Storie originali > Romantico
Segui la storia  |       
Autore: AleJen    06/01/2014    0 recensioni
Serafine si è appena trasferita. E' la cittadina di Lewisville, non troppo lontano da New York ma abbastanza isolata per far sì che sia un posto tranquillo. La sua famiglia è scomparsa all'improvviso e lei è rimasta sola, ma non riesce a spiegarsi una serie di fatti che accadono proprio a lei. L'unica persona cosciente di tutto ciò sembra un ragazzo a lei sconosciuto, dall'aria ribelle e una bellezza particolare...
Genere: Sovrannaturale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Sovrannaturale
Capitoli:
 <<    >>
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
Il profumo del caffè si stava lentamente diffondendo nella casa. Serafine si diede l’ultimo ritocco allo specchio e si fiondò in cucina a spegnere la macchinetta. Erano le otto e venti e Lylie era già andata via da un’ora. Si versò il caffè nel tazzone e lo bevve velocemente, non aveva molto tempo e per le nove doveva già essere in negozio con tutto in ordine. Sono solo al quarto giorno e già rischio di far tardi! Non è un buongiorno, questo. Recuperò il cappotto grigio e si calò sulla testa il basco di lana con un motivo a treccia di colore viola e uscì.
La giornata non si rivelò promettente. La strada secondaria sulla quale abitava era immersa nella nebbia, e in più faceva più freddo di quanto Serafine si aspettasse. Si sollevò la sciarpa a coprire la bocca, poi indossò le cuffie e fece partire la musica sul cellulare, dirigendosi alla sua sinistra verso il centro della cittadina. La canzone All love di Ingrid Michaelson la accompagnò lungo la strada, e si rivelò adatta alla giornata.
Solo quando fu giunta al centro abitato, dopo l’incrocio tra la strada principale e la sua, la nebbia sembrava diradarsi almeno un po’. Il centro di Lewisville non era molto grande, diviso in due dalla strada principale e soprattutto, era almeno di diversi chilometri spostato dall’autostrada che portava a New York, perciò non c’era un grande traffico oltre a quello locale. Serafine non si era nemmeno interessata all’esistenza di qualche locale o qualche posto dove divertirsi, in fondo non le interessava poi più di tanto, preferiva la compagnia di qualche libro.
Qualche centinaio di metri più avanti intravide nella nebbia la libreria dove lavorava, all’angolo tra la strada principale e quella che portava alla chiesa. Notò che la saracinesca era già sollevata ed erano le nove meno un quarto. Julia dev’essere già arrivata. Attraversò la strada ed entrò nel negozio.
La libreria era praticamente l’unica in città, oltre a quella c’era la biblioteca. Non era immensa, ma almeno era accogliente e ben fornita, con gli scaffali stracolmi di volumi e volumetti di ogni dimensione e colore. I suoi passi risuonarono sul pavimento di legno.
<< Ciao Serafine! >>, la salutò Julia da dietro il bancone, intenta a leggere qualcosa al computer. Poi alzò gli occhi verde scuro e la osservò. << Come siamo carine, stamattina >>. Serafine abbozzò un sorriso.
<< Grazie, Julia. Non pensavo fossi già qui >>. Julia sbuffò, e scosse i capelli rosso scuro.
<< Lascia stare, quelle del pomeriggio ieri si sono dimenticate di fare l’ordine quindi mi è toccato fiondarmi stamattina a farlo prima di rimanere senza >>. Serafine andò a lasciare cappotto, berretto e borsa nel retro, poi si sedette sullo sgabello vicino a lei. Julia era una ragazza di un paio d’anni più di lei, con uno stile tutto suo che era impossibile non riconoscerla, se la si incrociava per la strada.
<< Cosa dovevano ordinare? >>.
<< “The Picture of Dorian Gray”. Lo stanno leggendo quelli dell’ultimo anno del liceo, e praticamente ne voleranno via si e no una ventina di copie. Ieri prima di uscire le ho pure appiccicato un post-it con scritto di fare l’ordine, invece sai che hanno fatto? Pensavano a come imbellettarsi per andare a fare le miss giù a New York, e ciao ordine! Uff… >>. Serafine rise.
<< Dai, non prendertela. Tanto ormai è andata >>.
<< Lo so, ma non è il modo di lavorare. Anzi, sai che ti dico? Stasera usciamo anche noi >>.
<< Ehm… A New York? >>. Ora fu Julia a ridere, notando che Serafine non apprezzava molto quella prospettiva.
<< Ma no, sinceramente non ho voglia di fare tutta quella strada. Andiamo a un locale che c’è qui vicino, il Garage. Lì suonano dal vivo e tra loro c’è pure un mio ex compagno di classe >>.
<< Ah sì? Cosa suona? >>.
<< La chitarra. E canta, ha una voce bellissima >>. Serafine la ascoltava tutta interessata, e Julia mostrò un sorriso malizioso. << Curiosa di vederlo? >>.
<< Beh, sì. Anche se a me interessa sentirlo, più che vederlo. Trovo insensato che sia, che ne so, un tipo bellissimo paragonabile a un divo di Hollywood e poi suona pure male. Non si può! >>. Julia ridacchiò, come se nascondesse qualcosa.
<< Ehm… No dai, non ti rivelo niente. Quando stasera lo vedrai, mi dirai che cosa ne pensi. Voglio proprio vedere >>. Ah. Ma perché, che ha di speciale? Sarà una persona come un’altra, no?
<< Ma…! Cos’è, una sfida? >>.
<< No, è solo che voglio sentire il tuo parere… per confrontarlo con gli altri, e vedere se tutte la pensate allo stesso modo >>. Serafine, decisamente perplessa, sollevò le sopracciglia.
<< Ok, se mi dici così adesso sono ancora più curiosa. Stasera vedrò >>. Nel frattempo, nella libreria entrò la prima cliente della giornata.
 
Serafine sedeva davanti allo specchio della propria camera alla luce della lampada, spazzolandosi i capelli. In cinque minuti Julia sarebbe dovuta passare a prenderla, perciò cercò di sveltirsi nel prepararsi. Dopo il fare misterioso che aveva avuto Julia quella mattina, Serafine era proprio curiosa di vedere cosa la aspettava. Non si poteva fare così, e poi pretendere che la gente non si incuriosisse. L’ha fatto apposta, così sarei andata in quel locale e avrei visto la persona che voleva lei. Ma a che scopo?
<< Serafine!! È già arrivata Julia! >>. Serafine guardò l’orologio: le dieci e un quarto. Sollevò le spalle, e finì di pettinarsi. Si osservò: portava un paio di jeans blu scuro e una t-shirt nera con stampata la bandiera inglese, e il suo solito trucco nero appena più enfatizzato. Indossò ancora gli stivaletti neri, prese la borsa e scese di corsa. Lylie era stravaccata sul divano a guardare la tivù, con il caminetto acceso. Nel vedere le fiamme calde e danzanti a Serafine venne voglia di abbandonare tutto e restare a casa. Ma in fondo era troppo curiosa, e finì per cestinare l’idea.
<>.
<< Buona serata, Serafine! >>. Indossò una giacca scura e calda e uscì. Dall’altra parte del vialetto ancora immerso nella nebbia, Julia la stava aspettando in macchina, le luci che apparivano come in una strana dimensione avvolte da quell’umidità, perciò si affrettò a raggiungerla e a salire.
<< Serafine! Pronta, finalmente? >>. Serafine annuì.
<< Sì sì. Sei tu che mi hai incuriosita, e adesso non potevo più dirti di no! >>. Julia ridacchiò e partì.
<< Eh eh, lo sapevo che ci sarei riuscita. In realtà a me non ne viene in tasca niente, però… Va beh, non è importante >>, concluse sollevando le spalle. Uffa, ma ancora! Non vedo l’ora di arrivare, così vedrò questo benedetto musicista!
Il desiderio di Serafine si esaudì presto, e nonostante la visibilità ridotta arrivarono in tempo al Garage. All’esterno era un semplice edificio di mattoni rosso scuro con una vetrata colorata che non mostrava l’interno. Serafine seguì Julia oltre un gruppetto di ragazzi appostati sul marciapiede e entrarono.
Ciò che Serafine percepì come prima cosa fu il vociferare della gente, la maggior parte dei tavoli era occupata. Subito dopo, si dedicò ad analizzare l’ambiente dalle luci soffuse che la circondava. A sinistra c’era il bancone con un paio di baristi e un paio di scaffali straripanti di bottiglie; ai muri di mattoni erano appese chitarre di diversi colori e poster di rockband famose e addossate a essi, panche di color verde scuro. I tavoli erano sparsi un po’ ovunque e in fondo alla sala c’era un palco.
<< Ma è un posto stupendo! >>, disse Serafine a Julia costringendosi ad alzare la voce affinché la sentisse. Julia, in risposta, le fece l’occhiolino e si fece seguire di nuovo finché non adocchiò un tavolino tranquillo addossato al muro. Si levarono entrambe le giacche e presero posto.
<< Lo sapevo! A volte venire qui è come tornare al liceo, ci sono sempre le solite tre o quattro che non si perdono d’animo >>, annunciò Julia con espressione infastidita. Serafine aggrottò la fronte.
<< Che vuoi dire? >>.
<< Voglio dire che, nonostante la bidonata che si sono beccate da Gabriel ancora vengono qua ad ascoltarlo. Patetiche >>. Serafine sollevò leggermente le spalle.
<< Ah, si chiama Gabriel? Bel nome. Beh, io non ci vedo comunque niente di male, scelta loro >>. Julia assottigliò le palpebre.
<< Tu andresti ancora a vedere uno che ti ha già fatto capire svariate volte che non gliene frega niente di te? >>.
<< No, ovvio! >>.
<< Ecco, appunto >>.
All’improvviso, le luci si abbassarono di poco e una paio di note suonate con una chitarra classica fecero tacere tutta la sala. Serafine si voltò d’istinto verso il palco, e ciò che vide le sembrò una sorta di visione.
Just one more moment, that’s all that’s needed, like wounded soldiers in need of healing… Serafine restò letteralmente a bocca aperta. In mezzo al palco ora c’era un ragazzo seduto su uno sgabello, la chitarra in mano. Ha una voce bellissima… Julia aveva proprio ragione. Serafine riconobbe la canzone I’d come for you dei Nickelback. E cantata da lui non perdeva nulla del suo fascino.
Lo osservò meglio. Portava una t-shirt grigio scuro, jeans neri e un paio di anfibi neri con i lacci fuori posto. I can’t believe I said I’d lay our love on the ground, but it doesn’t matter ‘cause I made it up, forgive me now… I capelli biondi, mossi sul fondo e di media lunghezza rilucevano sotto il fascio del riflettore puntato su di lui. Di rado sollevava gli occhi dalla chitarra, ma in quei pochi momenti Serafine intravide un paio di iridi che le sembravano molto chiare. Notò anche un altro particolare, un anellino al lobo dell’orecchio sinistro. L’insieme dei suoi lineamenti, poi, erano qualcosa di straordinario, di perfetto. Ha… ha il viso di un angelo… Era convinta di non aver mai visto qualcosa di simile in nessuno, nemmeno in una città grande come New York dove aveva vissuto per ventitré anni. I’d come for you, no one but you, yes I’d come for you but only if you told me to… Serafine volse uno sguardo fugace a Julia, e anche lei come il resto della sala era rapita da quel ragazzo dal viso d’angelo che cantava con la sua voce meravigliosa. Sembra che crei un campo magnetico e tutti sono attratti da lui! Capisco la bellezza, capisco la bravura… Però non è possibile! Ora capiva perché le ex compagne di classe di Julia andavano ancora a vederlo suonare. Serafine dedicò di nuovo l’attenzione a lui, a quel Gabriel, mentre continuava la canzone dei Nickelback, cercando di non canticchiare tra sé per non coprire la sua voce, che considerava divina.
Non appena la canzone finì, tutti applaudirono, Serafine compresa. Gabriel si guardò intorno, abbozzando un sorriso decisamente forzato, e il suo sguardo cadde anche su Serafine. Lei, di fronte alla sua occhiata di ghiaccio, sobbalzò. Si sentì osservata per qualche istante, e solo quando lui distolse l’attenzione, tirò un sospiro di sollievo e Gabriel tornò a dedicarsi alla propria chitarra. Serafine si fece pensierosa.
<< Allora? Che te ne pare? >>, domandò all’improvviso Julia. Oh, bentornata tra noi!
<< È un bellissimo ragazzo, questo non lo metto in dubbio. Canta anche molto bene… >>. Julia si fece raggiante come se avesse vinto qualche cosa, ma Serafine la interruppe. << …però… >>.
<< Però cosa?! >>. Serafine si strinse nelle spalle.
<< Non so… ha qualcosa che non mi piace. Mi incute un certo timore, e… ribadisco, c’è qualcosa che non va, una specie di interferenza >>. Julia si fece scura in viso.
<< Mi sembra strano… Tra tutte le persone che mi hanno parlato di lui sei la prima a dirmi così. Poi che intendi per interferenza? >>.
<< Non saprei spiegarmi, è come se nell’insieme di bellezza e bravura ci fosse anche qualcosa di… negativo. È una sensazione che ho avuto, e non mi è piaciuta >>. Julia tacque, abbassò lo sguardo sul tavolo e non lo distolse da lì. Nel frattempo Gabriel iniziò a suonare una nuova canzone ma Serafine non si dedicò a quella. Cercò piuttosto di comprendere il repentino cambiamento che Julia aveva fatto.
<< Julia? >>, insistette Serafine affinché le desse qualche spiegazione. Improvvisamente sembrò da risvegliarsi come da un sogno a occhi aperti.
<< No niente, scusa. Pensavo >>.
<< Ho detto qualcosa che non va? >>.
<< No Serafine, stai tranquilla non è nulla di grave >>.
 
<< Grazie del passaggio. A domani! >>.
<< Buonanotte, Serafine >>. Serafine scese dalla macchina di Julia e attraversò il vialetto ancora immerso nella nebbia. Si strinse nella giacca, non tanto per l’umidità, il freddo o il buio. Da quando era stata in quel locale, un brutto presentimento non la abbandonava, era paura quella che sentiva. Aprì la porta ed entrò in casa, un po’ controvoglia.
Il corridoio era immerso nel buio, solo una luce azzurra e dei suoni provenivano dal salotto. Sarà Lylie che guarda qualche film. Aumentò il passo per andare a salutarla, ma nel salotto non trovò altro che la tivù accesa e la sua solita tazza di latte ancora fumante, senza Lylie.
<< Lylie? >>. Nessuna risposta. Serafine inspirò a fondo, e andò a perlustrare anche le altre stanze. Le sembrava stupido preoccuparsi in quel modo, ma preferiva accertarsi che non ci fosse nulla che non andava, che si stava sbagliando. Salì al piano superiore, i soliti gradini di legno che scricchiolavano sotto i suoi piedi. Provò a chiamare di nuovo, ma allo stesso modo non ottenne una risposta. Non era nemmeno nella propria camera, il letto era vuoto. Magari ha deciso di uscire… Serafine prese il cellulare dalla borsa per vedere se le aveva scritto, ma non c’erano messaggi o chiamate. Sembrava che avesse mollato tutto lì a metà, ed era sparita completamente.
Una sensazione di freddo la attanagliò al petto, e corse giù per le scale per andare a vedere se Julia era ancora là. E così era, la macchina era ancora là davanti e Julia stava leggendo qualcosa sul cellulare.
<< Julia! Julia!! >>, le urlò Serafine correndole incontro. Julia alzò la testa e vedendo Serafine nel panico, scese dalla macchina.
<< Cosa succede? >>.
<< Lylie… non c’è da nessuna parte! >>. Julia si avvicinò a Serafine e le pose le mani sulle spalle.
<< Serafine, calmati adesso. Sei sicura? >>. Serafine annuì.
<< Sì… Ho guardato ovunque, è sparita >>. Julia osservò Serafine terrorizzata.
<< Vieni, andiamo dalla polizia. Loro la troveranno >>. La voce di Julia era ferma, e sembrò tranquillizzare Serafine almeno un po’, la quale annuì.
<< Ok… >>. Julia la fece sedere al posto del passeggero, ma prima di salire e mettersi alla guida esitò per un attimo. Serafine la vide fissare il nulla di buio e nebbia per diversi istanti, come se si fosse estraniata dal nulla allo stesso modo in cui era successo nel locale. Aggrottò la fronte, non riusciva a capire. Solo quando poi si riprese, salì e girò la macchina per tornare in centro.
 
<< Come si chiama la ragazza? >>.
<< Lylian Campbell >>.
Julia e Serafine sedevano davanti alla scrivania nell’ufficio del capo della stazione di polizia della città.
<< Avete una foto? >>. Serafine prese subito il cellulare e cercò la foto che lei e Lylie avevano fatto assieme, e la mostrò al poliziotto. Mentre lui caricava la foto sul computer, Serafine si voltò verso i vetri che davano sul corridoio. La panca che poco prima era vuota, ora la vide occupata da tre figure. Due ragazzi di aspetto non proprio raccomandabile stavano parlando tra di loro, il terzo era seduto svogliatamente e teneva le mani nelle tasche del giubbotto di pelle nero. Serafine riconobbe immediatamente i suoi lineamenti. Era Gabriel. I capelli biondi erano spettinati e tendevano all’indietro, come se ci avesse appena passato la mano in mezzo. E il suo sguardo azzurro chiaro fissava un punto indefinito proprio dentro l’ufficio.
<< Farò partire immediatamente le ricerche. Se riuscite ad avere qualche notizia avvisateci subito >>. Julia e Serafine si alzarono.
<< Certo. La ringrazio >>, rispose Serafine e strinse la mano al poliziotto.
<< Se avremo nuovi aggiornamenti, la chiameremo. Buonanotte >>. Senza aggiungere altro, Serafine uscì dall’ufficio. Stava per andarsene dall’edificio ma Julia si fermò.
<< Ciao Gabriel. Cosa ci fai qui? >>, le sentì dire e si voltò. Serafine vide Gabriel sollevare le spalle.
<< Questi due stronzi hanno pensato bene di volermi fregare l’incasso della serata >>, rispose lui con voce ferma ma incredibilmente armoniosa. Sentendosi insultare, uno dei due si infuriò.
<< Stronzi a chi? Eh?! >>. Gabriel lo incenerì con un solo sguardo.
<< Taci. Sempre se ci tieni alla faccia >>.
<< Piantatela tutti, non vi è bastata la rissa che avete fatto? >>, intervenne il poliziotto in piedi lì a fianco, vicino a quello che sembrava un testimone.
<< Va beh dai, allora ci si vede >>. Gabriel annuì.
<< Ciao Julia, ‘notte >>. Serafine restò a osservarli, lui non aveva mai abbozzato a mezzo sorriso. Gabriel lanciò una breve occhiata anche a Serafine, un’occhiata terribile che sarebbe stata capace di uccidere se avesse potuto, probabilmente, poi si voltò dall’altra parte.
<< Dai andiamo >>, disse infine Julia a Serafine. << Faccio che restare da te, così non sei da sola >>.
<< Grazie, Julia >>, e finalmente uscirono dall’edificio, come Serafine desiderava già da un po’.
  
Leggi le 0 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<    >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Storie originali > Romantico / Vai alla pagina dell'autore: AleJen