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Autore: _Whatever_    09/01/2014    2 recensioni
Tutto inizia a Sheffield nel lontano 2003, ma alcuni rapporti sono destinati a durare per molto tempo.
Genere: Commedia, Fluff, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Alex Turner, Alexa Chung, Matt Helders, Miles Kane, Nuovo personaggio
Note: AU, Cross-over, What if? | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Don't Forget Whose Legs You're On'
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Alex
Non guardai praticamente mai nella direzione di Pauline e Margaret durante il concerto, ma me ne pentii quando, dopo l’esibizione, entrammo nel locale in cui ci aspettavano gli amici di Miles.
Si tolse il cappotto per lasciarlo al guardaroba e per qualche secondo rimasi immobile.
Indossava un vestitino  nero che le arrivava poco sopra il ginocchio, con inserti di pizzo in cui magari ci sarebbe stata meglio un po’ di stoffa, ma era estremamente elegante. La scollatura era profonda, ma non lasciava intravedere niente di inappropriato. Le spalle erano scoperte e la gonna era larga, quindi non le fasciava le gambe, che erano libere di muoversi senza crearle imbarazzi. Ai piedi mi sarei aspettato di vedere scarpe con il tacco, ma aveva degli stivali neri poco eleganti. Ad un primo sguardo lasciava sconcertati, ma tutto era estremamente equilibrato: il vestito era elegante e sobrio, nonostante gli inserti di pizzo e le porzioni di pelle lasciate coperte da leggeri strati di stoffa e le scarpe erano aggressive, ma serie, sempre nere e quindi diventavano direttamente eleganti sotto un vestito del genere. I capelli scuri erano raccolti in una coda, quindi il collo e le spalle erano in piena vista.
Miles mi tirò un cuccio contro il braccio.
“Riprenditi.”
“Eh?”
“La stai svestendo con lo sguardo.” Mi disse indicando lei con un cenno, mentre lei era ancora in fila al guardaroba.
“Colpa di tua madre. Guarda come l’ha conciata.” Risposi guardando in un’altra direzione.
“Sta molto bene in effetti.”
“Vabbè, non mi importa. Andiamo dagli altri.”
“Hai intenzione di ignorarla anche stasera? Lei parte dopodomani, lo sai, vero?”
“Sì, lo so, Miles. Non mettermi pressioni.”
In quel momento ci raggiunse Margaret e io guardai male Miles.
“Vieni Margaret, devo presentarti dei miei amici. Alcuni potresti pure trovarli simpatici.” Disse Miles prendendola a braccetto.
“Non lo dubito affatto. Probabilmente saranno più simpatici di altra gente.”
Si allontanarono verso gli amici di Miles e io me ne restai lì, da solo, a pensare a una risposta decente per Margaret, ma la mia testa non riusciva a partorire niente di adatto.

Un’ora dopo mi ritrovai fuori dal locale a fumare una sigaretta in pace. Margaret aveva fatto subito amicizia con gli amici del liceo di Miles e aveva ovviamente riscosso molto successo fra loro.
Io avevo cercato di distrarmi in qualche modo, ma la visione di quella ragazza che parlava e scherzava con degli sconosciuti mi faceva salire il nervoso. Spensi la sigaretta e stavo per rientrare, quando qualcuno aprì la porta del locale. Era lei ed era sola.
Aveva addosso il cappotto e reggeva la borsa.
“Te ne vai?” Chiesi d’istinto, facendomi da parte per farla passare.
“Già.” Rispose sorpassandomi.
“Perché?”
Lei mi aveva già superato, ma si fermò di colpo. Tornò indietro e mi si piazzò davanti.
“Hai anche il coraggio di chiedermi perché?” Mi chiese guardandomi negli occhi. Erano infuocati. Mi sentii minuscolo.
“Margar-“ Provai a dire.
“No, Alex! Margaret un cazzo! Mi hai organizzato il soggiorno in Inghilterra e per ora mi hai detto sì e no quattro frasi in croce. Non ci vediamo da più di un anno e ti ho anche scritto una lettera per chiederti scusa, ma tu te ne stai lì: fermo e in silenzio a guardarmi male, perché ho abbracciato Miles per salutarlo. Se non vuoi perdonarmi, non farlo, ma non giocare con me. Non siamo più adolescenti. Cresci Turner!”
Aveva parlato in fretta e con un tono di voce normale e la cosa mi spaventava più di mille urla. Era un ragionamento freddo, poco influenzato da sentimenti o emozioni. La pura verità.
Mi guardò per qualche secondo aspettando una mia reazione, che non arrivò.
“Appunto, come pensavo. E’ per questo che me ne sto andando. Buonanotte Alexander.” Si girò e si incamminò verso un taxi.



Margaret
La mattina successiva mi svegliai relativamente presto, perché, nonostante il nervosismo, ero riuscita ad addormentarmi in fretta.
Quando scesi per fare colazione vidi Miles addormentato, o per meglio dire collassato, sul divano, mentre Pauline era in cucina a leggere una rivista in silenzio. Appena mi vide, mi regalò un gran sorriso e iniziò a preparare tutto per la colazione.
“Ho invitato Alex per pranzo, spero non sia un problema.” Disse sottovoce mentre prendeva una tazza per il thè.
“Forse lo sarà per lui.” Risposi con tono disinteressato.
“Margaret, cosa è successo tra voi? Perché c’è tutta questa tensione?”
“Perché Turner è un’isterica, ecco perché!” Dissi senza curarmi di tenere la voce bassa.
“Sì, lo è, ma dovete parlarne a quest’ora?”
Avevo svegliato Miles.
“Scusa Miles. Ho liberato camera tua se vuoi andare di sopra a dormire.” Risposi affacciandomi in salotto.
“Ora mi alzo. Non posso dormire tutto il giorno, per una volta che sono a casa!”

Feci colazione con Miles e Pauline e poi uscii: non mi andava di stare tra i piedi. Avevano poche occasioni per vedersi e avevo già approfittato abbastanza della loro ospitalità. Mancava un giorno al rientro e non avevo la più pallida idea di come passarlo. Mi feci dare indicazioni da Miles su come raggiungere il centro e vagai tutta la mattina da sola. Tornai a casa di Miles in tempo per il pranzo. Avevo perso un bel po’ di tempo in alcuni negozi di abbigliamento e sfiorai la maleducazione per l’orario con cui mi presentai a casa.
Venne ad aprirmi alla porta d’ingresso Turner, perché Miles e Pauline stavano finendo di sistemare le ultime cose in cucina.
“Ciao!” Mi disse con qualcosa che assomigliava vagamente ad entusiasmo misto a sorpresa.
“Buongiorno.” Risposi con freddezza e poi lo sorpassai per andare in cucina a salutare i padroni di casa.
“Scusate per il ritardo, mi sono persa un po’ per negozi. Vado a cambiarmi e vengo a pranzo.” Mi affacciai in cucina per comunicare questa cosa velocemente e poi corsi in camera di Miles.
Quando scesi erano già tutti accomodati a tavola: ero destinata a stare seduta di fronte a Turner.

Alex
Non sapevo se Miles e Pauline l’avessero fatto di proposito o se fosse successo per caso: Margaret era seduta di fronte a me. La gioia che le si leggeva sul viso mentre prendeva posto mi fece capire che sperava che quel pranzo durasse il meno possibile.
Miles le chiese dove fosse stata per tutta la mattina e lei gli rispose svogliatamente. Non aveva voglia di fare conversazione. Miles e Pauline capirono che non era aria e provarono a sostenere una conversazione con me. Pauline mi chiese dei miei, di Alexa, di aneddoti del tour e cose del genere.
Sarebbe stato un pranzo piacevole se non avessi avuto per tutto il tempo davanti ai miei occhi gli occhi tristi di Margaret che fissavano il vuoto.
Non l’avevo mai vista così: sembrava completamente assente. Non si interessava minimamente al discorso, non ci ascoltava nemmeno. Mangiò probabilmente più per educazione che per fame e quando Pauline si alzò per accennare a sparecchiare, lei scattò in piedi per aiutarla.
Miles non cercò nemmeno di fermarla. Voleva assolutamente alzarsi e andare via da quel tavolo.
Io e Kane restammo qualche secondo seduti a tavola a guardare le briciole di pane rimaste sulla tovaglia.
“Alex?”
“Sì?”
“Cosa è successo ieri sera? Perché è andata via prima dal locale?”
“Non lo so.”
“Alex?” Mi chiamò quasi sottovoce.
“Che c’è?” Mi stavo infastidendo.
“L’avevi mai vista così?”
“Così come?” Volevo fare il finto tonto. Mi lanciò un’occhiata che mi fece cambiare idea.
“No, non l’ho mai vista così.”
“Hai intenzione di fare qualcosa a questo proposito?”
“Ragazziiiii… io e Margaret facciamo un dolce. Avete qualche preferenza?”
“Voglio la torta al limone mammaaaa!” Rispose Miles per entrambi.


Dopo pranzo io e Miles ci mettemmo a giocare alla playstation, perché pioveva e ci andava di stare tranquilli su un divano dopo varie settimane di tour in  giro per l’Inghilterra.
Dalla cucina provenivano i suoni degli aggeggi che si usano per cucinare: frullatori, pentole che sbattono fra loro, cucchiai di legno; non si sentivano i discorsi tra le due donne, anche e soprattutto per gli insulti che io e Miles riuscivamo a tirare fuori per una semplice partita di calcio.
Il cellulare che suonò sul tavolino vicino al divano su cui eravamo seduti, però riuscimmo a sentirlo. Miles fermò il gioco e guardò chi fosse a chiamarlo.
“E’ Agyness. Devo rispondere. Non fare stronzate!” Mi disse puntandomi un suo lunghissimo dito contro il petto per poi andare a parlare in un’altra stanza.
Volevo provare a combinare qualche casino per la partita, visto che stava vincendo, ma poi decisi di fregargli solo una sigaretta.
Fumai con tutta calma affacciato alla finestra del salotto, ma Miles non si vedeva all’orizzonte, così andai in cucina. Mi appoggiai allo stipite della porta e osservai Pauline e Margaret all’opera.
La più grande era di spalle e stava monitorando un pentolino sul fuoco, mentre la più giovane stava grattugiando della buccia di limone. Nessuna delle due mi notò all’inizio; mi tradì uno starnuto. C’era silenzio in cucina, a parte per i rumori tecnici, e il mio starnuto le spaventò. A Margaret quasi cadde il limone dalle mani per quanto era concentrata nel suo intento.
“Alex, caro, avevi bisogno di qualcosa?” Mi chiese la signora Kane senza guardarmi, attenta ancora al suo intruglio.
“No. Sto aspettando Miles. E’ al telefono con Agyness.”
Margaret non mi guardava. Aveva finito con il limone e adesso si fissava le mani e giocherellava con un anello che aveva al medio della mano destra. Era una fascetta d’argento, semplicissima. Non l’avevo mai notato prima.
C’era un silenzio fastidiosissimo, disturbato solo dal rumore del cucchiaio di legno contro le pareti del pentolino a cui si stava dedicando Pauline.
Stavo pensando a qualcosa da dire, qualsiasi cosa, ma non mi veniva in mente niente di intelligente e sprecai un’ottima occasione, perché Miles mi raggiunse alle spalle.
“E’ inutile che provi a scappare Turner, dobbiamo finire la partita!”
“Chi sta vincendo?” Margaret aveva sollevato lo sguardo e aveva posto questa domanda a Miles.
Io ero stato appoggiato allo stipite della porta per almeno due minuti e non mi aveva considerato di striscio, poi era arrivato Miles e aveva avuto il coraggio di fingere di essere a suo agio.

Continuai la partita contro voglia, perché la mia testa era da tutt’altre parti e finito il match, Miles si alzò dal divano annunciando che sarebbe andato a farsi una doccia.
Aveva smesso di piovere e così andai in giardino a fumare, perché non mi andava di creare la cappa di fumo in casa di Pauline.
Evidentemente anche la preparazione della torta si era conclusa, perché fuori c’erano anche le due donne. Non le avevo sentite passare dietro il divano del salotto e mi sentivo in dovere di giustificare la mia presenza nello stesso luogo in cui c’era Margaret, ma stavano parlando tranquillamente e non mi andava di interromperle. Pauline spense la sua sigaretta a metà e rientrò in casa, con la scusa di dover controllare il forno.
Era tornato il silenzio.



Margaret
Ero tentata di spegnere la sigaretta e di raggiungere Pauline in cucina, ma non mi andava di far credere a Turner che stavo scappando, quindi restai lì, in piedi, vicino a lui a fingere di osservare con interesse il giardino di Miles, mentre mi torturavo la mano destra giocherellando con l’anello.
“Andiamo via.” Non avrei saputo dire se mi avessero sorpreso di più le sue parole o il tono con cui erano state pronunciate. Lo guardai interrogativa.
“Pardon?”
“Andiamo via ho detto.”
“Non vedo perché dovrei venire via con te.” Ero nervosissima e avrei voluto tirargli uno schiaffo, ma riuscii a non far trasparire nulla di tutto ciò nel mio tono.
“Dobbiamo parlare.”
  
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