2)Stalker umani e
fuggitive aliene.
Ci
sono momenti in cui tutta la tua vita ti scorre davanti, in cui
l’adrenalina ti
rende tesa come una corda di violino nella vana ricerca di un modo per
scappare.
Lui
occupa per intero il vano della porta e se provassi a sfondare verrei
acchiappata subito perché lui è molto
più grosso di me.
Nella
stanza c’è un silenzio carico di tensione.
Devo andarmene da qui e Tom non mi deve parlare. Con la coda
dell’occhio noto la
finestrella del bagno, è aperta e – sebbene sia
stretta – probabilmente posso
riuscire a passarci.
Con
un salto che lo sorprende, vado sul calorifero e poi con le mani mi
tiro su,
aggrappandomi all’esterno della finestra.
Mezzo
busto è già passato quando sento Tom che si
attacca alla mie gambe per tirarmi
giù e tentare di riportarmi nel bagno. Comincio a scalciare
e qualche colpo va
a segno, ne approfitto per tirare fuori il resto del busto e con un
ultimo
colpo di fortuna le gambe.
Adesso
sono nel retro della scuola, confina con il parco che a sua volta
confina con
il deserto. Non posso tornare a scuola con lui che mi dà la
caccia in modo così
spietato.
C’è
solo un posto dove posso andare. Scatto verso la rete e la scavalco in
modo
agile, poi corro attraverso il parco senza guardarmi indietro, sperando
che lui
non mi abbia vista.
Percorro
tutto il parco e scavalco anche la recinzione, ora sono in pieno
deserto: il
mio ambiente naturale, quello che conosco come le mie tasche.
Le
dune posso cambiare, ma io so sempre come trovare i luoghi in questo
posto e in
particolare uno.
Ora,
però devo muovermi se voglio essere totalmente al sicuro. I
miei piedi
percorrono una strada che conoscono a memoria e ben presto mi ritrovo a
un
grande sperone di roccia, a lato c’è come una
scala naturale che io salgo.
Arrivata
lì appoggio una mano sulla rocca calda e solo per me si apre
una porta che dà
su un’ampia stanza. Ci sono i nostri bozzoli e un altro
strano sperone in cui
sembra ci sia rozzamente intagliato qualcosa.
Dentro
c’è già qualcuno: Johnny.
“Cosa
ci fai qui?”
“La
stessa domanda potrei fartela io e con più ragioni, dovresti
essere a scuola.”
“Ho
un problema.”
Evito
accuratamente di guardarlo in faccia.
“Quale,
Ava?”
“Tom
DeLonge.”
Lui
sbuffa.
“Cosa
diavolo è successo?”
“Ho
provato a cancellargli la memoria, ma non ci sono riuscita.
Mi
sono arrampicata sull’alberi vicino alla sua stanza e ho
aspettato che andasse
a letto, solo che lui si è… denudato
e… Insomma.”
“Cosa?”
Io
gesticolo infuriata.
“Non
è facile da raccontare, ok? Non fare lo stronzo, Johnny!
Sono
caduta dall’albero e lui deve avermi in qualche modo visto
perché poi il giorno
dopo a scuola non ha fatto altro che inseguirmi. Ieri gli ho affibbiato
un
calcio nei coglioni.”
“Ahia!”
“Poi
stamattina sono dovuta scappare dalla finestrella del cesso delle
femmine, come
una spia nei film di infima categoria.
Non
so cosa fare, Johnny non puoi?”
Lui
scuote la testa.
“Cosa
fare di Tom è una responsabilità tua, sia che tu
riesca a cancellargli la memoria.”
“Dubito
di farcela.”
“Sia
che tu decida di rivelargli il segreto, ma se dovessi farlo
diventerebbe anche
una cosa che riguarda anche me e se il tuo amico dovesse fare mosse
false non
ti garantisco che rimanga in vita.”
I
miei occhi si riempiono di lacrime.
“Jo
– John!”
Lui
mi guarda a metà tra il freddo e
il
dispiaciuto, sa che odio quando fa così.
“Mi
dispiace, ma la nostra sopravvivenza conta più del tuo
amico.”
“Sei
uno stronzo, John Mayer! Non voglio più vederti.”
“Chia!”
Esco
dalla stanza, sentendo i suoi passi dietro di me, corro per il deserto
con le
lacrime che scendono sulle guance.
Corro
per un po’, poi sento una mano chiudersi sul mio polso e
bloccarmi con
decisione, sono così decisa ad andare avanti che rimbalzo e
cado per terra.
La
figura di Johnny torreggia su di me, io lo guardo con disprezzo.
“Vattene,
stronzo!”
Lui
mi tira in piedi.
“Ok,
Chia, ho esagerato e sono stato uno stronzo! Non ammazzerò
Tom, non farei mai
qualcosa che possa farti del male, ok?
Ti
prego, ti fidi di me?”
Io
lo guardo negli occhi: è sincero.
“Sì,
ti credo e mi fido, però vorrei che tu non ti comportassi
così con me. Non sono
un tuo nemico.”
“Va
bene, torniamo alla roccia e facciamo qualcosa per occupare questa
mattinata.”
Lo
seguo e torniamo dentro, lui corre al vecchio frigo che ha riparato e
messo in
funzione lì e tira fuori un paio di birre.
“Oggi
ho incontrato Anne Hoppus.”
Lui
si blocca per un impercettibile attimo e poi continua a bere come se
nulla
fosse.
“Cosa
ti ha detto?”
“Voleva
sapere se stessimo insieme.”
“Tu
cosa le hai detto?”
Io
guardo il mio amico, sotto la pattina di indifferenza è in
ansia.
“Che
non stiamo insieme, che sei il mio migliore amico e che sei come un
fratello
per me.
Lei
c’è rimasta di merda, pensa di essere la tua
bambola gonfiabile.”
Lascio
che il silenzio si dilati tra di noi, come un mantello indesiderato,
questa
volta è lui che deve parlare.
“Grazie
per le belle parole e non considero Anne la mia bambola
gonfiabile.”
Io
alzo un sopracciglio.
“E
cos’è allora?”
Lo
vedo tremare leggermente, qualche goccia di birra schizza per terra.
“Non
lo so. Lo sai che non posso affezionarmi a nessuno.”
“Questa
è un’idea che ti sei messo in testa tu,
Jo.”
Gli
rispondo dolcemente.
“E
se dovesse arrivare qualcuno di lassù per noi?”
“Possono
andare all’inferno, Johnny! Io non ho intenzione di fare la
martire per
qualcuno che ci ha lasciato qui indifesi in un mondo potenzialmente
ostile. Io
sono terrestre… con qualche potere in più, certo,
ma terrestre!”
Lui
guarda da un’altra parte, sono anni che non siamo
d’accordo su questa questione
e temo non lo saremo mai.
“Devi
fare qualcosa con Anne, non puoi continuare a illuderla, ci sta
male.”
“Io
non la illudo. Lo sa che tra noi non c’è nulla di
serio e che mi posso fare chi
voglio.”
“Ma
non lo stai facendo.”
Lui
tace.
“Forse
è meglio che dai un’occhiata alle cose che hai per
scuola.”
Io
annuisco e mi metto a studiare, così passano la mattinata e
una parte del
pomeriggio, mi prendo una pausa solo quando devo mangiare.
Alle
tre me ne vado perché tra poco usciranno gli alunni da
scuola, inclusa mia
sorella. Johnny
“Dov’eri? Non c’eri a lezione, non
c’eri a
mensa e poi Tom non ha fatto altro che parlare e parlare.”
Io
sospiro e poi guardo torva DeLonge. Sono stufa che mi segua ovunque,
forse
sarebbe stato meglio lasciarlo crepare durante la rapina.
“Si
può sapere cosa vuoi da me, DeLonge?”
“Sono
stufa di trovarti ovunque, adesso pedini persino mia sorella!”
“Non
l’ho pedinata.”
Io
alzo gli occhi al cielo, Johnny accanto a me lo fulmina con una delle
sue
peggiori occhiate, che Tom sostiene insolente.
“Voglio
parlarti.”
“IO
NO! LASCIAMI IN PACE, CAZZO!”
“Hai
sentito cosa ha detto, DeLonge?
Gli
chiede minaccioso Jo.
“Lasciala
in pace.”
“Non
mi fai paura Mayer, non me ne hai mai fatta e non inizierò
adesso ad averne. Non
mi fermerò finché non avrò risposte da
lei!”
“Posso
farti fermare prima e se sarà necessario lo
farò.”
Scrocchia
minaccioso le nocche, DeLonge risponde con un sorrisino insolente e lo
imita,
io mi metto in mezzo.
“Adesso
basta!
Johnny,
ti ringrazio; Tom, fanculizzati e vattene.”
“Non
ti libererai di me.”
“L’umanità
ha debellato flagelli peggiori di te!”
Esclamo
mentre salgo in macchina con Johnny e Isabel.
“Ma
voi state insieme?”
Ci
chiede mia sorella.
“NO!”
Esclamiamo
insieme.
“Johnny
è come un fratello per me, mi ha solo difeso da Tom.
Esagera,
non ne posso più.”
“Ma
se ti piace perché non gli vuoi parlare?”
“Perché
così è troppo! Accidenti!”
“Non
ti capisco.”
“Non
importa.”
Scarichiamo
John a casa sua e poi andiamo a casa nostra. Isabel è
perplessa, ma io non
posso darle le risposte che cerca.
“Sai,
a volte ci sono dei tuoi comportamenti che non capisco. È
come se ci fosse una
sfera che protegge un qualcosa di te.”
Io
non dico nulla.
“Non
è una buona idea saltare scuola per stare con Johnny
però, sennò non ti
diplomerai mai.”
“È
stato solo un caso, non succederà più. Spero solo
che Tom la smetta di essere
così insistente, altrimenti andare a scuola sarà
un incubo.”
“Alle
volte penso che tu abbia un segreto inconfessabile, Chia.”
“Izzie,
non ti devi preoccupare, ok?
È
tutto a posto, non c’è niente che non vada, non
farti paranoie strane.
Mi
puoi passare gli appunti e i
compiti
delle lezioni che abbiamo in comune?
Così
almeno mi metto a pari con i compiti.”
Lei
annuisce e mi passa una generosa quantità di fogli, io
inizio a ricopiarli
svogliata, pensando che è davvero ironico – nel
senso più crudele del termine –
che io debba fuggire dal ragazzo che amo.
Dopo
aver ricopiato tutti gli appunti, attacco con i compiti, tanto che
quando i
miei tornano mi trovano ancora china sulle carte.
“Tesoro?”
Mi
chiama dolcemente mia madre, dopo aver bussato alla porta della mia
camera.
“È
pronta la cena, se vuoi scendere.”
“Certo
che voglio, questa roba mi sta facendo impazzire. Maledetta
matematica.”
Scendo
a cena e una sensazione di calore mi avvolge: loro sono la mia famiglia
e se
dovessi perderli per colpa di Tom non lo perdonerei mai.
Mi
siedo, mangio e chiacchiero con loro sentendomi bene e un filo in colpa
nei
confronti di Johnny che non ha tutto questo.
A
quest’ora sarà sbragato sul divano con del cibo
precotto su un piatto a
guardare la tv.
Forse
dopo potrei andare da lui, ma non ho voglia di litigare con mia madre
perché mi
conceda di farlo, visto che domani c’è scuola.
Il
giorno dopo Tom cerca di nuovo di parlarmi e io gli sfuggo oppure sto
attaccata
a un’incredula Isabel, credo pensi che io sia impazzita.
Se
potesse dirle la verità!
Finita
la giornata scolastica, in macchina, mi guarda con il suo sguardo da
cucciolo
che usa quando vuole qualcosa da me.
“Chiara,
mi faresti un favore?”
“Dimmi.”
“Vieni
al Soma con me? Così mamma mi lascia andare e non fa
storie.”
Io
rimango un attimo in silenzio, andare al Soma significa attirarsi Tom
DeLonge,
ma non voglio deludere la mia sorellina.
“A
una sola condizione: che venga anche Johnny.”
“Va
bene. Lo userai come guardia del corpo?”
Ghigna
lei, io rimango seria e il sorriso sparisce dalla faccia di mia sorella.
“Io
vorrei tanto capire cosa ti sta succedendo, sei tanto strana.”
Io
scuoto la testa.
È
fortunata a non capire.
Andare
al Soma non è masi stato più noioso di stasera.
Devo
tenere d’occhio – per modo di dire – mia
sorella e stare in guardia da un
possibile attacco di Tom, Johnny – seduto accanto a me
– si beve tranquillo la
sua coca.
Non
so come faccia a conservare una tale calma, io ho una paura folle di
vedere
arrivare Tom e di non riuscire a scappare abbastanza in fretta.
“Rilassati,
ci sono io. Se si avvicina troppo lo stendo.”
Io
non dico nulla.
“Chia,
cosa c’è?”
“C’è
che ho paura, ok? Quasi quasi mi pento del mio gesto eroico e questo
è un
brutto pensiero, capisci?
Nessuno
dovrebbe pentirsi di aver salvato una vita umana!”
Lui
beve una sorsata della sua coca.
“Andrà
bene, per ora ti proteggerò io fino a che deciderai di
dirglielo, se lo farai.”
Io
sospirò.
“Sono
solo una stupida.”
“No,
che non lo sei. Hai più palle di me, se Anne fosse stata al
posto di Tom non so
se l’avrei salvata. Tu non ci hai nemmeno pensato a lasciarlo
morire, hai messo
lui prima di te e trovo che questo sia un gesto nobile e
bello.”
Io
annuisco, non del tutto convinta, poi mi paralizzo: Tom è
entrato nel locale
con Mark e un ragazzino che presumo essere Scott.
“Stai
calma.”
Mi
sibila Johnny.
Tom
mi individua subito – sento il suo sguardo addosso
– poi lo vedo dirigersi
verso la pista, la vista di Johnny deve averlo dissuaso.
Mark
si butta in pista al seguito dell’amico e individua mia
sorella, iniziano a
ballare vicini, lei credo gli stia sorridendo.
“Devo
separarli?”
“No,
Izzie ha una cotta per Mark. Ti ucciderebbe se lo facessi.”
Lui
sbuffa.
“Se
quei due diventeranno una coppia, come farai a evitare Tom?”
“Non
lo so, ma sarebbe ingiusto mettere i bastoni tra le ruote a mia
sorella. Lei
non capirebbe e non voglio che mi odi o che ti odi.”
Lui
non dice nulla, si limita a scrutarli torvo, forse si sente anche a
disagio
perché sa che Mark è il fratello di Anne. Hanno
tutti i motivi per odiarsi a
vicenda.
Che
brutta serata!
Non
vedo l’ora che sia mezzanotte, in modo da levare le tende e
tornare a casa!
Controllo
freneticamente l’orologio, fino a quando mia sorella arriva
trascinandosi
dietro Mark e Tom.
“Mark
mi ha chiesto se posso andare con lui a bere in un locale qui vicino,
posso?”
“No,
che non puoi.”
“Chia!”
“Mamma
ti ha concesso di venire al Soma, non di andare per locali. Questo lo
potrai fare
l’anno prossimo oppure se Mark ti invita fuori e la
responsabilità di te sarà
sua e non mia.”
Mia
sorella mette il broncio, Tom sembra voler dire qualcosa e Mark sorride.
“Va
bene. Domani passo da casa tua, Isabel, e chiedo a tua madre se
possiamo farci
un giro.”
Lei
sorride radiosa, io mi alzo dal tavolo seguita da Johnny.
“Bella
mossa, adesso però dobbiamo andare o nostra madre potrebbe
arrabbiarsi se
arriviamo in ritardo a casa e addio permesso.”
Mark
annuisce, ci salutiamo e finalmente esco da questo maledetto locale che
inizia a starmi
stretto.
In
macchina Izzie tenta di farci partecipi della sua felicità,
ma sia io che
Johnny siamo due statue di sale, lui perché non parla molto
di natura e io
perché ho visto Tom.
Arrivati
a Poway lasciamo Johnny vicino a casa sua e poi mi dirigo verso casa
nostra,
Izzie ha ancora gli occhi a forma di cuore: Mark è il primo
che le fa questo
effetto.
Che
bel casino!
Che
io voglia o no prima o poi dovrò dire a DeLonge cosa sono e già ora il
mio cuore salta un battito. Lo
amo, ma lui mi vedrà mai in questo modo perché a
lui non importa nulla di me, sono la prova che
tutto quello in cui crede è vero e non una ragazza, men che
meno una ragazza
attraente.
Quanto
vorrei essere normale!
Parcheggio
la macchina nel vialetto e poi scandiamo, Izzie vola di sopra, io mi
fermo con
mia madre.
“Come
mai tua sorella si comporta così?”
“Al
Soma ha incontrato il ragazzo che le piace, domani lui ha detto che la
porterà
a fare un giro. Te l’ho detto prima per prepararti
psicologicamente.”
“Mh,
fondamentalmente sì. Ha i capelli blu ed è uno
skater e a volte agisce come lo
scemo del villaggio, ma è un bravo ragazzo.
Non
si droga e non beve, almeno credo.
Non
sono mai girate voci su di lui in questo senso.”
“Come
si chiama?”
“Mark
Hoppus.”
Lei
annuisce e io salgo in camera mia, scalcio via gli anfibi e mi butto
sul letto,
mi sento triste come non mi sono mai sentita. Per un attimo mi sento
davvero
tagliata fuori dal resto del genere umano, come se qualcuno mi avesse
calato in
un cubo di vetro un po’ troppo stretto.
Mi
addormento così, senza il pigiama, senza coperte, pensando a
cubi e a prigioni,
alla realtà e alla finzione.
La
mattina dopo mi sveglio con un colossale mal di testa, a differenza di
mia
sorella che sprizza gioia da tutti i pori in un modo che è
quasi fastidioso.
Dio
non vedo l’ora che arrivi il fatidico appuntamento con Mark,
almeno sarà fuori
dai piedi per un po’ e ci sarà
tranquillità. Io dovrei fare i compiti.
“Mamma,
papà, Chiara,questo è Mark.”
Io
alzo la mano in segno di saluto un po’ scazzata, i miei lo
salutano per bene,
poi finalmente la coppietta se ne va.
Io
esco subito dopo di loro e chiamo Mark, che mi guarda sorpreso.
Lui
alza un sopracciglio.
“Cosa
farai? Chiamerai Johnnie Mayer per pestarmi?”
“Oh,
no. Per le cose di famiglia basto io e non ti conviene sapere cosa sono
in
grado di fare.”
Lui
mi guarda divertito, poi incrocia il mio sguardo serio e il sorriso
scompare
dal suo viso.
“Va
bene, la tratterò bene.
Ciao,
Chiara.”
“Ciao,ragazzi.
Divertitevi.”
Io
me ne torno in casa, ho fatto il mio dovere di sorella maggiore, ora
posso
dedicarmi ai compiti.
Che
palle!