Non
so perché lo
sto facendo, forse è solo che sono ubriaco e non capisco
più un cazzo, ma avevo
bisogno di parlare con te, anche solo di immaginarmelo. Mentre scrivo
mi
immagino la tua espressione corrucciata perché parlo
velocemente e non mi
capisci, mi immagino le tue labbra schiacciarsi una
sull’altra e diventare
sottili quando le distendi in un sorriso, perché io mi sto
rendendo ridicolo e
ti sembro buffo. Lo vedi, vedi che avevi ragione? Parlo sempre a
vanvera. Me lo
dicevi continuamente che i miei monologhi erano insopportabili, ma
chissà come
mai poi stavi sempre ad ascoltarmi, gli occhi sgranati,
un’attenzione che
spesso mi faceva commuovere.
Sono
a Berlino,
tu non lo so. Forse a casa, forse al lavoro, forse a comprare la farina
al
supermercato per fare i pancakes a qualcuno che non sono io. Sono a
Berlino e
sono appena rientrato nella mia stanza d’albergo.
È tutto così buio, qui:
piove, piove da quando sono sceso dall’aereo una settimana
fa. Sembra che la
gente che incrocio quando cammino per strada non ci faccia caso, ma io
sono terribilmente
stanco di avere le ossa umide per questa cazzo di pioggia. Forse loro
sono
abituati, ma io no, io sono abituato ai tramonti che vedo dalla
finestra della
cucina, al rumore del mare la sera quando vado a correre sulla
spiaggia, ai
capelli di mamma che sotto il sole sembrano ancora più
biondi. Mi manca casa e
la colpa è solo mia perché l’ho
abbandonata, sono scappato per scappare da te. Vigliacco? Probabile.
Avevo paura, paura che un giorno sarei riuscito ad
uscire dalla cupa nube che da mesi mi sovrasta, sarei riuscito ad
uscire di
casa con le spalle più dritte, la testa più alta,
e in quel momento, solo in
quel momento in cui mi sembrava di essere guarito, rincontrarti.
Vederti davanti
a me e dover cambiare marciapiedi per non crollare in mille pezzi di
nuovo.
Ma
chi prendo in
giro? Sono rimasto in mille pezzi, in milioni di pezzi. Mai ricucito,
mai
ricomposto, mai riassemblato completamente. Ho buchi dentro che sono
incolmabili e sì, sì lo ammetto, non ho fatto
molto per ricucirli. Io non ci
riesco ad andare avanti senza di te. Mi hai reso debole, fottutamente
debole. Sto
facendo diventare matti la mamma e Shan. Sono arrivati a quel punto in
cui mi
lasciano fare le mie cazzate, ma mi guardano con quella faccia che dice
“ti
prego, stai attento, noi ti vogliamo bene”. Il punto
è che non mi voglio più
bene io.
Sono
le quattro
di mattina qua, ed è buio pesto. Fa freddo, non so
perché ma in questo hotel fa
sempre un fottuto freddo. O forse sono io che ormai il freddo ce
l’ho dentro. Sono
appena scoppiato a ridere, sembro uno di quei poeti del cazzo a cui non
daresti
neanche una lira, uno di quelli che scrivono i bigliettini per San
Valentino. È
che ho questi buchi, te l’ho già detto, e credo
che mi stiano mangiando il
cervello. Mi sento un estraneo, o semplicemente non mi sento
più. Sono magro,
magro come lo eri tu come quando ti ho detto “riesco a
contarti le costole ad
occhi chiusi, Mary”, ma non ho voglia di mangiare, mi
disgusta l’odore del
cibo, e non perché qui in Germania sia terribile, quella
è un’altra storia. Non
so neanche perché te lo sto dicendo, ma probabilmente
è perché non riesco a
dormire da giorni (settimane? non saprei) e sono ubriaco e non capisco
più un
cazzo. La birra qua è proprio fenomenale, non pensavo, non
ci ero mai stato. Non
so neanche come ci sono finito a Berlino, ad essere sincero. Con
qualche amico,
quello lo ricordo, ma poi li ho persi da qualche parte e sono rimasto
da solo. Rimanere da solo è una di quelle
espressioni che più mi fanno ridere
e mi stanno antipatiche. Nessuno è rimasto, nessun amico,
nessun fratello, tu
cazzo non sei rimasta, e io sono solo, solo in questa stanza
d’albergo fredda,
solo a letto quando fisso il soffitto, solo quando alla mattina mi bevo
il
caffè e me lo spando addosso perché anche i miei
polsi sono diventati deboli,
solo quando, il cuscino premuto sulla testa, urlo, urlo fino a quando
non ho più
fiato, fino a quando prendo coscienza che nessuno verrà a
chiedermi come sto,
se sto bene, se voglio parlare, se sto male e perché sto
male, se vaffanculo.
Che
cosa stai facendo,
Mary? Dove sei? Mi
stai
ascoltando? Mi gira la testa perché sono ubriaco e non
capisco più un cazzo. L’hai
capito, che non capisco più niente? Niente, niente, non
c’è niente al di fuori
di te, niente senza te, niente più Jared, niente
più sogni, niente più vita,
niente più niente. Niente è quello che sono
diventato quando te ne sei andata,
quando non sei rimasta più con me, fra le mie braccia, le
gambe intrecciate
alle mie. E lo so che lo conosci bene anche tu quel vuoto che ti tenta
come una
sirena, lo so che lo conosci anche tu quel vuoto che ti inghiotte, e tu
ti
aggrappi a qualsiasi cosa pur di rimanere a galla. Lo so che mi conosci
bene, e
mi dispiace, anche adesso che sono ubriaco e non capisco più
un cazzo, mi
dispiace, ma io non posso cadere giù, io non voglio
cadere giù. Quindi devi andartene via dalla mia testa per
sempre, toglierti dalla mia vita, lontano da me. Devi andare via Mary o
io
impazzisco. Impazzisco sul serio questa volta. Sto ballando con un
milione di
demoni ora, quelle mille parti di me impregnate di peccato, di
rimpianti, di
tristezze e vacanze, e non capisco più niente. Voglio fare
l’amore con gli angeli
Mary, voglio fare di nuovo l’amore con te, l’angelo
più bello, e non importa
chi dovrò uccidere, non importa non importa!, non importa se
dovrò uccidere
anche me, se dovrò uccidere anche te, non importa se i buchi
mi stanno
mangiando, non importa se sto impazzendo, perché so, so che
ti amo, e ti amo di
più di quanto amo me, di quanto amo la mia vita, e so, so
che devi andare via,
devo lasciarti andare via sul serio questa volta, via dalla mia testa,
via da
me, dalla mia vita, via via via. Devo lasciarti andare via, devo
lasciarti
andare, devo lasciarti, devo…
Mi sono appena reso conto che il tuo indirizzo non lo conosco. Che peccato. O meno male?
________Tutto ciò non era previsto, l'ho scritto solo perché sono talmente arrabbiata che qualcosa dovevo pur fare o avrei cominciato a sbattere la testa contro il muro dicendo parolacce. Quindi sì, non rimanetene troppo traumatizzati, so che ci sono delle scene abbastanza macabre ma ne avevo bisogno. So che capirete. Deb.