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Autore: Sae    31/05/2008    2 recensioni
Hinata fece l’errore di osservare –per tentare di capire, di aiutare- quelle iridi. Ma quei due pozzi di petrolio la risucchiarono impietosi in un vortice che mai, mai, l’aveva sfiorata prima d’allora. Nemmeno li, quando, se ne stava incastonata in un amore platonico ad aspettare anche il più piccolo gesto –la più piccola attenzione. Così, non fece nulla -nulla- non si opponeva a quel fiato, che ora sfiorava la sua guancia. D’altronde, quando il vento è troppo forte: la farfalla non si alza in volo, le ali finirebbero col strapparsi. E Hinata rimaneva in balia di una forza più grande di lei, -è il destino Neji-niisan?-, proprio adesso che lui, con quel perenne sguardo fisso sulla sua persona, si avvicinava pericolosamente alla piccola sporgenza carnosa posta sotto il naso.
Fan fic partecipante al concorso dei Crak Pairing!
Genere: Generale | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Itachi
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Le vedeva cadere ed erano veloci nel buio della notte, di quello ne era sicuro

 

If necessary

 

 

 

 

 

[Le farfalle cadono facilmente in reti d’argento…

Quando si alza il vento

…quando perdono il controllo.

Provano a dimenarsi.

Battendo le ali, fanno sentire in colpa il proprio carceriere, ma attendono composte degli occhi rossi nella brina della sera.

 

Non è resa.

 

La morte della farfalla è eleganza, come tutto il resto.]

 

 

 

Le particelle si staccavano dal corpo, sparendo nella terra bruna.

 

Cadevano, rapide, impercettibili nel buio della notte.

 

Di quello ne era sicuro. Cadevano.

Ed erano veloci.

Erano silenziose.

 

Eppure lui le vedeva cadere a rallentatore.

 

Gocce simili a schegge di vetro, che avevano bagnato (o incrinato?) lo scudo che indossava contro la realtà.

No, si sbagliava, non aveva mai avuto uno scudo.

Aveva già degli occhi e quelli bastavano.

Non aveva mai avuto bisogno di nient’altro.

 

Ma le sue gocce contenevano fin troppa luce.

 

Fu costretto solo per quello, a fermare il suo passo.

Aveva imparato ad annientare ogni cosa che gli provocava fastidio, che gli ricordasse di aver avuto una vita, una volta.

 

Ed era nero, il mantello che lo avvolgeva.

Ed era bianca, l’anima che catturò, ancor prima che ci si accorgesse di lui.

 

 

Celava il suo divertimento, mentre la figura raggelava nello scorgerlo. Mille e mille volte, aveva visto quella smorfia d’ incredibilità sul viso.

Probabilmente, era perchè lo credevano un fantasma.

Ma –si ricordava di averlo sentito bisbigliare da qualche parte - i fantasmi non parlano.

 

“Le ragazzine non dovrebbero allenarsi a quest’ora”

 

E alzando lo sguardo, gli occhi semichiusi –troppa, troppa luce- scontornò a poco a poco quella donna. Capelli neri, lunghi. Pelle eburnea, seno prosperoso, labbra sottili. Iridi nivee che a quell’avvertimento si incresparono come la superficie lunare.

A nulla, però le onde valevano contro uno scoglio.

 

Una Hyuga

E la figura provò a bisbigliare qualcosa di rimando: non riuscendoci.

 

I nomi dei fantasmi sono sempre reminescenze del passato, ma la domanda semmai è: i fantasmi hanno memorie?

 

Hinata Hyuga

 

No, i fantasmi non dovrebbero neanche avere un respiro.

Eppure lui lo aveva e adesso quel sapore, batteva sul suo collo e le dita fredde e grandi andavano a bloccare quei polsi esili.

 

Lui stesso, non sapeva se i fantasmi creano altri ricordi, una volta dimenticati. Se per sopravvivere al tempo, cercano di continuare a tormentare l’esistenza di qualcuno (“…odiami”). Non lo sapeva, ma c’era qualcosa di irresistibile (e di nocivo) nell’imprimere su un’altra pelle, il peso del proprio essere.

Trascinando entrambi in una danza fatta di luce e buio.

 

Hinata Hyuga

 

L’inferno, in un modo o nell’altro, non avrebbe mai bruciato le ali ad una farfalla di tale bellezza. E uno scoglio col passare del tempo, si sgretola al volere delle onde. È solo mera pietra.

 

“Potrei prendere i tuoi occhi”

 

Le farfalle però, portano i segni delle tentate catture sulle loro ali.

E le onde non fanno rumore senza scogli. Senza ostacoli, non sono tali.

 

Hinata fece l’errore di osservare –per tentare di capire, di aiutare- quelle iridi. Ma quei due pozzi di petrolio la risucchiarono impietosi in un vortice che mai, mai, l’aveva sfiorata prima d’allora. Nemmeno li, quando, se ne stava incastonata in un amore platonico ad aspettare anche il più piccolo gesto –la più piccola attenzione.

Il respiro si smorzò e Hinata si ritrovò a bramare quel qualcosa, che non doveva sussistere.

Era innaturale tutto ma, una voce dentro di lei le gridava che era concreto: che stava succedendo –che lo voleva. Così, non fece nulla -nulla- non si opponeva a quel fiato, che ora sfiorava la sua guancia. D’altronde, quando il vento è troppo forte: la farfalla non si alza in volo, le ali finirebbero col strapparsi.

E Hinata rimaneva in balia di una forza più grande di lei, -è il destino Neji-niisan?-, proprio adesso che lui, con quel perenne sguardo fisso sulla sua persona, si avvicinava pericolosamente alla piccola sporgenza carnosa posta sotto il naso.

 

E le labbra erano fredde, smorte mentre si poggiavano sulle sue. Eppure bruciavano.

Un fuoco innaturale le sorse da dentro e il cuore prese a battere incoerente. È violenza quella. È dolore. No, è passione.

I mulinelli nel mare si creano dal nulla.

 

-È qui per catturare Naruto-

 

E provò a ribellarsi in onore di quel malcelato patto di amore platonico ma, il contatto arrivò e la lingua di lui cercò e ottenne la sua.

Si accorse di essere viva. Così, per sbaglio.

 

-Ma lui è qui per catturare Naruto-

 

La voce della ragione finì per venire relegata dal rumore di un semplice muscolo lì sotto la sua pelle, nel suo petto. Desiderò la piccola Hinata Hyuga (quella altruista, la farfalla) che quel vortice non smettesse mai di avvolgerla.

 

–Anche se lui è qui per Naruto-

 

Anche se era glaciale, il suo calore.

Anche se aveva un marchio su un foglio, in qualche cassetto dell’Hokage a Konoha.

Anche se avrebbe potuto sparire, tanto, può costare la sua ombra.

 

Tuttavia era solo lui, un fantasma. E lei sapeva cosa si provava a stare chiusi in gabbia per troppo tempo (fantasma lo era stata anche lei).

Ed esistevano veramente entrambi, per una sola sera.

Il resto non contava, davvero.

 

Hinata non osò pronunciare nulla. Gli occhi erano maledettamente bloccati in quelli di lui, in quel nero intenso, che le strappava via le parole direttamente dalla gola. Si sentiva trascinata verso il basso, ecco, capendo che la sua vita fino ad allora era stata vuota. Vuota. Era stata solo una misera farfalla che danzava nell’aria, solo per l’altrui piacere.

 

E quando lui si allontanò, piano, con dolcezza da lei, capì che non avrebbe più usato le sue ali, invischiate di petrolio. Sorrise. Sciocca e debole Hinata.

 

E quando ancora –e ancora- gli occhi nivei della Hyuga si fermarono nei suoi, forse - non ci è dato di saperlo con certezza- anche lui, o quello che rimaneva al suo interno, era stato contaminato un po’ da quel bianco. Il nero, l’unica e sola tonalità che esisteva nei suoi occhi - almeno così credevano gli altri: aveva perso la sua intensità....

 

In fondo erano solo quello. Bianco e nero. Reciprochi, e ai poli opposti di una bilancia chiamata vita.

 

“Ricorda il mio nome”

 

Le incrinature erano troppo sottili e passavano inosservate.

Le gocce erano effimere e silenziose.

 

Ritornò a guardarla dall’alto –quasi come se non riuscisse più a distinguerla- e già si allontanava via, sembrava già un ricordo. Ma Hinata scosse il capo, piano poi sempre più veloce.

 

No. Lui era un fantasma.

E la morte continuava ad aleggiare sul suo volto.

 

“…Uchiha”

 

La sua anima si era fatta improvvisamente pesante dopo quel nome, come se stata intrisa di un nero che non sarebbe più andato via ma, che anzi si sarebbe insinuato sempre di più dentro la sua pelle. -È questo il dolore di Sakura-chan?- Hinata si guardò la pancia dove un rivolo di sangue scivolava lentamente, macchiando anche la sua divisa.

Cadde a terra.

La ferita era innocua e tutto quello era solo un segno del suo passaggio.

-Va da Naruto!-

 

E il sangue scendeva per sviare le immagini, un modo per mettere in salvo la farfalla.

Una maniera per legarla a sé.

 

“Ti ha ferito Hinata! Lo so, che hai tentato di fermarlo!”

 

Il taglio è da cercare più in profondità lì.

Si era portato via le sue ali, il fantasma.

 

 

Ne avevi tanto bisogno…

 

“Itachi Uchiha” (?)

 

 

 

Coff Coff.

 

u.u prima di tutto un grazie di cuore a chi ha ideato il concorso dei crack pairing mi sono divertita come non mai e davvero ^^ mai l’avrei creduto XD grazie di cuore a tutti!!

 

Che dire: una Itachi Hinata, o.o, una coppia che mi incuriosisce parecchio. Sisi ahimè u.u’’ mi sto buttando sui generi crackkosi si può dire così? (concedetemi la licenza XD)

 

E colgo l’occasione per ringraziare di nuovo la mia best e la mia Takara. Spero vi piaccia

 

Bye bye

 

yours Sae

 

 

 

 

 

  
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