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Autore: V@le    28/05/2008    0 recensioni
Un inquisitore che ha perso la fede incontrerà sul suo cammino il Fato. E si tratterà solo di fare una scelta, anche all'ultimo.
[9^ classificata al concorso AU indetto da Talpina Pensierosa e Kureni88]
Genere: Drammatico, Sovrannaturale, Song-fic | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Neji Hyuuga, Tenten
Note: Alternate Universe (AU) | Avvertimenti: nessuno
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PRIGIONIA


Quella notte Neji non riuscì a prender sonno. Poteva godere solo di un leggero dormiveglia, il quale era puntualmente agitato da sogni impuri e immagini voluttuose.
Al centro di tutto ciò, lei.
Quella insignificante zingara che si era permessa di mettere in discussione la sua posizione, la sua autorità, la sua vita...
Quella giovane che aveva preso in prestito il corpo di Venere perché gli umani potessero saziare i propri occhi avidi di lussuria...
Si rizzò a sedere di scatto, come per far scivolar via quei pensieri impudichi.
Guardò oltre la finestra e il cuore gli si fermò per qualche istante: con le unghie quasi conficcate nel vetro e due occhi rossi e lampeggianti, l'albina che era detta chiamarsi Ananche.
Ma dopo che ebbe strizzato gli occhi, non la vide più.
Un'allucinazione, uno scherzo della mente.
Il fato che veniva a riscuotere il suo tributo.
L'inquisitore Hyuuga si alzò e si vestì, mentre per la prima volta le due forze perennemente contrastanti nella sua anima puntavano nella stessa direzione.
La ragiove voleva raggiungere lei per capire cosa stesse succedendo.
L'istinto voleva lei, e basta.
Ebbene, avrebbe accontentato entrambe.

La ragazza era accovacciata in un angolo della cella, tremante per il freddo, diffidente della guardia che la controllava, con lo sguardo rivolto al piccolo buco nella roccia che le permetteva di vedere un fazzoletto di cielo.
Non si accorse che, al posto della guardia, era entrato l'uomo che l'aveva fatta rinchiudere, ma cominciò a canticchiare come a consolarsi un po':
"Ali in gabbia, occhi selvaggi
non potranno più volare
E l'infanzia dagli oltraggi
tornerà mai ad amare?
"
Neji si avvicinò alle pesanti sbarre di ferro, osservandola muovere quelle labbra rosee. E desiderò poterle mordere.
"Cosa ho fatto io di male?
Io ballavo per le strade
e cantavo per la gente
quelle melodie gitane...
"
L'uomo si spostò ad un lato della cella, in modo da non esser visto, facendo aderire la schiena al muro.
Sentiva una tempesta crescergli dentro, percepiva sensazioni sconosciute e la ragione sembrava venir sempre meno.
Quella zingara sarebbe diventata la sua dannazione!
Quella gitana sarebbe stata il suo paradiso...
E tramutò le emozioni in un sussurro che non si scontrava col basso canto della prigioniera, ma anzi sembrava accompagnarlo e completarlo.
"Io so cos'è la passione
ma non lo so se è veleno
Io non so più cosa sono
e se ragiono o se sogno
Annego e il mare è lei
sento i sentimenti miei
che non ho sentito mai
L'onda che non affrontai
"
Si voltò nella direzione della ragazza e si aggrappò disperatamente al muro col le mani.
"Mi distruggerai, mi distruggerai
e ti maledirò finché avrò vita e fiato
Mi distruggerai, mi distruggerai
Tu mi hai gettato nell'abisso di un pensiero fisso
Tu mi distruggerai, mi distruggerai
mi distruggerai...
"
Strofinando le unghie contro la fredda pietra produsse un fastidioso stridore, che mise in allerta la gitana.
"Chi è là? Smettetela..." richiamò lei balzando in piedi, quasi con voce implorante.
Probabilmente non riusciva a sopportare quel suono.
L'inquisitore si manifestò e quella indietreggiò fino al muro, sentendosi in trappola anche se li separavano più di tre passi e le sbarre.
"Voi?"
"Già" rispose lui avvicinandosi ancora di più alle aste metalliche "io. Forse la mia presenza non vi aggrada?"
"Al contrario, vossignoria: mi mettete i brividi."
La rabbia cercò di montargli dentro.
"La vostra impertinenza non desiste neanche in prigione, vedo."
"Cosa ci fate qui?" chiese lei stringendosi nelle spalle.
"Sono il prete che viene prima di morire" fu la prima scusa che gli venne in mente.
"L'avevo detto io" distolse lo sguardo dall'uomo "un altro innocente che viene assassinato."
"Ti dichiari innocente?" Neji rovesciò il capo all'indietro e rise quasi sadico "La superbia è un peccato, sai?"
"Lo è anche uccidere una persona."
Era la seconda volta che lo zittiva e questo non lo poteva soffrire.
"Tu, squallida..." si placò, per poi sogghignare "ma che importa. Tanto domani penderai da quella forca, spogliata della tua impertinenza e della tua stessa vita."
"E allora? Io starò bene. Rimarrà almeno la dignità di essere umano, a me."
E il fuoco bruciò vivo negli occhi e nel cuore.
E l'istinto ebbe finalmente la meglio sulla ragione.
"Dovessi morire dannato e andare all'Inferno, ti spoglierò anche di quella dignità che ti tieni tanto stretta!" sbottò senza curarsi di tener bassa la voce.
La zingara si premette le mani sulla testa, confusa e intimorita.
"Tutto questo odio verso di me..." tornò a guardarlo "e solo per aver detto la verità?"
"Odio?" con gli occhi percorse i lineamenti del viso, le curve del gracile corpo, quelle dannate labbra rosee "Quello che provo è tutt'altro che odio..."
L'altra scosse la testa, incredula.
"Voi siete pazzo!"
"Pazzo? Forse..."
In un attimo la porta della cella si aprì e negli occhi della gitana scalpitò il terrore.
"...ma a causa tua."
Si avvicinò, imponente e fermo, fino bloccarle ogni via di fuga, inchiodandola alla parete col peso del proprio corpo.
"Lasciatemi... vi prego, lasciatemi..." implorava lei, dimenandosi più che poteva.
Le tappò la bocca con una mano e con l'altra cercò i bottoni dello straccio che indossava.
Ossessivi i suoi pensieri uscirono dalle sue labbra, sempre in un sussurro che andò piano piano ad alzarsi in grido.
"E quel mio cuore d'inverno
è un fiore di primavera
e brucia dentro l'Inferno
come se fosse di cera
Sei tu che soffi sul fuoco
tu, bella bocca straniera
Ti spio, ti voglio, t'invoco
Io sono niente e tu vera!
"
Strappò la stoffa e se ne liberò, trovandosi così a sovrastare una piccola creatura nuda e singhiozzante dal viso umido di lacrime.
La costrinse ad abbassarsi fino a terra con sé.
"Mi distruggerai, mi distruggerai
e ti maledirò finché avrò vita e fiato...
"

Singhiozzava ancora. Povera stupida.
L'inquisitore Hyuuga si sistemò la veste e uscì dalla cella con il suo solito fare distinto e superiore, facendo rientrare la guardia, il quale non notò il rivolo di sangue che dalle gambe della prigioniera riempiva i piccoli fossati fra le mattonelle pietrose del pavimento.
Allora la ragazza si rialzò faticosamente e cercò di coprirsi alla meno peggio coi resti del suo vestito.
Con voce rotta dal pianto e le lacrime che segnavano solchi sulla sua pelle, canticchiò:
"Ali in gabbia, occhi selvaggi
non potranno più volare
E l'infanzia dagli oltraggi
tornerà mai ad amare?
"

Sebbene avesse soddisfatto il suo desiderio voluttuoso, il sonno dell'inquisitore quella notte fu comunque tormentato.
Si era addormentato con la coscienza di ciò che aveva fatto e rendendosi conto che neanche conosceva il nome di quella zingara. Non era attanagliato dal rimorso, ma sentiva comunque qualcosa formicolare nel ventre, qualcosa di fastidioso.
Qualcosa peggiore del rimorso.
Tale sensazione non lo abbandonò, neanche quando il viso di una bambina dai capelli bianchi e gli occhi rossi e lampeggianti gli comparve in sogno, sussurrandogli con la sua vocina stridula:
"Il Fato verrà a riscuotere il suo tributo: Lui dà a ognuno ciò che si merita... presto verrà anche da te..."

  
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