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Autore: Weareallmad    06/01/2014    3 recensioni
Nick sfoggiava il suo ragazzo come si sfoggia un gioiello costoso, Harry si costringeva a sorridere,
mentre guardava impazientemente l'orologio sperando che la serata finisse presto. Gli presentò centinaia di volti di cui dimenticò i nomi pochi secondi dopo averli sentiti, finché Nick "Harry, lui è Louis, il nuovo radiofonista" disse, e Harry alzò lo sguardo. Il ragazzo, con la faccia scocciata almeno quanto la sua, gli occhi azzurri come il cielo d'estate, i capelli bruni e lisci, con dei ciuffi ad accarezzargli la fronte, gli porse la sua mano piccola e fredda, sforzando un sorriso.
"Harry" si presentò soltanto, "piacere". Quello gli rispose con un altro sorriso più sincero; iniziarono a chiacchierare di stupide futilità, ed Harry non controllò più l'orologio per il resto della serata.
Genere: Introspettivo, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Harry Styles, Louis Tomlinson
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
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Parte uno: Fix you.




When you try your best but you don't succeed,
when you get what you want but not what you need,
when you feel so tired but you can't sleep,
stuck in reverse...





Quando il giorno del suo compleanno Nick, già mezzo ubriaco con un cappello da cowboy in testa e un bicchiere di punch tra le mani, gli disse che sarebbe partito una settimana dopo per cercare un lavoro a Londra, nella testa di Harry, riccioli color cioccolato e fossette da sedicenne, iniziò pian piano a ramificarsi l'idea di uscire dall'aria opprimente di quel paesino di campagna in cui era cresciuto e provare altre strade. 
"Mi sono sempre sentito come un macigno pesarmi sul petto, ad impedirmi di respirare. Devo andarmene di qui" gli aveva detto, così tante volte che avevano entrambi perso il conto, come si fa solo per le cose importanti. Nick, vent'un anni appena compiuti e tante idee intrappolate nei capelli troppo lunghi sulla fronte alta, gli aveva sorriso. "Allora vieni con me".
E Harry ci aveva pensato davvero, per ore, quella stessa notte, nella stanza che condivideva con sua sorella, sulla soffitta fredda della tenuta della sua famiglia, ad abbandonare quel paesino sempre uguale a se stesso, l'alba che arrivava troppo presto, il camino scoppiettante e i dolci fatti in casa, perchè lui voleva la vita nelle grandi città che non dormono mai, voleva lo smog, i grattacieli, le opportunità. Come quando riesci a vedere qualcosa solo perchè è quello che i tuoi occhi stavano cercando, si accorse che sua madre l'aveva sempre guardato come se già lo sapesse, che sarebbe scappato via, e forse un po' ci sperava pure. Le rughe ai lati degli occhi scuri quando sorrideva, la pelle che invecchiava anno dopo anno, i capelli bruni e lisci che diventavano sempre più bianchi, ricordavano ad Harry una vita passata senza mai uscire dal confine della propria casa, salutare le stesse persone ogni mattina, sapere tutto di tutti inevitabilmente, vivere di ciò che regalava la propria terra. Per lei e nessun altro Harry decise che, dall'aeroporto di Manchester, pochi giorni dopo, Nick, borsone troppo grande per il suo corpo esile e sorriso stampato sulla faccia, sarebbe partito solo. Uno dei migliori amici che avrebbe mai avuto nella vita lo abbracciò prima di salire su un autobus, quel dieci febbraio, e lui sperò di non vederlo più tornare, di saperlo felice nella nuova vita che aveva voluto a tutti i costi, anche senza di lui. Si sbagliava.

La vita continuò tranquilla e monotona. La scuola, un lavoro part-time in una panetteria non troppo lontana da casa, sua madre che continuava ad invecchiare tra le mura ammuffite e polverose della loro tenuta, sua sorella fidanzata con un uomo di un paio d'anni più giovane di lei, ed Harry continuava a maledire ogni spiga di grano di quella campagna infinita, continuava a sognare grattacieli e ponti di metallo ergersi tra le stradine scoscese, collezionando foto, cartoline, lettere, ricordi di una vita che non aveva mai vissuto.

Sei anni dopo, scendendo con uno sbuffo dal suo rottame - una vespa del '68 avuta in eredità da un qualche zio, con la vernice rossa scrostata e più di un problema alla marmitta - Harry Styles, stessi riccioli bruni ma mento più affilato, spalle più larghe, e una quindicina di centimetri più alto, si annodò la sciarpa intorno al collo ed entrò in casa, come ogni mattina, di ritorno dal mercato del paese, con una busta bianca in mano e tante idee per la testa; non fece caso al brusìo proveniente dalla cucina finchè, affacciandosi, dentro non vide Nick seduto su una delle sedie accanto a sua madre che parlava sorridente, con le braccia incrociate appoggiate sul tavolo, i capelli ricci più corti e un accenno di barba sulla pelle pallida. 
"Harry, guarda chi è tornato a trovarti" gli annunciò Anne, prendendogli la busta dalle mani. Sua madre aveva ragione: Nick era tornato per lui. 
Fece un largo sorriso e gli chiese le novità.
"Lavoro per una radio londinese, ho un appartamento nel centro di Londra. Ti piacerebbe, Harry, è un'altra vita.." 
Nick ebbe tre giorni di tempo per raccontargli degli ultimi sei anni. Quando gli chiese, alla fine, di raccontare lui qualche novità, ed Harry si rese conto che non ce ne erano affatto, aveva già preso la sua decisione. Il giorno dopo, su un volo di linea, si lasciò alle spalle la sua famiglia e la sua casa, e se a Nick mancò l'aria man mano che l'aereo saliva nel cielo, lui si liberava di quel peso dal petto, e cominciava a respirare di nuovo. 






And the tears come streaming down your face
when you lose something you can't replace
when you love someone but it goes to waste
could it be worse?





"Sai, hanno assunto uno nuovo giù in radio, perchè Rebecca si è decisa ad entrare in maternità" gli raccontò Nick, preparando la vasca da bagno. Aprì le ante dell'armadio per prendere due giacche blu, che ad Harry sembravano praticamente identiche, le stese l'una accanto all'altra sul suo lato del letto e prese a studiarle con attenzione. Il suo compagno invece, seduto con la schiena contro il cuscino, leggeva distrattamente un libro dalla copertina spiegazzata, uno degli innumerevoli che prendeva in biblioteca ogni mese. Gli lanciò un'occhiata annoiata, prima di voltare pagina e lasciarlo alle sue elucubrazioni. La loro camera da letto era la stanza più grande dell'appartamento. Il soffitto bianco, il blu delle pareti e il colore del parquet era stato Nick a sceglierli. 
I quadri, fotografie di un metro e mezzo con foto delle città più belle e famose, li aveva comprati Harry nelle prime settimane perche i muri gli sembravano troppo spogli, con la sola vernice. La porta-finestra che dava sul balcone era rotta. Il meccanismo si era incagliato qualche mese prima e non avevano ancora avuto il tempo di comprarne uno nuovo e sostinuirlo, nonostante il cigolio lo ricordasse loro ogni volta che forzavano la maniglia. Del resto, era una piccola imperfezione nella vita di tutti i giorni, durante il periodo iniziale in cui ancora ci si svegliava con i baci, si sorrideva anche la mattina presto, e la felicità della persona che avevi accanto valeva sempre più della tua; ci si sforzava di farla funzionare, insomma. 
"Amore, non ti prepari?" gli chiese Nick poche decine di minuti dopo, interrompendolo di nuovo. Quello, con un'improbabile bandana scura arrotolata sulla testa, alzò gli occhioni verdi con un'espressione scocciata. Era passato poco più di un anno da quando si era trasferito nel suo appartamento, e da quando si erano messi insieme. Amava Nick. Amava il fatto che fosse tornato a prenderlo e a salvarlo dalla sua vita monotona, che gli avesse fatto conoscere la bellezza delle grandi città, che avesse trasformato da un giorno all'altro sogni in ricordi, e all'inizio, nella sua mente da ventenne, l'aveva innalzato su un altare bianco, che aveva iniziato poi a sgretolarsi dall'interno fino a frantumarsi in mille pezzi. Nick era umano, e gli umani sono stupidi. Egoisti. Commettono errori.
Anche Harry era umano, e pensava, da un po' di tempo a questa parte, che forse qualche grave errore l'aveva fatto anche lui. Ma spesso non ti accorgi delle crepe nel 
soffitto finchè non ti cade il tetto sulla testa.
Si alzò stancamente dal rifugio caldo delle sue coperte e andò a chiudersi in bagno, si spogliò, lasciò l'acqua scorrergli addosso e i pensieri scivolare via, come faceva anche troppo spesso, per evitare di lasciarsi trasportare da essi, alcolizzato da un fastidio pressante nei confronti della vita che stava vivendo.

"Questo nuovo tizio, ti dicevo, all'inizio non lo sopportavo; ma credo che per lui valga il detto non giudicare un libro dalla copertina.." blaterò Nick, come se avesse lo spasmodico bisogno di riempire il silenzio creatosi nell'abitacolo della sua macchina. Ad Harry, del tizio nuovo alla radio, interessava più o meno quanto del problema dell'estinzione del coccodrillo del Nilo, perciò sbuffò piano, incrociò le braccia al petto e guardò fuori dal finestrino tutto il tempo, vedendo le luci di Londra scorrergli indistinte davanti agli occhi.
Come al solito per questi eventi, era stato scelto il salone di un hotel fin troppo di lusso; Nick sfoggiava il suo ragazzo come si sfoggia un gioiello costoso, Harry si costringeva a sorridere, mentre guardava impazientemente l'orologio sperando che la serata finisse presto. Gli presentò centinaia di volti di cui dimenticò i nomi pochi secondi dopo averli sentiti, finchè Nick "Harry, lui è Louis, il nuovo radiofonista" disse, e Harry alzò lo sguardo. Il ragazzo, con la faccia scocciata almeno quanto la sua, gli occhi azzurri come il cielo d'estate, i capelli bruni e lisci, con dei ciuffi ad accarezzargli la fronte, gli porse la sua mano piccola e fredda, sforzando un sorriso.
"Harry" si presentò soltanto, "piacere". Quello gli rispose con un altro sorriso più sincero; iniziarono a chiacchierare di stupide futilità, ed Harry non controllò più l'orologio per il resto della serata.






Lights will guide you home
and ignite your bones 
And I will try to fix you.





Come tutte le mattine Harry si alzò tardi. Alle dieci e mezza un insolito sole si affacciava alla sua finestra illuminando il piumino bianco latte, sull'altro lato del letto c'era il pigiama di Nick ammucchiato contro il cuscino e sul suo comodino un biglietto di "buongiorno!" con un irritante smile. Ma, a differenza delle altre mattine, Harry aveva un insolito, inspiegabile sorriso aperto sul volto. Si vestì in fretta e furia, controllò i suoi capelli nello specchio del salone e provò un altro sorriso, più sincero, perchè non c'era più tanto abituato. Studiò la sua espressione su quel pezzo di vetro, sfiorandosi le labbra tese con l'indice, controllando che le sue vecchie fossette fossero al posto giusto. Soddisfatto, uscì di casa, già febbricitante di una strana euforia. Passò in uno degli Starbucks per strada e si fece fare quattro cappuccini e impacchettare qualche ciambella, e dopo neanche dieci minuti di cammino arrivò alla stazione radio. La signora Mells all'ingresso lo riconobbe e lo salutò, Harry ricambiò con l'ennesimo sorriso. Entrò in silenzio in cabina, dove vide Nick dietro un vetro spesso, a parlare con altri tre ragazzi nel microfono, Keith, Tom e il ragazzo nuovo con gli occhi azzurri. Il suo compagno si accorse di lui con un'espressione piacevolmente sorpresa e si sbrigò a far partire la musica e impostarla per qualche minuto in più. 
Poi tutti i ragazzi si staccarono dal microfono, Tom rise buttando indietro la testa, Keith iniziò a girare sulla sua poltrona. Nick fece ad Harry cenno di entrare.
"Amore! Che fai qui?" disse con voce dolce. Harry andò a sedersi sulle sue gambe, poggiando sul tavolo circolare la busta con i cappuccini e le ciambelle. 
"Volevo fare una sorpresa" miagolò "ho portato la colazione". Incrociò gli occhi azzurrissimi di Louis, che gli rifilò un sorriso di cortesia. Gli altri ragazzi lo ringraziarono e iniziarono a chiacchierare con lui, mentre Nick lo sfoggiava contento, stringendogli le braccia intorno al busto. Harry seguì Louis quando questi si alzò per rispondere al telefono, cercando di capire le parole scocciate che stava dedicando all'interlocutore; ricambiava i baci di Nick, che si godeva il primo vero momento di felicità che vedeva sul volto di Harry dopo tanto tempo senza preoccuparsi troppo di sapere a cosa fosse dovuta. 
"Però adesso devo andare in onda, puoi aspettare dietro il vetro con i ragazzi, ti va? Così dopo andiamo a pranzo" gli disse poco dopo, il ragazzo si alzò e seguì Tom che gli raccontava ancora una volta di quanto fosse contento che Marylin, la sua compagna, fosse incinta di un maschietto, e che il bambino con ogni probabilità sarebbe nato i primi di gennaio. Harry cercò di essere cordiale anche mentre i suoi occhi seguivano involontariamente il ragazzo con la maglietta a righe azzurre, appoggiato a braccia incrociate contro il muro in fondo alla stanza. Si avvicinò a lui con le guance già rosse, portando indietro i ricci con un gesto veloce della mano. Iniziò a sudare freddo quando quello alzò lo sguardo su di lui e gli sorrise. 
"H-ho portato la colazione anche per te" balbettò, spostando gli occhi su qualcos'altro "non sapevo come ti piacesse il caffè, e allora.."
"Grazie, Harry" rispose quello aprendosi in un sorriso ancora più abbagliante, rivelando i denti dritti e bianchissimi; Harry prese nota, per ricordarsi di come si fa a sorridere.
"Prego" mormorò a bassa voce, mentre quello gli passava accanto e andava ad assaggiare il proprio cappuccino. Gli corse un brivido sulla schiena, consapevole che il modo in cui aveva fatto scivolare il suo nome sulle sue labbra - un Harréh strascicato, con un adorabile accento del nord - gli sarebbe rimasto incastrato nel cervello.







Parte due: With me.




I don't want this moment 
To ever end 
Where every thing's nothing, without you 
I wait here forever just to, 
To see you smile 
Cause it's true 
I am nothing without you. 





Ad Harry piaceva perdersi. Quando era più piccolo pensava che sai di essere nel posto giusto quando riesci a perderti tra la folla almeno una volta ogni tanto. Il suo paesino aveva poche strade asfaltate, e anche se la campagna era tutta uguale i posti li conosceva come le sue tasche. Era più di un anno che viveva a Londra, ma ancora qualche volta si fingeva distratto e faceva per perdersi, giusto per provare il sapore di sentirsi un estraneo nella sua stessa vita.
Quel piovoso giorno di metà novembre Harry era uscito senza ombrello. La pioggerellina leggera gli aveva inumidito i ricci e bagnato le spalle coperte dal giacchetto nero, ma a lui non importava. 
Guardò l'orologio: le dieci e un quarto. Si alzò dalla panchina, aveva aspettato abbastanza. Mise gli occhiali da sole anche con il brutto tempo e un cappello di lana nera, guardandosi intorno con fare circospetto. Arrivò alla palazzina azzurro chiaro e suonò il citofono, alzando uno sguardo critico sulle crepe della vernice sui muri. 
"Si?" sentì provenire dall'apparecchio. 
"Sono io, apri."
Il suono ronzante del portone lo fece scattare; salì le scale a quattro a quattro fino al pianerottolo del terzo piano, togliendo velocemente cappello, cappotto e occhiali. Quando Louis aprì la porta di casa, quello gli si buttò letteralmente addosso, lasciando cadere le sue cose a terra. Chiuse la porta con un calcio, alzando l'altro ragazzo fino a farlo aggrappare alle sue spalle, a una spanna da terra.
"Mi sei mancato" biascicò nella sua bocca, prima di tornare a mordergli il labbro inferiore con foga, trascinandolo via dal salone.
"Sono passati solo tre giorni, Harreh.." rispose quello con un sorriso soddisfatto, pur sapendo che anche a lui era mancato troppo

Se Harry durante quella festa sei mesi prima si fosse informato meglio sulla sua vita, invece di fissarlo imbarazzato tutto il tempo e stringergli appena la mano, mormorando timidamente il suo nome, avrebbe sicuramente saputo che Louis stava con Dan. 
Dan è biondo, alto e bellissimo. Ma Louis non è propriamente il tipo che si affeziona, così aveva finito per catalogarlo come "la persona con cui sto", come fosse un gioco, anche se quel gioco andava avanti da più di un anno. Non vivevano insieme perchè non ce ne era bisogno: Dan era il ragazzo della porta accanto. Viveva sul suo stesso pianerottolo, ma passava il maggior numero delle notti nel suo appartamento. Oltre ad essere bello, era anche abbastanza intelligente da capire che Louis non era il genere di persona che se ne sta buona nella propria scatola di vetro, e "mi sfuggirà dalle mani un giorno o l'altro" diceva i primi tempi al suo migliore amico, finchè non capì che il suo ragazzo non poteva semplicemente sfuggire, perchè non era di nessuno, e non ci avrebbe mai potuto fare niente. Presa questa consapevolezza, cercò di imparare a conviverci senza aspettarsi troppo da una relazione che se da parte sua aveva un valore ogni giorno maggiore, da quella di Louis diventava sempre più soffocante.
Dan aveva un lavoro fisso. Aveva ereditato dal padre la gestione di un ferramenta appena fuori città, e aveva assunto un paio d'impiegati. Usciva alle dieci del mattino, dopo aver preso il suo caffè amaro e aver finito i conti sul suo Mac, e rientrava verso le sei la sera, più o meno quando Louis, tre volte a settimana, iniziava il suo turno in radio, salvo rare eccezioni che lo costringevano in quella campana di vetro dalle otto del mattino all'ora di pranzo, durante le quali doveva sorbirsi le lamentele di Nick, gli sbadigli di Tom che per colpa del bambino ormai dormiva poco più di cinque ore a notte e le risate di Keith, impegnato in una cotta adolescenziale con una ragazza segreta - probabilmente Mary, la barista che portava loro la colazione di tanto in tanto.
Louis non aveva mai acconsentito a vendere il proprio appartamento e trasferirsi da lui, dichiarandosi geloso dei suoi spazi. In realtà i week end che passava in quella casa erano anche troppo per lui, che paradossalmente non aspettava che il lunedì, perchè il lunedì aveva la mattinata libera e, quasi sempre, anche Harry.






Thoughts read unspoken 
Forever and know 
Pieces of memories 
Fall to the ground 
I know what I did and how so 
I won't let this go 
Cause it's true 
I am nothing without you.





Louis spinse il ragazzo riccio sul materasso, buttandosi sopra di lui un momento dopo. Quello gli spostò la mandibola con una delle sue grandi mani per avere migliore accesso al suo collo, baciando la linea della giugulare, spogliandolo con movimenti frenetici, mentre lui gli tirava i capelli tra le dita, si stringeva di più contro il suo corpo caldo.
Harry era così. Corroso dall'urgenza ci faceva l'amore, lo abbracciava nascosto tra le coperte di quella stessa stanza e poi, Louis glielo leggeva negli occhi, si faceva assalire dal senso di colpa. 
"Mi aspetterà per cenare, questa sera." gli disse, cercando ancora di controllare il fiato corto "Mi chiederà come è andata la mia giornata."
"Sapevamo che sarebbe stato difficile." rispose quello guardandolo fisso negli occhi verdi, passando le dita piccole tra i ricci. Harry reagì veloce, prendendogli il viso tra le mani, parlando sulle sue labbra "se solo non ti volessi così tanto" dice, di nuovo il fiatone, di nuovo le mani di Louis a stringergli la schiena "non lo sarebbe."

Si rotolarono per ore tra le lenzuola, confondendo i loro odori, baciandosi senza senso sotto il piumone per non sentirsi in lotta con loro stessi. 
Harry ripeteva a se stesso, passando il naso sul petto di Louis, che avrebbe saputo riconoscere il profumo della sua pelle ad occhi chiusi in mezzo a una folla. Le prime volte era in ansia quando tornava a casa. Come un ragazzino che deve nascondere l'odore di fumo ai suoi genitori, temeva che il profumo rimastogli addosso lo avrebbe smascherato in cinque minuti. Invece Nick lo baciava salutandolo con un sorriso, leggendo il quotidiano della mattina prima, e si chiudeva nel suo studio a fare qualche telefonata o al suo portatile. Harry tirava un sospiro di sollievo, pensando che forse l'odore di Louis non era sulla sua pelle, ma solo nella sua testa.

Alle sei lo sanno, il loro tempo è scaduto.
Harry lasciò un ultimo bacio sulle labbra sottili e rosse di Louis e scese le scale, stavolta senza fretta. Il freddo pungente della sera lo accolse come un fantasma silenzioso per ricordargli che stava tornando a casa ad affrontare la sua vita.


Andarono avanti così per tre mesi. Sesso e senso di colpa vanno a braccetto. 
Il giorno del ventottesimo compleanno di Nick, Harry capisce: è ora di farla finita. 


"Sei felice?" gli chiede Nick, quasi con le lacrime agli occhi. Harry fissa ancora a bocca aperta i due biglietti aerei.
"Perchè?" risponde, e Nick sa che non si riferisce alla domanda di prima, ma a qualcosa di sottinteso. Gli sorride, intrecciando le dita delle loro mani, sospese a mezz'aria.
"Hai sempre detto di voler vedere New York. E ultimamente siamo sempre più distanti" mormora, aspettando ancora una reazione positiva al regalo "due settimane senza pensare a niente. Ti va?"
Harry allora lo rivede, quel Nick che era tornato a Holmes Chapel per lui quasi due anni prima, che gli aveva raccontato di un altro mondo, qualcosa che non avrebbe mai potuto neanche sognare. Perchè Nick ha sempre voluto solo e soltanto che le cose belle che vedeva passassero anche attraverso gli occhi di Harry, come se la soddisfazione che provava nel vederlo stupirsi ogni volta fosse l'ossigeno che respirava. E proprio per quello sguardo pieno d'aspettativa che sorride, lo bacia, lo ringrazia. Ci fa l'amore. 
La mattina dopo si alza dal letto senza aver dormito più di tre ore. Nick è già uscito quando compone il numero di Louis.
"Harry" risponde, e in qualche modo già sa.
"Dobbiamo smetterla, Lou" gli dice, asciugandosi le lacrime in silenzio "ci facciamo male noi e facciamo del male agli altri."
E non c'è niente che Louis possa dire per impedire ad Harry, le dita a segnare distrattamente la condensa della finestra, di attaccare il telefono e piangere, poggiando la testa contro il vetro freddo.



Mentre Harry sorridendo bacia Nick e fa ad entrambi una foto con lo skyline nebbioso dell'ottantaseiesimo piano dell'Empire State Building Louis è ancora a Londra, nel suo appartamento. 
I primi di marzo bussa alla porta di Dan. Gli risparmia frasi d'occasione come 'tu meriti di meglio' o 'è colpa mia, non tua', perchè queste cose Dan le sa già. Gli dice che ha contratto l'amore per qualcun altro, come si contrae una malattia mortale, gli soffia un bacio sulle labbra lasciandolo sul pianerottolo di una casa che non è mai stata veramente sua. Un paio di settimane dopo, l'appartamento di Dan viene affittato ad una giovane coppia con una bambina; non si sentono più.
Quando Harry e Nick stanno camminando abbracciati lungo la cinquantaquattresima, respirando l'aria della città più bella del mondo, Louis è in radio a fare i doppi turni, chiedendo ai radioascoltatori cazzate sull'amore che sa di non meritare.

Ha provato a chiamare Harry cento volte almeno. La segreteria telefonica ripeteva, instancabile, sempre le stesse parole. Dopo un po' però, a Louis sembrò dire 'lascia stare, rassegnati. Va' avanti con la tua vita' ed è a quel punto che attaccava violentemente il telefono, cercava di trovare qualcosa da fare per distrarsi e finiva per pensare a Harry.
Quando una persona sente la mancanza di qualcuno tende a vederlo in ogni cosa che fa. Tutte le canzoni parlano di lui, e qualche frase detta per caso, un odore, un tono di voce strascicato, può far riaffiorare ricordi dolorosi. 
Harry sentiva il profumo della pelle di Louis, entrando nello Starbucks della cinquanteseiesima, e lo cercava sul serio con lo sguardo, tra i tavolini, in mezzo alla gente che chiacchierava, scriveva al computer sorseggiando un caffè. Si accorgeva poi di star sognando e arrivava una coltellata in pieno petto.
 In uno dei negozi sulla quinta lavorava un inglese con l'accento strascicato dello Yorkshire, e lui era uscito subito, lasciando Nick leggermente sgomento a far shopping da solo, mentre tornava sui suoi passi verso l'albergo guardando in alto, lasciando che la brezza fredda di New York gli asciugasse le lacrime. 
Louis passeggiando sul Tower Bridge con un paio di amici, una sera, vide una sciarpa dello stesso verde acceso del colore degli occhi di Harry, e sentì una morsa allo stomaco. Si affacciò al ponte, guardò in alto, verso le luci naturali che puntellavano il cielo notturno, con un sorriso debole e triste.
E forse, nonostante il jetlag e un oceano di distanza, Louis e Harry potrebbero aver guardato il cielo insieme in un determinato momento, per sentirsi più vicini. Meno soli.

Una sera, proprio mentre si infilava nel letto, con la televisione sintonizzata su un canale locale a volume basso, lo chiama Keith.
"Mi dispiace solo che tu e Dan abbiate rotto, ma in ogni caso non è una serata a coppie 'per forza'" farnetica il ragazzo, con un colpo di tosse. Louis attorciglia due dita sottili al cavo del telefono.
"Quando hai detto che è questa serata?"
"Venerdì prossimo. Vengono anche Tom e Marylin, e credo Nick ed Harry.. Tom dice che lasceranno il bambino ai suoi, pare sia una serata di quelle importanti e non gli va di passarla a cambiare pannolini.." ma a quel punto Louis già non lo sentiva più. 





I want you to know 
With everything, I won't let this go 
These words are my heart and soul 
And I'll hold on to this moment you know 
As I bleed my heart out to show 
And I won't let go.





Louis ci mette circa dieci minuti ad individuare Harry quando entra nella sala dell'albergo scelto per il party con un elegante ritardo. Il ragazzo, bellissimo, con la sua solita aria annoiata, uno smoking blu scuro su una anonima camicia bianca aperta di un paio di bottoni sul petto, ascolta in apparente silenzio un uomo di mezz'età con un bicchiere tra due dita, accanto a Nick che invece parla animatamente agitando una mano, l'altra a cingergli il fianco possessivo. 
Harry focalizza il suo sguardo ghiacciato dopo pochi minuti, girandosi poi di scatto improvvisamente più attento alla conversazione, mentre Louis si avvicina a loro con passi veloci e decisi.
"Nick, come andiamo?" chiede con la sua voce chiara, sorridendo, all'uomo, quando questi ha finito di parlare, dandogli una pacca sulla spalla.
"Louis!" gli risponde Nick altrettanto sorridente, sotto lo sguardo infastidito del suo compagno "alla fine sei venuto!"
Louis improvvisa una conversazione su una possibile serata in pizzeria per fare due chiacchiere con gli altri due ragazzi della radio, beccandosi le occhiatacce di Harry, mentre Nick gli annuisce compiaciuto. Qualcuno, poi, lo chiama, e l'uomo ingenuamente lascia il fianco del suo ragazzo, pregando Louis, come altre volte, di tenergli compagnia per un istante. 
"Che ci fai qui? Sapevo che non venivi." sibila Harry, non più costretto a nascondere il suo nervosismo. Louis gli sorride condiscendente, battendo a tempo un piede sulla moquet elegante.
"Per questo tu sei qui? Eri sicuro di non incontrarmi?" 
"Sarebbe stato meglio evitarlo, si." risponde secco, per poi bere un sorso dal suo bicchiere già mezzo vuoto e rimanere in silenzio, guardandosi intorno.
"Ti manco?" mormora Louis con tono tranquillo, facendolo rabbrividire. "Perchè tu mi manchi da impazzire."
Harry abbassa gli occhi sulle sue scarpe lucide, sentendoli pizzicare, per poi "devo raggiungere il mio ragazzo" rispondere, e scappare via per tornare da Nick, troppo occupato a chiacchierare con una coppia per curarsi di lui se non per il solito braccio intorno al busto, quasi a rivendicare la sua proprietà. 

Louis gli fa un cenno con la testa a metà serata, prima di sparire, quasi correndo, verso l'ascensore. Harry sorride all'interlocutore del momento, fingendosi tranquillo, per poi congedarsi cercando di non dare nell'occhio e seguirlo. 
Non appena svolta l'angolo sente un paio di mani afferrarlo da dietro la schiena e sbatterlo contro il muro.
"Che fai?!" gli mormora soffocando un grido, ancora col cuore a mille. Louis gli fa cenno col dito di star zitto, lo tira per il braccio verso un altro ascensore dello stesso piano e se lo trascina dietro. 
Preme uno dei trenta pulsanti, quello più in alto, e aspetta impaziente che si chiudano le porte, prima di buttarsi addosso ad Harry quasi con violenza e baciarlo. 
"Stiamo facendo una cazzata" gli ansima quello nella bocca "una cazzata bella grossa, e io.."
Louis non gli permette di fiatare oltre; gli stringe i ciuffi ricci tra le mani facendogli abbassare un po' la testa, mordendogli le labbra, soffocandolo con la propria lingua, alcolizzato dal suo sapore.
"Stai zitto, devi stare zitto" gli dice, ma con una dolcezza che stride con i gesti famelici di chi ha aspettato troppo a lungo.
E se la voce di Harry dice una cosa il suo corpo ne risponde un'altra. Gli alza di poco la maglietta, infilando le mani ad accarezzare la schiena nuda, la pelle calda.
"In ascensore, sul serio?" mugola lui, disobbedendo, e Louis fa una smorfia. Sono al ventisettesimo piano. Le porte d'acciaio si aprono dopo un 'cling' fastidioso. C'è una scala che porta più su, anche se il pannello dell'ascensore non registra quel piano, con gli scalini in marmo bianco, una pianta sul pianerottolo troppo illuminato. Louis lo conosce bene, quel posto. 
Ci veniva da ragazzino, quando la sua famiglia partecipava a qualche serata importante, e andava a nascondersi per stare per conto suo, come se l'ascensore potesse portarlo lontano con il potere di un dito premuto su un bottone. Lo prende per mano, staccandosi, trascinandoselo dietro, quasi tirandolo, perché non ce la fa più. Sale in fretta i gradini, prega che qualcuno, come spesso succedeva, abbia dimenticato di chiudere la porta a chiave. Arrivati in cima alle scale, infatti, un portone blindato color verde marcio a bloccar loro la strada. Louis prova con la mano libera a tirare la sbarra di metallo sulla porta: è aperta. Con un sorriso soddisfatto entra nella stanza, che altro non è che il relitto di una saletta per conferenze, un palchetto di legno con un microfono, una quantità innumerevole di sedie pieghevoli rivestite di tessuto verde ammassate disordinatamente. 
Accende un solo lampadario, per non dare troppo nell'occhio, e chiude la porta. Nessuno salirebbe mai lassù, e lui lo sa. Ci ha passato ore, da piccolo. Sa che in quel mobile nero in fondo a destra ci sono fogli e penne con sopra il marchio dell'albergo, con cui passava il tempo scribacchiando il suo nome con tanti ghirigori, Louis.. Gli viene da sorridere: non avrebbe mai immaginato, anni prima, una scena del genere. Harry non ha ancora fiatato, lo osserva attento senza muovere un muscolo. Il ragazzo torna a guardarlo, e gli sorride, e allora tutto ha di nuovo un senso.
"Sei talmente bello" gli dice a bassa voce, sfiorandogli il viso con la punta del naso, e Harry chiude gli occhi, un'espressione compiaciuta. Con un sospiro mozzato lo bacia di nuovo, gli mordicchia le labbra piene, già rosse, gli mette le braccia intorno al collo perché ha bisogno di sentire il suo corpo addosso al suo, adesso. 
"Ti voglio. Non c'è niente che io voglia più di te in questo momento" dice, infilando due dita nei passanti dei suoi pantaloni, per far scontrare i loro bacini. Harry sorride contro le sue labbra, fatica a respirare ma se lo stringe ancora di più addosso. Lo spinge contro un tavolo lunghissimo, con sopra un telo verde scuro, e ce lo fa sedere sopra. Adesso sono alla stessa altezza. Louis gli circonda la vita con le gambe, gli fa piegare la testa da un lato per baciarlo sul collo, ansima piano quando Harry lo spoglia, lentamente, cominciando dalla maglietta, e sbottonando i pantaloni. 
"Ti voglio, sempre" mugola Harry nella sua bocca, iniziando a spogliarsi anche lui, a liberarsi a fatica della stoffa d'intralcio tra le loro pelli calde.
E Louis lo sa che non è tanto per dire. 
"Se ti voglio così tanto, non può essere sbagliato" dice, più a se stesso che al ragazzo che ha davanti, cercando di giustificare la voglia che gli nasce alla bocca dello stomaco. E poi è dentro di lui. Con una straziante lentezza, non c'è nient'altro al mondo che il respiro sconnesso di Harry nella sua bocca, le sue mani che si aggrappano alla sua carne, le unghie corte a graffiargli la pelle, la bocca calda sulla sua, il suono dei suoi gemiti che sembrano così distanti..
Fanno l'amore così, ancorati l'uno all'altro, con tutti quegli sconosciuti molti piani più sotto, ignari di tutto. Lo fanno consapevoli che il tempo che hanno a disposizione è poco. Che, per loro due, sta già per scadere. E Harry viene con in bocca il suo nome, stringendo gli occhi, e Louis lo segue, ansimando piano. Gli passa una mano sulla fronte, gli porta indietro i capelli e torna sulle sue labbra, prima di uscire da lui. Si rivestono in silenzio, l'uno per l'altro. Lou gli infila la maglietta, mordendogli piano la spalla, Harry gli sfiora il collo con le labbra riabbottonandogli la camicia. Sorridono, e nonostante tutto non è un sorriso triste.
"Ti prego, non baciarlo" gli mormora Louis, a testa bassa, in ascensore. Stanno scendendo, e anche la felicità di poco prima, anche quella si sta rieclissando inesorabilmente al pensiero di non potersi più neanche sfiorare. 
"Non baciarlo davanti a me, ti prego" ripete, quando Harry lo guarda con gli occhi seri e la fronte aggrottata. Gli prende le mani, intreccia le sue dita a quelle di Louis, abbassa un po' la testa per trovare la sua bocca. Si baciano per il tempo di cinque, sei piani. Poi si separano di nuovo.






In front of your eyes 
It falls from the skies 
When you don't know what you're looking to find 
In front of your eyes 
It falls from the skies 
When you just never know what you will find, 
what you will find.





Quando rientrò nel suo appartamento e si chiuse la porta alle spalle senza far rumore, nel buio spezzato solo dai frequenti lampi e dalle luci della strada, il sorriso si spense e quasi gli uscì il cuore dal petto per lo spavento, perchè voltandosi verso il divano trovò Nick. La schiena curva in avanti, le mani congiunte e la testa bassa; Harry si sentì morire, e fece giusto qualche passo in avanti.
"Hai fatto tardi, stasera.", un tuono a rimarcare le sue parole scure. Quante settimane erano, che faceva tardi? Dopo mesi di tradimento ad un certo punto pensi di essere quasi invisibile. Pensi che se non ti hanno scoperto fino ad adesso, non ti scopriranno mai. Inevitabilmente lui e Louis avevano ricominciato a vedersi, e il senso di vuoto che sentivano la sera prima di lasciarsi era più forte di prima. Louis, geloso perso nel vederlo tornare a casa dove avrebbe abbracciato, baciato qualcun altro; Harry improvvisamente triste, a cercare di ancorarsi alla sua carne, a stringere i capelli tra le dita per prolungare gli attimi che rubavano ad una vita che, ancora una volta, non era la loro.
Nick alzò gli occhi per guardare il ragazzo riccio e bagnato, con una luce negli occhi che somigliava pericolosamente a delusione.
"Sai, all'inizio pensavo 'perchè preoccuparsi, se lo fa stare bene perchè non lasciare che diventino amici'. Era tanto tempo che non ti vedevo felice, e pensai che ero disposto a farlo. Non avevo capito niente" continuò Nick retorico, gesticolando appena una mano. Ad Harry salì un groppo alla gola, gli occhi iniziarono a pizzicare, come se gli stesse crollando addosso tutto il senso di colpa che lo aveva accompagnato durante quei mesi, ma che non gli aveva impedito di continuare a vedere Louis perchè Nick aveva ragione, lui lo rendeva felice. E ci aveva provato, ad allontanarsi, provando cosa vuol dire star male davvero, non come in quegli ultimi anni di noia, di sensazioni spiacevoli, dolore vero. Chiuse un attimo a pensare alle settimane in cui non aveva potuto vederlo, in cui si era sentito come se un destino crudele gli avesse strappato via l'ultima cosa che riusciva a dare un senso alle sue giornate: aveva cercato la sua voce in radio più di quanto avesse mai provato a sentire quella del suo ragazzo, sorridendo tra le lacrime perchè aveva capito che il lavoro di Louis non era a caso, che la sua voce meritava di essere ascoltata, come una musica da sala sulla quale bisogna concentrarsi e chiudere gli occhi per coglierne le sfaccettature più intime e segrete. Aveva alzato lo sguardo le rare volte che gli capitava di accompagnare Nick al lavoro, chiedendosi cosa stesse facendo il soggetto dei suoi sogni; lo immaginava storcere il naso dopo aver preso un sorso di tè troppo zuccherato, o sorridere come se fosse quello il suo mestiere e cavolo, quanto gli veniva bene, o ridacchiare con quella voce chiara, quasi femminile, e accarezzare con le dita sottili il microfono per cullare con le note della sua voce la gente che lo ascoltava distrattamente mentre tornava a casa da lavoro, o faceva la spesa in un supermercato. Lo sognava venire un giorno sotto casa sua a portarlo via, come aveva fatto Nick anni prima, a salvarlo di nuovo.
Perchè Harry aveva capito. I grattacieli, le strade asfaltate, le luci intermittenti di città monumentali e bellissime, opere talmente straordinarie e perfette da rendere quasi impossibile a chi le guarda attribuirle alla mano di semplici operai, non valevano niente se non le vivevi con la giusta persona accanto.
Si ridestò tra i suoi pensieri con un sussulto in petto, Nick ancora davanti a lui, ad aspettare che almeno si degnasse di spiegare, che provasse a trovare la più inutile e patetica scusa per giustificarsi. "Mi dispiace."
L'uomo sorrise con ironia, spostando lo sguardo prima su una parete del salone, poi sulle sue mani ancora intrecciate.
"Dimmi una cosa" gli chiese subito dopo, senza il coraggio di alzare gli occhi "lo ami?"
Harry si morse le labbra tra i denti, per poi annuire leggermente ma con convinzione, pensando che almeno la verità gliela dovesse. Quello fu troppo, perchè Nick si alzò e andò in camera loro, in camera sua, quella che avevano condiviso per anni senza che mai lo sfiorasse il pensiero di essere stato tradito. Anche in quel momento, egoisticamente, Harry pensò a Louis. Pensò che per lui doveva essere stato facile, perchè sì aveva qualcuno che lo amava, ma non aveva avuto sensi di colpa. Aveva lasciato Dan subito dopo aver capito che non avrebbe avuto niente da offrirgli e Harry lo invidiò per questo. Perchè lui, al contrario, doveva lasciare un pezzo di vita. Tra le lacrime preparò una valigia, infilandoci dentro a caso tutto quello che trovava di suo nell'appartamento. 
Quando Nick uscì dal bagno, con i capelli ancora bagnati, Harry se ne era già andato. 
Si avvicinò alla finestra, forzandola un po', inceppata come sempre, e pensò, come ogni giorno come fosse diventato un inquietante mantra per il suo cervello, che avrebbe 
dovuto ripararla prima o poi. Si affacciò dal balcone e guardò l'esatto punto in cui aveva visto, neanche due ore prima, il suo ragazzo baciarsi con quell'uomo che lavorava al suo fianco da mesi e non si era fatto troppi scrupoli a mentirgli, ma lo perdonò mentalmente. In fondo, non si era accorto di niente finchè non li aveva studiati in segreto, mentre lui gli apriva la portiera dell'auto, gli dava un veloce bacio giocoso e con trasporto lo lasciava andare verso il cancello del palazzo. Si chiese che cosa spingesse Harry a tornare da lui, ogni notte, quando tutto ciò che voleva era a sua disposizione da un'altra parte, e si rispose volgendo lo sguardo verso quella dannata finestra con il meccanismo inceppato: abitudine. La vita ti da uno schema e anche se a volte la tua mente capricciosa si ribella non ce la fai a cambiare le cose. Preferisci lasciarle così perchè in fondo sono la testimonianza che quella è la vita che stai vivendo tu, sono piccoli segni del tuo passaggio.
Ma il percorso di Harry con lui era finito, e lui, il giorno dopo, avrebbe fatto trentacinque minuti in auto, attento a non accendere la radio, per arrivare al ferramenta più fornito della zona. 
"Devo riparare la finestra" aveva ripetuto a tutti i commessi, e sembrava quasi pazzo. Lo servì poi, appoggiato coi gomiti sul bancone, un ragazzo biondo di nome Dan, che gli sorrise.
"Spiegami cosa non funziona" aveva detto, e Nick, accigliato e sorpreso, si era appoggiato con le mani allo stesso bancone, a cercare di riordinare la sua vita. 






I don't want this moment 
To ever end 
Where everything's nothing, without you.





Quando Harry era arrivato in lacrime sul pianerottolo del suo appartamento, dopo che si erano lasciati neanche due ore prima sotto casa sua, Louis aveva capito che da quel momento sarebbe stato come costruire qualcosa di completamente nuovo. Non una relazione per gioco, o di nascosto, qualcosa di vero, e non era sicuro di esserne capace. Non ci fu bisogno di chiedere cosa fosse successo, e dubitava che Harry fosse in grado di spiegarglielo in quello stato, ma non si azzardò ad ingelosirsi per quella reazione. Sapeva che quelle lacrime servivano a lasciar andare una fase importante della sua vita. Gli disse che l'amava ed Harry pensò che non avrebbe voluto sentire altro.
"Che facciamo adesso?" aveva chiesto tra i singhiozzi. Louis l'aveva stretto sul suo petto, baciandogli i ricci morbidi e scuri, ancora umidi.

Tre mesi dopo il fantasma di quelle lacrime se ne era andato. Harry aveva comprato nuovi quadri da appendere alle pareti, perchè gli sembravano troppo spoglie. Avevano fatto l'amore in ogni angolo di quella casa, quasi a rivendicarla come loro in quel modo.
Sei mesi dopo, paradossalmente, la quotidianità ancora non li sfiorava. Si, avevano la loro routine. Louis usciva tutti i giorni per andare in radio, dove, aveva scoperto, Nick si era licenziato per trasferirsi fuori città con un nuovo ragazzo; quando l'aveva detto ad Harry quello aveva sorriso sollevato, e aveva lasciato che i sensi di colpa tornassero nel loro vecchio appartamento sfitto, tra le stampelle dimenticate nell'armadio e qualche foto in fondo al comodino. 


Louis lo chiamava già dalle scale, con in mano due scatoloni di pizza fumante. Aprì la porta spingendola con la schiena e andò in cucina, dove trovò Harry in piedi su una sedia intento ad appendere un cartellone incorniciato con un collage di decine di loro foto al posto della stampa gigantesca di Amsterdam che aveva comprato qualche mese prima.
"Ti piace?" mormorò con un sorriso, studiando attentamente la sua impressione su quella botta di testa. Aveva passato l'intero pomeriggio a stampare le foto dal loro portatile, ritagliarle e incollarle come un puzzle. Louis fece un sorriso più luminoso del suo e "è bellissimo" rispose a occhi sbarrati, poggiando i cartoni delle pizze sul tavolo. Harry riprese a respirare tranquillo, scendendo dalla sedia e circondandogli il collo con le braccia.
"Hai tolto la stampa di Amsterdam" gli fece notare Louis, mentre l'altro, un angolo della bocca tirato su e le labbra sulla pelle del suo viso a lasciare baci leggeri, annuiva distrattamente.
"Con te potrei vivere anche chiuso in questa casa per sempre, lo sai?"
Louis mostrò i denti bianchi in un altro sorriso luminoso, passandogli le mani tra i ricci, lasciandosi baciare mentre le pizze nel cartone si freddavano e i ti amo sussurrati nelle loro bocche riempivano discreti il silenzio dell'appartamento.






 











Spazio autrice:

Come mi succede la maggior parte delle volte, durante tutta la storia penso a cose da dire in questo angolino e poi me le scordo.
Intanto vi ringrazio per la pazienza e per le canzoni consigliate, che sono due, non una come avevo progettato all'inizio né tre come poi avevo pensato di fare.
Le due canzoni in questione, oltre ad essere molto famose, sono tra le mie preferite e spero piacciano anche a voi, nel caso vogliate ascoltarle cliccate all'inizio delle due sezioni in cui è diviso il capitolo.

Vorrei, anche se mi costa un sacco, spiegare il mio punto di vista sul senso di questa storia - perchè si, è incredibile anche per me, ma un senso ce l'ha hahaha
Devo ammettere che è diventata, in alcuni punti, una storia abbastanza autobiografica. Harry e Louis sono due caratteri molto diversi. Harry sente un profondo senso di oppressione nei confronti del mondo in cui vive e si ribella iniziando una nuova vita con un uomo che prima era amico e che poi per forza di cose è diventato anche amante. Louis non si fa scrupoli di niente, sa quello che vuole e corre a prenderlo. Non ci pensa due minuti a lasciare la sua storia del momento quando si rende conto di essersi innamorato. Paradossalmente, tra l'Harry buono e pieno di sensi di colpa e il Louis menefreghista, il migliore dei due è Louis, non fa soffrire le persone che ha intorno. 
So che li avete criticati mentalmente per i tradimenti mentre leggete, ma questa è una cosa che va vista da uno speciale punto di vista. Nick ama Harry, ma lo ama nel modo sbagliato. Harry, alla fine, con Louis non ha più bisogno di viaggiare nelle grandi città che ha sempre sognato per respirare, perche gli basta avere lui accanto.
E con questo concludo la mia spiegazione, voi fatemi sapere cosa ne avete tratto.

Non posso non ringraziare colei che mi ha accompagnato in questi mesi di sclero tra Breathe e Teach me how to smile, Verdiana. Scusa se ti ho deviata, tesoro. Eri una ingenua e felice ragazza prima di crollare nel mondo delle slash Larry, ahhh.

Poooi. Non so se qualcuno a parte le persone che hanno consigliato le canzoni per questa OS sa che sono l'autrice di Breathe, ma ve lo dico lo stesso: è una long Larry con rating rosso. Potete dare un'occhiata e decidere se vale la pena leggerla.
Qualsiasi cosa voi vogliate chiedermi, davvero qualsiasi, potete farlo sul mio Ask che ho aperto da poco esclusivamente come autrice appunto per questo.
Su Twitter sono questa qui, chiedete pure il follow back :)
Ah, il banner è mio, sia per questa che per tutte le altre storie, e mi offro sempre a farne su richiesta quindi nel caso vi dovesse servire una mano chiedete pure.

Ho scritto altre due OS Larry, se vi va di leggerle sono Do you believe in miracles? e Through the lens. Ci sono molto affezionata e se passate a dare un occhiata mi rendete felice :)

Fatemi sapere cosa ne pensate, anche con critiche costruttive ("tornatene alle tue long, che è meglio", ndr), ci tengo davvero molto :) alla prossima.

-Federica.








 
  
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