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Autore: Chtsara    10/01/2014    5 recensioni
STORIA IN REVISIONE
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Florentia, XVII secolo d.C.
Le sorti del regno stanno per cambiare: una studentessa di nome Elenoire diventa l'artefice del destino dell'intera popolazione, ancorata alla vita da un semplice ciondolo a forma di cuore che porrebbe fine ai suoi giorni se solo si rifiutasse di obbedire agli ordini di un demone dagli occhi di ghiaccio e l'espressione omicida.
Ma ben presto altri problemi prenderanno d'assalto Elenoire: rivelazioni sul suo passato, sparizioni, seduzioni a tradimento, battaglie, duelli, un amore improvviso e ossessivo, da cui sembrerà impossibile uscire; non quando la sua anima gemella risulterà essere proprio il suo nemico per eccellenza, nonché la fonte dei suoi problemi e dei suoi guai, che nel bene e nel male le cambierà la vita.
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Non c'era più niente a separarli, nemmeno l'aria: i suoi occhi affondarono in quelli di Elenoire, talmente scuri da sembrare un mare di ombre e così espressivi da lasciarlo senza fiato; le labbra semichiuse esalavano dei respiri corti e veloci, in sincrono con i suoi battiti del cuore, mentre lo sguardo continuava a caderle ad intervalli regolari sulla bocca di lui.
Genere: Dark, Romantico, Storico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: Lime | Avvertimenti: Contenuti forti
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“Cosa sta facendo?”, chiesi ad Hannah, rifiutandomi di voltarmi di nuovo. Se mi avesse vista con i baffi di cioccolato non sarei riuscita a guardarlo un’altra volta dalla vergogna...
“Sta parlando con Josh, credo, o Cory. Non lo so, uno dei due, insomma”, ridacchiò lei e scosse la testa. “Oh, si è appena voltato da questa parte”.
“Si limita a guardarmi”, sbottai, torturando il mio tovagliolo. “ma non fa altro. Non ha il coraggio di venire a parlarmi”.
Hannah strinse gli occhi e accennò un sorriso furbetto. “Tu vorresti che lo facesse?”.
Rimasi a bocca aperta di fronte a quella domanda. Non sapevo nemmeno se lo volessi o meno: l’imbarazzo oscurava tutti i miei pensieri positivi, ma la voglia di rivolgergli la parola era a sua volta piuttosto grande. Non risposi.
Hannah sospirò e mi guardò come se la sapesse lunga. “Cosa abbiamo alla prima ora?”.
“Non ne ho idea, non mi ricordo”. Mi accasciai sul tavolo: volevo solo tornare nella mia stanza, ricominciare a dormire e abbandonare per un attimo quella vita che mi stava dando tanti, troppi problemi.
“Dopo pranziamo alla Locanda delle Stelle, ti va bene?”, sentii la voce di Hannah un po’ attutita, visto che avevo ancora la testa poggiata sul tavolo.
Annuii e sbadigliai contemporaneamente, ma quando il campanile della chiesa iniziò a suonare fui costretta ad alzarmi per non arrivare tardi a lezione, qualunque essa fosse.
Dopo aver controllato l’orario, entrammo nell’aula di legge di Domina Erin (una signora grassottella con dei folti capelli rossi e dei grandi occhi azzurri) e riuscimmo a sederci agli ultimi banchi in fondo alla stanza: almeno in questo modo sarei riuscita a dormire un po’ senza che l’insegnante se ne accorgesse.
Quella notte era passata troppo presto, nonostante avessi la consapevolezza di aver comunque riposato abbastanza; evidentemente non si trattava di stanchezza dovuta alla mancanza di sonno, quanto più alla fatica mentale e fisica che provavo ogni giorno di più.
Avevo messo il piede fuori dal banco senza accorgermene, perciò a malapena riuscii a borbottare un “Scusa” al malcapitato che aveva rischiato di inciampare a causa mia, per poi tornare a sonnecchiare.
Ma mi sentivo osservata, come se quel qualcuno fosse ancora lì, e aprii un solo occhio.
Non l’avessi mai fatto.
Leonardo era là, a pochi centimetri dal mio piede, a guardarmi come se mi vedesse davvero per la prima volta: lo sguardo illuminato, la bocca distesa a trattenere un sorriso, la mano destra stretta a pugno pendente sul fianco.
“Vostra Maestà”, tuonò Domina Erin in quel momento. “Siete pregato di accomodarvi prima del prossimo Carnevale, grazie”.
Leonardo girò i tacchi e si sedette a qualche banco di distanza dal mio, dandomi le spalle.
La stanchezza era svanita con la stessa velocità con cui era arrivata, perciò mi sporsi a prendere piuma, calamaio e pergamena e iniziai a prendere appunti.
Se solo non avessi visto la scritta “Il mio cuore ormai batte in sincrono con il tuo” in fondo al foglio.
Mi voltai verso Hannah e le lanciai la pergamena, approfittando del fatto che Domina Erin fosse girata avanti, e aspettai che leggesse la frase. I suoi occhi divennero grandi come due padelle mentre sorrideva, soddisfatta, e tentava contemporaneamente di trattenere le risate.
Mi ripresi il foglio e le sibilai, gelida: “Non è divertente”.
“Elenoire ha un ammiratore, Elenoire ha un ammiratore!”, si mise a canticchiare lei con un sorriso sempre più grande. Si voltò in avanti e aggiunse: “E se fosse...?”. E indicò con un cenno della testa il ragazzo biondo a pochi banchi di distanza dal mio.
“Leonardo?”. Quasi risi di fronte a quell’eventualità. “Ne dubito. Un’abitante del suo regno è scomparsa e lui pensa a lasciarmi messaggi romantici? Nah, impossibile”.
“Signorina Wild, potrebbe ripetermi esattamente ciò che ho detto due secondi fa?”.
Sentii il sangue gelarmi nelle vene e mi girai cautamente verso Domina Erin, che intanto aspettava una mia risposta battendo il piede sul pavimento, le braccia incrociate.
“Mea Domina, mi perdoni”, disse una voce maschile proveniente da uno dei banchi davanti, poco lontani dal mio. “La signorina Wild ultimamente è molto stressata a causa della scomparsa della sua amica Carol. Mi consenta di chiederle di giustificarla”.
Riconoscendo il tono di Leonardo, mi sembrò quasi che la mascella mi crollasse sul pavimento. Non mi parlava da giorni e ora tentava pure di togliermi dai guai?
Domina Erin fulminò chiaramente Leonardo con lo sguardo, ma alla fine si concesse un sospiro e rispose: “Va bene. Ma solo per oggi, signorina Wild”.
“Grazie”, mormorai, ancora sconvolta per ciò che era appena successo. Lanciai un’occhiata veloce in direzione di Leonardo (il quale si era rigirato avanti, dandomi di nuovo le spalle) e ripresi a scrivere gli appunti di legge, ripetendomi mentalmente quanto fossero banali quegli argomenti in confronto ai dubbi che mi si affollavano nella testa.
Le altre ore che ci separavano dal pranzo passarono velocemente, nonostante Leonardo avesse ricominciato ad ignorare la mia esistenza ed io fossi ormai sul punto di perdere definitivamente le speranze.
Io ed Hannah entrammo nella Locanda delle Stelle insieme a Samantha (sempre più pallida) e ordinammo dei semplici piatti di pasta. Hannah fu abbastanza intelligente da decidere di non aprire di nuovo l’argomento Leonardo in presenza di Samantha e le fui infinitamente grata per questo: l’ultima cosa che volevo era ulteriore insistenza ed altre domande su di lui.
“Avrebbero già dovuto trovarla”, sussurrò Samantha, con sguardo perso. “Florentia non è molto grande, dopotutto; non dovrebbero metterci tanto”.
“Florentia non è molto grande, certo. Ma, se è vero che l’hanno rapita, allora non credo che l’abbiano, come dire, nascosta in un luogo accessibile a tutti”. Alexander entrò nel nostro campo visivo, venendoci davanti, e si inchinò sorridendo. “Buon pranzo a voi”.
“Johnatan!”, esclamò Hannah, tutta sorridente, porgendogli subito la mano.
Alexander ridacchiò, vi posò sopra le labbra e poi si rivolse a Samantha. “Voi dovete essere Samantha. Piacere di conoscervi, milady, stavolta ufficialmente”.
Lei sorrise di tutta risposta e si lasciò baciare la mano a sua volta. Dopodiché Alexander si voltò verso di me. “Devo parlarvi, Elenoire. Potreste gentilmente concedermi un po’ del vostro tempo?”.
Quasi risi di fronte a tutta quella formalità e, mentre Hannah mi annuiva incoraggiante, mi alzai e seguii Alexander nello stesso giardinetto in cui mi aveva consolata due giorni prima. Ci sedemmo sulla panchina e rimasi a guardarlo con sguardo interrogativo, in attesa.
“Sebastian sembra essere scomparso da Florentia. Non l’ho più rivisto e spero che abbia deciso di ritirarsi, di rinunciare alla sua missione. Forse ha pensato che, vista l’attenzione che il re e la guardia reale stanno dedicando alla ricerca di Carol e del suo eventuale rapitore, fosse conveniente aspettare che si calmino le acque prima di agire veramente senza temere di essere scoperto”, disse lui con tono serio, che non ammetteva repliche.
“In effetti nemmeno io lo vedo da... be’, dal compleanno di Leonardo, ora che ci penso”, ricordai e strizzai gli occhi per la troppa luce del sole.
“Ma comunque non posso dire con certezza che tu sia veramente al sicuro”, continuò Alexander. “Non ho la possibilità di sapere le reali intenzioni di Sebastian”.
“No, lo so, è normale”, borbottai. “Mi sarei sorpresa del contrario”.
“Appunto”. Sospirò e si passò una mano tra i capelli. “Elenoire, ho ragione di credere che tu non stia prendendo seriamente la tua di missione?”.
Abbassai lo sguardo: ecco l’argomento delicato. “Sto ancora cercando di rimediare, se è questo che intendi. Ci vuole tempo e non dipende tutto da me, spero che tu l’abbia capito”.
Alexander strinse gli occhi. “Non vi siete ancora rivolti la parola, vero?”.
Scrollai le spalle. “Oggi gli ho inconsciamente chiesto scusa, considerato che stava per inciampare a causa mia. Vale?”.
Alexander inarcò le sopracciglia e sorrise. No, evidentemente non valeva.
“Però ho notato che... be’, che è più gentile nei miei confronti”, sospirai e ricambiai il sorriso. “Non ho idea del perché, ma penso sia un fatto positivo. E cercherò di giocare su questo, non ti preoccupare”.
“Odio doverti mettere fretta”. E qui furono le mie sopracciglia ad inarcarsi. “ma hai notato da sola la presenza sempre più vicina dei demoni e spero di poter risolvere la situazione giusto in tempo per evitare che possa scatenarsi una guerra”.
“Una guerra?”, esclamai. Quella parte della missione non me l’aveva spiegata.
“Florentia è una potenza da non sottovalutare: chiunque vorrebbe dominarla. Non mi sorprenderei affatto se scoppiasse una serie di battaglie tra i demoni per il controllo totale del regno. E Leonardo non ne farebbe parte”. Si zittì vedendo la mia espressione, però decise comunque di aggiungere: “Almeno, non da vivo”.
“Fantastico”, borbottai. “Davvero fantastico. La situazione è più seria di quanto pensassi e, ovviamente, tu ti sei sicuramente dimenticato di parlarmi di questo dettaglio del tutto insignificante”.
Alexander sorrise di fronte al mio evidente sarcasmo. “Come ho già detto, odio metterti fretta. Ma non abbiamo molto tempo, quindi...”. Si strinse nelle spalle.
“E se chiedessi a Leonardo di permettere a te e alla tua famiglia di vivere comunque a Florentia, nonostante la legge lo vieti chiaramente?”, proposi speranzosa. L’ottimismo però crollò mezzo secondo dopo: come gliel’avrei chiesto se non parlavamo nemmeno?
Infatti Alexander rispose: “Dovresti comunque rivolgergli la parola. E dubito che permetterebbe a dei demoni di entrare a far parte legalmente del suo regno”.
“Quindi, secondo questa tua teoria, dovresti al tempo stesso dubitare del fatto che potrebbe voler addirittura sposarne una”, gli feci notare con un sorrisetto.
Lui ricambiò il sorriso. “Ma tu sei Elenoire. Chi mai ti rifiuterebbe?”.
Gli diedi uno schiaffetto scherzoso sul braccio. “Sii serio”.
“Io sono sempre serio”, rispose lui, tutto pomposo, guardandomi di sottecchi.
“Comunque... mmm, no, davvero, credo che ci sia una falla nel tuo piano. Leonardo non mi ama”, gli ricordai facendogli l’occhiolino e sentendomi al tempo stesso morire dentro.
Alexander poggiò un gomito sullo schienale della panchina e mi chiese: “Cosa te lo fa pensare?”.
“Tutto”, sussurrai d’istinto. “Se mi avesse amata davvero non mi avrebbe considerata come il divertimento di una notte: avrebbe avuto rispetto verso la mia persona, non mi avrebbe costretta, non mi avrebbe baciata contro la mia volontà”.
“Contro la tua volontà?”, ripeté Alexander, confuso. “Avresti preferito non essere baciata? Sinceramente”.
Mi sentii arrossire, sapendo che non avrei potuto più mentirgli. “È stato bello, lo ammetto, ma non mi aspettavo che mi... che mi bloccasse contro il muro, ecco”.
“Tu non gli hai dato alcun motivo di fargli pensare il contrario”, mi ricordò. “Il tuo scopo era proprio sedurlo, quindi immagino che tu non abbia opposto resistenza”.
Ormai le mie guance stavano per andare a fuoco. “No, infatti. Però ha sbagliato a trattarmi in quel modo, ad inseguirmi”.
“Ti inseguiva perché eri tu ad indurlo a farlo, Elenoire”, disse Alexander.
“Parli proprio come la mia coscienza, lo sai?”, brontolai, ricordandomelo solo in quel momento. “E questo non va bene”.
“Io invece penso che vada benissimo”, ridacchiò Alexander. “Se Leonardo ti ha baciata innanzitutto vuol dire che lui aveva comunque intenzione di farlo, indipendentemente dal tuo comportamento; ma, se ti ha inseguita, significa che sei stata tu a provocarlo, oppure sbaglio?”. Quando non risposi, aggiunse con un sorrisetto: “Proprio come pensavo”.
Sbuffai senza dire nulla e alzai gli occhi al cielo.
E, mentre Alexander scoppiava a ridere, decidemmo di rientrare nella locanda per tornare in tempo alle lezioni al collegio.
Trovammo Hannah e Samantha allo stesso tavolo di prima, occupate a parlare fitto fitto ignorando tutto ciò che succedeva intorno a loro. A malapena alzarono lo sguardo quando videro arrivare me e Alexander.
Lui si inchinò a tutte e tre poco dopo e si congedò con un ultimo sorrisetto furbo, lasciandomi con le due ragazze. Guardai con sospetto le occhiate complici che queste ultime continuavano a lanciarsi, ma lasciai perdere e tornammo in collegio in completo silenzio.
Ci dirigemmo velocemente nell’aula d’arte, dove Domino Hans ci aspettava con le braccia conserte, e ci sedemmo ai soliti posti dietro le tele.
Quando tutti gli studenti entrarono nella stanza (Leonardo e i gemelli Grayson compresi), l’insegnante ci indicò un grande vaso azzurro contenente delle bellissime rose rosse e ci elencò le istruzioni da seguire per dipingere i fiori nel miglior modo possibile.
Ma quando iniziai a dedicarmi al disegno preparatorio, rimasi immobile nel fissare le rose: erano uguali a quella che avevo lasciato nella mano di Leonardo alla festa della locanda.
Sembrò accorgersene anche lui, perché con la coda dell’occhio lo vidi con la mano ferma a mezz’aria, immobile, mentre si girava lentamente nella mia direzione.
Diventai sicuramente più rossa dei fiori e, con delle pennellate distratte, cominciai a dipingere sotto lo sguardo soddisfatto di Domino Hans.
Avremmo potuto disegnare di tutto, e lui aveva scelto niente meno che le rose rosse.
Durante l’ultima lezione della giornata, quella di storia, non feci altro che prendere appunti: mi rifiutavo di lanciare qualche occhiata a Leonardo e cercavo di resistere alla tentazione di scoprire se lui mi stesse guardando o meno.
Quella sera cenai velocemente nella mensa insieme a Samantha (Hannah era da qualche parte in giro per negozi a comprare chissà quale altro vestito da cerimonia) e mangiai solo lo stretto necessario: la preoccupazione di un’eventuale guerra stava diventando più grande con il passare del tempo e stavo capendo che le sorti di Florentia, a quel punto, dipendevano soprattutto da me; una responsabilità da non sottovalutare.
Salii nella mia stanza prima del previsto con l’intenzione di addormentarmi il prima possibile e di permettere alla mia testa di prendersi una piccola ma soddisfacente pausa.
Mi sfilai subito le scarpe, mi tolsi la divisa del collegio, mi concessi un bagno caldo e veloce e indossai la camicia da notte; sentii i muscoli distendersi nell’esatto istante in cui mi coricai sul letto, come se in quel momento non esistesse nient’altro che il materasso sotto di me e le lenzuola che mi avvolgevano come un guscio.
Eppure non riuscivo ad addormentarmi.
Continuai a rigirarmi nel letto fino allo sfinimento, chiedendomi perché continuassi a restare sveglia: del resto, meritavo un po’ di riposo, ne avevo il pieno diritto!
Mi misi a pancia in giù abbracciando il cuscino, provando all’istante una sensazione di pace e di sollievo: peccato, però, che non fosse ancora abbastanza.
Sentivo come se mi mancasse qualcosa, come se avessi bisogno di qualcos’altro per riuscire effettivamente a prendere sonno. O semplicemente avevo nostalgia della mia vita normale, monotona e speciale a modo suo.
Chissà quale sarebbe stata la mia professione, se non avessi mai incrociato la banshee... Chissà cosa mi sarebbe successo, se non avessi mai conosciuto Leonardo.
A quel nome sentii lo stomaco ingarbugliarsi autonomamente. Meraviglioso, mi mancava solamente una bella infatuazione nei suoi confronti. Alexander sarebbe stato contento se l’avesse saputo: finalmente stavo prendendo sul serio la mia missione, non avrebbe potuto essere più fiero di me.
Ma se avessi cominciato ad amare Leonardo, sarei effettivamente riuscita nel mio intento? Cosa mi assicurava che non avrei deciso di abbandonare il mio obiettivo proprio per permettere a lui di vivere una vita felice, senza nessuna interferenza da parte di esseri demoniaci?
A meno che questi ultimi non avessero trovato un modo tutto loro per riuscirci comunque, nonostante il mio tentativo di impedirlo. E in fondo sapevo che sarebbe stato così.
Ma cercare di entrare nel suo cuore solo perché era mio dovere farlo non era un’azione di cui in teoria mi sarei dovuta vantare, non quando secondo Alexander lui stava iniziando a provare dei veri sentimenti nei miei confronti...
Quel pensiero mi fece sorridere all’istante: sembrava impossibile, ma se mi ci fossi messa d’impegno sarei riuscita effettivamente a diventare la protagonista dei suoi pensieri, il centro del suo mondo, così come lui lo stava diventando per me senza nemmeno che me ne accorgessi del tutto.
Un rumore fuori dalla finestra pose fine alle mie riflessioni: sentii i miei occhi sbarrarsi all’istante, in sincrono con le mie paure peggiori che intanto si facevano strada tra i miei pensieri. Un solo nome si fece largo nella mia mente: Sebastian. Alla fine era riuscito a penetrare nelle difese imposte sul collegio. Ce l’aveva fatta. Ed io ovviamente stavo per morire a causa del mio stesso cugino.
Feci finta di dormire per evitare a me stessa una morte cruenta e dolorosa, che sicuramente mi avrebbe riservato se gli avessi fatto capire che avrei opposto resistenza. Ma valeva la pena morire così, fingendo di essere indifesa, anziché tentare di difendermi? Volevo davvero buttare al vento il sacrificio di mia madre per permettermi di vivere una vita migliore di quella che aveva avuto lei? No, avrei combattuto, al diavolo tutto il resto.
Ma c’era qualcosa che non quadrava: il ciondolo a forma di cuore stava iniziando ad emanare calore. E da quando si riscaldava anche in presenza dei demoni?
Più spaventata di prima, decisi di aprire gli occhi e fissai senza capire l’immagine di un ragazzo alato, alto e muscoloso con dei folti capelli biondi illuminati dai raggi della luna.
  
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