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Autore: _GreenFlower    07/01/2014    5 recensioni
Incontrai lo sguardo penetrante di due grandi e bellissimi occhi grigi, come una tempesta sul punto di scoppiare. Per un momento non riuscii più a muovermi.
Possibile che un semplice (beh, semplice per modo di dire) sguardo potesse farmi questo effetto?
Evidentemente si, vista la mia reazione.
Genere: Romantico, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Altro personaggio, Annabeth Chase, Grover Underwood, Luke Castellan, Percy Jackson
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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-Mm quanto possono essere buoni i gelati al cioccolato? Sono così dolci...-
-Talia, per favore, potresti almeno far finta di essere interessata a quello che sto dicendo?-
-Peccato che facciano male...-
-Talia...-
-Che poi secondo me il cioccolato fa bene.-
-Ok Talia, mi arrendo. Hai vinto tu.-
-Dai Percy, non ti offendere. Sai benissimo perché non ti do retta. Mi racconti sempre le stesse cose, che le tue professoresse sono stronze, che sei arrabbiato con Grover perché non si fa sentire, e che Amy è simpaticissima e che me la devi assolutamente far conoscere. E nonostante tu lo dica ogni volta che vengo qui, non me la presenti mai. Forse ti vergogni di me...-
-Certe volte mi chiedo come fai a uscirtene con certe affermazioni. Perché mi dovrei vergognare di te?-
-Ah non lo so. Forse perché sono dislessica e iperattiva?-
-Come se non lo fossi anch'io.-
Alzò le spalle, disinteressata. Poi alzò un dito in aria, solennemente.
-Beh, dopo tutte le volte che sono venuta qui, una cosa ho capito sulla tua vita.-
Dal suo tono e dalla sua espressione serissima, mi sembrava quasi di star parlando di un segreto di Stato.
-Cosa?-
-Che le cose più divertenti, importanti e interessanti su di te le scopro sempre dopo almeno un'ora che passiamo insieme. Vediamo...-
Tirò fuori il suo cellulare (se ancora poteva definirsi tale, visto che era pieno di graffi, i cristalli liquidi erano rotti e dietro, al posto della copertina, c'era lo scotch) e guardò l'orario.
-Sono passati circa 50 minuti. Beh, manca poco tempo, non pensi anche tu?-
Sospirai.
-Talia, non vorrei deluderti, ma penso che oggi non accadrà nulla di divertente, importante o interessante. Sopravvaluti molto la mia vita.-
Talia non mi diede retta, agitando la mano in aria come a voler scacciare una mosca.
-Si, si, come vuoi tu. Che ne dici di tornare a casa tua, cambiarci, ed andare su quella spiaggia bellissima dove mi hai portata una volta? Mi sfugge il nome...-
Fui assalito da uno strano nervosismo.
-Mountauk?-
-Si, esatto! Allora? Mi ci porti?-
Non riuscivo a stare fermo, mi torcevo le mani dal nervosismo e evitavo il suo sguardo.
Talia se ne accorse.
-Ehy, tutto a posto?-
-Si, si, certo, solo che... io...-
Lei mi guardava interrogativa. Stavo dando di matto, dovevo assolutamente smetterla.
Ripresi il controllo, più o meno.
-Ehm, volevo dire che va bene. Dovremmo muoverci però, se vogliamo stare li un paio di ore e tornare in tempo per la cena.-
Talia non sembrava più tanto convinta, ma annuì comunque.


Ero terrorizzato.
Eravamo io e Talia nella mia macchina e lei mi stava tempestando di domande.
Il fatto è che, una volta arrivati a casa, avevamo trovato mia madre a preparare il pranzo per due persone, e la seconda persona non eravamo nè io nè Talia, ma Paul.
Come al solito dal giorno della "famosa" cena, non mi rivolse nemmeno uno sguardo, abbracciò Talia e iniziarono a parlare. Non ci volle molto per Talia capire che qualcosa non andava.
Sapeva che mia madre mi adorava, che tirava fuori il mio nome in qualsiasi discorso, anche quando non c'entrava niente, che mi elogiava come se avessi vinto il premio Nobel o semplicemente mi sorrideva ogni volta che incrociavamo lo sguardo e non vederla fare niente di tutto ciò la stava evidentemente turbando.
Non fece domande a mia madre però, e la ringraziai mentalmente per questo. Non volevo che Sally si ricordasse della mia pessima performance con i genitori di Paul, avrebbe solo aumenteto la sua rabbia.
L'ho già detto che odiavo quando mia madre si arrabbiava con me?
Dopo neanche dieci secondi che eravamo fuori dalla porta di casa però, tutte le domande che Talia si era trattenuta dal fare a mia madre, le chiese tutte a me.
Naturalmente con la delicatezza e la tranquillità caratteristiche di Talia.
-CHE COSA CAZZO È SUCCESSO?? AVETE LITIGATO?? CHE HAI COMBINATO STA VOLTA?? GUARDA CHE SE VENGO A SAPERE CHE HAI DI NUOVO FREGATO LA MACCHINA DI PAUL E C'HAI FATTO UN INCIDENTE PERCHÉ C'ERA UN UCCELLINO FERITO IN MEZZO ALLA STRADA GIURO CHE...- ed era partita con una serie di minacce mortali che non avrebbe mai messo in atto.
Perché alla fine, colpa mia o no, lei era sempre dalla mia parte.
-Calmati Talia. Fai un respiro profondo. Ti racconto tutto se la smetti di agitarti così sul sedile. Va a finire che facciamo veramente un incidente.-
-Va bene. Vai, spara.-
E iniziai a parlarle della serata, omettendo il motivo del mio ritardo e anche il perché fossi stato così nervoso quella sera.
Lei rimaneva in silenzio, osservandomi attentamente. Sapevo che cercava di psicoanalizzarmi, era una delle sue nuove fisse visto che a scuola aveva iniziato psicologia pedagogia e sociologia (di cui sapeva poco e niente, ma si sentiva comunque una grande psicologa).
Finì il mio racconto, e ci fu qualche momento di silenzio.
Poi Talia sospirò rumorosamente, rilassandosi sul sedile. Ero in ansia per la sua sentenza, ma lei non accennava a proferir parola.
-Allora?-
Lei mi guardò ancora un po' in silenzio, prima di decidersi a parlare.
-Allora niente.-
-Cioè?-
-Cioè che tua madre ha ragione a essere incazzata nera con te, ma non ti faccio la ramanzina perché io al posto tuo avrei fatto le stesse identiche cose. Ed il mio motto è: "Non giudicare gli altri se sai di non essere migliore di loro".-
-Te lo sei appena inventato.-
-È vero, però ha senso e da oggi in poi sarà davvero il mio motto. Comunque, hai capito quello che voglio dirti no? Devi semplicemente farti perdonare.-
Era quel semplicemente che non mi convinceva affato.
-Lo so.-
Il resto del percorso lo trascorremmo in silenzio, ascoltando il mio cd preferito che conteneva le mie canzoni preferite dei Beatles, dei Pink Floyd, di Jimi Hendrix, di Bob Marley e compania bella. C'era anche qualche canzone pop, ma il genere non mi piaceva molto.
-Aah, io questa musica non la sopporto. Troppo calma diamine. Forse solo Jimi Hendrix si salva in questo cd!-
-Senti a me piace la musica, non il rumore.-
-Rumore??? RUMORE? Senti, puoi dirmi tutto, ma che i System Of A Down sono rumore no.
-Va bene, va bene, scusa. Ognuno ha i suoi gusti, no?-


Eravamo arrivati in spiaggia da un'ora circa e quando, scendendo dalle dune, non avevo visto Annabeth, avevo tirato un grande sospiro di sollievo beccandomi uno sguardo interrogativo da parte di Talia. Spiacente, non ero riuscito a trattenermi.
Un po' dovevo ammettere però, che ero anche leggermente, e dico leggermente, triste dal fatto di non averla incontrata. Erano da due giorni (il weekend) che non la vedevo.
Scacciai via quel pensiero. Andiamo, l'avevo pensato sul serio??
Talia mi distrasse con l'ennesimo urlettino, seguito poi da lunghe esultazioni.
-E ANDIAMO! NE HO TROVATA UN'ALTRA PERCY! UN'ALTRA CON IL BUCO! Questa è la più bella però, senza ombra di dubbio.-
-Talia, dici la stessa cosa ogni volta che ne trovi una. E poi con tutte le conchiglie con il buco che hai trovato potresti fare collane ad un esercito.-
Lei alzò le spalle, come se riempire tutte le tasche sia sue che mie, la sua borsa e la mia maglietta usata come cestino fosse giusto il minimo indispensabile.
Mi sentivo ingombrante e pesante e avevo bisogno di rilassare le mani che fino a quel momento avevano tenuto su la maglietta.
-Senti, io vado a svuotare le mie in macchina, torno subito.-
E lasciai Talia a continuare il suo lavoro.
Ripercorsi a ritroso la spiaggia arrivando alla macchina e liberandmii delle conchiglie.
Mi guardai un attimo al finestrino e contorsi il viso in una smorfia.
Ero pieno di sabbia, i capelli neri erano scompigliati e avevo la maglietta sgualcita.
Decisi di fregarmene, tanto nessuno apparte Talia mi avrebbe visto in quello stato.
Non feci in tempo neanche a pensarlo.


Ero incazzata nera.
Come si permetteva quella... quella... sconosciuta di vietarmi qualcosa?
Era mia madre forse? No!
Stavo percorrendo il tragitto da casa mia a Montauk a piedi, con uno zaino con una tenda, i libri per studiare, un sacco a pelo, un arco, delle frecce, dei soldi e il cellulare scarico sulle spalle.
Giusto il minimo indispensabile per la sopravvivenza.
Ero scappata di casa, di nuovo.
E di nuovo non sarei rientrata finché mio padre non sarebbe tornato da San Francisco e non mi avrebbe pregato di ritornare a casa.
Ero testarda, lo sapevo.
Ma io proprio non la sopportavo quella tizia lì.
Trattava i suoi due figli come fossero principi e a me da sguattera, soprattutto quando non c'era mio padre, il che vuol dire molto spesso. Ma io non ero mica come cenerentola, no. Io non mi facevo mettere i piedi in testa.
E secondo mio padre la dovevo chiamare anche mamma!
Tenevo il passo veloce, ormai era quasi un'ora che camminavo, ma l'arrabbiatura non mi faceva sentire la stanchezza. Alzai lo sguardo e vidi che ero quasi arrivata. Scorsi una macchina, il che mi turbò visto che Montauk era una spiaggia sconoscita.
E un brutto presentimento prese a farsi spazio nella mia testa.
Beh, prorpio brutto no.
Scacciai subito quel pensiero.
Avvicinandomi, confermai i miei sospetti. Ecco ci mancava solo questa.
Mi fermai di botto a una decina di metri dalla figura davanti a me, che sentendo il rumore, si era voltato.
-Annabeth??-
I suoi occhi verdi si spalancarono in una maniera disumana.
Sono degli occhi così belli...
Dovevo piantarla di pensare a queste cose.
-Ciao Percy, è un piacere per me rivederti.-
-Cosa ci fai qui??-
-Nulla che possa essere di tuo interesse.-
Lo sorpassai, dirigendomi verso la spiaggia.
-Aspetta!-
Mi girai e lo vidi allisciarsi la maglietta sgualcita e seguirmi. Mi venne da sorridere ma appena mi giarai di nuovo verso il mare, il sorriso mi morì sulle labbra.
Una ragazza stava seduta sul bagnasciuga e appena sentì dei passi si alzò e si girò.
-Percy, vieni ad aiutarmi che non so più dove... oh, ciao!-
La guardai, e sentii una fitta allo stomaco.
Era una ragazza bella, senza ombra di dubbio. La prima cosa che notavi di lei erano gli occhi. Azzurri come non mai, limpidi come il cielo. Aveva una carnagione chiara, che contrastava con i suoi capelli nero corvino. Era vestita completamente di nero, con una maglietta con scritto "a morte barbie" e il disegno della bambola infilzata da una freccia. I pantaloni erano stretti e lucidi, con delle catenine attaccate alle tasche. Aveva degli stivaletti neri borchiati e degli anelli e braccialetti di metallo sulle mani.
Ci fu un momento di silenzio, giusto il tempo che servì a Percy di raggiungerci.
-Talia, lei è Annabeth, la mia nuova compagna di banco.-
La ragazza che pressuposi si chiamasse Talia mi sorrise e mi porse la mano.
-Piacere, io sono Talia.-
-Piacere.- dissi semplicemente.
Mi voltai di scatto verso Percy, che si stava grattando la testa evidentemente imbarazzato.
-Ehy Annabeth, ci aiuteresti? Volevo trovare alcune conchiglie con il buco ma Percy non è di grande aiuto...- e mi fece l'occhiolino.
Se l'avessi incontrata da un'altra parte e insieme ad un'altra persona, sarebbe stata anche simpatica.
-No, grazie, non vorrei essere di troppo.- lo dissi guardando Percy negli occhi.
Lui avvampò violentemente, prima di iniziare a negare l'evidenza.
-Ma cosa dici guarda che siamo amici Talia è una mia amica ti pare siamo amici giuro siamo amici-
Aveva detto tutto in un fiato e aveva ripetuto la parola amici un miliardo e mezzo di volte.
Mi accorsi che Talia lo guardava con una strana scintilla negli occhi.
-Forse sono io quella di troppo.- Aveva sussurato, ridendo sotto i baffi. A quel punto arrossii anch'io.


Erano amici davvero, ormai l'avevo capito.
Era qualche oretta che stavamo insieme e, dopo i primi momenti di imbarazzo, avevamo iniziaro a divertrci. Mi sentivo ancora una stupida per essere stata... ok, lo ammetto, gelosa di Percy. E non riuscivo a capire ancora perché. A me piaceva Luke, ma di lui non ero mai stata gelosa in quel modo. Con lui ero gelosa come quando vedevo papà giocare con gli altri suoi figli. Ma con Percy era stato diverso. Era stato più intenso, più doloroso. Avevo provato più un istinto omicida verso Talia che di protezione vero Percy, come invece accadeva con Luke.
Non riuscivo proprio a pensare che a me potesse piacere Per... No, era fuori discussione.
Percy era strano e aveva voti bassi, assolutamente non il mio tipo.
Luke, invece, lui era perfetto. Bello e intelligente.
Ma non più bello di Percy.
No, ero sicuramente sotto effetto di qualche droga, la vera me non avrebe mai pensato una cosa del genere.
I miei pensieri incasinati furono interrotti dallo squillo del... ehm cellulare di Talia.
Era ridotto talmemte male che a ogni squillo avevo paura che potesse scoppiare.
-Pronto? Oh, ciao Sally. Si si, sono al mare con... ehm lui. Magari Sally, mi piacerebbe un sacco! Aspetta ch glielo chiedo.-
Mise la mano sul microfono del telefono e bisbigliò a Percy: -Tua madre chiede se mangi a casa.-
-Dille di si.-
-Si Sally, c'è anche lui. Arriviamo tra poco, ciao.- E attaccò il telefono.
-Tua madre ha detto che dobbiamo tornare, è ora di cena.-
Avevo assistito in silenzio, con mille domande che mi ronzavano nella testa.
Perché se era la madre di Percy, aveva chiamato Talia? E peché Percy sembrava così triste? E perché Talia aveva accuratamente evitato di fare il suo nome? E perché la madre aeva chiesto a Percy se avrebbe mangiato a casa? Dove avrebbe dovuto mangiare sennò?
Talia iniziò a tornare alla macchina, con le conchiglie che facevano un rumore assurdo.
Percy rimase in silenzio per un po', prima di sospirare.
-Va bene, andiamo allora. Tu Annabeth, vuoi un passaggio?-
Rimasi stupita dalla proposta.
-No grazie, io dormo qui.- e indicai la spiaggia.
-Cosa?-
-Peché sei così stupito, Percy? Hai mai sentito parlare di persone che dormono al mare?-
-Ma fa un freddo bestiale!-
-Sopravviverò.-
Lui mi guardò per qualche secondo, ma io evitavo il suo sguardo.
-Io non ti lascio qui.-
Lo guardai negli occhi, stupita e felice come non mai. Avrei voluto rispondere qualcosa come "Non mi lasciare mai più", ma la ragione ebbe la meglio.
-Io a casa non ci torno.-
I suoi occhi brillarono, probabilmente capì tutto.
-Vieni a casa mia.-
Ok, o voleva uccidermi o mi stava prendendo in giro. O era una persona molto gentile (poco probabile).
-Sei un maniaco?-
-Annabeth, non voglio avere un morto per assideramento sulla coscienza.-
Sospirai. In effetti dormire sulla spiaggia al freddo e al gelo e come unico riparo un sacco a pelo, per di più senza cibo non era stata un'idea geniale.
-Va bene. Andiamo.-







SCUSATEMII DD:
Vi chiedo umilmente perdono *si inginocchia*
Non so quanto tempo è che non aggiorno, e sinceramente non lo voglio neanche sapere, mi sentirei solo piùin colpa.
Spero che mi sia fatta perdonare conquesto capitolo... Ditemi che vi è piaciuto, così almeno un po' della voglia di prendermi a pizze da sola se ne andrà:((
Va bene a parte questo, voglio avvisarvi che non ho riletto il capitolo perché non vedo l'ora di pubblicarlo e non ce la faccio più!^-^
Va bene,la finisco di parlare dicose inutili e lascio a voiil giudizio <3
Ci vediamo al prossimo capitolo!

P.S.: Il prossimo capitolo sarà qualcosa di SWAG :33 ma anche di OOOOH :O
  
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