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Autore: Fuecchan    11/01/2014    1 recensioni
"-Marzo 1968 (5.50am)
Una fredda mattina di Marzo. Il giorno è stato perso nella memoria di quegli anni, dove, per mille motivi, c’è chi si rivolta e protesta.
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Kassali - Alternative Universe, Shonen-ai, Yaoi.
Genere: Angst, Guerra, Storico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Shonen-ai, Yaoi | Personaggi: Alibaba Saluja, Cassim, Un po' tutti
Note: AU | Avvertimenti: Tematiche delicate, Violenza
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Canzone consigliata per il capitolo: http://www.youtube.com/watch?v=sENM2wA_FTg

1968 Time to riot

Tempo di rivolta 1968.

 

-Marzo 1968 (5.50am)

Una fredda mattina di Marzo. Il giorno è stato perso nella memoria di quegli anni, dove, per mille motivi, c'è chi si rivolta e protesta.

Gli studenti, in Giappone danno animo ai loro spiriti rivoltosi contro gli americani, sporchi capitalisti, che portano la guerra in Vietnam. Una guerra ingiusta, inutile si potrebbe anche dire, rivolte dove lavoratori, e soprattutto gli studenti, appunto, si rivoltano, cercando di affondare il nemico guerrafondaio dalle città luminose come stelle.

È una mattina presto. Fredda ancora. Ci sono i postumi di un inverno abbastanza rigido. Un gruppo di tre ragazzi, si nascondono nellfombra, di un piccolo vicoletto dove sono ammassati centinaia di piccoli garage, pieni di ruggine. Nessuno ci passa, solo qualche vecchietto che passa a prendere il suo treruote per andare in campagna, ma tranne loro alcuna anima viva.

-Kiri no dan-

Sussurra il primo. Magrolino, non molto alto. Porta una felpa sul viola, e ne tiene tirato su il cappuccio e fa un lungo tiro alla sigaretta, poi, lasciandone uscire con forza il fumo, dai suoi polmoni.

Una lingua schiocca sul palato, sentendo poi una voce femminile, abbastanza potente, ma che tenta di tenere più possibile il tono basso. Beh sono le sei di mattina, ovvio no.

-Che troiata, Kassim-

Il ragazzo più alto dei tre, si volta  e guarda la figura femminile mentre, lei, getta la cicca di sigaretta accanto alle scarpe, un paio di All Stars color verde petrolio e con esse ne calpesta il rimasuglio del mozzicone.

Lfomone, che porta una treccia enorme tra i capelli, rovinati, un po' riccioluti, alza gli occhi verso il ragazzo più basso di loro.

-Lo sai che se ci beccano a fare cose di questo genere, ci sbattono nel gabbione? Vero?-

Il ragazzo più piccolo leva il cappuccio, gettando con rabbia il mozzicone di sigaretta che tiene appena tra l'indice e il pollice, guardando l'omone davanti a lui quasi con sguardo disgustato, come se avesse offeso la sua famiglia, il suo onore.

Sciocca la lingua sul palato e si gira appena, lasciando scivolare il folto casco di dread che ha in testa, legati appena con una coda bassa, ma nonostante la coda, la lunghezza dei capelli, arriva sino a metà schiena. Gli occhi cervone si posano sul maggiore.

-Non abbiamo altra scelta Hassan-

Socchiude gli occhi, scuotendo la testa e rimanendo fermo, nelle sue idee. Prende l'orologio che ha nella tasca della felpa e controlla lfora. Le sei meno cinque. Ancora un pof e potranno dare inizio al loro progetto. Sono solo in tre, sì, ma per il momento, il resto di loro deve ancora arrivare.

È qualcosa di rischioso, ma qualcuno deve pur farlo no? Kassim, il minore, spera solo che la sorellina non si alzi dal letto prima di essere tornato a casa.

E scuola?
Beh come può esserci la scuola se lavoratori, quindi compreso anche corpo docenti, e studenti soprattutto, scendono in piazza per protestare.

-Rimane sempre una potente stronzata, ragazzi, scusatemi.-

La donna parla ancora, portando le mani nel giacchetto di jeans che ha, un giacchetto che le arriva sino a metà vita, che ha stretto addosso , fa freddo insomma.
Kassim rotea gli occhi guardando la ragazza che muove qualche passo superandolo, arrivando al angolo del vicolo dove si trovano e controlla, facendo da palo, tentando di vedere se nei paraggi ci fosse qualche volante. Sembra di no. Al che, stringendo le spalle nel giacchetto di jeans, si ritira, però dando le spalle ai due che ora sono uno di fronte all'altro.

-E tu che ne sai Zaynab? Huh? Che ne sai se funzionerà o meno? Che ne sai se non riusciamo a movimentare le masse?-

La ragazza subito si gira a guardare il ragazzo con la lunga cascata di dread sul cuoio capelluto. Batte un piede per terra, porta un paio di stivaletti scamosciati, beige, e quindi il rumore dei tacchetti fa riverbero per tutto il vicoletto.

-Ma le masse sono già movimentate Kassim! Nonc Non ha senso che lo facciamoc-

Parla semplicemente abbassando poi il viso e guardandosi attorno, sempre timorosa di trovare qualche poliziotto che li riconosca. Oh no, loro non sono nuovi nel creare casini, o movimentare le masse, come lo chiama Kassim. Anzi. Sono abbastanza noti al personale della sicurezza per alcuni atti di protesta aggressivi in luoghi pubblici, ed anche in locali chiusi. Ma soprattutto sono accusati, loro e i Kiri no dan, di sommosse premeditate ai danni degli enti pubblici.

Insomma, non è robetta esattamente leggera.

-Fidatevi di me ragazzi.-

Continua il minore, con una strana luce negli occhi, un barlume rosso come il sangue, un fuoco che arde violento, che potente nella sua anima arriva come una colata di lava, distruggendo tutto il buonsenso che il suo cervello può contenere.. Guarda i due, con uno sguardo speranzoso. Spera sinceramente di poterli convincere, di poter far comprendere loro le ragioni di tanto entusiasmo in quelli che sono meri atti di vandalismo.

Zaynab non sembra molto convinta in merito. Anzi, non è per niente d'accordo. Hassan invece cerca di rimanere neutro alla cosa, o per meglio dire non si vuole schierare da nessuno dei due, ma ormai ci è dentro sino al collo, non si scappa. È deciso.

(7.30am)

Kassim alza gli occhi sul grande orologio trasparente, a numeri romani, e guarda lfora. Okay. È quasi giunto il momento.

Si guarda lentamente intorno, ormai la piazza si è gremita, di studenti, qualche bidello anche, davanti all'università di economia e commercio. Tra indice e pollice tiene una sigaretta appena cominciata. Una fascetta nera in testa, che evita che i dread gli vadano sul viso, e non c'è cosa più fastidiosa di un dread che ti irrita sotto il naso, soprattutto in momenti catartici come quello.

È nervoso, si vede. Ha una folle paura che tutto vada a puttane. Non può. Si è organizzato troppo per far si che vada tutto troppo male. Deglutisce lentamente alzando gli occhi.

Il sole risplende, nota, con qualche nuvola bianchiccia che sembra costeggiare l'orizzonte del cielo, fluttuando tranquilla, come se lassù non arrivassero le tensioni che si presentano, a terra sull'asfalto, freddo.

Gli occhi scendono, nuovamente, tra la gente, e vede camminare circospetti, come a monitorare la situazione, Zaynab e Hassan.
Hassan è schiacciato contro un angolo, abbastanza lontano da Kassim, come se controllasse i margini della folla, quasi come un servizio d'ordine se proprio vogliamo paragonarlo a qualcosa.
Zaynab invece è in mezzo ad un gruppo di ragazzette. Piccoli disegnini col simbolo a tre della pace, alcune con magliette floreali, arcobaleni.

Hippie.

No Kassim non li capirà mai. MAI. Come si può ambire alla pace, senza fare la guerra, insomma. Si sa che la miglior difesa è l'attacco no?

Inspira lentamente, l'aria che lentamente si riscalda, mano a mano che il sole sale nel cielo, e, nel suo controllo, nel suo vagare con gli occhi, nota una piccola figura vestita di un paio di jeans, chiarissimi, un golfino bianco, una camicia e un trench, color panna. I capelli biondissimi che, appena passano sotto qualche raggio di sole sembrano diventare bianchi, quasi angelici.

Kassim, per un attimo, teme di aver avuto una visione. Si gratta appena gli occhi aggrottando le sopracciglia, mentre corruga un po' lo sguardo, per capire se la sua sia una visione o meno.

No, non è la troppa erba Kassim.

Lo sguardo di quella persona, perché è talmente androgino da non capire nemmeno se sia un ragazzo o una ragazza, ma dalla mancanza di fianchi e di un bel culo, si suppone essere un ragazzo, è spiccato, il naso all'insù, altezzoso. Bleah. Che nervi. Sicuramente sarà qualche figlio di papà che non trova un motivo per vivere, per combattere, per respirare ogni giorno. Come fa Kassim. Lo vede stringere anche qualche libro in mano e si dirige verso l'entrata dell'università. Ecco. E ti pareva, se non doveva essere un piccolo viziatello con il latte sul labbro.

Ha anche qualcosa di omosessuale. Ehi, ma chi è Kassim per giudicare. Ad ognuno il suo no?

Scuote appena il viso tornando a visionare la situazione attorno a sé. Tutto tranquillo. Prende ancora l'orologio da polso, rubato da una piccola bancarella, se così possiamo chiamarle, che si allestiscono nel suo quartiere, abbastanza povero, ma si tira avanti, e guarda lfora. Le sette e cinquanta.

Ghigna.

Qualcosa scatta dentro di lui.

Si gira verso la direzione di Hassan, che è rimasto sempre nell'angolo visivo di Kassim per potergli dare subito l'okay senza perdere tempo. Si gira, al che, portando due dita alle labbra, fischia, forte. Quelli vicino a lui quasi non gli lanciano qualche bestemmia per aver loro rotto i timpani. La cicca di sigaretta finisce prepotentemente per terra.

Hassan subito si accorge di lui e si stacca dal muro dove era poggiato e comincia a sussurrare qualcosa nelle orecchie di alcuni ragazzi, tutti che indossano l'eskimo, sono in cinque, o in sei, non conta. Per lo meno sono più di tre.

Appena Kassim ha la certezza che Hassan lo abbia sentito, fischia, una seconda volta, girandosi verso Zaynab, che sta ancora parlando con quelle ragazzette. La donna si volta spingendo il gruppetto di pacifiste verso un piccolo furgoncino, compatto.

Okay. Tutto è pronto.

Kassim, si volta verso il proprio frontale, guardando quel furgoncino, che ha una porticina aperta, è uno di quelli che si usa per andare in campagna, con la parte posteriore scoperta, e la parte davanti a due posti. Inspira lentamente. Fa caldo, ora. Perfetto tutto come previsto. Il suo viso si altera, prendendo una sfumatura gasata, sovreccitata. Quel fiume di lava, sta per distruggere tutto, o forse creare qualcosa di nuovo. SI sa che la lava è anche un terreno fertile dove più crescere di tutto no?

Passo dopo passo, comincia a correre sempre più veloce. La fascia nera in testa vola via. La felpa anche. Ancora più veloce. Il fiato che gli entra polmoni lo fa sentire vivo, quasi può sentire di volare, mano a mano che corre sempre più veloce. Inspira ancora, tirando all'indentro i muscoli dell'addome, e toglie anche la maglietta, rimanendo a petto nudo, dietro la sua schiena c'è il tatuaggio di una zampa di lupo, che ricopre tutta la scapola destra, come se fosse fatta di fumo, che mano a mano si dissolve al centro della schiena, dove ricadono i dread. Dread che vengono slegati. Libero. Corre, più veloce.

Sempre di più.

Al che lancia un urlo, o meglio, un ululato che richiama l'attenzione di tutta la folla, folla che vede correre questo ragazzo dai capelli lunghissimi, il petto nudo, il fisico di chi ha fatto molte risse, e non mangia a sufficienza, eppure muscoloso, che corre, più veloce che può, con ogni sua energia, contro il furgoncino che sembra aspettarlo lì.

Anche il ragazzo dai capelli biondissimi, si volta, prestando le sue pupille dorate a guardare questo ragazzo, che sembra un pazzo, che corre verso un veicolo. Non se ne cura moltissimo, anzi, scrolla le spalle, roteando gli occhi ed entrando in università. Non sopporta certe persone, certe manifestazioni. Ma che gli americani facciano quel che vogliono, per questo ragazzo, possono anche autodistruggersi, saranno anche affari loro. Non ci si può complicare la vita facendo lotte che non ci appartengono, vero Alibaba?

Fatto sta, che con un urlo, d'incitazione, Kassim sale, con un balzo olimpico, sul furgoncino, prendendo un megafono che era ben nascosto. Comincia a parlare, ad urlarvi dentro. Alcuni gruppetti sul dietro, forse incitati in modo più silente da Hassan, cominciano ad urlare anche loro.
Ma la voce di Kassim batte tutte. Tanto si sforza, tanta anima ci mette, le vene e i tendini sul collo sono palpabili, si possono vedere benissimo che fuoriescono ad ogni parola che lui pronuncia, tanto forte le dice.

Urla. Alla riscossa. All'attacco. Non ci avranno. Mai ci avranno.

Il furgoncino comincia a muoversi, portato da un suo compare, non si sa chi sia, ma porta la voce di Kassim oltre quella piazza, seguito da una folla gremita di studenti, lavoratori, insegnanti, bidelli. Ma soprattutto studenti, tanti, gremiti, non si poteva respirare. Ma l'aria e lo spazio per urlare cfè, per tutti. Soprattutto per Kassim che si sente in potere di smuovere lfintero universo.

Si gira piano da un lato all'altro della folla che ci arriva dietro, camminando, e li guarda, alzando una mano per incitarli a gridare di più, con il suo megafono. Lo sguardo, quello di un re, il re del popolo giovane, il popolo del futuro, un popolo che se non parla ora, tacerà per sempre. E Kassim lo sa. Non può permetterlo.

(10.40am)

Il corteo sembra essersi diradato alla fine. Ma in quella piazzetta, per fare il resoconto di quanta gente è rimasta, quanta erba è stata fumata e quanto alcool è stato consumato nel frattempo, si sa di che puttanaio siano i cortei come quelli, si sono ritrovati tutti nel cortile dellfuniversità di economia.

Kassim è stanchissimo. Quasi senza voce. Dio. Si sente vivo quando fa certe cose. Ma suo malgrado sa, ovviamente, che tutto quello è solo un modo per movimentare i media e mostrare la facciata, ebbene si, di quello che in realtà è il piano dei Kiri no dan.

C'è altro dietro.

Non sarebbe da Kassim fare semplicemente un corteo da quattro soldi. No. Lui se fa le cose le fa in grande. Si alza, da dove era steso dentro alla lurida parte posteriore del furgoncino, e salta, agilmente, come un piccolo bimbetto delle favelas argentine, e cade saldo con i piedi per terra, guardando i suoi compari. Quelli effettivi, quelli che conoscono la seconda parte del piano sono solo in cinquanta.

Punta un braccio, ancora semi nudo, indicando con l'indice della mano sinistra l'edificio dell'università e ghigna, guardandoli. Zaynab sospira, Hassan, è impassibile. Gli altri invece non si permettono di far volare una mosca.

-Là.-

Dice solamente Kassim guardando Zaynab. Lei spalanca gli occhi e scuote la testa, allontanandosi, parando le mani all'altezza della vita e ridendo, però non felice, quasi in modo maniacale, lasciando che si allontani di qualche centimetro dal gruppetto.

-No, scordatelo moccioso..-

Sussurra lentamente scuotendo la testa.

Kassim, sprezzante, alza appena il viso, aprendo le labbra in un sorriso strafottente, snudando i denti, mentre ancora, insistentemente, continua ad indicare quell'edificio tranquillo, come se la cosa non lo riguardi minimamente. Ma Zaynab sa, sa fin troppo, sa che sta per succedere un casino immane. Eppure era nel piano. Hassan si astiene dal dirlo, non vuole prendersi un ceffone da Zaynab, no, non gli va proprio.

Il minore di tutti abbassa il braccio e apre il furgoncino prendendo un centinaio di bottiglie di vetro. Poi mette giù, dallo stesso mezzo, una tanica di benzina, e guarda tutti. Non c'è altro da dire. Lancia un panno marroncino, usato, da buttare letteralmente, ad Hassan e lui annuisce.

-Preparate le molotov.-

Dice semplicemente Kassim, salendo sulla parte di dietro del furgone, ancora, ma poi arrampicandosi sempre come un bambinetto delle favelas, ed arrivando alla parte alta del furgoncino, sedendosi sul tettuccio della parte col motore. Ancora a petto nudo. Come fosse la cosa più naturale di questo universo. Ma per lui lo è. Cioè. La decenza andasse a fanculo no? Si accende una sigaretta, supervisionando attentamente, da bravo sergente, il suo gruppo che prepara bottiglia dopo bottiglia, ficcando gli stoppini dentro ai buchi per i tappi e mettendole da un lato.

Le avrebbero lanciate tutte in massa.

Guarda ancora l'orologio. Okay. Sono quasi le undici. Più o meno in orario sulla sua personalissima tabella di marcia. Non che ne abbia imposta una specifica, ma nel suo cervello ha più o meno tutti gli orari registrati per bene, per far sì che il suo piano, sì il suo, vada a buon fine.

Dopo aver terminato i vari preparativi. Un paio di loro si appostano ai lati dell'entrata della facoltà, ben nascosti da due colonne di marmo.
Kassim getta la sigaretta per terra, pestandola. Nel mentre si è vestito. Insomma non si può permettere di destare troppi sospetti. Lui frequenta quella facoltà, quindi non è una cosa insolita che lui si presenti lì, soprattutto dopo un corteo.

Ma i piani sono diversi sta volta. Nessuna lezione, niente presenze o prenotazioni d'esami.
Oggi si fanno le cose in grande.

Apre lentamente le porte vetrate dell'entrata e si guarda intorno. Nessuno in vita. Uno sguardo veloce dietro e fa un segno con le dita di far entrare i due ragazzi che erano ben nascosti dietro le colonne all'entrata dell'edificio.

-Dobbiamo essere veloci.-

Sussurra ai due, facendo finta di parlare di cose qualunque, per non destare sospetti. La cosa buffa è che nessuno è nei dintorni, forse saranno tutti via, o quelli che c'erano era dipendenti della struttura, non sa bene perché. Ma non importa, meglio no?

Si da un'aggiustata ad alcuni ciuffi che gli sono finiti sulle spalle, ricordiamo che sono tremendamente fastidiosi, e poi si dirige verso l'aula magna della facoltà. Nel camminare si guarda intorno. Una mano in tasca, le quali sono profonde. Dentro una bottiglia di quelle preparate dei suoi scagnozzi, ben stretta dal collo. È pronto. Inspira piano per prendere coraggio, lasciando che il tipico odore scolastico entri nelle sue narici.

Si lancia un'occhiata dietro, non si è mai troppo sicuri di quello che si vede, o quello che non si vede, chi glielo dice che lo stanno aspettando in un agguato o cose di quel genere. La sicurezza non è mai troppa, ma non dovrebbero esserci problemi di quel tipo. Sempre meglio controllare no?

Il respiro diventa sempre più affannato, è peggio di quello che hanno combinato sino a quel momento fuori di lì, all'aperto. Una semplice protesta. Questo sembra davvero un assalto. Ma poi perché.

Kassim ha le sue ragioni.

Guarda i due e ghigna, lentamente, lasciando che il suo viso si increspi leggermente di una vena quasi omicida, non rendendosene nemmeno conto, dentro di lui suona come uno sguardo di intesa tra i tre che è lo START per cominciare a fare macello. Perché è quello che vogliono. Fare macello ed occupare la facoltà.

-Ora.-

Sussurra lentamente.
Tira fuori la mano dalla tasca e, prendendo lfaccendino, da fuoco allo stoppino di stoffa, gli altri due lo imitano pochi attimi dopo di lui e lanciano il tutto contro la porta dell'aula magna. Ma non basta. I due dietro Kassim prendono altre cinque o sei bottiglie piene, ben preparate con stoppini e benzina e ne passano un paio al ragazzo con i dread. Incendia gli stoppini, cominciandole a lanciare dietro di sé man mano che corre, per tutta la scuola.

Sarà sua. E una volta presa, finalmente potrà ottenere quello che vuole. Il movimento, di qualcosa, magari possono farsi notare con quei gesti vandalici, forse, anche se abbastanza pesanti come atti, potranno farsi sentire e dire basta. Non si piegheranno senza lottare. Mai.

 

Spazio dellfautrice.

Premetto che mi piace scrivere. Spero di essere abbastanza costante da finire questa, perché ho un sacco di idee a riguardo, e soprattutto di riprendere l'altra (Fivefo clock, tea time) e concluderla al meglio. Per ora vi lascio con questa, betata sempre dalla mia Lisuccia, che si fomenta se legge certe cose molto alla Che, se tutto è unito ad una buona dose di Kassali. Bene al prossimo capitolo. Spero di ricevere qualche recensione per sapere cosa ne pensate c:

-Baci
Fue

   
 
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