Capitolo
III
“Dobbiamo
prendere un taxi. Elisa era in compagnia di una giovane coppia, si è appena
scusata di non poterci dare un altro passaggio ed è andata via…” riferì loro
Flavia, sistemando la borsa penzolante sulla spalla destra, dopo essersi
allontanata un momento per parlare con l’amica dal finestrino aperto
dell’automobile.
“Ne sta
arrivando uno proprio adesso”, osservò tranquillamente Diego, muovendosi per
primo a richiamare il buon uomo alla guida del mezzo
pubblico.
Allora aprì lo
sportello posteriore e fece entrare Flavia, prima di salire a sua volta. Romano
aveva fatto il giro della macchina e si era accomodato dall’altra parte, forse
era ancora risentito per non essere stato consultato sul giro
turistico.
“Comunque non
preoccuparti, mi concederai il piacere di incontrare questa signorina nei
prossimi giorni della mia permanenza da voi. Dimmi, è bella?” aggiunse il più
piccolo, una volta all’interno dell’abitacolo.
Lei stava per
replicare semplicemente di sì, ma un secco: “lascia perdere. È già impegnata”,
da parte di Romano, la indusse a cambiare risposta.
“Non ne sappiamo
molto, in realtà non parla quasi mai delle sue relazioni private”, rivelò
Flavia, seduta tra i due ragazzi.
“Dove vi porto?”
domandò come da prassi il tassista, guardandoli dallo specchietto retrovisore.
Portava un paio di occhiali da sole e un berretto nero calato, celante i
capelli.
“Vicino alla
Fontana di Trevi, grazie”.
“E tu cugina? Ti
stai frequentando con qualcuno?” le chiese per pura curiosità mentre il taxi
partiva, il tassametro iniziava a girare e l’altro sbirciava con occhio critico
i vestiti da barbone dell’uomo alla guida: per non farsi sorprendere, talvolta
rivolgeva occhiate annoiate fuori dal finestrino.
“No, io aspetto
quello giusto”, disse con una spontaneità tale da dissipare ogni dubbio in proposito. “Diego, perché non ci parli di te?” s’interessò con un
sorriso dolce. “Era un pezzo che non avevamo più tue notizie… Se stai scomodo,
posso tenere io quello, non c’è problema!” sì offrì, ritenendo di poter
sostenere il peso sia della borsa capiente, sia del suo zaino sulle
gambe.
“Apprezzo la tua
gentilezza, Flavia, ma non preoccuparti!” la rassicurò, spostandolo piuttosto
dalla schiena al petto. “In quanto a me invece…” proseguì, accennando
sinteticamente alla sua vita, che scorreva tranquilla malgrado i suoi genitori
fossero separati da anni, malgrado la lontananza del padre archeologo che a
volte gli pesava, malgrado la reticenza di sua madre, una biologa marina, a non
lasciarlo partire da solo alla sua età.
“Eppure alla
fine l’ho convinta. Oggi ho preso il primo volo della mia vita, è stato
stimolante e sento che voglio essere sempre più indipendente!” affermò,
gongolando sul posto come un bambino a cui avevano promesso una caramella
gommosa.
“Forse hai
ragione, ma non dimenticare che finché soggiorni qui sei sotto la nostra
responsabilità”, gli ricordò pragmatico l’altro, che ogni tanto si faceva
sentire.
“Non essere così
duro, sono certa che Diego non ci causerà alcun problema!” ribatté lei,
decisamente più comprensiva e tollerante del fratello.
“Ben detto.
Romi, abbi più fede nella famiglia”, lo apostrofò soddisfatto, ricevendo in
cambio un’occhiataccia che poteva significare tutto e niente, ma a cui non badò
più di tanto. Girò la manovella per far abbassare il finestrino dal proprio
lato, per affacciarsi e per prendersi quel vento tiepido e piacevole in viso.
Avere il sentore
della libertà gli piaceva, gli piaceva immensamente.
*
“Ecco la Fontana…” mormorò piano,
muovendo qualche passo in avanti rispetto ai cugini.
Il tassista era
stato così discreto nel mantenere il silenzio mentre conversavano e così gentile
da lasciarli in Via San Vincenzo, così non avevano neanche dovuto camminare
molto prima di raggiungere Piazza di Trevi.
La celebre
fontana, una tra le più belle e le più visitate al mondo, non l’aveva mai vista
dal vivo, così vicina da poterla abbracciare con lo sguardo incantato. Era
veramente suggestiva, non riusciva più a distogliere gli occhi dall’intera
struttura marmorea, a fissarla a bocca aperta estasiato.
I raggi del sole
di mezzogiorno facevano brillare gli spruzzi d’acqua che fuoriuscivano come
piccole cascate.
A un certo punto
si sentì prendere sottobraccio da Flavia e si lasciò trascinare verso gli
scalini di pietra.
“Bellissima,
vero? Pensa che ai tempi dell’imperatore Augusto era solo l’elemento terminale
dell’acquedotto Vergine, uno dei più antichi e di estrema importanza per
rifornire d’acqua i cittadini romani”, partì con le spiegazioni da maestrina
paziente.
“Moltissimi
secoli dopo, nel Settecento, si deve a Papa Clemente XII il merito di aver
bandito un concorso per il restauro e il miglioramento del progetto originario,
a Nicola Salvi per aver vinto e agli altri scultori per aver contribuito alla
sua realizzazione. Pensa che ci hanno lavorato tutti con maestria e grande cura
dei particolari fino al 1762!” esclamò concitata, per poi indicare l’imponente
figura al centro della nicchia candida e proseguire: “Quello rappresenta Oceano,
che sembra sia trainato su un cocchio a forma di conchiglia da cavalli marini
guidati da Tritoni. E le due scenette raffigurate di lato, là, vicino a quelle
colonne corinzie, ricordano la storia antica della Fontana, mentre le due statue
femminili rappresentano l’Abbondanza e la Salubrità”.
Flavia avrebbe
voluto aggiungere altro riguardante questo spettacolare capolavoro
dell’architettura e scultura barocca con un tocco di neoclassico, integrato alla
perfezione con la facciata del Palazzo retrostante, soprattutto sul significato
simbolico della rappresentazione – ossia l’eterno, turbinoso e incessante divenire
dell’acqua, fluido vitale dai benefici effetti – e la grande vasca
rappresentante il mare… Non sapeva però se Diego si sarebbe annoiato oppure no,
dal momento che non aveva più aperto bocca.
“E il fatto
delle monetine sul fondo? Me lo spieghi?” domandò dopo qualche secondo,
sporgendosi lievemente per fissare l’acqua azzurrina e trasparente, reggendosi
con le mani sul bordo.
“Certo!”
acconsentì Flavia con un sorriso, sedendosi vicino a lui. “Si tratta di una nota
tradizione popolare e in un certo senso è come esprimere un desiderio, sai? Le
persone lanciano una moneta con la speranza di poter fare ritorno, un giorno, in
questa splendida città”, sostenne, allargando le braccia e levando gli occhi al
cielo sereno, rimanendo seduta in precario equilibrio. “Non è meraviglioso? Ma
bisogna esserne convinti, altrimenti non vale!” esclamò, per poi sbilanciarsi e
tornare in piedi con un balzo come se nulla fosse.
“Ho capito. Sei
davvero informata, ma se non ricordo male hai sempre preferito altre città…”
ricordò lui, cercando con lo sguardo il cugino Romano, che si era spostato dal
punto in cui l’avevano lasciato per avanzare.
“Hai proprio
ragione! Adoro quasi tutte le città del Nord e non riesco a dimenticare Venezia.
Cosa c’è?” chiese, vedendolo distratto.
“Dov’è finito
tuo fratello?” le fece notare, e insieme lo cercarono tra la gente di passaggio
e i turisti curiosi, che scattavano foto ricordo oppure si limitavano a
contemplare il vistoso monumento, fino a trovarlo accanto alla fontanella sul
lato sinistro, detta anche ‘degli
innamorati’ per via di un’altra credenza.
“Pare che zio
Giulio non sia nei dintorni. O mi cercavate soltanto per riavere le vostre
cose?” borbottò Romano, che reggeva la borsa di sua sorella, lo zaino di Diego e
anche la sua giacca, che si era tolto momentaneamente perché sentiva caldo ed
era ancora un po’ nervoso.
“Oh. D’accordo.
Dove possiamo cercarlo adesso?” pensò ad alta voce Flavia, mentre un bambino che
faceva i capricci passò con la madre, che udirono sospirare con tanta
pazienza.
“Aspettate,
prima vorrei scattare qualche fotografia!” li fermò Diego, facendo scorrere la
cerniera lampo per estrarre la sua macchina fotografica, riposta dentro un
sacchetto grigio tra le sue cose. La tirò fuori e incitò i due cugini a
seguirlo, a mettersi in posa in modo che dietro rimanesse lo sfondo della
fontana, almeno in parte nel caso in cui non fosse riuscito a prenderla
interamente.
“Fate un bel
sorriso…” consigliò divertito, poiché si rendeva conto che per Romano non
sarebbe stato affatto facile. Nella prima era rimasto serio, e persino con la
collaborazione gioiosa di Flavia, che le provò tutte per strappargliene almeno
uno, dal solletico alle dita sulle sue guance per tenderle all’indietro,
ottennero soltanto delle smorfie buffe per le altre cinque
fotografie.
Quando fu il suo
turno, invece, Diego non si risparmiò. Invitò persino due turiste a unirsi a
loro, ringraziandole calorosamente, mentre Romano inquadrava, scattava e
contemporaneamente provava invidia verso quel moccioso che si sentiva già
adulto.
Non si era
accorto della vicinanza della sorella, che non poteva certo intuire i suoi
pensieri, ma che lo pregò di non alterarsi dopo aver ascoltato la prossima
richiesta.
“Come?! Non ne
avete abbastanza?” sbottò, sobbalzando quando aveva visto che anche una delle turiste, quella bionda e
carina, si era avvicinata allungando la mano. Aveva un sorriso sornione e vivace.
Temette di avere fatto una brutta figura e si sentì
arrossire.
“Dalla a lei,
fratellone. Ci facciamo un’altra foto tutti insieme e poi abbiamo finito
davvero”.
Dopo l’ultima
posa a tre, passato il momento d’imbarazzo provato di fronte a quella ragazza
straniera, fu Romano a guidare il resto della famiglia per le innumerevoli vie
di Roma, con tanto di bisbigli e risate complici alle sue spalle e salutando
l’emicrania appena arrivata a rompere nella sua testa già colma di svariati
pensieri, verso la prossima meta turistica: Piazza di Spagna.
Il falso
tassista scese dal taxi andando incontro al vero autista del veicolo,
passandogli i soldi che aveva intascato dai tre ragazzi per il passaggio
richiesto.
“Sta andando
tutto secondo i piani?” s’informò lui, accettando le banconote e posandole
dentro a un borsellino.
L’uomo
misterioso con gli occhiali da sole, il berretto nero e i vestiti consunti
ghignò compiaciuto.
“Credo proprio
di sì, non mi hanno riconosciuto. Ti offrirei volentieri un caffè per
ringraziarti del favore, ma devo passare al prossimo travestimento. Sai dove
posso trovare un telefono pubblico?” chiese ostentando una certa fretta,
tendendo una mano per stringere subito la sua.
“Si figuri.
Provi a cinquanta metri da qui, su quella via”, gli suggerì cordialmente.
“Arrivederci, signor Vargas”.
“D’accordo.
Arrivederci!” lo salutò gaio, affrettandosi verso la direzione indicata e
lodandosi mentalmente per essere un attore nato e per aver resistito alla forte
tentazione di rivelare loro la sua vera identità.
Continua…
***
Note: Chiedo venia,
sono un poco in ritardo sulla tabella di marcia, ma prima di pubblicare ho
provato a migliorare una parte che non mi convinceva di questo capitolo
^^’
Avete capito chi
è comparso alla fine, vero? Un personaggio che avrà più spazio nel quinto
capitolo, per ora le sue intenzioni resteranno ancora avvolte nel mistero
=)
Come ho scritto
a SunliteGirl, sono stata a Roma
soltanto una volta e quindi ho attinto da internet a gran parte delle
informazioni riportate nella storia tramite Flavia, ma solo sui luoghi che mi hanno colpito di
più nel centro storico (anche perché so bene che in un giorno è impossibile
visitare tutta la Città eterna xD).
Io ci ho
provato, adesso non mi resta che incrociare le dita e ringraziare nuovamente chi segue questo mio progetto
^^ a presto!
Rina
Prossimo aggiornamento: 20 gennaio.