Ciao
a tutti!!!! ......
Vi
prego non linciatemi e non copritemi di insulti. So di essere stata via
molto
tempo e so di avere due long in corso, ma non sempre si riesce a tenere
i ritmi
che uno vorrebbe e spero che possiate perdonare le mie lunghe assenze e
che
continuiate a recensire le mie fic e a farmi sapere che ne pensate. A
volte si
preferisce dare tempo ad un progetto perché si vuole essere
convinti di ciò che
si scrive e io non mi perdonerei mai di darvi un capitolo che considero
mediocre!
Detto
questo, abbiate pazienza! Le persone che mi seguono e non mancano mai
di leggere
ciò che scrivo sono sempre nei miei pensieri e naturalmente
non le lascerei mai
con storie incomplete!
Questa
one-shot riguarda un momento particolare ma non troppo significativo
nella vita
tre moschettieri. Speravo di farvi capire meglio come la mia mente
malata vede
il loro rapporto. L’ho partorita in autunno ed oggi
l’ho revisionata. Fatemi sapere
cosa ne pensate, mi raccomando! Un bacione a tutti!
Non è stata la serata
peggiore della sua vita. Continua a
ripeterselo ma non sa se crederci davvero. Probabilmente no, ma la
stanchezza e
la delusione per essere entrato nel giorno del suo venticinquesimo
compleanno
circondato da scartoffie ed intrappolato in un ufficio non lo rendono
abbastanza obiettivo. Appoggia la schiena allo specchio
dell’ascensore mentre
inizia la risalita verso l’attico, nel vano tentativo di
alleviare quella
sensazione di pesantezza che lo fa sentire come se si trovasse nella
Gravity
Room ed intanto tira fuori il telefono dalla tasca dei suoi
costosissimi
pantaloni.
L’ultimo messaggio di Goten
è delle 02:44. Marron ha
resistito un po’ di più. Il suo ultimo
“sbrigati sfigato-faccina che ride-emoticon
boccale di birra” è arrivato alle 03:35. Il numero
totale dei messaggi è
spaventoso e la cosa peggiore è che, tra un documento e
l’altro da revisionare,
li ha letti tutti. Spesso ha risposto. Ha chiesto pazienza e
pietà, li ha
pregati di non inviare più foto per potersi concentrare, si
è roso il fegato al
pensiero della sua festa di compleanno che si teneva senza di lui, ha
sperato
di poter finire in tempo per godersi almeno un bicchiere di champagne
con i
suoi amici… Il silenzio stampa delle ultime due ore parla
chiaro: la festa è
finita, Marron e Goten saranno finiti nel letto di qualcuno ubriachi
marci e
ricompariranno tra qualche giorno, a lui non resta che buttarsi a
dormire
ancora vestito e sperare che vedere Kari nel pomeriggio gli risollevi
il
morale.
In qualche momento ha pensato di
abbandonare il campo.
Uscire dalla finestra, volare fino a casa, farsi una doccia, cambiarsi
e
gettarsi nella certamente folle serata organizzata dai suoi migliori
amici… Il
maledetto orgoglio di eredità paterna gliel’ha
impedito.
Non è più un
ragazzino. Sua madre si aspetta grandi cose da
lui, grandi cose da questo primo incarico nell’azienda di
famiglia e i suoi
straordinari risultati accademici non lo fanno sentire al sicuro dai
pettegolezzi che lo ritraggono come il non meritevole figlio della
straordinaria
Bulma Brief, a cui la mamma ha garantito un posto ai vertici della
compagnia.
Apre sfinito la porta del suo immenso
appartamento e non
appena mette un piede nel salone buio capisce che qualcosa non va.
Qualcuno è
entrato prima di lui.
Si affretta ad accendere la luce e
gli si para davanti un
apocalittico scenario di distruzione. Potrebbe credere che siano stati
i ladri
a fare irruzione, se non fosse per lo striscione appeso alle vetrate
con
scritto “Buon compleanno, imbecille” e il cimitero
di bottiglie di alcolici
semivuote abbandonate ovunque.
E così, la festa era
lì. Goten e Marron dovevano essersi
sbattuti proprio un sacco per organizzarla a sua insaputa.
Evidentemente poi
non avevano resistito fino a quell’ora estremamente tarda e
se ne erano andati.
La cosa lo fa sentire ancora peggio. Prende nota mentalmente di
lasciare una
sostanziosa mancia per la cameriera il giorno seguente e si dirige in
camera
sua, desideroso soltanto di svenire incosciente sul suo letto.
Il suo letto però
è già occupato.
Goten si è sistemato su
buona parte. Giace con le braccia
spalancate, ancora completamente vestito e con le scarpe ai piedi.
Marron se ne
sta rannicchiata addosso a lui, con un abito di paillettes decisamente
fuori
stagione e fuori misura, visto che potrebbe venire dal guardaroba di
Bra.
Dormono beati.
Trunks sorride, si dirige in bagno
per svestirsi e lo fa
silenziosamente per non svegliarli. Magari non tutti sarebbero contenti
di
scoprire gli amici ad invadere il proprio letto, ma lui non ci vede
nessuna
violazione della privacy. Lo hanno aspettato. Sono rimasti per non
farlo
sentire solo il giorno del suo compleanno. Probabilmente anche
svaligiato il
suo mobile bar, adesso che ci pensa…
Esce dal bagno dopo aver infilato una
maglietta ed un
pantaloncino e fa per dirigersi in salotto. Con Goten in quella
posizione è del
tutto impensabile trovare posto persino sul suo immenso materasso.
“Auguri
vecchietto…”
Marron si è svegliata. Si
tira su ciondolante e gli regala
un sorriso non particolarmente sveglio.
“Oddio, che mal di
testa…”
“Non
parlarmene.”, le dice Trunks. “Almeno tu te lo sei
fatto venire bevendo.”
“Che ore sono? Sveglio
Goten? Le stripper dove sono?”,
biascica la ragazza stropicciandosi gli occhi.
“Stripper? Quali
stripper??”, domanda il giovane allarmato.
Nella sua testa si accalcano già funesti scenari, uno
peggiore dell’altro, in
cui Kari viene a sapere della cosa.
“Tranquillo, Athos.
Scherzavo.”, lo tranquillizza Marron
alzandosi e facendo scrocchiare le vertebre cervicali con gemiti di
sollievo.
“Molto divertente,
Portos.”, risponde il sayan guardandola
dirigersi nel suo guardaroba.
“Mi prendo un
pigiama.”, esclama lei sfilandosi il vestito
dalla testa e gettandolo a terra, non dando al ragazzo nemmeno il tempo
di
voltarsi dall’altra parte. Quasi altrettanto velocemente il
suo corpicino
scheletrico si infila in una maglietta alquanto sformata
dell’Hard Rock Café.
“Potresti avvisare quando
decidi di denudarti davanti ad un
uomo, sai?”
“Quante
storie…”, fa lei prima di immobilizzarsi a
guardarlo
con gli occhi sgranati.
“Aspetta! Tu…
sei un uomo?!”
Trunks raccoglie un cuscino finito
chissà come per terra e
glielo lancia, ma Marron riesce a scansarlo gettandosi sul letto.
Nemmeno il
sussulto del materasso riesce a disturbare il sonno di Goten, che
continua a
russare imperterrito.
“Vado a dormire. Ci vediamo
domani.”, le comunica il ragazzo
facendo per uscire.
“E dove vai,
scusa?”, gli domanda Marron sorpresa.
“Non vedi che non
c’è spazio, Portos?”, risponde Trunks
con
aria di sufficienza.
“Non essere
ridicolo…”
Marron si getta con tutto il suo
scarso peso su Goten e
facendo leva con il ginocchio lo fa ruotare su se stesso fino a
costringerlo in
un angolo del letto.
“Ora
c’è posto.”, sorride soddisfatta.
“Non vorrai dormire tutto
solo il giorno del tuo compleanno,
principino. Cosa ti hanno comprato mamma e papà? Un jet? Una
portaerei?”
Trunks la spinge ridendo verso il
centro del letto,
mandandola a sbattere contro Goten. Il sayan fa un buffo verso nel
sonno.
“Quando dorme sembra ancora
più imbecille del solito…”, fa
notare Trunks.
“Ti sei mai visto dormire,
Athos?”
“Ovviamente no,
genio.”
“Ecco, appunto.”,
lo zittisce la biondina.
Trunks si sdraia e si infila sotto le
coperte, tirandole via
da sotto il corpo esanime di Goten. Marron si ritrova di nuovo
sballottata
addosso all’amico.
“Smettila o lo sveglierai!
E gli farò chiamare davvero delle
spogliarelliste!”
Trunks ride, forte della sicurezza
che nulla riuscirebbe a
svegliare Goten.
“L’unica speranza
che hai di svegliarlo è abbassargli la
lampo e fargli un servizietto.”, la stuzzica il giovane.
“Faglielo tu! Sono sicura
che sei più bravo di me.”, ribatte
lei immediatamente.
Trunks allunga una mano per farle il
solletico, ma lo
squittio acuto della ragazza lo fa desistere. Meglio non concludere la
giornata
con una chiamata dei vicini alla polizia per presunto omicidio.
“Adesso dormiamo. Domani
devo vedere Kari.”, conclude il
sayan.
Marron annuisce e si accoccola contro
il fianco di Goten, la
mano intrecciata in quella che il sayan tiene abbandonata
sull’addome, la testa
appoggiata alla sua spalla…
Amanti. È quello che tutti
penserebbero vedendoli, ma Trunks
sa che non è così. Quello strano sentimento
morboso che lega i suoi migliori
amici un nome non ce l’ha. Non ancora, per lo meno. Secondo
tutti è solo
questione di tempo: un giorno quei due se ne accorgeranno e capiranno
di essere
anime gemelle, ma Trunks non sa cosa pensare. Difficile immaginare
Goten senza
il suo sport preferito: il rimorchio selvaggio. Altrettanto difficile
è
immaginare Marron che accetta di legarsi a qualcuno e di mettere su
famiglia.
Ma le persone possono cambiare, suo padre ne è un esempio
lampante.
“Pensi mai di poter trovare
la persona giusta con cui stare
per sempre?”, domanda il sayan a bruciapelo.
Marron si gira verso di lui spiazzata.
“Stai scherzando, vero? Sai
che non mi interessa.”
“Sì,
sì.”, si affretta ad interromperla Trunks.
“Ma fai
finta per un attimo che potresti volerlo… pensi che lui
andrebbe bene?”
Marron corruga la fronte. Si vede che
non capisce il perché
lui glielo stia domandando.
“Te lo chiedo
perché so che un giorno lui lo vorrà. Un
giorno vorrà una famiglia e so che la vorrà con
te.”, precisa lui.
Marron si gira un momento verso la
schiena di Goten, poi
torna a voltarsi verso Trunks.
“Cosa te lo fa
credere?”, domanda la ragazza.
Trunks le sorride.
“Sono quelle cose che tutti
sanno, no? Siete uguali. Vivete
in simbiosi. Vi leggete quasi nel pensiero. Goten se ne
accorgerà prima o poi,
ma tu?”
Marron si prende ancora qualche
secondo per rispondere.
“Se davvero dovessi
cambiare totalmente idea, immagino che
potrebbe andarmi bene. Fonti attendibili dicono che sa come appagare
una donna!”,
la butta sul ridere lei.
“Tuttavia non credo che
succederà, pensavo che tu sapessi
perché siamo così... appiccicosi.”
“Non hai capito. So che
adesso siete amici. Sto solo dicendo
che tra parecchi anni questo vostro somigliarvi potrebbe condurre ad
altro.”
Marron si mette supina e gli appare
pensierosa.
“Tu e Bra mangiate gli
stessi cereali e mettete lo stesso
numero di cucchiaini di zucchero nel tè.”
Trunks aggrotta le sopracciglia
confuso. Cosa c’entra Bra?
“Bra è mia
sorella.”, fa notare lui, come se ce ne fosse
bisogno.
“So che può
sembrare strano. Ma è come se io e lui lo
fossimo, capisci? Tra 10 anni probabilmente la sola idea di stare con
lui mi
farà ribrezzo. Tu staresti con tua sorella?”
Trunks fa una smorfia di disgusto.
“Ecco, vedi? Immagina di
essere il migliore amico di tua
sorella. È più o meno quello che siamo
noi.”
Trunks non ne resta molto convinto.
“Tu e Goten.”,
riprende lei, “…io e te. Come ci definiresti?
Non è strano quello che abbiamo?”
“Sì…”,
ammette infine lui. Non aveva pensato ad includere se
stesso nell’analisi e aveva sbagliato. Lui e Goten erano
certamente più che
semplici amici.
A pensarci bene, non sa nemmeno se
ciò che li lega tutti e
tre possa essere definito come semplice amicizia fraterna. Forse
all’inizio era
così. Ma dopo tutto quel tempo le cose si sono fatte
più complicate: la sola
idea di un mondo senza Marron e Goten è diventata assurda e
non è sicuro che
essere amici implichi quel grado di interdipendenza.
“Lui
è il mio momento
sicuro.”, sussurra Marron ad un certo punto.
“Come?”, chiede
lui sicuro di non aver capito bene.
“Il momento sicuro. Quel
ricordo in cui un’altra persona ti
ha fatto sentire al sicuro da tutto. Come se niente di brutto potesse
più
capitarti…”, spiega lei giocherellando con alcune
ciocche dei suoi capelli
sparsi sul cuscino.
“Oh, capisco.
Perché lui?”, chiede il sayan curioso.
“È solo una cosa
stupida...”
“E da quando non ci diciamo
le cose stupide?”, la incalza.
Marron si gira a guardarlo e dopo un
istante di incertezza
si decide a parlare.
“Ero piccola, non ricordo
quanto esattamente. Ma so per
certo che il palloncino che mi avevano appena comprato mi era sfuggito
di mano
e lo vedevo allontanarsi nel cielo. Ero disperata…”
“Sì, immagino.
Chi potrebbe sopravvivere ad un evento del genere?”,
la schernisce lui.
Marron gli da una manata sul naso
ridendo.
“Comunque piangevo a
più non posso”, prosegue lei
“…e
ricordo che a un certo punto ho aperto gli occhi e davanti a me
c’era Goten con
il palloncino in mano. Mi ha sorriso, me lo ha legato bene al polso e
mi ha
abbracciata. Sarà anche stupido, ma è il mio
momento sicuro.”
Trunks non la deride. Quello che si
è lasciata tirare fuori
dalla bocca è la pura verità. Si capisce
dall’intensità della confessione un
po’ infantile e dal colorito leggermente roseo che le sue
guance hanno preso.
Marron è un’attrice straordinaria, un vero
portento nelle sceneggiate e del
tutto priva di senso della vergogna, ma allo stesso tempo è
davvero facile per
chi come lui la conosce davvero capire quando i suoi veri sentimenti
riescono
ad affiorare.
“Per Goten sei tu. Lo sai,
vero?”, gli dice la ragazza
togliendosi dall’imbarazzo.
Non risponde. Sì, lo sa.
Nel momento più buio della vita del
suo migliore amico lui è stato l’unico a restargli
vicino… l’unico ad abbracciarlo
e a dirgli che tutto si sarebbe sistemato. Non Gohan. Non sua madre
Chichi.
Ovviamente non Goku. Lo ricorda come se fosse passato un giorno: il
ragazzo più
solare del mondo, spezzato dai singhiozzi e dal peso dello sbaglio che
ha
fatto. Era il suo migliore amico, qualcosa di più che un
fratello per lui e
dargli conforto era stato tutto quello che desiderava e poteva
offrirgli in
quel momento…
“E tu?”, lo
distrae Marron.
“Eh?”, risponde
lui d’un tratto di nuovo presente.
“Qual è il tuo
momento sicuro, Athos?”
Trunks comincia a guardare il
soffitto, ma risponde
prontamente.
“Immagino quando mio padre
è tornato sulla Terra, dopo la
sconfitta di Majin Bu.”
Marron gli sorride comprensiva. E lui
non si pente di averle
mentito. Non sa perché l’ha fatto: forse per non
aggiungere un altro
inquietante tassello a quella strana connessione circolare tra loro
tre, al
loro dividere il letto un giorno sì ed uno no, al loro
essersi tatuati ognuno
la proprio iniziale dei tre moschettieri… o forse sono solo
i geni di sua padre
ad impedire lo sbandieramento delle sue fragilità.
Il suo momento sicuro. Anche se ha
finto di no, ha capito
subito il significato di quell’espressione. Non si riferisce
al sentirsi
protetti ed amati: ovvio che la sola presenza dei suoi genitori ogni
giorno
della sua vita l’abbia rassicurato al riguardo. Quello che
Marron intende è
l’inaspettato e gratuito antidoto alla paura da parte di
qualcuno che non te lo
deve, qualcuno che non condivide con te un rapporto di parentela
biologico.
Era successo un pomeriggio
d’inverno, forse prima di aver
compiuto 20 anni.
Si era ammalato poche volte nel corso
della vita, grazie
alla robustezza della sua natura sayan, ma quelle poche volte che era
capitato,
il malanno si era rivelato di eccezionale gravità. Secondo
sua madre era per
via del genoma sayan: a volte un banale raffreddore terrestre poteva
rivelarsi
fatale per un individuo il cui organismo non avesse mai incontrato
prima quella
malattia. Bulma gli aveva trasmesso la capacità di resistere
ad alcune di quelle
comuni patologie che i terrestri ormai combattevano da secoli, ma
quell’anno
era stato sfortunato. Si trattava solo di influenza, ma aveva rischiato
di
ucciderlo davvero. Appena capita la gravità della
situazione, Bulma si era
affrettata ad allontanare Goten e Bra, per paura che anche loro si
ammalassero
e Trunks era stato
confinato in camera,
senz’altra compagnia se non quella degli aghi nelle braccia a
somministrargli
lentamente potenti dosi di antivirali. Quando anche il peggio era
passato, sua
madre aveva cominciato a diredare le visite, presa dalla mole di lavoro
lasciata in sospeso: gli portava da mangiare, gli assicurava che suo
padre
chiedeva delle sue condizioni, gli diceva che presto sarebbe guarito e
che
avrebbe potuto di nuovo uscire all’aperto.
Quel pomeriggio in particolare si
sentiva molto depresso ed
era scosso dai brividi: la febbre aveva avuto uno dei consueti e
fastidiosi
rialzi. Non vedeva Goten da un paio di settimane e sentiva persino la
mancanza
di quella peste di Bra e del broncio perenne di suo padre. Aveva
sentito la
porta aprirsi e gli era sembrato strano. Sua madre era passata per
pranzo e gli
aveva detto che non poteva fermarsi molto.
“Hai una faccia ancora
più brutta di quanto pensassi.”,
aveva sentito prima ancora di mettere a fuoco il viso del visitatore.
Non poteva
dirsi felice di aver scoperto chi fosse.
“Chi ti ha detto di
entrare?”, aveva replicato freddo,
tirandosi le coperte fin sotto il mento.
“Lo sai che sei simpatico
come una scheggia nell’occhio?”
Ragazzina fastidiosa. Marron abitava
in quella casa da pochi
mesi, ma per Trunks si era rivelata fin da subito insopportabile. Da
quando era
arrivata per frequentare la West High School, lui e Goten non avevano
avuto più
un attimo di pace. Lei riusciva ad inserirsi in qualsiasi cosa
facessero, e non
sapeva se trovava più irritante che una stupida mocciosa si
fosse intromessa
non richiesta nel suo rapporto con Goten o che Goten la trovasse tanto
divertente.
“Vattene, Marron.”
“Oh, sta zitto!”,
gli aveva risposto lei scocciata.
Non aveva fatto in tempo a replicare
nulla. Marron aveva
scansato le sue coperte e si era infilata nel suo letto, lasciandolo
letteralmente senza parole. Quando aveva realizzato che non era la
febbre a
farlo delirare, aveva provato a protestare ma Marron si era limitata a
sistemarsi più comodamente nella porzione di materasso da
cui lo aveva
scansato.
“Adesso ti faccio
compagnia. Tu non fiatare e non rompere le
scatole, d’accordo?”
Una parte di Trunks aveva meditato di
buttarla giù dal
letto, ma non era sicuro di averne le forze. Si augurava solo che
nessun altro
decidesse di fargli una visita a sorpresa vista
l’assurdità della situazione.
Sua madre sarebbe stata capacissima di credere che aveva sedotto
un’innocente
fanciulla, per giunta ospite in casa loro e figlia di cari amici. E
Marron
poteva passare benissimo per una sorta di vergine Maria, se non che
Trunks
aveva avuto modo di vedere la vera Marron all’opera quando
non c’erano adulti
intorno; una cosa che l’aveva deciso a confinare Bra in
camera sua non appena
avesse compiuto 13 anni.
Scosso dai brividi, si era a malapena
reso conto che Marron
gli si era rannicchiata sul fianco. Il suo calore era piacevole e gli
ricordava
la sensazione di avere vicino il suo gatto. Non era più
riuscito a pensare di
allontanarla; per quanto indesiderato quel contatto fisico era riuscito
a farlo
sentire meglio. Non era più solo.
Ricordava di essersi addormentato,
abbandonato poco alla
volta all’abbraccio della sua nuova amica. Ci sarebbe voluto
ancora un po’ di
tempo per accettarla del tutto, andando a costituire quel trio che
ormai
sembrava indissolubile, ma dopo quella volta, Marron per lui sarebbe
sempre
stata quel corpo caldo e confortante, quella canzoncina canticchiata a
bocca
chiusa per farlo addormentare… il suo momento sicuro.
“A cosa pensi?”,
lo riporta alla realtà la ragazza.
“A
niente…”
Marron si fa andare bene la risposta.
Quando Trunks la vede
sporgersi verso di lui crede per un momento che voglia colpirlo come da
consueto dispetto e chiude gli occhi. Invece è proprio sulle
sue palpebre
chiuse che lei posa un bacio leggero, solleticandogli il collo con i
capelli
sciolti.
“Buonanotte,
Trunks.”, gli sospira allontanandosi e tornando
a dargli la schiena per circondare Goten con un braccio.
“Buonanotte.”,
risponde il sayan sistemandosi
prono e accogliendo finalmente
il sonno.
Forse sta già sognando.
Eppure prima di piombare
nell’incoscienza gli sembra di sentire quel motivetto
canticchiato tra le
labbra, quella nenia che anni prima faceva vibrare il petto di Marron
come se
stesse facendo le fusa. E a quel punto non sa più dire se la
mano che si è
improvvisamente intrecciata alla sua sia reale o no.
Ma lui la stringe comunque.