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Autore: Evanne991    10/01/2014    2 recensioni
Non sempre č tutto bianco o tutto nero. A volte in mezzo ci sono tutti i colori dell'arcobaleno. Una giovane donna e la sua ingenua convinzione che il nero sia solo il colore degli abiti da sera che indossa nelle lussuose feste organizzate da papā. Quel che nero che, appena riconosciuto, decide di strapparsi di dosso. A qualsiasi costo.
Genere: Drammatico, Introspettivo, Malinconico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het, Slash, FemSlash
Note: Lime | Avvertimenti: Tematiche delicate | Contesto: Contesto generale/vago
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Era passata una settimana dalla cena all’agriturismo Bracci. Eva si sentiva spossata. Provava a studiare Farmacologia, ma leggeva nomi, formule, indicazioni e non capiva una sola parola. Le piaceva studiare Odontoiatria, era sempre stata un’ottima studentessa. Eppure, ora, il pensiero di Aida la tormentava. Le parole, la rabbia. Poi lo schiaffo di Christian. Aveva litigato brutalmente con lui, dopo. Aida era andata via con la guancia rossa, camminando veloce sui sanpietrini, aveva chiamato un taxi ed era scomparsa. Letteralmente. Non aveva sue notizie da quella sera, né Elettra l’aveva più sentita e, a dirla tutta, non l’aveva neanche cercata. Eva aveva provato a telefonarle, ma l’apparecchio era sempre spento.
Non riusciva a capacitarsi ancora delle cose udite. Dal modo lucido in cui Aida aveva sputato tali cattiverie. In parte, nel suo cuore, Eva sentiva che Aida aveva ragione, e che lei stessa aveva sbagliato a sminuire la rabbia dell’amica. Capiva, Eva, che non era per niente facile essere in mezzo a sua sorella ed alla sua migliore amica. Ovunque toccasse, avrebbe lasciato il segno, a discapito dell’altra. Erano ritornati a casa in silenzio. Elettra era scesa dalla macchina sbattendo la portiera. Eva era rimasta circa tre ore in macchina ad urlare con e contro Christian.
 
-Le hai tirato uno schiaffo, ti rendi conto?
-E tu ti rendi conto di cosa ha detto?
-LE HAI TIRATO UNO SCHIAFFO!
-HA DETTO CAZZATE!
-QUALSIASI COSA AVESSE DETTO, NON AVRESTI DOVUTO TOCCARLA!
-Non ho risposto di me.
-BENE, NON RISPONDERNE NEANCHE ORA E PRENDIMI A SCHIAFFI!
-NON DIRE STRONZATE, NON DIRLO, IO NON PICCHIO LE DONNE!
-È QUELLO CHE HAI FATTO!
 
Il giorno dopo avevano fatto pace, nonostante il fatto che Eva non avesse ancora accettato lo schiaffo, ed era come se le parole di Aida fossero state dette con una cognizione tale che era spuntato un piccolo dubbio nella mente di Eva. E se Christian la stesse tradendo davvero?
Era inquietata, sentiva sensazioni di disagio nell’animo. Christian le aveva chiesto cos’era ad affliggerla. Se n’era accorto, ovviamente, nonostante lei fosse brava a tener nascosti i suoi pensieri. Lei aveva sussurrato le sue paure e lui si era incupito, poi aveva bestemmiato contro Aida e quella sua lingua maledetta. Poi si erano nuovamente riavvicinati. Christian la toccava come un pianista fa con i tasti bianchi, con forza e passione, e con i neri, sfiorandola delicatamente. Aveva parlato con ogni centimetro della pelle diafana di lei, aveva baciato ogni neo, morso ogni osso. Lei gli aveva graffiato il petto, l’aveva incastrato tra le cosce fino a farsi male da sola, aveva stretto i capelli neri di lui tra le dita, tirandoli leggermente ad ogni spinta.
Era stata volutamente rabbiosa, quella volta, al contrario di lui, dolce come quasi mai, quasi a volerla rassicurare. Lei aveva cercato di lasciargli segni addosso. Ti marchio.
Eva sospirò ripensando a quell’incontro, che era avvenuto poi la notte prima. Si alzò dalla scrivania, chiuse i libri ed i quaderni e li ripose in colonna, ordinandoli per spessore, poi conservò le penne colorate, si stiracchiò ed abbandonò la sua stanza per recarsi in quella di Elettra.
Avevano parlato poco, dopo la cena. Erano entrambe di cattivo umore, ovviamente. Eva bussò alla porta scura e la voce sottile della sorella la invitò ad entrare.
Erano diverse in tutto, persino le loro stanze da letto erano opposte. La stanza di Eva era bianca, in tutto. Il letto a baldacchino era romantico ed elegante, le tende sembravano nuvole, i mobile erano elaborati in decorazioni sontuose. Una sorta di Barocco congelato in fredde strutture bianche. La camera di Elettra era l’esatto contrario: era essenziale, naif, pragmatica, sui toni caldi dei diversi legni combinati tra loro. E le pareti erano blu. Intense. Elettra stava seduta sulla poltrona dinnanzi al letto, con i piedi nudi poggiati al ferro battuto che lo incorniciava.
-Mi spiace…- esordì Eva. Non sapeva bene di cosa dispiacersi, in realtà, ancora.
Elettra la guardò e le sorrise, dolcemente, stanca forse.
-Sai? È uguale a me, quando avevo la sua età. Anche io reagii così con Giulia.
Eva non sapeva cosa risponderle. Elettra ed Aida le avevano raccontato tutto, al ritorno dalla Sicilia. Si era chiesta, Eva, come aveva fatto a non captare nulla. Poi si era risposta che lei era sempre stata occupata a dannarsi per Christian e non aveva mai dato retta al mondo fuori da sé. Ed ora, mentre sua sorella la guardava triste, perché aveva già capito e perdonato la rabbia di Aida, lei si sentiva una cattiva persona, vuota, meschina, egoista, perché non aveva mai davvero apprezzato e capito quanto Aida le volesse bene e le stesse vicino. Allo stesso tempo, combatteva con i sentimenti contrastanti che si era manifestati in lei, dalla notte prima: l’amica aveva puntato il dito contro Christian… sì, ma era solo arrabbiata?
Proprio mentre si perdeva negli occhi scuri ed accoglienti di Elettra, il suo telefono le vibrò in mano e lesse il nome del suo uomo sul display. Salutò, suo malgrado, frettolosamente la sorella, nonostante volesse restare con lei, anche così, in silenzio, e si precipitò al piano inferiore e poi fuori. Era domenica, doveva andare a pranzo dal padre di Christian.
Entrò in macchina, affannata. Gli diede un bacio leggero, poi allacciando la cintura disse che nella busta dorata che stringeva tra le dita era confezionata una bottiglia di vino per suo padre, aveva voluto anticiparlo nel pensiero. Lui la guardava ogni tanto, mentre guidava veloce. Le strade non erano trafficate, era una bella giornata, ma faceva molto freddo. Tra meno di due mesi sarebbe stato natale. Sentiva, vedeva, Christian,  che Eva era agitata. Sapeva che le parole di Aida l’avevano colpita. Non avrebbe mai pensato di tirare uno schiaffo ad una donna. Aida aveva provocato la sua ira. Aveva parlato come se sapesse. Per un attimo aveva avuto paura che Giulia si fosse tradita ed avesse svelato il segreto. Ma aveva subito constato che se così fosse stato ci sarebbero state serie conseguenze. Stefano aveva una relazione con Elettra ed era stato ammazzato. Se Giulia avesse detto anche un minimo ad Aida, probabilmente sarebbero state fatte fuori entrambe. All’istante. Rabbrividì.
-Hai freddo?- gli chiese premurosa Eva.
-Un po’. Andiamo, papà sarà felice di vederti.- rispose parcheggiando l’auto nel cortile condominiale.
Vincenzo li aspettava sul pianerottolo. Quando uscirono dall’ascensore, mano nella mano, lui sentì un senso di orgoglio per suo figlio e quella cara ragazza. Abbracciò il suo ragazzo, poi Eva, li fece accomodare e fece tante domande, chiese ad Eva dell’università, dei genitori, di come aveva intenzione di passare le prossime vacanze natalizie. Mise un cd a far loro compagnia, le melodie di Rava e Bollani li accompagnarono  durante il pranzo. Ascoltava attento la ragazza, ogni tanto guardava Christian e annuiva contento. Mangiarono lentamente, senza fretta, fumando sigari, ridendo perché Eva era disgustata da quel sapore forte in gola. Le ore trascorsero e quando si chiesero che ore fossero, si accorsero che era già sera, e Christian nervoso disse che doveva vedere un cliente per un importante evento. Eva lo guardò intensamente. Era come se lei avesse sentito l’incertezza nella sua voce. Lui mantenne fermo lo sguardo. Dentro scoppiava. Stava mentendo alla donna che più amava. Lo faceva da anni. E stava continuando. Nonostante lei avesse manifestato di essere stata allertata dalla rabbia di Aida.
-Di domenica sera?
Suo padre intervenne facendo una semplice domanda, quella che Eva pensava ma non diceva. Christian disse schiarendosi la voce che sì, di domenica sera, perché il cliente gli aveva chiesto questa grazia e lui era professionale e disponibile.
Eva strinse le labbra e respirò pesantemente. Chiese di poter usare il bagno, solo per allontanarsi un attimo e placare la sua ansia.
Ora, guardando la sua immagine riflessa nello specchio del piccolo bagno, sentì di essere una sciocca. Paranoica. Doveva smetterla. Sentiva le voci di Christian e del padre nel corridoio. Li sentì litigare, abbassare di colpo la voce.
-Tua madre non sarebbe per niente contenta, si può sapere che diamine di lavoro fai?
-Il pr, papà, il pr, quante volte devo dirtelo?
-Senti, ragazzino: a me le cazzate non le racconti, chiaro? Sta’ attento, figlio mio, sta’ attento, perché qualsiasi cosa tu stia facendo, sono sicuro che non è affatto la cosa giusta.
-Ma cosa cazzo ne vuoi sapere?
Eva girò la chiave nella toppa nel modo più rumoroso possibile, per annunciare il suo ritorno da loro. Era visibilmente imbarazzata e scossa. Provò a mascherare il disagio in uno dei migliori sorrisi, ringraziò Vincenzo e seguì Christian in ascensore.
Erano appena usciti dal palazzo, quando Eva si rese conto di aver lasciato la borsa a casa di Vincenzo, e così disse a Christian che sarebbe salita a recuperarla, velocemente, ignorando la proposta di lui di salire al posto suo.
Suonò al campanello, e quando Vincenzo le aprì la porta si pentì di essere tornata indietro. Vincenzo asciugava le lacrime, e più le asciugava più gli scendevano e gli bagnavano il viso segnato da rughe profonde.
In imbarazzo entrò in casa, non sapendo cosa fare o cosa dire. Iniziava a girarle la testa.
-Eva, cara, tu sei tanto bella e tanto buona, salvalo, Eva, salvalo, chè Christian si mette nei guai, io lo so, aiutalo, salvalo!
Eva non riusciva neanche a pensare. Era sconvolta, Vincenzo la stava implorando. Poggiò la mano ad un mobile accanto a lei, e si voltò appena solo per interrompere il contatto visivo dall’uomo. L’ultima cosa che vide, prima di cadere svenuta a terra, fu uno specchio antico, grande, ovale, dalla cornice dorata, scheggiato negli angoli e rovinato dal tempo.
 
 
NOTE DELLA (PSEUDO)AUTRICE:
Salve! Prima di tutto: Aida, dov’è la cara Aida? Sparisce, nessuno sa nulla, ed Elettra non la cerca, pur riconoscendosi nella reazione della ragazza. Eva è combattuta, inizia ad aver paura e forse a dubitare di Christian. Lui, d’altro canto, ha paura che Aida sappia qualcosa. E scopriamo che anche Giulia è coinvolta nel ‘segreto’ del ragazzo. Non dico altro, altrimenti finisco per fare un auto-spoiler.
Il titolo di questo capitolo è quello di una splendida traccia, nata dalla collaborazione di Enrico Rava e Stefano Bollani, cui mi riferisco nel testo, e di cui vi lascio il link del tubo: http://www.youtube.com/watch?v=2KLsiXfqQls
Baciotti, Evanne.
  
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