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Autore: kiara_star    12/01/2014    8 recensioni
[Sequel de “La carezza di un'altra illusione”]
[a sort of Thorki; fem!Thor]
~~~
C'erano cose di cui Thor non parlava mai, c'erano storie che forse non avrebbe mai narrato. C'erano domande che Steve porgeva con qualche dubbio.
“Perché continui a vedere del buono in Loki?”
“Perché io so che c'è del buono.”
[...]
Siamo ancora su quel balcone?
Ci sono solo io?
Ci sei solo tu?

“Hai la mia parola, Loki, non cambierà nulla.”
Ma era già cambiato tutto dopo quella prima menzogna e non era stato suo fratello a pronunciarla.
~~~
~~
Ancora oggi Nygis riempie il cielo di stelle continuando a piangere per il suo unico amore, nella speranza che un dì ella possa tornare da lui.
Genere: Angst, Azione, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Loki, Steve Rogers/Captain America, Thor, Tony Stark/Iron Man, Un po' tutti
Note: Movieverse, What if? | Avvertimenti: Gender Bender, Incest
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'La leggenda di Nygis'
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L' ultima lacrima



X.





«Sto andando bene?»
«Oh, sì, ora gira ancora mezza volta e- alt! Ok, basta così.»
Tony sorrise mentre Linn guardava poco convinta il bicchiere di fronte a lei.
«Ho terminato?» chiese e lui assentì.
«Certo. Ora lo assaggiamo.» Afferrò la coppa ghiacciata e la portò alle labbra. «Wow... Fenomenale!»
Era dannatamente buono.
«Davvero?» E l'incredulità di Linn era disarmante.
«Assolutamente. Hai un futuro da bar woman, Linn, credi a me.»
In breve mandò giù l'intero bicchiere facendo poi tintinnare il ghiaccio contro il vetro vuoto quando lo riportò sul bancone.
Linn sorrideva raggiante come le avesse fatto il più bel complimento del mondo, anche se Tony dubitava fortemente che sapesse cosa voleva dire “bar woman”.
«Ma l'Americano è roba semplice, passiamo a qualcosa di più complesso.»
«Sono pronta.»
Quando Thor era partito per scartare il suo regalo -che doveva aver evidentemente gradito visto che stava rintanato in bagno da ore- aveva pensato bene di sfruttare al meglio l'opportunità di restare da solo con la ragazza.
Non che volesse farle un terzo grado, ma magari poteva soddisfare qualche piccola curiosità.
Aveva capito da subito che non sarebbe stato facile.
Dietro l'apparenza gentile e cortese, Linn era una vera statua. Non dava aperture, nessuno spiraglio.
Chiedere in modo diretto non era il metodo più produttivo, soprattutto da quando Nick con le sue domande a bruciapelo aveva fatto ben intuire quanto loro volessero conoscere chiaramente tutta quella situazione.
Nick e le sue maniere da S.H.I.E.L.D....
Quando mostri quanto qualcosa sia importante ne aumenti il valore.
Aveva imparato negli affari che per abbassare il prezzo bastava essere semplicemente e fastidiosamente disinteressati.
Ed era una teoria che aveva dato i suoi frutti anche con le donne, benché Tony Stark non avesse bisogno di attuare nessuna teoria per avere prima un numero di telefono, e poi tutto il resto.
«Vedi quell'oggetto lucido alle tue spalle, Linn? Si chiama shaker. Prendilo.»
«Questo qui?»
«Sì, esatto. Adesso ti insegno a preparare un Lady Killer, e qualcosa mi dice che diventerà il tuo cavallo di battaglia.»
«Cavallo... Cosa vuol dire, Tony?»
Benedetti asgardiani e la loro ignoranza supergalattica.
«Faremo lezione sui modi di dire terrestri in un altro momento, ora voglio vedere come te la cavi con le percentuali.» Si alzò e raggiunse la lunga mensola con le bottiglie ben ordinate. «In un cocktail la precisione è fondamentale. Fai ben attenzione, Linn.» Prese un brandy e dell'acqua tonica e li poggiò sul bancone. Linn ascoltava concentrata ogni sua parola. «Basta sgarrare di qualche decimo e puoi rovinare tutto.» Aggiunse poi anche un Campari e del Cointreau. «È semplice, alla fine, ma ci vuole un po' di esercizio, però tu, piccola Linn, hai le carte in regola per farcela.»
«Cercherò di non deludere le tue aspettative, Tony.»
«Oh, non lo farai - e poi non puoi fare peggio di Thor che è da anni che bazzica da queste parti e ancora non sa caricare una caraffa di caffè.»
In compenso sa scolarselo bene.
Preferì non informarla anche di questo visto che il suo viso era già arrossito abbastanza.
Anche se timida in modo quasi inquietante, era una ragazza curiosa e molto sveglia. Aveva capito il funzionamento di metà degli elettrodomestici in qualche manciata di minuti e aveva sottolineato, secondo lei, la loro inutilità subito dopo, perché a cosa serve una scatola che genera onde radio su una frequenza di 2450 MHz quando basta accendere una brace con dei rami secchi per scaldare il cibo?
Quelli di Greenpeace l'avrebbero adorata.
Aveva però scelto di mettere da parte le invenzioni midgardiane e buttarsi invece in qualcosa di più universale, qualcosa che, non importava quanti anni luce di distanza fossero, riusciva sempre a unire due esseri di mondi diversi: l'alcol.
Pepper, forse, non sarebbe stata molto d'accordo.
«Ora ti faccio vedere come si fa e poi tu lo ripeti. Pronta?»
Linn annuì mentre lui tirava fuori il cestello del ghiaccio.
«Signore?»
«Dimmi tutto Jarvis - quattro o cinque cubetti di ghiaccio per iniziare.» Li gettò nello shaker afferrando poi il brandy.
«Lo spider è attivo.» Lo informò Jarvis.
«Grazie per l'info, ma so bene che è attivo. L'ho attivato io... Ora 40% di questo. È brandy. Vedi?» Linn assentì con il capo mentre lui lo versava. «Perché me lo stai dicendo, Jarvis?»
Fu il turno del Cointreau. «Altri 40%.»
«Signore, lo spider sta rilevando immagini incompatibili con quelle registrate dal sistema di videosorveglianza della Tower.» Ma a lui gliene sfuggì un po' di più.
Fermò i suoi gesti e cercò di non mostrare a Linn il suo cambio di umore.
«Incompatibili?»
«Totalmente.»
«Vuoi dire che vede qualcosa che tu non vedi?»
«La sua analisi è corretta, signore
«Dove?»
«Nel settore “Hooligan”.»
Guardò verso il corridoio che dava nelle camere e prese un respiro.
Aveva avuto la giusta intuizione... come se la cosa potesse poi sorprenderlo.
«Grazie, Jarvis. Avvisami quando la connessione sarà terminata.»
«Sarà fatto
Disegnò un sorriso e afferrò il Campari.
Linn lo guardava silente.
«Tornando a noi, 15% di Campari, adesso... Tutto chiaro finora?»
«Sì, Tony.»
Quando versò anche il Campari chiuse lo shaker con l'altra metà.
«Ora agitiamo con vigore. Così.» Iniziò a shakerare mentre la ragazza seguiva ogni suo gesto.
Era il momento di osare.
«Di' un po', Linn, com'era questa storia di lady Sigyn? Thor è stato alquanto vago...» chiese continuando a shakerare.
«Beh, io... Io ero la sua ancella personale.»
«Di Thor? Cioè, Sigyn?» La giovane annuì mentre Tony tornava ad aprire lo shaker. «Ma tu non sapevi che lei in realtà era Thor, giusto?»
«No, non lo sapevo a quel tempo.»
Thor aveva detto il vero quindi, quando aveva riferito a Natasha che solo Loki ne era a conoscenza.
«Capisco... vedi, ora versiamo il tutto in una coppa adatta - e tecnicamente chi era Sigyn?»
Linn seguì ancora i suoi movimenti mentre versava il cocktail.
«Non comprendo la tua domanda, Tony.»
Dalla sua espressione sembrava fosse sincera.
«Thor ha detto che, per ovvie ragioni, non poteva dire di essere lui, quindi mi chiedevo come si presentava ad Asgard. Per girare in quel bel palazzo immagino bisogna avere un determinato titolo, un lasciapassare, giusto? Altrimenti chiunque può imbucarsi e, da quel poco che ho capito, papà Odino non mi pare un tipo che appezza un intruso a casa sua.»
Diamogli torto, ne ha adottato uno e per poco non gli accoppava il vero figlio!
Ma Linn non rispose e quel silenzio diceva molto.
A quel punto sorrise con fare amichevole scuotendo il capo. «Lascia stare. Come non detto. Sono solo un curiosone.»
Forse tirare in mezzo il vecchio non era stata una buona idea.
«Lady Sigyn...»
O forse sì.
Linn sembrò titubante ma poi continuò: «Lady Sigyn era un'amica del principe Loki.»
Amica? E ad Asgard si erano bevuti un'assurdità simile?
Loki che aveva amici? Amiche?
Lui? Uno che si vestiva male e si pettinava peggio e simpatico come un pitbull idrofobo attaccato alle palle?
Ma Asgard aveva cresciuto uno come Thor quindi sì, poteva anche starci.
Decise che andava bene così, meglio non insistere troppo.
Impara, Nick. Impara...
Ora bisognava solo terminare quel Lady Killer.
«Per finire versiamo dell'acqua tonica-»
«5%.» Lo anticipò lei e Tony sorrise annuendo.
«Precisamente. Sei molto attenta, Linn.»
Linn si lasciò sfuggire un risolino che però nascose dietro a una mano e Tony sorrise di quel pudore.
«Mescoliamo leggermente, come abbiamo fatto prima con l'Americano, et voilà» Afferrò la coppa e gliela porse con un inchino studiato. «Un perfetto Lady Killer per voi, mia signora.»
Linn rise ancora. «Nessuno mi ha mai chiamato così...»
«C'è sempre una prima volta.»
La ragazza lo prese e ne bevve un sorso.
«È buono. Non credo che sarò capace di farne uno altrettanto buono.»
«Beh, non ci resta che provare.»
Mentre le dava direttive sulla preparazione del cocktail, Tony non poteva far a meno di pensare a ciò che gli aveva detto Jarvis: spider stava rilevando immagini in contemporanea celate alle sofisticate videocamere sparse nell'intero edificio, immagini provenienti dal settore Hooligan, ovvero dalla camera di Thor.
Quel nome in codice, deciso da ubriaco con Clint solo perché chiamare Iglù la camera di Steve sembrava divertente, alla fine si era rivelato utile: se Linn avesse sentito anche solo nominare Thor si sarebbe di certo insospettita.
Mai quanto si era insospettito lui.
Immagini celate, Thor che era in ammollo da ore, la mancanza di novità dallo S.H.I.E.L.D...
Tutto puzzava troppo di gel per capelli da quattro soldi e di cerone per vampiri.
Tutto puzzava troppo di segreto scottante.
Tony avrebbe scoperto quel segreto a ogni costo.



*



Lo ascoltò in silenzio. Non capiva, non aveva senso.
«Perché?» chiese senza nascondere la sua diffidenza. «Perché vuoi che sia io a recuperare quell'oggetto?»
«Perché io non posso farlo. Semplice.»
Avrebbe chiesto un altro perché ma sapeva non avrebbe ricevuto la risposta che voleva. Loki avrebbe danzato abilmente attorno alla sua domanda eludendola senza neanche tentare di celarlo.
«È per questo che ti sei lasciato catturare...»
Ora almeno qualcosa era più chiara.
Devi prendere qualcosa per me”, le aveva chiesto, “qualcosa custodito nell'edificio dello S.H.I.E.L.D.
«Dovevo avere la certezza che fosse lì. Avevo bisogno di sentirlo.»
Studiò a lungo il suo viso sperando di riuscire a leggere qualcosa. Fu inutile.
«Sentirlo?»
Le sorrise e annuì. «Certo, ed è così che tu lo prenderai e lo porterai da me.»
«No» asserì decisa. «Non porterò nelle tue mani nulla che possa ledere la sicurezza di Midgard.»
«Oh, cheta la tua preoccupazione. Non è nulla che riguardi questo stupido pianeta. È solo qualcosa che voglio e che, casualità, si trova proprio qui. Semplice coincidenza, mia cara.»
«Coincidenza...» In quel momento fu lei a sorridere. «Non esistono coincidenze con te.»
«Così mi lusinghi.» Si sentì schernire con un altro freddo sorriso.
Eppure qualche attimo prima aveva visto cosa nascondeva davvero quel sorriso, aveva visto la brace che ardeva sul fondo e il bisogno di essere rianimata.
«Non lo farò.»
«Perdonami?» E quel sorriso non sfumò.
«Non recupererò quell'oggetto, qualsiasi esso sia, e non permetterò che lo recuperi nessun altro, almeno che tu non mi dica perché lo vuoi e quali sono le tue vere intenzioni.»
Una risata tagliente risuonò nella stanza e lei non si chiese se qualcun altro potesse udirla.
Sapeva che non era possibile, ché se Loki si era mostrato a lei in quella casa era perché si era celato ancora una volta e né Tony né Linn, fortunatamente, potevano essere consci della sua presenza.
«Forse non sono stato abbastanza chiaro, ma non esiste possibilità di negoziare. Hai solo due alternative: accettare o rifiutare, ma sai bene cosa porterà la scelta della seconda. E in ogni caso sarebbe solo un inutile spreco di tempo, dato che alla fine dovrai dirmi, sempre e soltanto, di sì.»
Spalle al muro, era questa la sensazione.
Avrebbe dovuto chiamare Tony, chiedere il sostegno dei suoi compagni, unire con loro le forze per porre fine una volta per sempre alla follia che guidava i gesti di Loki eppure non riusciva a far altro che avvertire il muro contro cui si era lasciata inchiodare, e sentire la catena che le stava stringendo la gola.
Se li avesse chiamati li avrebbe condannati a morte, se avesse rifiutato, avrebbe avuto il medesimo risultato.
Loki non mentiva, stavolta era sincero e avrebbe mantenuto la sua parola, e le sue mani avrebbero grondato sangue.
«Dov'è?» chiese invece di dirgli per l'ennesimo volta No.
E Loki parve soddisfatto della sua scelta.
«Nel settore E34, esattamente a una decina di piani nel sottosuolo.» La informò camminando per la stanza. «Non conosco l'ubicazione precisa, ma una volta che giungerai nelle sue vicinanze, saprò scorgerlo senza possibilità di errore.» Le sue mani sfiorarono distrattamente varie superfici della mobilia finché i suoi occhi non la colpirono ancora e lei si sentì di nuovo dannatamente inchiodata al muro.
«L'intero edificio ha occhi e orecchie, e a me manca la capacità di nuotare nelle ombre.»
«Non curarti di questi aspetti tecnici, me ne occuperò io. Tu dovrai solo arrivare lì.»
Forse era solo un gioco, un altro, per farle scontare le sue colpe, quelle colpe che avevano nomi diversi e carnefici diversi, eppure sembravano essere destinate a convergere tutte sulla sua pelle, nel suo cuore.
«Che forma ha?»
«È piccolo, tondo e leggero come una piuma.» Loki rise ancora e lei avrebbe solo voluto chiudere gli occhi e riaprirli secoli prima quando quella risata aveva un suono dolce mentre era lei a volare leggera come una piuma sotto il suo sguardo divertito.
Memorie di un tempo che non sarebbe tornato.
«Ora porgimi ancora la tua mano.»
Quella richiesta le fece stringere le dita attorno all'asciugamano che ancora le cingeva il corpo ed era ormai umida e fredda così come l'aria che le sfiorava i capelli bagnati.
Il suo polso era guarito, Loki lo aveva guarito.
Perché, non lo sapeva. Ormai non riusciva più a darsi risposte, ogni volta che ne trovava una, Loki faceva in modo di infrangerla e gettarla di nuovo nell'ignoto.
«Per favore, porgimela.»
Esitò ancora poi però mosse pochi passi per raggiungerlo.
Sollevò il palmo finché le sue dita non lo afferrarono.
«Cosa stai facendo?» chiese sentendo il suo indice disegnare qualcosa sulla sua pelle.
Bruciava, sembrava fosse la punta di un tizzone ardente. Provò l'istinto di ritrarre la mano, ma la presa ferrea di Loki la obbligò a sostare a quel dolore.
«Fa male...» Non riuscì a mordersi la lingua e quegli occhi furono ancora nei suoi.
«Non è divertente essere mortale, vero?»
«Non ho bisogno della tua falsa compassione. Sbrigati.» Strinse i denti per non lasciare al gemito di dolore che saliva dalla sua gola di abbandonare anche le sue labbra.
«Ho quasi fatto.» L'indice continuava a scorrere, a incidere la sua pelle ed era insopportabile.
«Quando ti avrò riportato questo oggetto... Manterrai la tua parola?» chiese con voce incerta.
Loki sorrise portando lo sguardo sul suo lavoro.
«Mi stai chiedendo se puoi fidarti di me?»
«La mia fiducia è qualcosa che hai perduto tanto tempo fa.»
«Oh, non sai quanto mi ferisca tutto questo.» Rimase seria al suo risolino di scherno. «Quando avrò ciò che voglio non ci sarà più motivo per mettere piede su questo mondo né su alcun altro.»
Asgard...
«Cosa vuoi dire?» La sua mano fu libera ma tutto ciò che riuscì a vedere su quel palmo era solo un insieme di sottili linee verdi che però sparirono qualche attimo dopo. «Cos'è?» E con quella seconda domanda gli permise di non rispondere alla prima.
«Solo qualcosa che ti permetterà di recuperare la mia sfera con più facilità.»
Chiuse a riaprì la mano ma le linee non ricomparvero. Sembrava non ci fosse nulla eppure aveva bruciato per tutto il tempo.
«A cosa ti serve, Loki? Questa risposta la pretendo.»
«Portami la sfera e avrai tutte le risposte che vuoi.»
Studiò il suo volto a lungo.
«È una specie di patto?»
Le labbra di Loki si spiegarono in una piccola curva morbida. «Se preferisci vederla sotto quest'ottica... La sfera in cambio della verità.»
A quella parola sentì il cuore cavalcare forte nel petto e forse anche Loki lo percepì perché il sorriso si accentuò.
«Tu menti» sibilò diffidente.
«Quanta cattiva fede... No, non mento. A me la sfera, a te la verità, per non parlare della salvezza dei tuoi amici terrestri. Se ci pensi bene sei tu ad avere i vantaggi maggiori in questo accordo, Sigyn.»
«Cos'è? Adesso dovrei anche ringraziarti? Non sono così sciocca da non saper distinguere un ricatto da un vero accordo!»
Loki rise. «Diciamo che è un accordo atipico. Ti piace di più detta così?»
«No, continua a non piacermi, ma ho altra scelta?...» sospirò e raccolse ogni sensazione sul fondo dello stomaco e le ignorò.
Gli occhi di Loki tradivano una vena di divertimento che non sapeva bene se la indispettisse o la ferisse di più.
Gettò anche quella domanda lontano dai suoi pensieri.
La verità...
Ma come poteva credere alla sue parole? A quante aveva creduto e quante le volte in cui Loki le aveva tradite?
Avrebbe davvero voluto abbandonarsi alla cieca follia e fidarsi.
Fidarsi voleva dire mettersi a nudo, mettere il suo cuore sotto il suo tiro e pregare affinché non scoccasse il colpo.
Non aveva più preghiere, le aveva consumate tutte nelle notti in cui lo aveva creduto morto, in quelle in cui aveva dovuto rimembrare il suo tradimento, in quelle in cui aveva creduto di averlo davvero perso.
«Perché hai celato Midgard agli occhi di Heimdall?... Come ci sei riuscito?... Amora? È stata lei?»
A quelle domande rispose con un mezzo sorriso. «Jane dice che c'è stata una frattura.»
E all'udire quel nome ogni ombra di sorriso sfumò.
«Il nostro accordo prevede le risposte a seguito della tua collaborazione. Non vorrai trasgredire alle regole, vero?»
«Tu hai delle regole?»
«Touché.» Il successivo sorriso era solo una maschera. «Ora, non vorrei portarti fretta, ma avrei una certa urgenza di avere quella sfera, perciò se volessi essere così gentile da vestirti e recarti quanto prima al nostro caro S.H.I.E.L.D. te ne sarei grato.»  
Serrò le dita delle mani e deglutì un senso amaro.
«Perché questo corpo?... Se era il mio aiuto che volevi, avresti potuto semplicemente chiederlo, senza il bisogno di questa stupida commedia.»
Il falso sorriso era ancora sulla sua bocca. «Mi farai tornare come prima, non è così?»
«Una volta che giungerai a destinazione guiderò i tuoi passi.»
«Loki...?»
Sapeva bene non avrebbe risposto, sperava almeno non ignorasse quella domanda.
Speranza scioccamente vana.
«Mi sembra superfluo ricordarti che avvertire i tuoi amici del nostro piccolo patto non sarebbe una buona idea.»
«E io ti ricordo che tradirmi ne sarebbe una anche peggiore... Fallo e ne pagherai le conseguenze.»
Loki non ribatté e continuò a propinarle quello sfregio sul viso.
«Bene, dunque. Dal momento che abbiamo stabilito ogni clausola del nostro contratto, sarà meglio che ti lasci.» Raggiunse il letto portando apertamente lo sguardo al sottile reggiseno che Pepper le aveva fatto trovare insieme ad altri abiti ancora chiusi in tante scatole accantonate l'una sull'altra. «Mi sembra che non necessiti più di aiuto per indossare determinati capi.» Ghignò poi.
Lei lo guardò senza fare un fiato, con gli occhi fissi nei suoi e le labbra sigillate.
Rabbia e dolore. Ancora una volta non sapeva quale delle due fosse più forte.
«Non tardare.»
Ma prima che potesse sparire come al suo solito, lo fermò per un polso.
«Al termine della nostra collaborazione, rivoglio il mio corpo.» Strinse forte le dita ma sapeva bene non aveva la forza necessaria per trasmettere quanto fosse risoluta in quel momento.
Loki alzò un angolo delle labbra e annuì.
«Avrai il corpo che tanto brami... È una promessa.»
Allentò la presa mentre il sorriso di Loki si stendeva dolcemente sulle labbra.
Era il sorriso del ragazzo che aveva conosciuto un tempo.
Non c'è nulla di marcio in te, Loki. C'è solo tanta bellezza che neanche tu riesci a vedere. Io la vedo, l'ho sempre vista...
Fece scivolare via le dita dal suo polso andando a sfiorare le sue.
Un gesto semplice per un legame che non lo era mai realmente stato.
«Stai tremando...»
Deglutì quando si accorse che era vero e allontanò la mano dalla sua.
«Ho freddo» mentì scostando poi lo sguardo.
Perché doveva sentirsi così? Perché doveva sentire il cuore battere così forte nel petto?
Perché non riusciva a cancellare i brividi che le stavano coprendo la pelle?
Come poteva un semplice corpo sfuggire così alla sua volontà?
«Cerca di affrettarti.»
All'udire la sua voce portò gli occhi su di lui, ma Loki non c'era già più.



*



Non capiva perché a Tony piacessero così tanto quelle miscele che si chiamavano cocktail. Su Asgard non esistevano intrugli simili però non poteva negare fossero divertenti da preparare.
Tony le aveva insegnato qualche nome strano e le aveva mostrato diversi liquidi alcolici che potevano essere uniti agli altri.
Li aveva memorizzati tutti e aveva memorizzato alla perfezione ogni cocktail che le aveva mostrato.
«Hai una capacità di apprendimento straordinaria.»
Era arrossita.
«Sei tu a essere un maestro paziente, Tony.»
«Oh, troppo buona» le aveva risposto sorseggiando quello che aveva chiamato Manhattan. «Dico sul serio, sei un'allieva modello.»
«Ho solo l'attitudine a eseguire un ordine» lo aveva sospirato con semplicità perché era semplicemente vero.
Quando ti impongono ordini da tutta una vita, impari a eseguirli alla perfezione, impari a non farteli ripetere due volte e a non sbagliare quando li esegui.
Non c'era nulla di lodevole in tutto ciò, era solo il suo lavoro, la sua vita, il suo destino.
Vivere alla corte di Asgard e servire fedelmente la famiglia reale.
Lo faceva con gioia, perché il Grande Padre e la regina Frigga erano sovrani giusti e buoni,  e il principe Thor sarebbe stato un ottimo successore.
Lei non aveva una madre né un padre, non aveva mai avuto una famiglia e avrebbe potuto essere destinata ad altre mansioni, più umili e disdicevoli.
Essere un'ancella era un dono, e di questo doveva solo essere grata alla magnanimità dei suoi sovrani.
«Io invece non sono bravo con gli ordini. Rogers lo è, lui è un fanatico degli ordini. Si farebbe dare ordini per tutto il giorno... A dir la verità è quello che fa già.»
A sentir nominare il capitano non riuscì a reprimere un sorriso.
Un soldato ligio al dovere, un guerriero nobile di anima e deciso nella battaglia.
Un ragazzo gentile con occhi buoni.
«Guarda chi si vede! Com'è andato il bagno? Pep ha fatto degli acquisti per te da qualche parte sulla Madison. Li hai visti?»
Solo in quel momento notò Lady Sigyn che entrava nella sala.
«Sì, è stato molto cortese da parte sua. Vorrei poterla ringraziare come merita.»
«Figurati, si sarà solo divertita. Le donne amano lo shopping, anche quelle che lavorano come amministratori delegati.»
Quando incrociò i suoi occhi immediatamente intrecciò le mani salutandola con un inchino.
«Mia signora.»
«Linn... cosa state facendo?»
Quando li raggiunse Linn notò i suoi capelli umidi stretti in una debole treccia che le ricadeva disordinata su una spalla e i vestiti così diversi dalle vesti di Asgard che le cingevano il corpo.
Sembrava stanca, più stanca di qualche ora prima.
Tony le aveva detto che aveva preparato una stanza da bagno con dell'acqua calda per ristorarla, che quindi non c'era bisogno di preoccuparsi per lui - Tony usava riferirsi alla sua signora usando il nome del principe Thor.
Linn aveva creduto alle sue parole e si era lasciata trascinare in quel vortice di novità che era Midgard e i suoi usi. Ora si chiedeva se fosse stato un bene.
«Tony mi ha insegnato a preparare dei cocktail midgardiani, mia signora.»
«Proprio così e la nostra Linn è un vero talento.»
Abbassò il capo imbarazzata dalla parole di Tony.
Lady Sigyn non disse nulla annuì soltanto con ancora un'ombra scura a coprirle lo sguardo.
«Io ho bisogno di andare allo S.H.I.E.L.D. » Le sentì affermare.
«Ci sono novità? La dottoressa Foster ha scoperto qualcosa?»
«No, però ho bisogno di andare da lei. Devo parlarle.»
Quella stessa ombra aveva ora attraversato la sua voce.
Cosa vi preoccupa, mia signora?
Sarebbe stato ingenuo chiederlo, eppure era la domanda che le sfiorò la mente mentre la guardava parlare ancora con Tony.
«Quando scendi chiedi un'auto alla reception.»
«Grazie, Tony.»
«Mia signora?» La chiamò quando la vide allontanarsi. Lei si voltò con un debole sorriso.
«Cosa c'è, Linn?»
Sentì il cuore scenderle nello stomaco. «I vostri capelli... Sono bagnati.»
Aveva tanto desiderato rivederla, aveva desiderato ancora trascorrere del tempo con lei e adesso che l'aveva ritrovata sembrava che la stesse perdendo di nuovo.
Non capiva quella sensazione, non capiva perché la sentisse così diversa adesso.
Eppure sarebbe bastato pensare a quel principe triste dagli occhi verdi.
A quel fratello...
«Al mio ritorno posso chiederti di sistemarli? Non sono mai stata brava a farlo da sola...»
Avrebbe pianto se non avesse saputo che le sue lacrime l'avrebbero solo rattristata di più.
«Con immensa gioia, mia signora.»



*



Avrebbe voluto infrangere quel vetro, avrebbe voluto far schiantare il suo pugno contro il finestrino dell'auto e urlare finché il cielo non avesse pianto e le sue urla avessero richiamo fulmini e saette.
Non poteva farlo, e quantunque avesse ceduto a quell'istinto, nessuno avrebbe ascoltato le sue chiamate.
Non era più il dio del tuono, non era più un asgardiano, non era più Thor.
Guardò le strade di New York dipingersi davanti ai suoi occhi, i volti degli uomini e delle donne, dei bambini. I colori, la vita.
Stava mettendo tutto nelle mani di una promessa, la promessa sulle labbra di qualcuno che non ne aveva mai mantenute.
Le proprie labbra invece avevano imparato a raccontare menzogne.
Jane...
Anche lei, aveva dovuto macchiare anche lei con quella bugia e Tony lo aveva creduto, e Linn l'aveva guardata con così tanta fiducia che quasi si sentiva nauseare.
Quando l'auto si arrestò sotto l'edificio prese un profondo respiro e scese.
Guardò in alto socchiudendo gli occhi ai forti raggi de sole.
Era caldo, eppure dentro sentiva solo gelo.



*



«Urgente?... Cosa vuol dire?»
«Non sono a conoscenza dei dettagli, capitano, il signor Stark ha solo chiesto la sua presenza alla Tower con urgenza.»
Steve alle volte odiava quella voce elettronica che ogni tanto risuonava nelle sue orecchie, odiava dover portare quasi ininterrottamente un maledetto trasmettitore addosso, odiava, soprattutto, che Tony lo chiamasse con urgenza senza spiegargli il perché.
Non aveva chiesto l'intera squadra quindi, conoscendolo - ormai poteva dire tristemente di conoscerlo – si sarebbe trovato davanti a una stupidata delle sue.
Non voleva rischiare però, perché in quel momento tutto era una possibile minaccia. Alla Tower poi c'era anche Thor e c'era Linn.
«Dove vai?» gli chiese Clint mentre armeggiava con un computer.
«Da Stark, ha chiesto di parlami.»
Clint mise in pausa il suo lavoro e lo guardò. «Da solo?»
«Ha chiesto solo di me.»
«Sarà una cazzata.» E tornò al pc.
Steve lo studiò con la coda dell'occhio mentre infilava la giaccia.
Sapeva bene che Clint aveva ragione.
«Se ci sono novità avvisatemi.»
«Sarà fatto, capitano, ma tanto questo bastardo non lo troviamo per adesso, inizio a pensare che non lo troveremo più.»
Temeva che Clint avesse ragione anche su quello.
Fino a quel momento i risultati delle ricerche su Loki avevano dato tutti esito negativo. Sembrava volatilizzato nel nulla.
Non un indizio, nessuna seppur minima corrispondenza.
Credere che se ne fosse semplicemente andato da qualche altra parte era fuori discussione, anche perché a quel punto avrebbero dovuto mettere in conto che far tornare Thor come prima era un'ipotesi sempre più remota.
No, non poteva accettarlo.
«Continuate a cercare.»
E con quel monito uscì dalla stanza.


 
*



Bruce guardò il tavolo completamente coperto di carte e i monitor che lampeggiavano con frequenza quasi psichedelica.
«Sono le rilevazioni degli ultimi venti giorni?» chiese assottigliando la vista mentre cercava di leggere qualche dato.
«Questi dati non coprono neanche quattro giorni, Bruce.» Si voltò verso Jane con espressione sorpresa. «Abbiamo appena cominciato.»
Jane gli sorrise e lui tornò a guardare il monitor.
«Ci vorranno settimane per analizzarli tutti...»
«Lo so, ma dobbiamo cercare di dimezzare i tempi.»
 Avrebbe voluto chiederle se ne valeva la pena, se analizzare quella montagna di dati avrebbe davvero portato a qualche risultato. Ciò che stava accadendo alla Terra aveva del soprannaturale, era qualcosa che non obbediva a leggi della fisica né ad altre regole che vigevano sul loro mondo.
Era magia, o forse solo una scienza troppo avanzata anche per cervelli come i loro.
Si tenne quei dubbi sulla lingua perché la determinazione di Jane era schiacciante, e riusciva a cancellare anche la più labile volontà di scalfirla. Non avrebbe voluto scalfirla, in verità, avrebbe voluto esserne contagiato.
Fu per questo che iniziò a guardare quei dati memorizzandoli e studiandoli, per quel poco che le sue rozze nozioni di astrofisica gli permettevano.
Prese qualche appunto e lo passò a Jane mentre cercavano di estrarre qualche teoria dalle prime rilevazioni.
Fury non aveva raggruppato una squadra di luminari o esperti, avrebbe potuto ma non l'aveva fatto, perché Fury era furbo quanto cauto, era scaltro quanto ambiguo e se riusciva a gestire un'organizzazione come quella dello S.H.I.E.L.D. senza mostrare cedimenti o esitazioni era forse proprio per quell'ambiguità.
La linea fra giusto e sbagliato era così sottile che forse l'avevano attraversata tante volte senza neanche accorgersene.
Bruce l'aveva attraversata di certo, l'attraversava ogni volta che lasciava che la rabbia lo prendesse e non avrebbe mai ammesso, neanche a se stesso forse, che distruggere quella linea era forse la cosa più vicina alla libertà che conoscesse.



*



«Mi hai fatto venire qui per... per questo?»
Steve sembrava nervoso, no, non era nervoso, era imbarazzato ed era divertente.
«Sì, certo, a chi altro potevo chiederlo?» sospirò con fare evidente mentre girava attorno al tavolo.
Linn, per fortuna di Rogers, era nella stanza accanto a provare la magnificenza dei bagni terrestri e quindi Tony poté godersi l'espressione porpora sulla faccia del capitano. «A Clint? O alla Romanoff?... Bruce?... Andiamo, siamo seri, Steve.»
«Tu dici a me di essere serio?... TU?»
Aveva bisogno di avere del tempo per verificare i rilevamenti di spider e se questo voleva dire divertirsi un po' a spese di Steve era solo un motivo in più per congratularsi con se stesso per quell'idea.
«Non agitarti, Rogers, voglio solo che tu la porti un po' in giro. Le fai veder Central Park, qualche vetrina, date da mangiare alle anatre, le compri un souvenir con I Love NY e le mostri quanto siamo accoglienti e ospitali noi terrestri.»
«Non c'è tempo per fare i turisti, Stark! Ma come ti viene in mente che-»
Ma Steve si ammutolì quando nella stanza comparve la ragazza.
Anche Linn parve sorpresa di ritrovarsi davanti Steve però lei aveva un modo molto più raffinato per celarlo.
«Capitano...» lo salutò con un piccolo inchino appena accennato.
«Linn...» Steve invece sembrava stesse fermando un taxi sulla quarantaduesima con quella stupida mano alzata.
Sarà un disastro...
Toccava a lui smuovere le cose.
«Sai, Linn, il capitano Rogers vorrebbe mostrarti la nostra bella città.»
Linn sbatté le palpebre sorpresa per poi arrossire e Tony pensò che sì, sarebbe stato un disastro perché tenere due timidoni con il fetish dell'obbedienza nella stessa stanza era già abbastanza difficile con uno come lui presente, sperare che riuscissero ad argomentare là fuori nel grande mondo era solo una roulette russa.
Ma a lui serviva tempo e adesso doveva premere quel grilletto.
«Ti piacerà il nostro pianeta, e i terrestri. I terrestri sono simpatici... vero, Steve?»
«Eh?.. Ah sì, siamo simpatici.»
Tony, non scoppiargli a ridere in piena faccia, per favore, potrai ridere di lui quando sarai nel tuo laboratorio.
Cercò di convincersene ma le sue labbra si piegarono comunque all'insù, si piegarono forse un po' troppo perché degli occhi di Steve parevano bruciare fiamme.
Ok, capitano, teniamo le ramanzine sul dovere a quando avrò sbrogliato questa matassa.
«Io non vorrei creare disturbo al capitano.»
«Ma quale disturbo!» sentenziò poggiandole una mano dietro la schiena e obbligandola ad avvicinarsi a Rogers. «Ti divertirai. Hai bisogno di divertirti. Tutti abbiamo bisogno di divertirci.»
«Tu lo fai anche troppo, Stark.»
Gli sorrise strafottente mentre li conduceva senza neanche nascondere la fretta verso l'ascensore.
«Io non so-»
«Sarà un pomeriggio fantastico, fidati!»
Li gettò quasi letteralmente nell'ascensore ma quando stava per pigiare il tasto sentì la mano d'acciaio di Steve cingergli un braccio.
«Questa me la paghi. Lo giuro!» gli sibilò all'orecchio quasi digrignando i denti conscio che Linn non lo avrebbe udito.
Alla fine vedrai che avevo ragione anche sulla sua omosessualità...
Neanche lo stesse invitando a uscire con una cozza!
Linn era graziosa ed educata.
Steve era educato... grazioso un po' meno, ma di certo un tipo che apprezzava una ragazza un po' all'antica, e più antico del modo di porsi di lei, c'era solo il taglio orribile che sfoggiava lui.
Si sarebbero divertiti, se ne sarebbero stati fuori dai piedi per un po' e lui avrebbe avuto il suo quarto d'ora di pace.
«Mi raccomando, riportala prima delle 10,  giovanotto» scherzò senza perdere il bianco sorriso e lasciò che le porte d'acciaio si chiudessero.
Prese un respiro e si concesse qualche secondo di silenzio.
«Jarvis?»
«Mi dica, signore
Guardò ancora verso le stanze e di quel sorriso non ci fu neanche più l'ombra.
«Hai trasferito le immagini sul server?»
«Così come mi era stato chiesto, signore. Vuole visualizzarle adesso?»
«No, lo farò in laboratorio. Inviale sullo schermo.»
«Eseguo subito.»
Per quelle di spider invece era necessario farlo manualmente.
Si diresse così a passo spedito verso la camera di Thor.



*



Non arrivò neanche all'ingresso che sentì il palmo bruciare ancora.
Quando lo guardò vide materializzarsi dal nulla un piccolo rettangolo di carta. No, non era carta, era uno dei dispositivi che usavano i midgardiani per accedere alle zone protette.
“È un badge.”
Sussultò e si guardò intorno.
Non c'era nessuno.
Loki...
«Dove...?»
“Non sono lì, non cercarmi. Ma ti sono comunque accanto... Romantico, vero?”
Nella sua voce poteva vedere quelle labbra sorridere beffarde.
Strinse il badge fra le dita e serrò la mascella.
«Cosa devo fare?»
“Soltanto seguire le mie indicazioni, Sigyn.”
«Smettila di usare quel nome. Quante volte devo ripetertelo?!» Lo ammonì mentre l'apertura di vetro si schiudeva al suo passaggio.
“Come desideri, principessa.”
Trattenne un ringhio e si avviò verso il primo ascensore. Nessuno la fermò, nessuno sembrò davvero badare a lei.
Pensò che forse Loki avesse celato la sua presenza ma quando le porte d'acciaio si aprirono e incontrò il viso di un uomo vestito di nero, scoprì che non era così.
«Salve.» La salutò con un sorriso.
«Salve» rispose senza aggiungere altro mentre lasciava che l'uomo pigiasse uno dei numerosi tasti sulla parete frontale.
«A che piano?»
Non sapeva rispondere.
“12b”, sentì sibilare contro l'orecchio.
«12B.»
Non sopportava quella situazione. Già il senso di colpa e i dubbi erano così forti da farle attorcigliare lo stomaco, ma sentirsi completamente nelle mani di Loki era ancora peggio.
Non sapeva dove la stesse guidando, magari non c'era nessun oggetto a cui giungere. Era solo una pedina, per l'ennesima volta, una stupida pedina da muovere a piacimento.
Si ritrovò ad abbassare lo sguardo su quel badge leggendo parole che in realtà non vedeva.
Vedeva solo il sorriso di due ragazzini, di due bambini che si rincorrevo, che cavalcavano insieme, che si divertivano a fare a gara a chi giungeva per primo a valle.
Vedeva la paura di due occhi e il tremore di due mani, vedeva i brividi e le lacrime, la dolcezza e la speranza.
Vedeva tutta una vita che era scivolata via veloce e inesorabile e tutte le occasioni perse per riaverla indietro.
«Sei nella squadra di Derek?»
«Cosa?»
Sollevò lo sguardo sul viso dell'uomo che ancora sorrideva sebbene lei avesse imparato quale significato dare ai sorrisi degli uomini di Fury.
«Se vai al dodicesimo devi essere nella squadra di Derek... mi sbaglio?»
Loki non le suggerì alcuna risposta e decise di prendere l'iniziativa.
Le avrebbe dato la mera illusione di allargare il collare che sentiva cingerle il collo.
«Sono informazioni riservate.» Era una frase che aveva sentito dire spesso a Natasha e di solito aveva la forza di mettere a tacere ogni altra domanda.
L'uomo stirò ancora le labbra e annuì.
«Ovviamente.»
Spostò poi i suoi occhi nocciola sui numeri che si intervallavano senza più parlare.
Tirò un sospiro di sollievo cercando di convincersi ancora una volta che stava facendo la cosa giusta.
“Ti faccio i miei complimenti, hai glissato l'insidia con maestria.”
«Sta' zitto» masticò fra i denti controllando che l'agente non l'avesse udita.
“Attenta, se continui così stuzzicherai di nuovo la curiosità del tuo compagno di viaggio.”
Cercò di ignorarlo.
“E, se mi permetti, ti consiglio di chiudere ancora un bottone della camicia o potresti stuzzicare qualcos'altro al di fuori della curiosità...”
«Taci!»
«Scusa?»
Deglutì guardando il volto dell'agente e scosse semplicemente la testa.
«Nulla.»
Sapeva bene che Loki lo aveva fatto di proposito.
Avrebbe dovuto essere arrabbiata, avrebbe dovuto infuriarsi per la sua strafottenza, per la sua assoluta mancanza di rispetto per tutto e tutti eppure... eppure per un breve momento le era parso che il tempo si fosse riavvolto, che fossero ancora due fratelli, due fratelli legati da un profondo peccato.
Non c'era nulla di tutto ciò, adesso.
Non erano più fratelli e non c'era più alcun peccato.
E assurdamente ognuna di quelle verità alleggeriva il peso dell'altra.
Un suono che ormai conosceva bene risuonò nel piccolo ambiente quando un lungo corridoio si disegnò oltre la porta.
«12B... Buon lavoro.»
L'uomo la salutò quando uscì e lei semplicemente gli rispose con un cenno del capo.
“Sei quasi arrivata.”
«Dove conduce questo corridoio?» chiese ormai sicura di non avere orecchie a seguirla.
“A un secondo ascensore poi giungerai al settore E34... E comunque ero sincero sulla camicia, dovresti chiudere quel bottone.”
«Smettila con questa storia, non è tempo per i giochi.»
Dopo qualche metro arrivò a una biforcazione. «Dove vado?»
Loki non rispose.
Ognuno dei corridoi era speculare all'altro. Non c'era modo di distinguerli.
«Avanti, dove devo andare?»
E sapeva bene quale significato dare a quel silenzio.
Prese un profondo respiro cercando di ingoiare ogni parola rabbiosa.
«Loki...?» sospirò poggiando le mani sui fianchi.
Ancora silenzio.
Accidenti lui e i suoi giochi infantili!
«E va bene! Questa dannata camicia è troppo piccola e non si chiude... Contento ora? Adesso basta con questi discorsi inutili e dimmi dove devo andare.»
“Destra.” Non le sfuggì il tono divertito. “Percorrilo tutto e usa il badge quando trovi un accesso chiuso.”
Scosse il capo e imboccò la svolta.
Sparsi per tutto il lungo corridoio una miriade di occhi rossi che sapeva avessero il compito di rubare ogni immagine che attraversava il loro campo visivo.
“Perché l'hai indossata se non era della tua misura?”
«Vuoi davvero intavolare una conversazione su questo?» chiese continuando a far vagare lo sguardo sulle pareti e sulle porte quasi totalmente chiuse.
“Bisogna ammazzare il tempo in qualche modo... O preferisci che ammazzi qualcuno?”
«Questa era pessima... anche per te» sentenziò mentre si avvicinava all'ennesimo accesso serrato.
“Allora?... perché?”
«Erano tutte di questa misura. Soddisfatto, ora?» confessò sperando di mettere fine una buona volta a quel discorso.
Loki non continuò.
Giunta alla porta strisciò la scheda nell'apposita fessura e lo spesso vetro si aprì.
Prese ancora un profondo respiro.
«Spero solo che tu non mi stia ingannando, altrimenti...»
“Un po' tardi per i ripensamenti.”
«Non è mai troppo tardi per riempirti di pugni.»
Udì la sua risata e non poté impedire alle sue labbra di piegarsi appena un po'.

Incontrò diversi agenti ma nessuno le fece alcuna domanda. Sembrava che il solo essere riuscita a giungere lì fosse una risposta sufficiente.
Era lì perché ne aveva il diritto. Che fosse merito della piccola scheda che le aveva dato Loki, non sapeva dirlo, di certo i terrestri avevano troppa fiducia nelle loro tecnologie.
“È dietro quella porta. Riesco a sentirlo.”
Prese un profondo respiro e fece scivolare ancora una volta il badge nella fenditura sulla parete.
Non tradirmi... Te ne prego...
Nel fondo del cuore temeva cosa sarebbe successo quando Loki avrebbe ottenuto ciò che voleva.
La porta si chiuse alle sue spalle.
Non c'era nessuno.
Era una grande sala che somigliava a un archivio, più precisamente era una stanza a uso di deposito. Numerosi scaffali, diverse scatole d'acciaio di altrettante diverse grandezze, collocate in un ordine scandito da dei numeri e delle lettere scritti su ognuna.
Si guardò intorno ma sembrava vedere sempre la medesima immagine.
«Dov'è?»
La sua voce risuonò nel silenzio del locale. Non vide occhi rossi sulle pareti o negli angoli.
Possibile fosse priva di protezione? E allora perché Loki non era giunto da sé in quella stanza?
Cosa si celava davvero?
“Chiudi gli occhi.”
Le sue domande furono spazzate via.
«Cosa?»
“Fa' come ti ho detto. Chiudi gli occhi.”
Deglutì ogni altra richiesta di chiarezza, conscia ormai che non avrebbe avuto soddisfazione.
Osservò un'ultima volta una lunga fila di scrigni metallici e poi eseguì il suo ordine.
Tale era e tale era risuonato anche alle sue orecchie.
«E adesso?»
“Adesso devi trovarlo.”
«Come posso cercare qualcosa di cui ignoro forma e sostanza? Senza neanche l'ausilio della vista-»
“Non devi cercarlo con gli occhi ma con il seiðr.”
Non capiva.
«Io non lo posseggo, forse ti è sfuggito questo dettaglio quando mi hai affidato questo compito» sottolineò nell'oscurità del suo sguardo.
Sentì Loki sospirare e avrebbe solo voluto averlo di fronte per colpirlo finché non avesse consumato l'ultima briciola di rabbia.
“Ho infuso un po' del mio nella tua mano. Lascia che ti guidi.”
A quelle parole riaprì gli occhi e li portò al suo palmo. Adesso aveva capito cosa avesse fatto eppure ancora ignorava le ragioni più importanti.
Decise che ormai non vi era più tempo per tergiversare.
Adesso era lì, tanto valeva rischiare fino alla fine.
Quando il buio tornò a governare la sua vista sollevò la mano e la portò davanti a sé.
Non successe nulla.
Passarono i primi secondi, poi i successivi minuti e tutto ciò che sentiva era solo il silenzio che la circondava.
Quando iniziò a perdere la pazienza qualcosa accadde: sentì del calore provenire dalla sua sinistra.
Cos'è? Pensò, ma non cercò una risposta, semplicemente lo seguì.
I suoi passi non erano incerti, sembravano conoscere la strada senza che fosse lei a indicargliela.
Il calore aumentò finché non sentì nuovamente il palmo ardere.
Strinse i denti e mandò giù ogni parola.
Presto il calore divenne insopportabile ed era come se l'intera mano fosse avvolta dalle fiamme.
«Loki...»
Quel nome fu impossibile da ingoiare.
“Basta così.”
Aprì gli occhi tirando via la mano dal niente e osservandola con un leggero fiatone.
Davanti a sé non c'era nulla a parte una piccola scatola. Una fra le più piccole.
«È questa?» chiese desistendo dallo sfiorarla.
“Aprila.”
Non c'era serratura, non sembrava neanche potesse essere aperta. Era un unico blocco di metallo grigio privo di qualsiasi fessura o taglio.
“Avvicina la mano.”
Loki rispose alla sua domanda non posta.
«Cosa vi è contenuto?»
“Aprila e vedrai con i tuoi occhi.”
E se fosse stata un'arma? Se ciò che vi giaceva si fosse rivelato un pericolo per le genti di Midgard?
Come poteva davvero fidarsi? Perché lo aveva fatto fino a seguirlo in quell'impresa ignota?
Aveva mentito e aveva taciuto ai suoi compagni ogni cosa.
Non riusciva a riconoscere il suo comportamento, non riusciva ad approvarlo.
E allora perché sono qui?
Allungò la mano e l'avvicinò alla scatola. La risposta l'avrebbe trovata al suo interno.
Più si avvicinava allo scrigno più esso si dissolveva sotto i suoi occhi, diveniva sempre più labile, sempre più sottile e tutto ciò che riusciva a scorgere era un oggetto tondo. La sfera di cui aveva parlato Loki.
Più piccola del suo stesso pugno, priva di colore.
Quando la scatola scomparve la sfera fluttuò verso la sua mano fino a posarsi su di essa.
Piccola, tonda e leggera come una piuma.
Era esattamente così. Sembrava non sentirla, sembrava una semplice bolla di sapone.
Non aveva l'aspetto di un'arma né di qualcosa di realmente minaccioso, ma sapeva fin troppo bene quali insidie potevano celarsi anche dietro al più gentile dei fiori.
Quando sfiorò il suo palmo le linee verdi tornarono a disegnarsi sulla pelle e la sfera rubò il loro colore coprendosi della medesima tinta.
Un attimo dopo non c'era più nulla: la sfera era svanita.
«Cosa succede? Dov'è finita?»
“Raggiungi la cima dell'edificio.”
«Cosa? Il tetto?... Perché?»
Nessuno rispose.
«Loki?» Alzò lo sguardo intorno ma non vi era niente da vedere oltre agli scaffali. «Loki?»
Non udì più la sua voce.



*



Odiava quel posto, odiava quel mondo. Odiava sapere di essersi abituato a esso.
Guardò dall'alto le miriadi di piccole teste, di piccoli e insulsi umani che vivevano le loro brevi vite con affanno e caparbietà. Le loro brevi vite che Thor si era cocciutamente prefissato di difendere.
Sei sempre stato uno sciocco, fratello.
Avrebbe potuto governarli, governare ogni mondo semplicemente imponendosi con il suo nome, quel nome che un tempo aveva vestito anche lui: Odinson.
E invece aveva deciso di ergersi a loro difesa, aveva deciso di prenderli sotto la sua ala, aveva deciso di donare il suo cuore a una di loro.
Una piccola e sciatta mortale.
Non glielo poteva permettere.
Il sole colpì i suoi occhi quando li rialzò per portarli verso quel cielo azzurro, mai azzurro quanto quello che aveva rincorso per secoli.
Un rumore alle spalle e un sorriso che si disegnò sulle sue labbra.
«Sei sempre stato qui?»
Si voltò e la vide. Arrabbiata e diffidente, eppure era lì.
«Sei stata brava.»
«Tieniti pure le tue vane lusinghe, e adesso mantieni fede al nostro patto.»
Tese la mano per invitarla a raggiungerlo ma lei restò immobile sui suoi passi, testarda come sempre.
«Non ho ancora la mia sfera.»
«Allora prenditela!» Quando fu Sigyn a tendere la sua mano non riuscì a nascondere un sorriso.
«Se avessi potuto farlo non avrei chiesto a te di adempiere a quel compito, ti pare? Non posso prenderla dalle tue mani, sarai tu a portarla dove mi necessita.»
«Questo non faceva parte dell'accordo!» ribadì lei con furia stringendo ora quella mano in un pugno che tremava. «Dovevo immaginarlo che avevi altro in mente! Sleale come al solito.»
Sorrise. «Devo darti ragione: non è della tua misura» aggiunse poi alludendo alla sua camicia ma la sua provocazione non fu colta.
Sigyn continuava a guardarlo con sguardo rabbioso e senza alcuna intenzione di ascoltare altro.
E per quanto amasse vedere l'ardore coprire il suo viso, non aveva più molto tempo.
Fu lui a raggiungerla, fu lui ad avvolgerle un braccio attorno alla vita.
«Cosa stai facendo?»
Non si stupì che le lo allontanasse senza complimenti.
Ignorò ogni protesta e ripeté il gesto serrando la presa in modo da impedirle ogni tentativo di svincolare.
«Mantengo fede alla mia parte dell'accordo.» Il brivido che attraversò il suo corpo nel sentirla nuovamente così vicina fu impossibile da domare. «Sto per darti le risposte che aneli.»
Sigyn cessò ogni resistenza.
«La verità...?» La sua voce era un fiato debole, un fiato che ardeva contro le sue labbra.
«L'unica e sola.»
Avrebbe voluto poggiarle sulle sue e lasciarsi bruciare ancora una volta, bruciarsi dimenticando tutto il resto.
Non gli era ancora concesso.
«Prega solo di essere pronta a udirla.»
Un attimo dopo il sole non scaldava più la sua pelle.











***













NdA.
Ok, ci siamo!
Si, stavolta è vero, ci siamo: la verità sta arrivando.
Vabbè, solo parte di essa ma sempre meglio di niente, no?
Lasciatevi abbracciare tutti, dal primo all'ultimo, perché siete belli.
Mi lasciate sorpresine graditissime nella mail, mi trovate un nome alle ship e mi riempite di caldo affetto nei vostri commenti <3
Ne ho davvero bisogno in questo periodo, per cui grazie di cuore ^^

Ci leggiamo alla prossima quando apriremo insieme questo vaso di pandora...
Kiss kiss Chiara
  
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