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Autore: Victoria93    10/01/2014    8 recensioni
Tratto dalla storia:
-"Stai dicendo che sono io la tua ossessione, signor detective...?" gli sussurrò, di nuovo vicinissima alle sue labbra.
"Non lo so...ma mi stai impedendo di pensare. E nessuno era mai riuscito a ottenere un simile risultato nei miei confronti. Direi che le probabilità che tu sia diventata la mia ossessione sono intorno al 62%".
"Odio le tue stupide percentuali" replicò lei, senza riuscire a trattenersi dal ridacchiare.
"E io amo te".- Elle è pronto per dedicarsi al caso Kira, e ben presto incontra gli agenti giapponesi e si prepara allo scontro con il colpevole, come da programma, ma stavolta...il coinvolgimento di un nuovo agente dell'FBI nelle indagini lo porterà a cambiare notevolmente le sue prospettive, in un modo che nemmeno la mente più geniale del mondo avrebbe mai potuto calcolare e prevedere. Una storia d'amore, intensa, passionale, contro cui quasi niente sarà in grado di opporsi...
Genere: Drammatico, Romantico, Song-fic | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: L, Nuovo personaggio, Un po' tutti
Note: Lemon, OOC, What if? | Avvertimenti: Contenuti forti, Tematiche delicate
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'SUGAR AND PAIN'
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Capitolo 3- Trasferimento a Tokyo

In quel momento, dalla propria postazione nel suo appartamento buio, Elle fissò lo schermo del suo computer, una mano stretta a pugno e lo sguardo ancora più determinato.
"Kira...stai pur certo che ti troverò, e ti ucciderò!! Io sono...la giustizia!!".
Già, lui era la giustizia, lo era sempre stato. Fin da quando aveva cominciato a lavorare come detective privato, la sua vita si era sempre concentrata solo sulla sua professione: non era mai stato un tipo 'normale', non nel senso comune del termine, e Watari lo aveva capito subito, fin dal loro primo incontro. La sua genialità, la sua freddezza, la sua impeccabile logica razionale...niente che fosse in grado di turbarlo, niente che fosse realmente in grado di metterlo fuori gioco. Aveva dedicato tutta la sua esistenza a dare la caccia ai malvagi e ai criminali, per assicurarli alla giustizia, aveva sempre dato tutto se stesso per sfruttare al meglio il proprio genio. In effetti, l'unica forma di passione che aveva mai conosciuto era proprio quella legata alla sua professione, e nonostante tutto, malgrado i disparati entusiasmi che a volte si era ritrovato a provare, riusciva sempre a mantenere una propria costante, inesorabile lucidità. Avrebbe vinto anche quella volta, lo sapeva. Certo, era un caso diverso da tutti quelli con cui si era mai ritrovato ad avere a che fare, ma comunque...lo avrebbe fregato, in un modo o nell'altro. Era sicuro che ce l'avrebbe fatta. Inoltre, la collaborazione con l'agente Yasuba avrebbe sicuramente comportato un vantaggio notevole, per lui.
Con aria distratta, iniziò ad accedere al file che la riguardava, guardando la sua fotografia con attenzione: constatò nuovamente quanto fosse giovane, per essere un'agente così esperta. Effettivamente, aveva la reputazione d'essere in assoluto la miglior profiler dell'FBI. I suoi occhi scuri ne osservarono i dettagli del volto per qualche istante, prima di passare alle informazioni allegate.
*Agente 45023, Misaki Yasuba, 23 anni, single. Laureata in Criminologia ad Harvard con il massimo dei voti e un anno d'anticipo rispetto al piano di studi programmato. Il suo addestramento per entrare a far parte dell'FBI si conclude molto prima del solito. Parla sei lingue ed è esperta di informatica e di balistica. Si distingue anche per una spiccata propensione per le arti marziali. Cittadinanza: americana. Dati relativi alla famiglia: sconosciuti. Parenti ancora in vita: nessuno. Segni particolari: cicatrici*.
Cicatrici? Quel dettaglio attirò la sua attenzione, poiché dal volto sembrava che la ragazza non ne avesse nessuna in particolare...perché il profilo FBI non specificava niente di più preciso? Si strinse nelle spalle e decise di lasciar perdere. In fondo, il curriculum di quella donna era assolutamente sorprendente. 
Era una vera fortuna che avesse accettato di lavorare al caso senza fare quasi alcuna domanda.
Prima che potesse rifletterci ulteriormente sopra, al suo computer giunse un altro segnale da parte di Watari.
"Elle, c'è una chiamata dal quartier generale per le indagini sul caso Kira. In linea ho il sovrintendente Yagami".
"Passamelo, per favore".
Pochi istanti dopo, il volto di Soichiro Yagami apparve sullo schermo, l'espressione decisamente tesa.
"Sovrintendente Yagami" pronunciò, avvicinando le labbra al microfono che avrebbe alterato la sua voce.
"Elle".
"Cosa posso fare per lei?".
"Gli agenti del quartier generale mi hanno appena richiesto maggiori dettagli relativi all'agente dell'FBI di cui ha specificamente richiesto la collaborazione per le indagini".
Elle esitò un istante, ma infine proseguì come aveva programmato: non poteva correre rischi.
"Per il momento, la sua identità dovrà rimanere riservata per tutti, tranne che per me e per Watari".
Vide il volto del sovrintendente assumere un'espressione sbigottita.
"Ma perché?! Non capisco, Elle...stai dicendo che non ti fidi della polizia giapponese?".
"Sto dicendo che dobbiamo avere cautela e che non possiamo fidarci completamente di nessuno; non la prenda sul personale, sovrintendente, lo faccio per il bene delle indagini e per salvaguardare l'incolumità dell'agente stesso. Fidatevi di me, è una persona altamente qualificata: sono sicuro che il suo aiuto si rivelerà provvidenziale al momento giusto, non dubitate".
Soichiro apparve ancora perplesso, ma infine abbassò gli occhi e annuì lentamente.
"D'accordo, Elle, hai carta bianca. Sappi che ci fidiamo di te...cerca di non dimenticarlo".
"Non mancherò. Come proseguono gli esami dei documenti sul caso?".
"Siamo a buon punto, presto potremo esporti un resoconto dettagliato".
"Perfetto. Mi terrò in contatto. A presto".
Subito dopo aver interrotto di nuovo la chiamata, Elle si apprestò ad esaminare tutti i file sul caso di cui disponeva, l'attenzione focalizzata su ogni minimo particolare.
*Bene...ripartiamo da qui. Causa del decesso: arresto cardiaco. Le vittime muoiono a causa di un infarto, senza alcun tipo di sintomo che ne denoti una predisposizione genetica o una particolare imminenza. Quindi, questo significa che Kira non lascia tracce. Dalle analisi autoptiche, non risulta che i criminali morti abbiano ingerito alcun tipo di sostanza che potrebbe aver indotto un abbassamento tale di pressione da causare la mancanza del battito...nessun testimone, nessun apparente modus operandi*.
Ripensò a un tratto alle parole di Misaki...
*Uccide a distanza, in simultanea in molte parti del globo...*.
Un complice? Un'organizzazione criminale a livello mondiale? Ma no, non era affatto possibile. Quello era l'operato di un solo uomo, ne era sicuro; e il profilo psicologico dell'agente Yasuba, inoltre, confermava quella sua teoria. 
Ma come diavolo poteva essere in grado di scatenare tutte quelle morti, a distanza di così breve tempo l'una dall'altra? E senza nessuno che lo aiutasse...
Senza nemmeno sapere perché, sentì il bisogno di pronunciarsi in un altro sorriso; la partita si stava facendo sempre più interessante. 

Il giorno dopo, alle ore 05.00, l'agente Yasuba atterrò sul suolo giapponese. 
Sapeva di non avere un gran bell'aspetto: quel dannato fuso orario la stava già mandando fuori di testa. Diamine, perché non pensava mai a portarsi dietro uno specchio e un po' di fondotinta...non era certo fissata con quel genere di cose, ma avrebbe preferito avere un aspetto migliore, prima di presentarsi al Quartier Generale per le indagini sul serial killer di criminali. Ah beh, poco male. Non appena l'aereo ebbe toccato il suolo, il cellulare speciale che le avevano fornito a Washington, appositamente costruito per permetterle di comunicare con Watari e con Elle, iniziò a squillare.
"Pronto" rispose semplicemente. 
"Agente, sono Watari".
"Mi dica".
"Mi risulta che l'aereo sia appena atterrato, ho parlato con il pilota un attimo fa".
"Esatto. L'attenderò all'esterno come da programma".
"D'accordo".
"Watari?".
"Sì?".
"È sempre un piacere" sorrise lei, quasi con affetto.
Dall'altro capo del telefono ci fu una lunga pausa, ma alla fine la risposta non tardò ulteriormente ad arrivare.
"Grazie, agente".
Una volta chiusa la comunicazione, Misaki afferrò la sua piccola valigia e uscì all'esterno dell'aereo privato su cui aveva viaggiato, il freddo vento di Dicembre che le scompigliava i capelli. A pochi metri di distanza, un'auto la stava attendendo; non appena il conducente si accorse di lei, fece lampeggiare i fari, facendole segno di avvicinarsi. Quando ormai fu sul punto di raggiungere il mezzo, l'uomo al volante scese; Misaki notò subito che era a volto coperto, il bavero dell'impermeabile rialzato e il cappello calato sugli occhi. In una mano stringeva una valigetta; con quella libera, si affrettò a presentarsi, stringendo quella della giovane donna.
"Agente Yasuba, lieto di incontrarla di persona".
"Il piacere è tutto mio, Watari. Possiamo andare".
"Bene".
Con sua gran sorpresa, Watari le prese gentilmente la valigia, posizionandola all'interno del portabagagli, e le aprì la portiera per farla salire a bordo, posizionandosi di nuovo al posto di guida.
"Grazie" gli disse, subito dopo essere ripartiti.
"Dovere, Miss".
Misaki alzò lo sguardo di fronte a quell'appellativo, che Watari non lo aveva mai rivolto; non sapevo perché, ma quell'uomo le dava una sensazione piacevole, quasi paterna. Inoltre, i suoi modi le ricordavano qualcosa...
"Mi scusi...lei è inglese?" gli domandò a bruciapelo. 
Watari, dalla sua posizione al volante, non batté ciglio.
"Questo non posso dirglielo, Miss, spiacente".
"Capisco...".
"Preferisce che la chiami 'agente'?".
La ragazza rialzò lo sguardo, stupita dalla perspicacia dell'autista; ma ciò che davvero la stupì fu la risposta che si senti in grado di dargli. In effetti, in qualunque altro caso avrebbe fermamente risposto che non voleva, bensì PRETENDEVA che la chiamassero 'agente', ma in quel momento...
"No, va bene così" si udì pronunciare, lentamente "Grazie, Watari".
"Di niente, Miss".
"Posso chiederle dove stiamo andando?".
"Lo vedrà presto, siamo quasi arrivati. Abbiamo scelto il meglio in assoluto".
"Il meglio? Mi dispiace, non...".
S'interruppe solo pochi istanti dopo, nel rendersi conto di ciò a cui si trovava di fronte; Watari aveva appena fermato l'auto di fronte a un lussuosissimo albergo a cinque stelle, alto almeno una trentina di piani.
"Il Tokyo Plaza. La sua suite è in cima all'edificio. Se vuole seguirmi...".
Cercando di trattenersi dal mantenere la bocca spalancata per la sorpresa, Misaki seguì Watari fuori dalla macchina, lasciando che l'uomo misterioso le prendesse la valigia e l'accompagnasse alla reception dell'hotel.
"I signori desiderano?" domandò la sorridente signora situata dietro il bancone.
"C'è una prenotazione a nome Fuyumi Kakashi; la suite imperiale al 28^ piano".
Misaki rivolse uno sguardo interrogativo a Watari: sembrava proprio che avessero effettuato la prenotazione utilizzando uno dei nomi in codice che lei stessa aveva adoperato nel corso di alcune indagini. Ma come diavolo facevano a...
La risposta le arrivò dopo un secondo, accompagnata da un sorrisetto che le scivolò prontamente sulle labbra: Elle non perdeva mai un colpo. 
"Molto bene, sì, è tutto in ordine" assentì nel frattempo la receptionist, senza smettere di sorridere "Signorina Kakashi, queste sono le sue chiavi; uno dei nostri fattorini l'accompagnerà...".
"Ci penso io" la interruppe Watari, prendendole di nuovo la valigia e iniziando a scortarla verso l'ascensore.
La giovane rivolse un cenno alla donna, e si affrettò a tenere il passo di Watari. 
Lui non le rivolse più né uno sguardo, né una parola finché non furono usciti dall'ascensore e giunti alla suite, che, scoprì subito Misaki, era dotata di ben due camere da letto, tre bagni, due salotti discretamente vasti e di un balcone che dava su tutta Tokyo.
"Spero che trovi la sua sistemazione confortevole" dichiarò Watari, posando a terra il suo bagaglio.
"Oh, non c'era nemmeno bisogno di chiederlo..." disse lei, quasi ridacchiando.
Tornando subito seria, si volse verso il suo interlocutore.
"A proposito, Watari, c'è una cosa che devo chiederle".
"L'ascolto".
Il suo tono era semplice e sincero; per un istante, si domandò se non avesse potuto appartenere a una persona piuttosto anziana. 
"Chi paga per tutto questo?".
"Mi scusi se glielo dico, Miss, ma questa domanda è inopportuna".
"Oh, non è l'unica cosa a non essere opportuna, nei paraggi" constatò la ragazza, accennando alla suite con un gesto esplicito della mano.
Misaki lo udì sospirare, prima di proseguire.
"Miss, queste non sono faccende che mi riguardano. Mi sono state date precise disposizioni affinché effettuassi questa prenotazione, e io mi sono limitato ad attenermici. Se la cosa la disturba, le suggerisco di parlarne con Elle, ma...se posso permettermi di darle un consiglio, io non lo farei, se fossi in lei".
"E perché no?".
"Dovrebbe sapere che non è il tipo a cui piaccia essere contraddetto".
"Beh, nemmeno a me".
"L'avevo intuito".
"Senta, siete stati davvero gentili, dico sul serio, ma questa è...".
"Questa è la stanza più sicura di tutto l'albergo. Prima del suo arrivo, mi sono accertato che al suo interno non ci fossero né cimici, né microspie di alcun genere. Inoltre, è dotata di uno speciale sistema di sicurezza ambientale, che ci avviserebbe immediatamente nel caso in cui lei fosse in qualche modo in pericolo. Abbiamo provveduto a tutti i dettagli, e abbiamo allertato il personale di mantenere il resto del piano sgombro, in modo da allontanare qualunque individuo sospetto. Vogliamo che lei sia al sicuro, agente, tutto qui".
"Ma dev'esservi costato una fortuna...".
"È il nostro lavoro, Miss. Ce lo lasci svolgere nel modo che ci sembra più opportuno. Adesso la lascio. Non appena sarò uscito di qui, si metta subito in contatto con Elle. Il computer che le ho fornito possiede un meccanismo che avvia automaticamente la chiamata solo utilizzando il comando vocale. Mi hanno detto che è esperta in informatica, non dovrebbe avere alcun problema, nell'usarlo, ma se così fosse, non esiti a chiedermi spiegazioni".
"D'accordo" annuì Misaki, con un sorriso "Grazie di tutto, Watari".
"Un'ultima cosa, signorina. Se necessita di effettuare qualsiasi comunicazione con l'esterno, utilizzi comunque gli strumenti che le hanno fornito prima di salire sull'aereo; sono a prova di intercettazione. In ogni caso, è superfluo raccomandarle la massima cautela".
"Certo".
"Allora a presto, Miss" disse l'uomo, congedandosi con un altro cenno e aprendo la porta della stanza.
"A presto, Watari" lo salutò Misaki, rivolgendogli l'ultimo saluto, prima che lui se ne andasse. 
Nel momento stesso in cui Watari ebbe tolto il disturbo, Misaki si precipitò ad estrarre il portatile dalla borsa, posizionandolo sullo spaziosissimo letto matrimoniale di cui disponeva in una delle camere della suite, ed aprendolo con solerzia: non vedeva l’ora di sentire nuovamente quella voce metallica e computerizzata.
Dopo averci armeggiato per un paio di secondi, riuscì ad avviare immediatamente il contatto, aprendo la webcam sul suo volto stanco, ma determinato.
Subito dopo, accanto ad essa apparve il logo di L, più nitido che mai.
“Agente Yasuba. Mi auguro che il viaggio sia andato per il meglio”.
“Non è mia abitudine affrontare su due piedi 13 ore di fuso orario, Elle, ma sono sicura che ne varrà la pena”.
“Farò del mio meglio per non deluderla. Ha ricevuto i file che le ho inviato poco fa?”.
Misaki annuì, consapevole del fatto che Elle, a differenza di lei, era in grado di vederla.
“La documentazione sul caso della polizia giapponese è piuttosto confusa, lei ne conviene?”.
“Sì. A dire il vero, l’Interpol stesso brancola nel buio da diverse settimane” commentò Elle, impassibile.
“Questi sono tutti gli elementi di cui dispongono?” domandò ancora Misaki, servendosi di un po’ di caffè dalla caraffa che, aveva notato, troneggiava di fianco, sul suo comodino, insieme a un paio di tazze raffinate.
“Non proprio. Ho chiesto che mi fornissero i dati relativi all’ora del decesso delle vittime delle ultime settimane. Non appena potrò confrontarmici, riusciremo ad avere in mano qualcosa di più concreto”.
“Molto bene. Le dispiace inviarmi le fotografie di cui dispone al momento? Vorrei darci un’occhiata…” affermò Misaki, con un sorriso.
“Non c’è problema”.
“Inoltre…ecco, volevo chiederle se le fossero già pervenuti i rapporti del coroner”.
“Sì, li stavo giusto esaminando poco fa. Per il momento, siamo a un punto morto; non credo che l’esame dei cadaveri riuscirà a darci grandi risposte. Apparentemente, sembra che la morte non sia stata indotta con alcun mezzo in grado di lasciare segni sui corpi delle vittime”.
“Questo spiegherebbe la teoria riguardo alla sorta di potere paranormale di cui Kira dispone” constatò Misaki, con naturalezza.
Dall’altro capo, ci fu un silenzio più lungo del normale.
“Lei crede davvero che ci troviamo di fronte a qualcosa del genere?” le domandò poi il detective.
“Beh, anch’io stento a crederci, ma al momento, non dispongo di nessun’altra spiegazione plausibile. Inoltre, la sua brillante trovata di ieri ci ha permesso di confermare l’ipotesi, sempre più convincente, secondo cui Kira avrebbe bisogno esclusivamente di un nome e di un volto corrispondente, per poter commettere i suoi omicidi”.
Senza nemmeno sapere perché, ebbe la sensazione che lui stesse sorridendo, in quello stesso momento.
“A proposito, vorrei che mi esponesse la sua opinione riguardo alla faccenda. Quello che ha visto le ha permesso di aggiungere nuovi elementi al suo profilo psicologico?”.
Misaki sospirò e si passò una mano nella folta chioma scura, gli occhi azzurrissimi pronti ad assumere un’aria pensierosa.
“Beh, come già le ho detto, secondo la mia opinione Kira è senz’altro un tipo molto infantile. Da ciò che ho avuto modo di visionare di persona, deduco che deve trattarsi di un individuo incapace di ignorare qualunque forma di provocazione. E immagino che lei stesso lo abbia intuito per primo, considerando ciò che è stato alla base della sua strategia”.
“Non posso darle torto. Vada avanti” assentì Elle.
“Considerando tutto quello che abbiamo appurato fin ora, sono convinta di poter aggiungere che Kira sia senz’altro un uomo, più probabilmente un ragazzo, direi”.
Elle rispose con un altro silenzio, che la portò a pensare che stesse riflettendo sulla sua dichiarazione.
“Premesso che sono d’accordo con lei, mi piacerebbe sapere che cosa l’ha condotta a una simile teoria” dichiarò infine.
“Beh, è semplice. Come sicuramente lei sa, la psiche femminile presenta caratteristiche spesso diametralmente opposte rispetto a quella maschile: queste si manifestano anche nell’ambito dell’infantilismo, specialmente quando questo rischia di trasformarsi in una sorta di patologia mentale. Dal comportamento del soggetto, denotiamo una speciale tendenza all’esibizionismo di natura violenta…credo che, nel caso in cui il nostro killer fosse stato una donna, probabilmente avrebbe agito in modo più sottile, anche se ugualmente puerile. Per esempio, avrebbe concentrato le uccisioni in modo più sporadico e maniacale sugli alleati del suo nemico, stringendolo in un angolo tramite il terrore psicologico o tramite il ricatto. Comunque sia, la sua attenzione sarebbe in ogni caso rimasta focalizzata su colui che ormai aveva identificato come il suo principale avversario, ma una mente femminile avrebbe agito in modo…come dire, più sottile e metodico. Avrebbe sicuramente finito per cadere a sua volta nella trappola che lei ha teso al nostro pazzo omicida, ma…in maniera più intricata, ne sono sicura”.
 
Nella sua stanza buia e priva di qualsiasi luce che non fosse quella del computer, Elle, accovacciato a terra vicino ad esso, si lasciò scappare un altro sorriso.
In tutta la sua carriera, era sicuro di non aver mai incontrato una donna così intelligente. Anzi, a dire il vero, era convinto di non aver mai incontrato una PERSONA così intelligente e basta…in un momento di debolezza e di modestia, avrebbe perfino potuto ammettere che gli teneva testa in modo impeccabile.
“Lei è lucida e metodica come sempre, agente Yasuba” le disse, notando subito che, stranamente, quel complimento l’aveva fatta arrossire leggermente. Non avrebbe detto che fosse una ragazza così suscettibile all’ammirazione altrui.
“Mi chiami Misaki, per favore” la sentì chiedergli, con gentilezza.
“D’accordo, allora mettiamo pure da parte le formalità, considerando che dovremo lavorare insieme per diverso tempo, immagino. In ogni caso, sono anch’io dell’idea che si tratti di un individuo di sesso maschile. Il prossimo passo sarà stabilire una fascia d’età più netta. C’era altro che volevi dirmi riguardo al suo profilo?”.
“Non è escluso che possa essere affetto da una sorta di nevrosi mistico-ossessiva, che potrebbe averlo condotto a pensare d’essere in contatto con una divinità che gli fornisce ordini dall’alto. Non dobbiamo dimenticare che uccide soltanto criminali…si tratta senz’altro di un individuo con un senso della giustizia piuttosto spiccato, anche se malato, non dimentichiamolo”.
Elle si passò una mano sotto il mento, pensieroso.
“Su questo avrei qualcosa da obiettare. Ti ricordi di quando mi hai detto che, secondo te, Kira sta ‘giocando a fare Dio’? Beh, direi di poter affermare che per lui non si tratta solo di un gioco, ma di una profonda convinzione. Anche se una tesi del genere può essere sostenuta solo al 6% di possibilità, considerando i dati di cui disponiamo attualmente”.
“Una convinzione?” ripeté Misaki, alzando un sopracciglio “Stai dicendo che Kira crede veramente d’essere una specie di Dio incarnato, o qualcosa di simile?”.
“Come ti dicevo, sono solo ipotesi, non dobbiamo fissarci troppo sopra. Ma comunque…Kira è senz’altro convinto d’agire nel giusto, qualunque cosa faccia. Il suo senso della giustizia è diametralmente invertito, su questo non c’è dubbio".
Misaki sembrò pensarci un po' su, ma alla fine annuì nuovamente.
"Quali credi saranno le sue prossime mosse?" gli chiese infine, determinata.
"Difficile a dirsi...è possibile che risponda con ulteriori provocazioni, oppure che rimanga nell'ombra in attesa della mia prossima mossa. Come senz'altro ti risulterà chiaro, adesso il suo principale obiettivo sono io. Non si fermerà più finché io non sarò morto, o meglio...finché non lo avremo catturato".
Misaki si pronunciò in un altro sorrisetto e scosse la testa.
"Ne sono convinta...c'è altro, per il momento?".
"No, è tutto".
"Allora posso farti una domanda?" se ne uscì lei a bruciapelo, cogliendolo un po' di sorpresa.
"Sono a tua disposizione" rispose, impassibile.
"Quando potrò incontrare gli agenti del Quartier Generale che si stanno occupando del caso?".
Elle si prese qualche secondo per rispondere, l'espressione indecifrabile.
"Non per il momento" rispose infine.
Vide il volto della ragazza assumere un'aria stupita e quasi...seccata?
"Come sarebbe?" gli disse, un sopracciglio inarcato sulla bella fronte candida e spaziosa.
"Stando alle informazioni di cui disponiamo, e che tu stessa hai così brillantemente confermato giusto ieri con le tue affermazioni da professionista, questo killer ha bisogno di dati certi sul conto della sua vittima, per procedere all'esecuzione. Non ritengo prudente esporti a inutili rischi, almeno non per ora".
"Elle...io sono un'agente dell'FBI, sono perfettamente in grado di badare a me stessa".
"Non lo metto in dubbio; ti garantisco che si tratta solo di una situazione temporanea. Per il momento, non ho informato gli agenti giapponesi delle tue generalità e della tua reale identità, e non gli ho fatto pervenire alcuna fotografia. Sarà bene che anche tu rimanga in incognito fino all'istante più opportuno".
"Elle" gli si rivolse lei, molto seriamente "Dovresti sapere che ormai ho un'ottima opinione di te, ma tutto questo non ti sembra eccessivo? La suite di lusso dotata di un sistema di sicurezza all'avanguardia, l'aereo privato, l'identità nascosta...adesso mi dici che non posso nemmeno presentarmi al Quartier Generale giapponese addetto alle indagini. Come posso lavorare in queste condizioni?".
"Farò in modo di metterti in contatto costantemente con gli agenti che si stanno occupando del caso, proprio come io stesso sono in grado di fare. Inoltre, vorrei che la nostra stessa collaborazione fosse sempre aggiornata, non appena uno dei due avrà qualcosa da presentare all'altro. Queste condizioni ti soddisfano?".
Misaki sorrise di nuovo, a metà fra l'amarezza e la complicità.
"Immagino di non avere molta scelta...".
"Ti assicuro che faccio tutto questo per la sicurezza di entrambi".
"Ne sono sicura; allora aggiornarmi sulle novità delle prossime ore" concluse Misaki, facendo per chiudere la chiamata.
"Un'ultima cosa" la trattenne Elle, lasciandola sorpresa "Vorrei ricordarti che sarebbe bene che non lasciassi la tua stanza d'albergo fino a nuove disposizioni. Il personale ti porterà i pasti in camera sotto tua espressa richiesta. Inoltre, sarebbe bene che non utilizzassi più il nominativo riportato sui tuoi documenti. Non è sicuro".
"Hai già effettuato la prenotazione all'hotel usando uno dei miei nomi in codice..." obiettò Misaki, alzando nuovamente un sopracciglio. 
"Sì, è vero, ma per un hacker esperto non dovrebbe essere difficile risalire comunque a te, badandosi su di esso. Vorrei che scegliessi un nome a cui nessuno sarebbe in grado di ricollegarti".
Misaki rifletté sulle sue parole per qualche istante, infine sorrise alla grossa L, impressa sul suo schermo, e annuì.
"Va bene. Ruri Dakota. Da questo momento in poi, fino alla fine delle indagini, questo sarà il mio nome. Questa è una cosa che puoi comunicare agli agenti, mi auguro".
"Sì, questo posso farlo. Allora a più tardi, Ruri; al quartier generale inizierà una riunione alle ore 15.30, e non escludo che finirà per protrarsi fino a tardi. Watari ti metterà in collegamento al momento opportuno. Per allora, dovremo disporre anche dei dati relativi all'ora dei decessi che avevo richiesto".
"Perfetto. A più tardi".
"Ruri?".

Certo non avrebbe immaginato che con lei avrebbe parlato così tanto! Ma in fondo, non poteva nascondere che la cosa le piaceva...forse quel tizio nascondeva più di quanto non desse a vedere.
"Sì?" gli rispose, lentamente.
"Grazie per aver accettato il caso".
Quelle parole la sorpresero oltremisura, ma non poterono che donarle una nuova sensazione di compiacimento.
"Il piacere è tutto mio, Elle. A dopo".
"A dopo".

In contemporanea, entrambi fissarono sorridendo lo schermo, gli sguardi rispettivamente fissi sulla fotografia della ragazza e sulla gotica lettera L.
*Misaki Yasuba...Fuyumi Kakashi...Haruka Mitsubishi...Ruri Dakota...la miglior profiler del mondo...*.
Gli occhi di Elle Lawliet si posarono sul profilo della giovane donna, che dalla foto sorrideva leggermente, l'espressione pensierosa e concentrata come suo solito. Per la prima volta in vita sua, riuscì a comprendere fino in fondo il motivo per cui una donna potesse essere così desiderabile agli occhi di un uomo. Il suo sguardo cupo osservò i contorni del volto della giovane, i suoi lunghi capelli scuri, le sue labbra sottili e decise...i suoi occhi tempestati di schegge di ghiaccio...
Con un sorriso, ripensò al nome in codice che aveva scelto.
*Ruri...significa 'lapislazzulo'...azzeccato, non c'è che dire*.
Scosse la testa e distolse l'attenzione da pensieri del genere: non aveva mai fatto il sentimentale in vita sua, certo non avrebbe cominciato adesso. Sicuramente era una gran bella ragazza, gli occhi per poterlo constatare li aveva anche lui, ma...di qui a pensare che...
"È ridicolo" disse ad alta voce, passando ad esaminare nuovi fascicoli "Devo smetterla con queste sciocchezze...".

Al Tokyo Plaza, Ruri Dakota si lasciò andare sdraiata sul letto, la testa che le pullulava di pensieri: possibile che nell'arco di ventiquattr'ore le cose potessero cambiare a tal punto? Un nuovo caso di cui occuparsi, un pluriomicida dotato di un potere paranormale, il viaggio in Giappone...la collaborazione con Elle...
Già, in effetti era proprio quell'aspetto che le dava maggiormente da pensare. Fin dal caso del serial killer di Los Angeles, non aveva sperato altro se non di poter lavorare di nuovo con lui, ma adesso si sentiva strana, in maniera quasi impercettibile. Dipendeva forse dal fatto che, ancora una volta, non lo avrebbe visto in volto?
*Che cosa stupida* si ritrovò a pensare, tirandosi su a sedere di scatto, il bel copriletto color crema che si andava leggermente a scompigliare *Non mi è mai importato niente di cose del genere, e di sicuro non ho bisogno di vederlo in faccia per poter dire che mi fido di lui. Queste paranoie sono ridicole*.
Già, in fondo, di cosa diamine si stava preoccupando? Forse l'idea di tenerla confinata lì e di evitare che per il momento incontrasse gli agenti giapponesi poteva sembrarle un po' esagerata, ma in fondo, era solo prudenza. E tanto per stare confinati come si doveva, aveva scelto la miglior suite di lusso di uno dei migliori hotel di tutta la città. 
Distrattamente, si alzò in piedi, attraversando la sontuosa camera da letto, dotata di un giaciglio a due piazze di forma circolare, di una televisione al plasma, di un armadio a sei ante provvisto di specchiera, di un paio di frigobar e di una splendida vista sulla città, e si diresse nel sontuoso salottino adiacente, che a sua volta ospitava molti oggetti di confort, fra cui uno splendido divano molto ampio e un nuovo televisore gigantesco a cristalli liquidi. Superando il grande acquario pieno di pesci tropicali alla sua sinistra, afferrò il telecomando che giaceva sul tavolino e accese la tv: il telegiornale delle sei del mattino stava andando in onda in quel momento.
"La serie di omicidi del serial killer dei criminali, conosciuto come Kira, sta proseguendo con la sua influenza in ogni parte del globo. La polizia non rilascia dichiarazioni ufficiali al momento, ma raccomanda ai civili di utilizzare prudenza e di non esporsi a rischi inutili. È stata confermata la collaborazione alle indagini da parte del detective Elle, la cui identità rimane tutt'oggi sconosciuta. Intanto, il Web continua ad accogliere messaggi di solidarietà rivolti allo stesso Kira, che stanno portando all'apertura di numerosi blog e social network inneggianti all'operato del cosiddetto 'giustiziere dei criminali'. Non sono state rilasciate ulteriori dichiarazio...".
Ruri spense di scatto il televisore, l'aria disgustata: le persone erano proprio ingenue. Inneggiare all'operato di quel malato di mente, come no...certo, erano tutti convinti che fosse una sorta di cavaliere bianco, pronto a liberare il mondo dai malvagi. Come si poteva non capire che colui che disponeva di una simile influenza e che si faceva portatore del potere di giudicare gli altri sarebbe presto divenuto folle, accecato dalla sua sete di dominio sul resto del mondo? Come si poteva pensare che uccidere fosse una cosa positiva?
Passandosi una mano nella sua folta chioma scura, non poté fare a meno di ricordare quanto lei stessa, a volte, avesse desiderato la morte di alcune persone...ma certo non per questo era passata al concreto! 
Improvvisamente, avvertì tutta la stanchezza delle ore precedenti invaderle il corpo e la mente, e sentì il bisogno di sedersi; forse aveva solo bisogno di un lungo bagno caldo, qualcosa che l'aiutasse a rilassarsi. Ma mentre si alzava in piedi per realizzare il suo proposito, avvertì improvvisamente che la vista le si stava annebbiando, e che le gambe le stavano cedendo. Cercando di fare forza sull'arto inferiore destro, provò a darsi una spinta che la mantenesse in piedi, ma finì per crollare rovinosamente a terra, il volto che andava a sbattere contro il pavimento. Provò ancora ad alzarsi in piedi, ma senza successo. Infine, quando riuscì a rimettersi in ginocchio, dopo numerosi tentativi, avvertì una maledettamente familiare sensazione all'altezza del petto. 
"Cazzo....!!" esclamò, cercando frettolosamente la sua borsa con lo sguardo "Non di nuovo!!!".
Per un istante, aveva pensato che potesse essere opera di Kira, ma quel senso di soffocamento e quel dolore le erano fin troppo familiari. Inoltre, se si fosse trattato del serial killer, probabilmente sarebbe morta sul colpo. No, Kira non c'entrava...in quel momento, aveva a che fare con un avversario contro cui combatteva da tutta la vita. 
Dandosi un'ulteriore spinta, riuscì ad alzarsi del tutto in piedi e a precipitarsi verso il suo bagaglio a mano, mentre la nebbia non smetteva di invaderle il cervello in maniera ancora più intensa: sapeva di non avere molto tempo.
"Forza, vieni fuori...cazzo, vieni fuori!!!!" si ritrovò ad urlare, in preda al panico.
Infine, ebbe successo nella sua ricerca: due flaconcini di medicinali apparvero ai suoi occhi, e la ragazza si affrettò subito ad ingerire alcune pillole che estrasse con foga da entrambi.
Quando finalmente le ebbe ingoiate, si appoggiò ai bordi della finestra, la schiena contro il muro e il respiro affannoso, aspettando che passasse tutto. Non appena il suo respiro tornò definitivamente regolare, e il suo corpo non fu più scosso dalle convulsioni, si rese conto che il cellulare che le aveva dato Elle stava squillando. Con passo ancora malfermo, si diresse verso il telefono e lo prese in mano, accettando la chiamata. Nell'udire la voce all'altro capo, si ricordò improvvisamente di aver già fatto in modo che le chiamate dirette al suo telefonino e al suo portatile fossero istantaneamente deviate verso gli apparecchi che il detective le aveva fornito. 
"Pronto?".
"Ehiiiiii tesoro!! Si può sapere dove sei sparita?! Sono ORE che cerco di contattarti!!".
Ruri non poté fare a meno di sorridere, malgrado fosse ancora sotto shock.
"Ciao, Robin. Sono contenta di sentirti".
Robin era sempre stata la sua migliore amica, fin da quando entrambe avevano poco più di tre anni; avrebbe potuto affermare con certezza che la considerava come una sorella, e che avrebbe tranquillamente affidato la propria vita nelle sue mani. In effetti, forse poteva dire che fosse l'unica persona al mondo di cui si fidasse al 100%.
Con la sua allegria, la sua spensieratezza, il suo dannato ottimismo era sempre in grado di tirarla su di morale, anche nelle situazioni più disperate.
"Vorrei anche vedere che non lo fossi!!" rise Robin, dall'altro capo "Allora?! Non mi hai ancora risposto, signorina! Dove diamine sei?!".
"Robin, sono...ecco, sono all'estero. Per lavoro".
"All'estero? All'estero dove, in Florida?".
Ruri esitò per un momento, ma infine decise di risponderle: poteva fidarsi di lei, e in fondo, quella linea era a prova d'intercettazione. 
"Ehm, no, non proprio" sorrise "Sono...sono a Tokyo, in Giappone".
"Eeeh?!? A Tokyo?!? Mi stai prendendo in giro?!?" sbottò Robin, incredula.
"Per niente".
"Hai detto che sei lì per lavoro?".
"Sì, ma non posso fornirti i dettagli, lo sai".
"Lo so, lo so...immagino già di cosa di tratta. La linea su cui stai parlando è sicura?".
Ancora una volta, la prontezza di spirito e l'argutezza di quella ragazza la fecero sorridere.
"Sì, ma comunque non posso risponderti su niente, lo sai".
"Potresti dirmi solo 'sì' o 'no'!! È per il caso Kira, non è vero?".
Ruri sospirò pesantemente.
"Robin...".
"Sì o no?".
Ruri sospirò di nuovo ma infine, sapendo che non le avrebbe dato tregua, optò per una risposta breve e concisa.
"Sì" le disse infine, senza riuscire a impedirsi di sorridere.
 La udì esultare subito, entusiasta.
"Lo sapevo!! Sapevo che avrebbero scelto te!! Sei sempre la migliore Nat...".
"Non chiamarmi così, per favore" la interruppe subito Ruri "Ti prego, per il momento chiamami 'Ruri'".
Dall'altro capo, Robin si manifestò perplessa.
"Ruri? È il modo in cui ti chiamavo quando eravamo piccole...".
"Esatto. Non utilizzare il mio vero nome fino alla fine delle indagini".
"Non lo avevi mai usato, prima d'ora. Perché non opti per un solo dei soliti nominativi in codice? Hanno sempre funzionato...".
"Questo caso è diverso" sospirò Ruri, passandosi una mano fra i folti capelli scuri.
"Sei sicura di star bene? Hai una voce strana...".
"Certo che sto bene! Come ti viene in mente una cosa del genere?" rise la ragazza, sedendosi sulla poltrona color cremisi nelle vicinanze.
"Non lo so, mi sembri...ecco, hai qualcosa di differente, rispetto al solito. Sei proprio sicura di star bene?".
"Sono solo un po' frastornata per il fuso orario".
"Potrebbe entrarci un ragazzo?" chiese improvvisamente la sua amica, maliziosa.
Ruri sospirò pesantemente, alzando gli occhi al cielo: era da quando erano entrambe entrate nella pubertà che Robin faceva i salti mortali per farle trovare un fidanzato, presentandole eserciti di amici single fino allo svenimento; era sicura che un giorno o l'altro l'avrebbe ammazzata, se avesse continuato così. 
"Lo sai che cosa rischi con una domanda del genere, vero?".
"Avanti, prima o poi dovrai deciderti!!" ridacchiò la giovane, con spensieratezza.
"Non mi risulta che sia ancora entrata in vigore una legge che me lo imponga".
"Andiamo, Ruri!! Davvero non c'è nessuno di interessante? Nemmeno fra gli agenti con cui lavorerai?".
"Se è per questo, non ne ho incontrato nemmeno uno" rise la moretta.
"Come sarebbe?".
"A parte il fatto che sono appena arrivata, per il momento non sono autorizzata a incontrarli. Ordini superiori".
"Il tuo capo?" replicò Robin, confusa.
"No, non è lui che dirige le operazioni".
"E allora chi? Aspetta...".
Robin fece una lunga pausa, e Ruri dedusse che probabilmente la sua amica stava ripensando agli ultimi telegiornali che aveva avuto modo di vedere, o alle ultime notizie che stavano girando su Internet.
"Elle?!?!" sbottò infine "Stai lavorando di nuovo con Elle?!!".
"E se posso permettermi un piccolo vanto, è stato lui che ha richiesto esplicitamente di me" disse Ruri, soddisfatta.
"Tesoro, è veramente meraviglioso!! Sono così contenta per te, voglio dire, desideravi un altro incarico del genere da una vita!!".
"Sì, puoi dirlo forte".
"Che tipo è?" proseguì la sua amica, tornando ad assumere un tono sornione. 
Ruri alzò di nuovo gli occhi al cielo, esasperata.
"Robin, ma che razza di domanda è?!! Lo sai che non si è mai mostrato ad anima viva, tantomeno lo ha fatto con me".
"Beh, scusami! Pensavo che, considerando che lavorerete insieme, potreste perfino diventare intimi...".
Udendola ridacchiare, Ruri dovette trattenere il suo nascente istinto omicida e imporsi di calmarsi.
"Robin, mi auguro ferventemente che tu stia scherzando".
"Andiamo, non è un'ipotesi così assurda!! Magari è carino...".
"Magari io sono qui per LAVORARE, non per vivere una soap opera!! E comunque che ne sai? Io dico che è vecchio e decadente...".
"O magari è il tipico biondino slavato con il faccino angelico, che tu non sopporti affatto" affermò Robin, senza smettere di ridacchiare.
Inspiegabilmente, anche se solo per un momento, Ruri parve rifletterci su, cercando di immaginarsi come potesse essere fisicamente quel misterioso detective che tanto ammirava; diamine, un biondino con la faccia da primo della classe?! No, decisamente non era così che se lo immaginava.
"Non voglio nemmeno pensarci, credo che perderebbe subito almeno un terzo della mia stima" rise Ruri, cercando di buttarla sul comico.
"In ogni caso, tienimi aggiornata, voglio sapere tutto di te e del bel tenebroso!!".
"Robin, ti ho già detto di non...".
"Scusami tesoro, il mio cercapersone sta squillando! Devo andare, altrimenti il primario mi uccide!! Ci sentiamo presto!".
"Dimentico sempre che la mia piccola Roby diventerà presto un eccezionale cardiochirurgo!" le disse affettuosamente.
"Solo se sopravvivo al mio periodo da specializzanda!! Allora a presto...Ruri!".
"A presto" sorrise l'agente, chiudendo la comunicazione.
Non appena ebbe posato il cellulare, si lasciò andare contro lo schienale della poltrona, sospirando pesantemente; adesso ci mancavano solo Robin e la sua agenzia matrimoniale ambulante...
Senza più dedicare pensieri a quella faccenda, afferrò il piccolo flacone che poco prima le aveva salvato la vita e lesse le scritte poste sull'etichetta.
*Corticosteroide, inibitore della calcineurina...da assumersi almeno tre volte al giorno. Indispensabile per evitare le controindicazioni di un rigetto indotto dal trapianto cardiaco*.
Con un gesto di stizza, posò di nuovo il contenitore sul comodino e si diresse verso il bagno, decisa a immergersi nell'idromassaggio e a rimanerci fin quando il suo respiro non avesse smesso d'essere così affannoso.

Continua...

Nota dell'Autrice: Bene, siamo già al terzo capitolo!! Che ne pensate? Commenti? No, eh? XD Eh, lo so, stavolta fa più cagare del solito XD comunque, in questo capitolo abbiamo avuto già più delineata la figura della nostra protagonista, ma prometto che nel prossimo sarò ancora più precisa, e finalmente scopriremo qual è davvero il suo nome, e che cavolo!!! A proposito, lo so che si rischia di fare un po' di confusione, considerando che il racconto è in terza persona e che la nostra agente, un po' come Ryuzaki, ha 74 nomi XD Ho deciso che mi rivolgerò a lei, d'ora in poi, utilizzando il nome in codice 'Ruri' e più propriamente il suo vero nome, che scoprirete a breve (pensavo di fare la stessa cosa con Elle, alternando il suo vero nome con Ryuzaki). Lo avrei fatto anche prima, ma nessuno ci avrebbe capito niente! :D allora vi prometto di nuovo che tornerò presto con il prossimo capitolo, e nel frattempo, spero che la storia finisca per piacere a qualcuno!! Baci baci, Victoria
   
 
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