Fanfic su artisti musicali > Mika
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Autore: KiaJB    09/01/2014    5 recensioni
-Ero quasi arrivata a pensare che l'amore non esistesse per me- dissi guardandolo in quegli occhi che tanto amavo.
-E ora?- mi chiese avvicinandosi ancora di più alle mie labbra.
-Ora che ci sei tu tutto è cambiato- in un attimo la distanza tra di noi era sparita e quello che aspettavo da anni finalmente era accaduto...
Bhè poi mi sono svegliata.
Genere: Romantico, Sentimentale, Song-fic | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
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Capitolo 2

-Hey, come hai fatto a venire? Avrei dovuto avvertire mia figlia prima di farti venire a casa. Almeno non è svenuta come l’ultima volta che gli ho portato a casa il tuo autografo. Non puoi immaginare! Non lo fa toccare nessuno e gli ha attaccato dello scotch per non farlo rovinare. Ora è appeso in camera sua incorniciato- ride mio padre facendo scoppiare anche tutti gli altri presenti tranne me.

Mi stringo nelle spalle e abbasso la testa imbarazzata.

Sarò sicuramente arrossita, mi sento avvampare appena i suoi occhi incontrano ancora una volta  i miei e non mi accorgo di aver trattenuto il fiato fino a quando non sono costretta a riprendere a respirare per non svenire davanti a tutte quelle persone in giacca e cravatta.

Mika mi sorride cercando di mascherare un’altra risata senza nessun risultato.

-Sono felice di aver conosciuto una mia fan così sincera- sorride mentre mio padre gli indica la sedia su cui sedersi a tavola.

Mia madre corre in cucina a preparare i piatti e io con lei.

Appena siamo lontane dagli occhi di quegli uomini lei inizia a parlare.

-Ok, forse dovevamo avvertirti un po’ prima che forse sarebbe arrivato ma non era sicuro da quanto credo tu abbia capito. Comunque hai mantenuto abbastanza bene la calma e continua in questo modo Clarissa. Te lo chiedo in ginocchio, non far fare figure a tuo padre- dice mia madre mentre mi passa due piatti da servire.

Torno nella sala da pranzo ignorando le parole di poco prima di mia madre.

Mi avvicino a mio padre per servirgli il piatto di spaghetti alle vongole che tanto gli piacciono.

Lui però non sposta le braccia da tavola e devo fare tutto il giro per non rovesciarglielo addosso. Lui mi guarda severo ma non riesco a capire subito il motivo fino a quando uno dei tanto colleghi di mio padre mi guarda desideroso di cibo e leccandosi le labbra.

Sposto il piatto all’uomo alla sua destra e gli servo il primo piatto un po’imbarazzata.

Poi guardo la persona al suo fianco e faccio un passo per servirgli il secondo piatto ma la sedia del primo uomo mi fa inciampare.

Mi ero già vista a terra con il piatto addosso al terzo uomo che mi rendo conto dopo un paio di secondi che è Mika.

Tutto questo sarebbe accaduto se due braccia non mi avrebbero afferrato per i fianchi impedendomi di cadere.

Mi giro e noto mio padre guardarmi severamente mentre il primo e il secondo uomo sghignazzano tra di loro, lo hanno fatto sicuramente apposta. Ma dove mi sono ritrovata? In una gabbia di matti?!?

Devo stare più attenta a dove metto i piedi perché sicuramente queste persone non si limiteranno solamente di una piccola perdita di equilibrio. Loro volevano vedermi far sfigurare mio padre, far perdere l’importanza del suo cognome e fargli perdere il lavoro, il lavoro che aveva raggiunto grazie a tanti sforzi.

Non potevo permettere che succedesse una cosa del genere, lo avevo sempre visto indaffarato e pronto per ogni cosa, si sarebbe anche trasferito dall’altra parte del mondo pur di continuare a fare quello che aveva sempre sognato.

Mi tiro su con un sorriso che più falso non potevano esisterne e a testa alta continuo a servire il secondo uomo.

Mel mi girava intorno scodinzolando rendendomi il lavoro ancora più difficile ma riuscivo a sostenere tutto.

Dopo mancavano quattro piatti: il mio, quello dei miei genitori e quello di Michael.

Devo scegliere cosa fare: andare da Mika e magari fare una figura orrenda per le sensazioni che mi fa provare la sua vicinanza oppure andare da mio padre e far fare una figura orrenda a mio padre per aver una figlia così maleducata da non servire prima il piatto agli ospiti.

Sono quasi all’idea di andare da mio padre quando mia madre mi supera e raggiunge mio padre velocemente nonostante abbia Mel tra le gambe.

La scelta è sparita: o vado da Mika o vado da Mika.

Mi avvicino lentamente a lui cercando di calmare il battito cardiaco e le mani tremanti.

Il respiro si fa sempre più pesante man mano che mi avvicino a lui ma cerco di pensare ad altro ma i miei occhi sono ormai posati sui suoi mentre mi sorride per incoraggiarmi.

Il mio sorriso ormai è diventato il più vero che io abbia mai fatto e non penso ad altro che ai suoi occhi sui miei e il piatto sulla mia mano destra è come se fosse sparito.

Il mio corpo è come sparito, sono caduta dentro ai suoi occhi color cioccolato fuso.

Cioccolato fuso, proprio fuso.

Forse è proprio quello che mi fa perdere l’equilibrio e mi obbliga ad appoggiarmi a qualcosa per non cadere.

L’unica cosa più vicina a cui posso attaccarmi per non cadere è la persona davanti a me e senza nemmeno pensarci mi ritrovo tra le sue braccia con il piatto di spaghetti che unge tutta la sua giacca.

Lui mi sorride nonostante abbia la giacca completamente sporca, sembra quasi che non se ne fosse accorto e mi mantiene ancora fortemente per non farmi cadere nonostante non sia più in piedi ma sulle sue gambe.

Per un paio di secondi rimango ancora persa nel suo sguardo completamente rilassato e mi scordo di tutto: i miei genitori che mi fissando scioccati, quelle persone orribili che mio padre ha il dovere di chiamare colleghi che mi guardano compiaciuti per aver qualcosa su cui sparlare di mio padre.

C’è solo lui, il mio Mika, l’uomo che avevo sempre desiderato di conoscere e amare.

Improvvisamente torno alla realtà e mi alzo di colpo dalle sue gambe e interrompendo il mio sorriso da ebete.

-Oddio la  prego mi perdoni, non volevo fare…quello che ho fatto. Sono scivolata e non sono riuscita a rimanere in piedi! Che casino che ho combinato!- inizio a scusarmi in tutte le lingue possibili ed immaginabili di questo mondo mentre gli strofino la giacca con un tovagliolo pulito.

-Clarissa, vai in cucina- scandisce bene le parole mia madre in tono duro e senza tralasciare nessun sentimento che fino a poco prima mi diceva di far vedere alla gente qui presente.

Mi allontano senza dire una parola da Mika.

A testa bassa cammino velocemente verso la cucina.

Appena ci arrivo mi ritrovo a specchiarmi sul fondo di una pentola.

Noto che un piccolo sorriso si nasconde ancora tra le mie labbra e l’unica cosa che posso fare è ingrandirlo fino a farlo diventare un vero e proprio sorriso.

Ero seduta sulle sue gambe con le sue mani sui miei fianchi mentre mi stringeva forte a se per impedirmi di cadere.

Ovviamente dovevo rovinare tutto con una normalissima figuraccia che non può mancare essendo la mia vita.

-Ah, ridi pure! Sei felice di aver rovinato la cena a tuo padre e probabilmente anche tutta la sua carriera nel lavoro? Non bisognerebbe essere felice di questo Clarissa! Perché devi sempre rovinare tutto? Non potevi rimanere da tua zia a vivere la tua vita da favola a Parigi? No, ovviamente dovevi venire da noi! Secondo me mia sorella non ce la faceva più con te! Per questo è morta, non è stato nessun cazzo di cancro a portarla via!- le lacrime erano iniziate alla frase: “Perché devi sempre rovinare tutto?”

Mia madre, mia madre non poteva arrivare addirittura a dirmi che la causa della morte della persona che più mi aveva amato in questa vita ero io…

Non ce la feci! Iniziai a correre.

Fuori, fuori da tutto.

Corsi in camera mia e appena mi riuscii a cambiare i vestiti e indossare le mie solite converse presi il mio cellulare e la mia borsa.

Corsi fuori da qui, fuori da casa mia.

Con le lacrime agli occhi prima di uscire notai di sfuggita Mika che mi fissava come se si sentisse in colpa ma in realtà la colpa era tutta mia.

  
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