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Autore: vieniesalvami    06/01/2014    1 recensioni
“Non credere che non mi manchi” disse Bill, guardando lontano, fissando un punto senza distogliere il suo sguardo.
“Mi manca quando mi alzo, guardo fuori dalla finestra e vedo il cielo azzurro a novembre. Mi manca quando chiudo gli occhi, la notte, prima di addormentarmi e penso alla mia infanzia e a Magdeburgo. Chi l’avrebbe mai detto? Odiavo quel posto, odiavo la Germania, la mia casa, la mia patria. E ora..” sospirò, voltandosi verso Frances. “Ora farei di tutto pur di tornarci” concluse, aspettando l’ennesima domanda della ragazza che sedeva vicino a lui.
“E allora perché non torni ad Amburgo?” gli chiese curiosa, “Che cosa stai aspettando?”
“Qualcosa per cui valga la pena tornare” sussurrò, prendendo tra le braccia la sua cagnolina, Luna.
“E tu Fran? Cosa stai aspettando?” continuò dopo pochi secondi, alludendo al fatto che anche a Frances non piacesse vivere in quell’enorme città dai grattaceli immensi.
Frances esitò qualche secondo, poi lo guardò intensamente e sussurrò quelle parole, senza nemmeno rendersene conto: “Qualcuno per cui valga la pena vivere”.
Genere: Erotico, Fluff, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Bill Kaulitz, Un po' tutti
Note: Lime | Avvertimenti: nessuno
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"Qualcuno per cui vale la pena tornare"


©cuoresospeso

1. Los Angeles: la Città degli Angeli.
 
Le strade di Los Angeles erano deserte alle 6 di mattina: non vi era anima viva.
Evelin guidava tranquillamente, sorseggiando un buon caffé, mentre affascinata si guardava in giro.
“Che meraviglia” disse a Frances “Los Angeles, finalmente” continuò, con un sorriso raggiante in volto. Avrebbe potuto illuminare qualsiasi cosa con un sorriso simile.
“Frances, Frances” chiamò l’amica, seduta di fianco a lei. “Ti rendi conto? Siamo a Los Angeles, la città degli Angeli!”, esclamò sempre più euforica.
Frances, invece, non faceva altro che guardare fuori dal finestrino: le mancava già la sua amata Colonia, i suoi amici (non che ne avesse molti), l’odore di Krapfen per strada, la sua lingua, la sua Germania. Con la testa appoggiata al finestrino dell’auto, mugugnò qualcosa di indecifrabile e poi disse: “Wow, eclatante”.
Il sorriso e l’entusiasmo di Evelin si spensero in una frazione di secondo: sapeva che la sua migliore amica stava per aggiungere dell’altro. “Devo ricordarti per quale motivo sono qui? Oppure te lo ricordi da sola?” tagliò corto Frances. Non si rese conto di aver ferito i sentimenti di Evelin, in quel momento, ma non poteva far altro che star male. Stare sempre peggio.
Sì, si trovava a Los Angeles, il che era meraviglioso, nonostante non amasse le città grandi e caotiche, eppure non riusciva a far altro che pensare all’UCLA. A ciò che l’aspettava, ovvero l’ennesimo tentativo di combattere la sua dannata anoressia nervosa, che la stava lentamente “divorando” psicologicamente e fisicamente.
Da più di 30 anni, l’ospedale neuropsichiatrico Resnick di Los Angeles si occupava principalmente di disturbi alimentari, tramite un programma definito UCLA. Questo programma si basava sul recupero del benessere fisico e sull’affrontare gradualmente i problemi psicologici, le credenze disfunzionali e le auto-percezioni della persona. Ma per Frances, l’ospedale e l’UCLA significavano solamente una cosa: la prigione, l'ennesima. Non sapeva ancora cosa l’aspettava, eppure di una cosa era certa: avrebbe preferito scappare e tornare a Colonia, piuttosto che trovarsi lì, a sfidare e combattere “qualcosa” che reputava più forte di lei.
“No, ricordo perfettamente, Fran” disse Evelin, appoggiando la mano destra sulla gamba di Frances e prendendole la sua. “Ma ricorda, qualsiasi cosa succederà, qualsiasi ostacolo dovrai superare, qualsiasi sfida dovrai affrontare, io sarò lì con te, al tuo fianco, a spronarti, ad aiutarti” sussurrò, continuando a guidare con prudenza. “Sarò al tuo fianco a sostenerti. Questa volta ne uscirai, ne sono certa” disse sicura.
Frances intrecciò le dita della sua mano sinistra con quelle di Evelin e le sorrise.
Un sorriso debole e stanco, proprio come lei. Un sorriso sincero, ma sconfortato.
“Saperti al mio fianco significa tantissimo per me, Ev” disse Frances, tenendo sempre la testa appoggiata al finestrino dell’auto. “Per fortuna ho te al mio fianco”, concluse.
 
 

Dopo mezz’ora di strada, arrivarono finalmente a destinazione: il loro piccolo appartamento in zona Westwood, proprio vicino all’ospedale Resnick.
“Wow” disse Frances “Certo, è un po’ piccolino, ma per due è perfetto” concluse, buttandosi sul divanetto in soggiorno.
Era un piccolo bilocale, con soggiorno e bagno separati e la camera da letto su un altrettanto piccolo soppalco in legno. Il pavimento era parquet nuovissimo, le pareti in cartongesso azzurre e i mobili perfettamente intatti: nuovissimi.
“L’affitto ci costerà una fortuna” continuò Frances dopo qualche minuto di silenzio, mentre Evelin apriva le finestre per far cambiare aria all’appartamento.
“Tu non devi assolutamente preoccuparti di questo” sbottò. “I nostri genitori ci hanno dato un piccolo anticipo, per un mesetto basterà” prese la valigia, appoggiandola su una sedia e la disfò.
“Da domani comincerò a cercare lavoro, Los Angeles è grande, l’inglese lo so bene, potrebbero prendermi anche come segretaria o, che ne so, cameriera. Per me sarebbe indifferente” concluse.
“Ovviamente ti darò una mano anche io, cercherò lavoro, magari come commessa o..” Frances non riuscì a concludere la frase, Evelin la fulminò con lo sguardo e disse: “L’unica cosa che devi fare è rimetterti, Frances. All’affitto ci penso io. Tu seguirai il programma UCLA e fino a quando non ti sarai rimessa del tutto, sarò io l’unica a lavorare, a provvedere all’affitto e a tutto il resto” esclamò, mantenendo, comunque, la solita calma che la contraddistingueva.
“Ma..” Frances tentò di ribattere, senza successo.
“Niente –Ma-, Frè” sbottò Evelin, avvicinandosi a Frances.
“L’unica cosa che ti do il permesso di fare è disfare la tua valigia” disse autoritaria.
“Hey, non ho bisogno dei tuoi permessi, io!” Rise Frances, abbracciando la sua migliore amica.
“No, seriamente, Frè. Rimettiti e comincia a vivere.” Furono le ultime parole di Evelin, prima di cominciare a sistemare i suoi vestiti nell’armadio.

( Nota: Premetto di saperne abbastanza rigurado all'anoressia nervosa, quindi ciò che verrà descritto non sarà frutto della mia immaginazione, tutt'altro: ciò che verrà descritto è verità, pura e semplice. Tuttavia, ho cercato di informarmi sul programma UCLA e l'ospedale Resnick, ma non ho trovato molto materiale, quindi, i trattamenti contro questa malattia e lo stesso programma UCLA verranno leggermente modificati dalla sottoscritta. )
  
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