“Anch’io. Forse troppo.” Queste furono le parole esatte di Charlie. Per un attimo sono rimasta interdetta, non sapevo che cosa intendesse, a cosa si riferisse. A dire la verità ero ancora scossa per l’incredibile sorpresa che mi aveva fatto. Non potevo crederci! Forse anche lei provava qualcosa per me, ero troppo contenta. Ma dovevo contenermi, prima quando le ho detto una frase che poteva essere colta in due modi, non ha apprezzato molto…
Finiamo il nostro aperitivo, e ci dirigiamo verso l’uscita, dopo esserci fatte scattare una foto insieme con il magnifico panorama alle nostre spalle, di modo da ricordarci questa serata indimenticabile per sempre. Mentre le passo il cellulare per farle vedere quanto bene stiamo insieme, le sfioro delicatamente la mano e sento un fremito che parte dalla punta delle dita e attraversa tutto il braccio, e penso che l’abbia avvertito anche lei da come chiude gli occhi e inspira profondamente. La guardo negli occhi, e sorrido. Lei mi sorride. Non potrebbe andare meglio!
Dopo essere uscite dal palazzo, mi dirigo automaticamente verso Trafalgar Square, dove di solito andavamo sempre dopo aver bevuto qualcosa per stare ancora un po’ insieme, ma mi sento tirare per un braccio con Charlie che, sorridendo, mi diceva “Dove stai andando? Abbiamo un’altra sorpresa che ci attende!”. Incuriosita, decisi di seguirla, sorridendo e ridacchiando imbarazzata.
Erano ormai le nove e mezza, era già buio e se giravo la testa a sinistra, potevo vedere il London Eye illuminato con i colori della nostra bandiera. Oh, come sei bella Londra! Affrettai però subito il passo, rendendomi conto che Charlie era due metri avanti a me. Appena la raggiunsi, mi chiese se mi era mancata (la città, capiamoci) e non potei fare altro che rispondere “Si, tanto. Ma non più di quanto non mi sia mancata tu” e detto questo, la presi per mano. La sua mano era fredda ma calda allo stesso tempo, morbida e piccola. La sentì trasalire come, rabbrividire al mio tocco, e dopo avermi lanciato uno sguardo confuso, strinse le dita intorno alle mie, continuando a guardare davanti a sé.
Camminammo in silenzio per dieci minuti più o meno, sempre tenendoci per mano. Non avrei mai pensato di essere capace di una cosa così coraggiosa, e stavo mentalmente esultando per il fatto che Charlie non avesse scherzato ironicamente sul fatto che ci stavamo tenendo per mano.
Non capivo dove mi stava portando, continuavamo ad uscire ed entrare in strette viuzze delle quali sinceramente, nonostante io fossi una londinese ad hoc, non ne sapevo l’esistenza. Dopo un po’, arriviamo in questa piccola piazza (mai vista prima), con in mezzo una grande fontana e intorno tanti piccoli muretti sui quali le persone potevano sedersi. Sembrava di essere in Italia, in una piazza di Roma, dove, tra l’altro, sogno di andare da quando avevo sette anni. Era bellissimo, tutto era perfetto, anche se ero un po’ in ansia per la prossima sorpresa.
E non feci neanche in tempo a finire il mio pensiero, che Charlie mi disse: “Tre, due, uno…”
E in quel momento il mio cuore era felice. O forse stavo avendo un infarto.
Finiamo il nostro aperitivo, e ci dirigiamo verso l’uscita, dopo esserci fatte scattare una foto insieme con il magnifico panorama alle nostre spalle, di modo da ricordarci questa serata indimenticabile per sempre. Mentre le passo il cellulare per farle vedere quanto bene stiamo insieme, le sfioro delicatamente la mano e sento un fremito che parte dalla punta delle dita e attraversa tutto il braccio, e penso che l’abbia avvertito anche lei da come chiude gli occhi e inspira profondamente. La guardo negli occhi, e sorrido. Lei mi sorride. Non potrebbe andare meglio!
Dopo essere uscite dal palazzo, mi dirigo automaticamente verso Trafalgar Square, dove di solito andavamo sempre dopo aver bevuto qualcosa per stare ancora un po’ insieme, ma mi sento tirare per un braccio con Charlie che, sorridendo, mi diceva “Dove stai andando? Abbiamo un’altra sorpresa che ci attende!”. Incuriosita, decisi di seguirla, sorridendo e ridacchiando imbarazzata.
Erano ormai le nove e mezza, era già buio e se giravo la testa a sinistra, potevo vedere il London Eye illuminato con i colori della nostra bandiera. Oh, come sei bella Londra! Affrettai però subito il passo, rendendomi conto che Charlie era due metri avanti a me. Appena la raggiunsi, mi chiese se mi era mancata (la città, capiamoci) e non potei fare altro che rispondere “Si, tanto. Ma non più di quanto non mi sia mancata tu” e detto questo, la presi per mano. La sua mano era fredda ma calda allo stesso tempo, morbida e piccola. La sentì trasalire come, rabbrividire al mio tocco, e dopo avermi lanciato uno sguardo confuso, strinse le dita intorno alle mie, continuando a guardare davanti a sé.
Camminammo in silenzio per dieci minuti più o meno, sempre tenendoci per mano. Non avrei mai pensato di essere capace di una cosa così coraggiosa, e stavo mentalmente esultando per il fatto che Charlie non avesse scherzato ironicamente sul fatto che ci stavamo tenendo per mano.
Non capivo dove mi stava portando, continuavamo ad uscire ed entrare in strette viuzze delle quali sinceramente, nonostante io fossi una londinese ad hoc, non ne sapevo l’esistenza. Dopo un po’, arriviamo in questa piccola piazza (mai vista prima), con in mezzo una grande fontana e intorno tanti piccoli muretti sui quali le persone potevano sedersi. Sembrava di essere in Italia, in una piazza di Roma, dove, tra l’altro, sogno di andare da quando avevo sette anni. Era bellissimo, tutto era perfetto, anche se ero un po’ in ansia per la prossima sorpresa.
E non feci neanche in tempo a finire il mio pensiero, che Charlie mi disse: “Tre, due, uno…”
E in quel momento il mio cuore era felice. O forse stavo avendo un infarto.