei se stanotte sognassi papa Gregorio mentre mi rimprovera urlandomi di non essere un’allieva degna del collegio. Oh, be’, come se l’avessi deciso io! Se fosse dipeso da me a quest’ora starei arando un campo canticchiando le carole di Natale in piena estate”, sospirò. “A volte mi chiedo come mai i miei genitori volessero darmi un’istruzione, visto che non facciamo altro che studiare tutta questa roba ecclesiastica”.
Mi strinsi nelle spalle. “A quanto pare mia madre la pensava come i tuoi genitori, ma senza di lei probabilmente le suore non si sarebbero accorte di me e chissà per quanti giorni sarei sopravvissuta senza mangiare”, borbottai. “Ma è morta prima che potesse spiegarmelo, quindi...”.
Non riuscii a continuare. Non ero abituata a pensare al mio passato e non volevo rivivere ancora una volta il momento in cui, a sei anni, Domina Maria mi aveva spiegatò che mia madre era morta dandomi alla luce ed era per questo motivo che io, come molti altri bambini, ero cresciuta con le altre suore in un collegio che aveva al tempo stesso il compito di ospitare gli studenti più grandi per permettere loro di avere un’istruzione.
Con Hannah, invece, si era dilungata molto di più: entrambi i suoi genitori, dopo aver lasciato la sua unica figlia di tre anni a messa sulla panca più vicina all’altare, proprio accanto a me, erano dovuti misteriosamente scappare prima ancora che il prete entrasse nella chiesa e da quel momento in poi nessuno li aveva più visti.
“Ma, comunque sia, credo che alla fine tutti questi sforzi non mi serviranno a niente”, brontolò Hannah riprendendo tra le mani la sua piuma. “Non ho nessuna intenzione di entrare nel corpo ecclesiastico, quindi conoscere il nome di ogni singolo papa della storia non mi aiuterà certo a trovare un lavoro”.
“Dimentichi che la Chiesa ha una forte influenza sul regno, per quanto questo possa piacere al re”, ridacchiai. “Ho sempre pensato che anche lui, come i suoi genitori, non credesse molto a ciò che la Chiesa imponeva sugli abitanti del suo stesso regno”.
“Quindi credi che se ne stia chiuso nel suo castello per non dover avere nulla a che fare con i cardinali, le suore, i preti e tutti gli altri?”, mormorò Hannah, poco convinta.
“No”, ribattei, scuotendo la testa. Altrimenti non si sarebbe mai iscritto al Collegio degli Angeli. “Semplicemente credo che voglia tenersi il potere per sé senza quindi doverlo condividere con la Chiesa, che a quel punto diventerebbe più forte e lo costringerebbe ad abdicare: è sul trono solo perché i cardinali non l’hanno ancora ucciso”.
“Interessante teoria”, disse una voce maschile e profonda alla mia sinistra, sbucata dal nulla, raggelandomi all’istante il sangue nelle vene. “Peccato però che penso di saperne più di voi, Elenoire. Anche se è sempre bello scoprire ciò che gira nelle menti fantasiose e incredibilmente limitate delle giovani studentesse del mio regno”.
  
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