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Autore: Giulia23    12/01/2014    9 recensioni
SEGUITO DELLA FANFICTION "TIMELESS" DA ME SCRITTA e senza la quale non capirete poi molto =)! Non posso scrivere molto della trama senza spoilerare la prima parte, ma spero che questo vi piaccia e vi invogli a leggere la storia : < Devi smetterla, devi smetterla di metterti in mezzo.> le ringhiò contro Klaus, afferrandola rudemente per un braccio e portandola contro di sé. Era furioso con lei, ma il desiderio di stringerla tra le braccia era sempre stato più forte di qualsiasi turbamento, qualsiasi furibonda discussione.
< Volevo aiutarti, non volevo mettermi in mezzo ma se è questo che pensi, puoi stare tranquillo! Non entrerò più nella tua vita!> urlò per tutta risposta Caroline mentre si dimenava furiosamente tra le braccia di Klaus, ma una fitta alla schiena la fece tremare sulle sue stesse gambe. Klaus accorse a sorreggerla prontamente e la cullò contro di sé e chiuse gli occhi nel tentativo di cancellare la visione della sua Caroline così sofferente.
Genere: Azione | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Caroline\Klaus
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
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Salve mie care donzelle, che dire se non buona lettura e… ci risentiamo alla fine del capitolo shock?  Lo so, breve e criptica, ma capirete il perché! ;)
 
 
 
 
 < Cosa diavolo significa? Cos’è un’eco? Sono .. sono morta davvero?> domandò Caroline con la voce rotta dai suoi profondi respiri. Scattò in piedi allarmata, pronta ad uno scontro che sapeva non sarebbe mai avvenuto.
 < Nella tua vita passata sì, sei morta ma questo non significa che riaccadrà. Potrebbe essere solo … un avvertimento o…> ma persino la voce di Amanda scemò pian piano, fino a lasciar trapelare il suo sconcerto e la sua preoccupazione.
 < Perché Klaus allora non ricorda nulla? Io posso anche capire, sono morta cavolo ed era un’altra vita, ma lui … non ha senso! È sempre lo stesso Klaus e solo gli Spiriti potrebbero aver avuto il potere di …> Caroline sbarrò gli occhi, portandosi una mano alla bocca quasi per cancellare ciò che aveva appena detto. Non poteva essere così, non poteva aver vissuto una vita precedente, essersi innamorata di Klaus, aver aspettato un bambino per poi venire uccisa e solo per vedersi portare via tutto, persino il ricordo di lei nel cuore di Klaus, a causa degli Spiriti. Non di nuovo, non aveva senso. E a dire la verità faceva troppa paura perché poteva significare solo una cosa, nessuno, persino la madre di Klaus voleva la loro unione.
 < Era solo un brutto sogno, un… > cercò di autoconvincersi, ma la voce le mancò e Caroline si coprì il volto con le mani nel disperato tentativo di non scoppiare a piangere. Dovevano sicuramente essere gli ormoni ormai impazziti a farla reagire così, doveva essere il fatto che Klaus le stava di certo nascondendo qualcosa o doveva essere il fatto che quella Caroline, nel passato, sembrava amare il piccoletto che portava in grembo come lei non riusciva ancora a fare. Stava tirando delle conclusioni affrettate, poteva davvero essere tutto un brutto sogno, il destino non poteva essere così crudele con loro.
 “Il bambino non poteva, non doveva nascere.” La voce di Esther risuonò nella sua mente, ma Caroline si sforzò con tutte le sue forze di mettere a tacere i dubbi che stavano cominciando ad offuscarle la testa.
 < Caroline!> Klaus irruppe nella stanza, allarmato dai suoni che aveva sentito provenire dalla loro camera da letto.
Scansò bruscamente le tre streghe e si fermò davanti alla ragazza. Osservò ogni centimetro del suo corpo … non sembrava ferita. Allungò una mano, pronto a cingerla per la vita e stringerla a lui ma la ragazza si scansò.
 < No, no non posso ora!> disse con voce stridula Caroline, prima di superarlo e correre giù per le scale. Voleva fuggire da tutto quello, da quella vera e propria pazzia e soprattutto non si sentiva pronta ad affrontarlo.
L’Originale si voltò per guardare l’ibrido uscire dalla stanza, con aria esterrefatta. Ma ben presto lo sconcerto lasciò il posto alla rabbia, aveva visto Caroline così sconvolta poche volte da quando aveva imparato ad amarla.
 < Cosa le avete fatto?> ruggì Klaus, afferrando Amanda per le spalle e bloccandola contro il muro. La strega sussultò per lo spavento e cominciò a tremare, ma non abbassò lo sguardo e lo fissò con aria forzatamente serena.
 < Nulla. Ho solo cercato di mettermi in contatto telepatico con lei per vedere, ma … abbiamo ri-scatenato il fenomeno. Si tratta di un’eco. E a quanto ho visto è un’eco di morte. Credo che la sua vita passata stia cercando di avvertirla e forse c’è di mezzo uno Spirito, ma non ne sono sicura.> si spiegò  con voce forzatamente calma.
Klaus la lasciò andare con poca grazia ed ignorò la sorella, che cercò inutilmente di farlo calmare. Doveva seguire Caroline, doveva parlare con lei.
Scese le scale di corsa e si precipitò in salotto dove vide Caroline versarsi da bere, vicino al tavolino degli alcolici.
 < Non credo che questo possa farti bene.> sussurrò serio, con aria di rimprovero mentre le afferrava il bicchiere di whisky dalle mani e lo portava alle sue labbra, per mandarlo giù tutto d’un fiato.
Caroline lo fulminò con lo sguardo, ma sapeva di non poter replicare. Maledizione, voleva solo qualcosa per calmare i nervi!
 < Adesso hai deciso di dover mettere bocca persino su quello che intendo o non intendo inserire nel mio organismo?> gli domandò con tono stizzito la ragazza, si sentiva così infuriata con lui.
Klaus posò il bicchiere ormai vuoto sul tavolino e girò il volto per guardarla. Era perplesso e irritato, ma Caroline poteva giurare di averlo ferito.
 < Finchè nostro figlio sarà nel tuo organismo, si Caroline, ho intenzione di mettere bocca su tutto quello che fai, non solo su ciò che intendi bere.> le rispose con voce calma, glaciale mentre si versava un altro bicchiere di whisky.  Caroline deglutì rumorosamente e si morse un labbro per cercare di non esplodere. Decise di fare qualche passo indietro ed allontanarsi da lui.  Quelle parole l’avevano ferita enormemente.
L’ibrido si indirizzò a passo svelto verso l’ingresso ed afferrò il suo soprabito, pronta ad andare via da quella casa a costo della vita. Una maniaca del controllo che non aveva nemmeno più il controllo sulla propria vita, doveva apparire esilarante ad occhi estranei.
Ma non appena posò la mano sulla maniglia e socchiuse la porta, Klaus apparve al suo fianco, bloccandogli l’uscita.
 < Fammi passare.> sibilò a denti stretti la ragazza. Sentì la calda mano dell’ibrido posarsi sulla sua e solo allora Caroline sollevò lo sguardo.
 < Non voglio renderti infelice, tutto ciò che faccio è per tenerti al sicuro. > le disse Klaus con voce roca, provata mentre incatenava i suoi occhi sinceri a quelli di lei.
Era magnifico come ogni volta Caroline riuscisse a perdersi dentro quelle iridi di un blu così intenso da apparire nere a volte. Sospirò pesantemente e distolse lo sguardo. Non poteva parlare con lui sotto l’effetto dell’incantesimo che Klaus sembrava avere su di lei. Quel viso simmetrico, quel naso perfetto e quelle labbra carnose, quelle labbra…
 < Anche il clan di streghe che hai riunito a mia insaputa è per tenermi al sicuro? Oppure è solo un modo per ottenere New Orleans?> domandò Caroline con fare altezzoso, cercando di nascondere quanto quella conversazione le stesse facendo male.
 < Avrei dovuto dirtelo, ma non avresti mai accettato la cosa.  E se anche volessi New Orleans, la vorrei per costruire un regno insieme. Un regno sicuro dove poter far …> ma Caroline non lo fece finire. Sapeva benissimo cosa Klaus stesse per dire e l’ultima cosa di cui avesse bisogno in quel momento era parlare dell’argomento tabù: il bambino.
 < Le stai ricattando non è vero? Cosa hai fatto? Hai rapito qualcuno dei loro familiari, li hai minacciati di morte?> domandò con rabbia l’ibrido. Klaus diventò una statua di sale, rimase pietrificato e alquanto alterato a guardarla.
 < Sarei disposto a pagare qualsiasi prezzo, se significasse tenerti al sicuro.> scandì ogni parola con lentezza, quasi per sottolinearne l’importanza. Quella che in realtà non fu altro che una conferma, la fece traballare sulle sue stesse ginocchia. Quando si trattava di lei, Klaus perdeva la cognizione di giusto o sbagliato. Lo sapeva, avrebbe dovuto immaginarselo. Era stata stupida.
 < Io no. Non sono disposta a diventare un’assassina, non sono disposta a rendere la vita di un altro essere umano un inferno solo perché sei diventato troppo paranoico per capire che tutto quello di cui ho bisogno sei tu!> urlò la ragazza, lasciando che le lacrime trovassero la loro strada lungo le sue guance. Non potè osservare lo sguardo ferito di Klaus, le sue labbra contratte e la sua fronte corrucciata, non aveva avuto la forza di riaprire gli occhi.
Sentì le mani di Klaus cingerle il viso, le sue soffici labbra posarsi dolcemente sulle sue e finalmente si sentì al sicuro.
 < Sono qui amore, sono tuo. > le sussurrò contro le labbra mentre posava la fronte contro quella di Caroline.
 < Ma Caroline devi capire … Troppi nemici arrischiano alla nostra vita, ed io non posso farmi trovare impreparato perché questo significherebbe non aver fatto tutto ciò che era in mio potere per difendere la mia famiglia. Se le posizioni fossero invertite, cosa c’è che non faresti per salvarmi la vita?> le domandò l’Originale mentre allontanava di poco il viso da quello di Caroline per guardarla negli occhi.
La ragazza lo fissò di rimando con aria spiazzata. Cercò di pensare a qualcosa, i suoi principi morali, la sua umanità, ciò in cui credeva … avrebbe sacrificato tutto per lui.
Avrebbe ucciso, cospirato e persino mentito alla sua famiglia per lui. Avrebbe messo se stessa in prima linea per Klaus, sarebbe morta pur di salvarlo e lo avrebbe fatto con gioia.
Una nuova consapevolezza nacque in Caroline in quel momento. Era finito il tempo delle favole, il tempo del nero o del bianco. Aveva scelto di stare al fianco di un Originale, di Klaus Mikaelson e doveva cominciare a comportarsi come la situazione attorno a lei richiedeva. Doveva crescere e non doveva farlo solo per loro due.
 < Parlerò io con le streghe, cercherò di convincerle a collaborare con noi senza che tu le tenga sotto scacco.> disse tutto d’un fiato l’ibrido, mostrandosi così coraggiosa e determinata da farlo sorridere.
 < Caroline.> la ammonì Klaus tornando subito serio e facendo scorrere con sensualità le mani lungo le braccia della ragazza.
 < Lasciami tentare. Se non riuscirò a fare come dico io, ricorreremo alle tue maniere.> sussurrò Caroline mentre cercava di mantenere il controllo, di restare lucida quando le mani di quel dannato seduttore le scorrevano lungo il corpo.
 < Va bene.> disse in un soffio Klaus, posandole l’indice sulle labbra per dischiuderle. Sembrava ammaliato dalla stupenda e determinata creature che aveva davanti a sé, e lo era. Lo era stato dall’attimo preciso in cui aveva posato i suoi occhi su di lei.
Caroline spalancò gli occhi, sorpresa della risposta di Klaus e senza pensarci lanciò le braccia attorno al suo collo e lo baciò, facendolo sorridere.
 < Ma io verrò con te.> puntualizzò l’Originale mentre stringeva le braccia attorno alla vita di Caroline, per ricambiare il suo calore.
 < Solo se starai zitto e in disparte.> ordinò Caroline puntandogli contro un dito ammonitore. Klaus stava per controbattere, ma la ragazza posò l’indice sulle labbra di Klaus e gli sorrise birichina.
 Era assurda e sensazionale, allo stesso tempo il modo, la velocità con cui potevano passare dal più profondo litigio al più amorevole bacio. Ma lo amava, lo amava anche per questo.
 < Devo chiederti una cosa importante.> disse la ragazza, tornando seria. Klaus allentò l’abbraccio per guardarla meglio in volto, aveva la sua attenzione.
 < Hai ricordi di me? Di me in una vita passata intendo, non so magari del 900? Mi hai già incontrata prima ed hai avuto paura di rivelarmelo? > domandò mentre il suo cuore cominciava a battere più velocemente, terrorizzata dalla risposta che avrebbe potuto avere.
Klaus corrugò la fronte e piegò il viso di lato, dubbioso.   < Mi sarei di certo ricordato di te, mi sarei innamorato di te … Non ti avrei mai lasciata andare. Saresti la mia compagna da quasi mille anni, se fosse stato così.> le sussurrò seducente contro un orecchio mentre la inchiodava al muro e faceva salire la mano lungo la pancia della ragazza, sollevandole il leggero top color panna.
Caroline gettò fuori un sospiro di sollievo misto a piacere quando la lingua di Klaus si insinuò prepotentemente dentro la sua bocca.
Adorava fare pace con lui.
Cominciò a sbottonare i bottoni della aderente camicia scura dell’Originale e sussultò quando la mano di Klaus si insinuò seducente dentro il suo reggiseno. I baci di Klaus scesero a deliziare il suo collo e Caroline, ormai in preda al mix di lussuria e piacere che solo lui, con un tocco sapeva donargli, gli strappò letteralmente la camicia, facendo saltare gli ultimi bottoni.
  < Era nuova.> Sussurrò Klaus sorridendo prima di tracciare una linea immaginaria con la sua lingua. Lungo il collo di Caroline. Essere desiderato da lei era il dono più prezioso che l’intera esistenza gli avesse concesso. Lo aveva desiderato così ardentemente quando Caroline gli mostravo null’altro che odio, risentimento e solo un briciolo di affetto.
 < Te la ricomprerò.> sussurrò in un gemito Caroline, portando la testa indietro e mordendosi le labbra quando Klaus la schiacciò contro il muro con il peso del proprio corpo. Facendole sentire quanto la desiderava.
Klaus sbuffò contro il suo collo, eccitato. < Non mi importa della camicia. Puoi strapparne quante ne vuoi, in ogni momento della giornata.> le sussurrò con lussuria contro l’orecchio, facendola sorridere. Con uno scatto improvviso  afferrò la gamba di Caroline, sollevandola e facendo scorrere lentamente la mano fino al suo fianco.
 < Ragazzi! Nick dannazione! Non voglio rimanere traumatizzata a vita!> la voce stridula di Rebekah risuonò dal piano superiore, facendoli scoppiare a ridere.
Avevano completamente scordato che nella loro camera da letto si trovavano ancora Rebekah e le tre streghe.
In realtà, forse quell’interruzione era proprio quello che le ci voleva. Quelle strane visioni si stavano facendo sempre più frequenti ed intense e lei aveva davvero un dannato bisogno di capirci qualcosa prima di parlarne con Klaus. Senza scordare il fatto che quando si trovava vicino a lui perdeva il senso di ogni cosa. Sapeva che doveva essere arrabbiata o persino impaurita ma finchè le forti braccia dell’uomo, che più di tutti in vita sua aveva saputo stupirla, la tenevano stretta … nulla aveva più senso. Nulla che non fosse loro due.
 < È stata una lunga giornata. Ho bisogno di uscire e di vedere Stefan, o devo chiedere il permesso anche per questo?> sussurrò Caroline tra il sarcastico ed il piccato. Senza sciogliere la provocante posizione in cui erano intrecciati.
Klaus si avvicinò maggiormente a lei e le accarezzò dolcemente il viso, mentre si inebriava del profumo dei suoi capelli.
 < Per favore, torna da me quando avrai finito.> sussurrò lui come risposta.
La frustrazione che, latente, sentiva ancora pervadere il suo corpo, sembrò diminuire. Finalmente Klaus aveva smesso di darle ordini. Forse il suo ibrido imparava in fretta la lezione. Quando era per lei.
Caroline annuì e si lasciò baciare sulla fronte. Il tocco delicato di Klaus la fece quasi desistere dal suo intento di allontanarsi da lui, ma il bisogno di sfogarsi col suo migliore amico, per non uccidere il suo amante, era impellente.
 < Cosa hai visto?> le domandò Klaus, prima che Caroline potesse fuggire. La ragazza sapeva benissimo a cosa Klaus si stesse riferendo, aveva sicuramente sentito Amanda dirgli che si trattava di un’eco di morte ma non si sentiva pronta a rivelare tutto ciò che aveva visto a Klaus. Gli abusi del padre, l’odio che gli aveva riservato, l’assassinio della madre. Era strano ma sentiva che  doveva essere lui a parlargliene, spontaneamente.
 < Io, in un’epoca passata, credo il 900 … venivo uccisa. Ero umana ed ero incinta e c’eri tu … è tutto quello che riesco a ricordare.> mentì la ragazza senza avere il coraggio di guardarlo negli occhi.
 < A me sembra più un brutto sogno.> gli sorrise Klaus per rassicurarla. Ma nessuno dei due si era bevuto la “menzogna” e la falsa serenità che tentavano disperatamente di mostrare all’altro.
Beh era stato Klaus ad iniziare con la storia dei segreti, lei aveva semplicemente deciso di rimandare l’ora della confessione per essere certa che quello che aveva visto fosse vero. Doveva trovare Bonnie e doveva avere delle risposte quella sera stessa o sarebbe impazzita. Poi avrebbe permesso al suo ibrido di andare in iperventilazione per lei e mobilitare l’F.B.I. , la C.I.A. e persino l’A-team per adoperarsi nel suo salvataggio.
 < Puoi parlare con me di tutto, lo sai?> sussurrò la ragazza rivolgendogli un sorriso stanco. Klaus la guardò perplesso ed annuì.  < Lo so.> rispose con sincerità.
Caroline distolse lo sguardo da quello di Klaus ed aprì la porta per correre verso il buio della notte.
 < Ma non lo fai.> sussurrò cercando di trattenere le lacrime.
 
 
 
 
 
 
 
 
Correre le faceva sempre bene. La aiutava a pensare, a scaricare la rabbia in eccesso che a causa della sua recente trasformazione in ibrido, non sapeva ancora controllare molto bene. Era diretta a casa Salvatore, dove sapeva avrebbe trovato Stefan, ma decise di fare un percorso più lungo, nascondendo un sorriso al pensiero di Klaus che con ogni probabilità la stava pedinando. Magari lo avrebbe confuso facendogli credere che stesse andando dal suo amante, ben gli stava! Era così protettivo a volte.
Una fitta alla testa la costrinse a rallentare. Sentì le braccia all’improvviso più pesanti e quando sollevò le mani per capire cosa la stesse trattenendo vide delle spesse catene di ferro legarle i polsi per poi congiungersi tra loro. Un’altra fitta e tutto era magicamente tornato alla normalità.
 < Caroline.> un sussurrò quasi straziante provenne dalla foresta attorno da sé. Da nessun luogo distinto e solo quando si voltò per guardare alle sua spalle, la vide.
Tatia o forse il suo fantasma, il suo Spirito – non poteva dirlo con certezza a quella distanza – sembrava correre e nascondersi tra gli alberi, giocando a nascondino.
Tutto era più che inquietante ma Caroline aveva delle domande da fare e delle rispose da ottenere. Con la super velocità corse da lei, ma una volta raggiunta, Tatia sembrò svanire.
 < Tatia! Sei tu?> domandò l’ibrido girando su se stessa, alla ricerca dell’amica.
  < Ti prego dimmi che non è un’altra eco, che sei tu e non una strana visione! Ho bisogno del tuo aiuto!> gridò la ragazza. Ma la foresta non rispose.
 < Ho vissuto un’altra vita prima? Perché non la ricordo, perché Klaus non ricorda? Perché sono tornata?> domandò freneticamente, sperando che almeno una delle sue domande venisse ascoltata.
Un fruscio alla sua destra catturò la sua attenzione. Le sembrò per un attimo di avere davanti la sua migliore amica Elena, ma il lungo abito color cremisi che lo spirito stava indossando, la riportò alla realtà.
 < Sei un fantasma.> sussurrò Caroline di fronte a Tatia. I suoi occhi non erano verdi, ma marroni proprio come quelli di Elena. Per questo aveva stentato a riconoscere l’amica che l’aveva tanto aiutata durante il suo viaggio nel passato.
Tatia le sorrise di un sorriso rassicurante, quasi per non spaventarla. Allungò le mani verso di lei, come per invitarla ad uno strano girotondo.
 < Sorella.> sussurrò il fantasma, prima di svanire nell’aria come fosse stato fatto di nebbia.
Un altro rumore provenne dalle sue spalle e quando Caroline si voltò, da un alto cespuglio sbucò un lupo. Gli occhi gialli ed i lunghi canini le suggerirono che non si trattasse di un lupo qualsiasi, ma di un lupo mannaro.
Caroline si acquattò emettendo un basso ringhio, pronta allo scontro ma il lupo dopo aver mostrato i denti e teso i muscoli, annusò l’aria sollevando il capo ed indietreggiò. Abbassò le orecchie e senza allontanare gli occhi dalla ragazza indietreggiò fino a scomparire.
 < Cosa?> bofonchiò Caroline, sotto shock. Cosa cavolo stava succedendo al mondo attorno a lei? Stavano per caso tutti impazzendo?
Quel lupo sembrava avercela avuta con Tatia, non con lei. Ma perché un licantropo dovrebbe voler azzannare un fantasma e non una ragazza in carne e ossa? Sicuramente lei era più succulenta.
L’ibrido scrollò la testa e decise di allontanarsi da quel posto il più in fretta possibile. Aveva bisogno di una camomilla, di un bagno caldo, di dimenticare quella assurda giornata. Aveva bisogno di Stefan.
 
 
 
 
 
 
 
  < Quindi ho voglia di sgozzarlo! Ma di sgozzarlo sul serio! Per questo me ne sono andata, perché non so cosa fare ed uccidere Klaus non mi sembra la soluzione ai miei problemi! Oltremodo a quel maledetto modo di fare , riesce a farmi dimenticare il motivo per cui ce l’ho con lui con la stessa velocità con la quale i fa infuriare a volte! Ah ti ho parlato del licantropo che ho incontrato poco prima? Ringhia, sta per attaccarmi, mi annusa e poi se ne va! Il che mi fa pensare che ho l’impellente bisogno di una doccia! È tutto così assurdo Stefan … Un’altra vita…precedente e che né io, né Klaus ricordiamo. Non ha senso. E poi perché ricordare proprio ora? Potrebbe essere un piano diabolico architettato dagli Spiriti per farmi fare un altro viaggetto nel tempo! Ah ma questa volta non ci casco!> sproloquiò alla velocità della luce Caroline, mentre camminava avanti ed indietro di fronte ad uno Stefan vicino all’esasperazione, ma velatamente divertito da quel lato del  carattere della sua amica. Era seduta con una gamba elegantemente appoggiata sul ginocchio e si girava tra le mani un bicchiere di bourbon senza berlo. Si trovava in quella posizione da più o meno venti minuti, cioè da quando quella furia bionda aveva fatto irruzione a casa sua ed aveva iniziato a blaterare senza sosta.
 < Stef? Stefan!> sbottò la ragazza che lo stava chiamando da ore.
 < Cosa?> domandò sconcertato il vampiro, appena riemerso dai proprio pensieri.
 < Dammi un consiglio! Tu cosa ne pensi?>  ripetè Caroline, esasperata.
 < Come, già finito il tuo sproloquio?> domandò il vampiro, cercando di trattenere una risata che uscì fuori non appena Caroline si sedette a fianco a lui, incrociando le braccia e mettendo il broncio come una bambina.
 < Sei inutile!> bofonchiò Caroline, ma Stefan posò il bicchiere sul tavolino ed allungò un braccio sulla spalliera, per agguantarla in un abbraccio fraterno e rilassato.
 < Punto primo, questa mi sembra una storia per Bonnie, lei sarà certamente in grado di capirci più di quell’Amanda. Punto secondo: è il caso che tu non dica a nessuno del piccolo esercito di streghe che Klaus ha radunato, soprattutto ai nostri amici che già faticano così, ad accettarlo. Punto terzo: cosa mi stai nascondendo?> le domandò, voltando il viso per indagare ogni turbamento che quella domanda avrebbe riscosso nell’amica.
Caroline sbarrò gli occhi e deglutì, apparendo completamente colpevole. Non poteva dire a nessuno dell’argomento tabù, era tabù per la miseria! Oltremodo sarebbe stato inutile dirglielo. Non appena Klaus lo sarebbe venuto a sapere avrebbe soggiogato di nuovo Stefan affinchè lo dimenticasse.
 “ Oh si, proprio un’ottima scusa …fifona!” le urlò contro la sua vocina.
 “ Non ho paura di dirlo a Stefan! Lui capirà!” la rimproverò, iniziando una bislacca conversazione con se stessa.
 “ Dirlo a Stefan significa …” le suggerì quell’irritante parte razionale che era nel suo cervello.
 “ Dirlo a me stessa, renderlo reale… ed io non sono pronta ad essere madre.” Concluse la ragazza, avvertendo una spiacevole sensazione irradiarsi dal suo stomaco.
  < Potrei effettivamente star omettendo qualcosa dal racconto, ma se lo stessi facendo, cosa che non ho detto forse dovresti sapere che è necessario, almeno per il momento che io lo faccia. > blaterò Caroline, rivolgendo all’amico un sorriso a trentasei denti.
 < Te l’ho mai detto che persino Lexi era meno complicata di te?> osservò Stefan divertito mentre scrollava la testa ed afferrava il suo telefono dai pantaloni.
 < Lo prenderò come un complimento. Ehi, chi chiami?> domandò Caroline incuriosita.
 < Bonnie, se Tatia c’entra veramente qualcosa in tutto questo, sarà utile convocare il suo spirito. > rispose sovrappensiero il vampiro mentre si portava il telefono all’orecchio. Caroline annuì e sospirò sconfitta. Avrebbe dovuto continuato a mentire spudoratamente ai suoi amici.
Stefan andò alla finestra e scostò la tenda. La telefonata con Bonnie era stata breve e concisa. Alzò lo sguardo per osservare le luna, ormai calante, che illuminava il cielo.
 < La luna piena.> sussurrò Stefan scioccato.
 < Cosa?> domandò Caroline, risvegliandosi dal suo torpore. Stava fissando imbambolata il bicchiere di whisky che Stefan aveva lasciato sul mobiletto. “Ah chi ha il pane non ha i denti!” pensò scocciata.
 < Non c’è la luna piena stasera, Care. Quello non era un lupo mannaro…> sussurrò il vampiro, voltandosi per guardarla negli occhi.
 < Era un ibrido.> disse con voce piatta la ragazza. E non era Tyler, l’uomo scomparso da due mesi a questa parte. Ne avrebbe riconosciuto l’odore.
 < Care, Klaus deve aver …> ma Caroline non lo lasciò finire. Scattò in piedi furiosa e lo bloccò alzando una mano.
 < No, c’è un’altra spiegazione e se anche non ci fosse … Non è il momento di pensare a questo ora. Dobbiamo risolvere il problema della mia eco.> ordinò con fare autoritario l’ibrido.
Un altro segreto che Klaus le aveva tenuto nascosto. Ora tutto tornava chiaro. Quell’ibrido era la sua guardia del corpo. Aveva cercato di attaccare Tatia credendola un pericolo, e quando era scomparsa si era ritirato senza torcerle un capello. Sentì la collera salire fino a chiuderle la gola, ma ricordò le tonalità di grigio a cui aveva deciso di credere. Non era il momento di avere voglia di sgozzare il suo amante, era il momento di risolvere la situazione.
 
 
 
 < Quindi … vogliamo convocare Tatia per chiederle se era tua sorella?> domandò Bonnie cercando di non scoppiare a ridere.
 < Nel 900. Si.> rispose lapidaria l’ibrido mentre si metteva seduta a terra, di fronte all’amica. Era infuriata con Klaus e non era giusto che se la prendesse con i suoi amici, ma gli ormoni impazziti che aveva in circolo … beh erano impazziti! Aveva quasi assalito Stefan, facendogli promettere di non dire a nessuno della storia degli ibridi.
  < Lo sai che mi preoccupi?> scherzò la strega, facendo scoppiare a ridere Stefan, che stava tranquillamente camminando attorno a loro.
 < Ho intenzione di ignorarti. Elena?> domandò preoccupata Caroline, era strano che Bonnie fosse venuta senza di lei, lasciandola da sola al college.
 < È con Damon e non pensavo fosse il caso informarli del fatto che ci sono problemi con Klaus e pensavo non sarebbe stato carino farli venire … qui.> bofonchiò imbarazzata Bonnie di fronte ai suoi due amici.
 < Auch … fatti secchi con poco è?> domandò sarcasticamente Caroline a Stefan. Lei era evidentemente pronta a scherzare sul fatto che Elena e soprattutto Damon, avrebbero preferito vederla andare in sposa a Hitler piuttosto che saperla con Klaus , mentre dall’espressione buia di Stefan, il suo amico non era pronto a farsi due risate sulla nuova unione della coppia felice.
 < Bene, cominciamo.> sussurrò Bonnie mentre passava all’ibrido un coltello dalle imponenti proporzioni.
 < Cosa dovrei farci?> domandò sbarrando gli occhi la ragazza. Bonnie scrollò la testa e sfoderò il pugnale.
 < Devi versare un po’ del tuo sangue in questa ciotola.> spiegò la strega.
 < E di grazia, perché dovrei farlo? È proprio così necessario? Ci sono tanti conigli da poter dissanguare al posto mio! Dillo a Stefan!> la battuta di Caroline fece sorridere i suoi amici, ma ben presto l’attenzione venne riportata all’incantesimo.
 < Nell’ultimo mese ho provato più e più volte a contattare Tatia. Ero preoccupata per lei dopo l’aiuto che ci ha dato, ma non sono mai riuscita ad evocarla. Credo che gli Spiriti l’abbiamo bloccata, sul serio. Per convocarla mi serviva qualcosa di suo e di certo non avevo nulla tra le mani, ma se tu sei veramente sua sorella … il legame di sangue è la magia più potente. Anche se riuscissimo a farla apparire per un solo secondo, sapremmo che è realmente stata tua sorella in una vita passata.> si spiegò Bonnie mentre afferrava le mani di Caroline, per creare un cerchio con le loro braccia.
Caroline annuì, non sicura di riuscire a trovare la voce per rispondere all’amica. Erano molte informazione da dover digerire ed in cuor suo, sperava che Tatia stesse bene.
Bonnie cominciò a blaterare qualcosa di incomprensibile e Caroline notò con la coda dell’occhio che Stefan si era finalmente fermato ed aveva un’espressione sera e tesa.
Una folata di vento le scompigliò i capelli e fu più che sicura di aver sentito un tuono abbattersi nel giardino di casa Salvatore. Stefan si voltò per guardare fuori dalla finestra. Un temporale improvviso era scoppiato, oscurando il cielo e levando un vento tanto forte da far muovere gli alti pini. Non prometteva nulla di buono.
All’improvviso, proprio al centro del piccolo cerchio che lei e Bonnie aveva creato con le loro braccia, apparve Tatia. I suoi occhi verdi smeraldo la fissarono impauriti e Caroline cercò di lasciar andare la mani della sua amica, ma Bonnie le strinse più forte. Impedendoglielo.
Tatia era stata sua sorella… fantastico!
 < Co-cosa …cosa significa?> sussurrò scioccata Caroline.
Tatia si guardò attorno, in modo allarmato e tornò a guardare l’ibrido negli occhi.
 < Cosa avete fatto? Non dovete più convocarmi o capiranno! > urlò quasi Tatia, sembrava davvero spaventata, sull’attenti.
 < Le mie eco Tatia, cosa significa?Sei tu che mi mandi queste visioni?> domandò in fretta Caroline, bel cosciente del fatto che rimane loro poco tempo.
  < È complicato, molto. Non ho tempo per spiegarti, ma posso mostrartelo … scusami Care, è l’unico modo per non farci scoprire. Capirai.>  Caroline cercò di controbattere, ma l’ultima cosa che vide prima di essere inghiottita da una specie di buco nero fu Tatia che le posava una mano sulla fronte mentre Stefan si gettava contro lo Spirito, come a volerla fermare. Forse voleva afferrare lei per salvarla dallo strano torpore in cui era piombata.
 
 
 
 Fu un istante, un istante di puro dolore in cui la testa sembrò sul punto di esploderle. Si portò una mano sulla tempia e premette con tutte le sue forze per porre fine a quel tormento inaspettato, ma una nauseante sensazione di vertigine le attanagliò lo stomaco facendola barcollare sui suoi piedi.
Era molto più doloroso delle altre volte e se quello che stava per far scoppiare il suo cervello era un’altra eco, capì che non sarebbe riuscita a reggerne molte altre. Stava diventando sempre più doloroso.
 
Un dolore lancinante la costrinse a contorcersi in maniera quasi innaturale, afferrandosi lo stomaco per trattenere un conato di vomito. La vertigine sembrò finalmente sparire e Caroline riuscì ad aprire gli occhi, sperando con tutte le sue forze che Tatia e Bonnie fossero al suo fianco.
Osservò lo spazio attorno a sé mentre l’ul’udito stentata a tornare normale. Avvertiva dei suoni ovattati quasi irreali mentre la vista era ancora un po’ sfocata.Una piccola porta in legno marcio fu la prima cosa che vide. Una casa, era di fronte una piccola casa in pietra, rustica, malandata, dalle finestre rotte e spalancate. Posò le mani a terra nel tentativo di tirarsi sù ed avvertì il materiale irregolare scorrere sotto la sua pelle. Si trovava nel piccolo portico di quella casa, seduta con le spalle contro una delle colonne quadrate che lo sorreggevano.
No, non era decisamente a casa di Stefan.
Intruppò con la mano contro qualcosa ed un lieve rumore metallico le arrivò alle orecchie mentre un vociferare indistinto e caotico proveniva dalle sue spalle.
Una spada. Aveva toccato una spada… sporca di sangue e a badare dall’energumeno che si trovava alla sua sinistra con la gola sgozzata, era l’arma di quell’inaspettato delitto.
Caroline sobbalzò per lo spavento e si aggrappò con tutte le sue forze alla colonna dietro di lei, per alzarsi e riconquistare un po’ di lucidità.
Osservò il vestito che indossava. Era un lungo vestito di una tonalità d’avorio molto particolare, sembrava madre perla e dei piccoli ed eleganti arabeschi dorati ne decoravano tutta la lunghezza, comprese le lunghe maniche e la doppia piega del vestito. Un indumento tanto adorabile quanto inopportuno, cosa resa ancor più evidente dalle macchie ancora fresche di sangue e terra che lo percorrevano da parte a parte.
Caroline riuscì finalmente ad alzarsi e rimase pietrificata ad osservare il vestito macchiato di un rosso intenso, così come lo erano le sue mani. Non le ci volle molto a ricollegare i pezzi. Quella spada era evidentemente la sua, lei aveva ucciso quell’uomo in armatura. Ma perché?
Come in uno strano film dai pessimi effetti speciali, l’audio tornò all’improvviso, con un boato che la costrinse a coprirsi le orecchie. Quei rumori ovattati… erano urla e suoni metallici, rumori di zoccoli, nitriti.
Caroline si voltò di scatto, trovandosi davanti uno spettacolo agghiacciante quanto inaspettato.
Uomini in armatura, chi a cavallo, chi a piedi stavano saccheggiando, uccidendo ed incatenando uomini, donne e bambini di quel misero villaggio. Piccoli focolai erano stati accesi con le case costruite ancora in pagliericcio e mattoni e l’esito della battaglia sembrava ormai chiaro, scritto nel sangue.
Cosa doveva fare? Perché si trovava lì?
Un grido spaventoso la fece voltare di scatto verso la sua destra. Un madre stava facendo scudo con il proprio corpo ai suoi due figli, ponendosi di fronte a due uomini e le loro pesanti spade, già levate in aria per infliggere il colpo mortale.
Caroline fu percossa da un brivido glaciale. Non poteva lasciare che quell’orribile tragedia trovasse il suo epilogo.
Corse verso quella donna, ma sentì le gambe pesanti. Le sue gambe da umana.
 < Maledizione> imprecò sottovoce, non aveva alcuna possibilità di raggiungerli in tempo. Fu una frazione di secondo, Caroline afferrò l’arco che l’uomo che aveva ucciso stava ancora impugnando e scoccò l’unica freccia presente nella sua faretra. Era stata un’azione istintiva, fatta senza pensare e contro ogni aspettativa… centrò il bersaglio.
Colpì il primo dei due uomini al costato, attirando immediatamente l’attenzione del suo amico che corse verso di lei, con la spada in mano.
 “Stupida, stupida, stupida!” riuscì solo a pensare Caroline mentre indietreggiava fino a toccare la porta di quella casupola diroccata.
 “ La spada” un pensiero fulmineo e subito dopo la ragazza si lanciò a terra per prendere l’unica arma di difesa che poteva permetterle di avere salva la vita.
  < Se so tirare con l’arco, saprò anche usare una spada. Oh Dio ti prego, fa che sia così! > sussurrò la ragazza, ancora troppo scioccata dai molteplici eventi che si era ritrovata a vivere contro il proprio volere.
Quando riuscì goffamente a difendersi dal primo colpo, diretto alla sua testa Caroline avvertì l’adrenalina correre libera, in circolo nel suo corpo. Quello era il suo posto, lì a difendere               quelle persone, il suo villaggio.
“Aspetta un attimo … da dove mi è uscita questa?” pensò, stordita da … beh da tutto!
Una rabbia viscerale si impossessò di lei, afferrò quell’uomo per il bavero della sua armatura, fatto in maglia, parò il colpo che stava per sferrarle allo stomaco e lo colpì sul naso con la fronte. L’uomo cadde a terra, portandosi le mani sul volto ormai ricoperto di sangue, mentre Caroline si gettò sui due bambini.
 < Seguitemi!> urlò per sovrastare i rumori della battaglia ancora in atto. La madre di quei due piccolini, che potevano avere al massimo sei e quattro anni, annuì sconvolta, pronta a tutto pur di salvare la sua famiglia.
Caroline prese in braccio il bambino più piccolo, il fratello maggiore venne prelevato di peso dalla madre che intrecciò goffamente la mano in quella di Caroline, che ancora impugnava la spada e seguì ad occhi chiusi quella sconosciuta che gli stava salvando la vita.
 < Come ti chiami?> domandò la ragazza mentre sentiva le piccole manine di quell’adorabile bambino sporco di fuliggine, stringersi al suo collo.
 < Ian.> sussurrò con voce impastata e con le lacrime agli occhi.
 < Non preoccuparti piccoletto, andrà tutto bene. Ci sono qui io.> disse la ragazza sorridendogli. Stava mentendo ad un bambino, ma non è quello che gli adulti fanno sempre? Almeno questa volta era a fin di bene!
Caroline entrò nella casa diroccata nel cui portico era avvenuto il suo inaspettato risveglio e si guardò in giro in cerca di un nascondiglio. Non potevano fuggire in mezzo a quel caos, li avrebbero di certo presi e dovevano trovare un luogo di rifugio al più presto, la battaglia non sarebbe durata a lungo. Cosa poteva fare un villaggio di contadini e cacciatori contro una vera e propria armata?
La casa era così spoglia di mobilio e piccola che per un attimo le sembrò impossibile nascondere quattro persone lì dentro, ma i suoi occhi caddero sul piccolo tavolo ovale che si trovava vicino al camino, ormai spento.
 < Lì sotto!> ordinò facendo accomodare la giovane donna ed il fratellino maggiore per primi. Depositò tra le braccia della madre il piccolo Ian, ma per un istante il bambino sembrò titubare. Le tirò i capelli, facendola sorridere e poi si lasciò prendere dalle amorevoli braccia della madre. Caroline poteva giurare di averlo visto fulminarla con lo sguardo!
Sentì degli strani rumori fuori dalla porta e si costrinse ad agire in fretta. Afferrò la tenda malandata e cenciosa che era vicino alla finestra e la strappò, per depositarla sul tavolo. La sistemò, sperando che la tovaglia non fosse un’invenzione del ventesimo secolo e gettò un lungo sospirò di sollievo, posando le mani sul tavolo.
Si ritrovò a fissare quelle mani insanguinate, le sembravano mani altrui, di un qualche sconosciuto.
Un rumore improvviso e forte la fece sobbalzare. La porta era stata brutalmente spalancata da un uomo … in armatura.
Un altro rumore e un altro guerriero entrò dalla finestra. Seguito da altri tre.
Era circondata. E se anche in quella vita era evidentemente in grado di combattere e di sapersela cavare da sola, non pensava sarebbe riuscita a toglierli di mezzo tutti. Non pensava che Ian o suo fratello sarebbero riusciti a rimanere in silenzio, vedendola uccidere un uomo davanti ai loro occhi. Doveva scappare di lì, doveva farsi seguire da loro così da portarli lontano dalla piccola famiglia che aveva deciso di salvare.
Agì senza pensare troppo, prima la cosa aveva funzionato, quindi era il caso di tentare.
Lanciò la lunga spada che ancora teneva in mano, contro l’uomo che si era frapposto tra lei e la porta. Lo colpì in pieno petto ed approfittò dello sconcerto di tutti per correre letteralmente sul suo nemico e uscire fuori da quella casa.
E si ritrovò all’inferno.
Erano morti, erano tutti morti.
I guerrieri che stavano già incominciando a depredare le abitazioni, si voltarono a guardarla e lei impietrì. Era circondata.
Si sentì afferrare rudemente per i capelli e venne gettata a terra con forza. Con così tanta forza da rotolare lungo i pochi gradini del portico e ritrovarsi con la faccia tra la polvere.
Era finita. Ma forse era riuscita a salvare il  piccolo Ian e la sua famiglia.
Sentì le mani ruvide e callose di quegli energumeni afferrarla per le braccia e sollevarla di peso.
 < Puttana!> le ringhiò qualcuno nell’orecchio prima che un cazzotto ben assestato la colpisse in volto e le spaccasse il labbro.
Aveva fatto un male cane.
La ragazza cominciò a dimenarsi furiosamente e sferrò un calcio in pieno stomaco all’uomo che l’aveva colpita ed era stupidamente rimasto davanti a lei.
La presa attorno alle sue braccia si fece più stretta ed un altro cazzotto la colpì allo stomaco facendola piegare per il dolore.
 < Avete visto come ha ucciso Ronald! Ha ucciso Gregory, è una strega! Io dico di farla fuori e lavarcene le mani.> disse con voce roca e rabbiosa l’uomo dai capelli nero corvino ed i lineamenti spigolosi che la teneva per un braccio. Aveva il naso spaccato, perdeva ancora molto sangue. Caroline fece due più due … era evidente perché quell’uomo la odiasse.
 < Il Duca ha detto di non uccidere le donne, Marcus.> ordinò con fare perentorio il ragazzo che la stava trattenendo per la vita. In quell’istante la sua presa si fece più leggera e Caroline cercò di voltare la faccia per osservare in viso quel bruto che forse la stava salvando. Era un ragazzo molto giovane, dai capelli color del grano e gli occhi verdi. Aveva un viso dolce, non un viso da guerriero.
 < Questa non è una donna, vestirà come una di loro forse, ma combatte come un uomo! > lo apostrofò l’uomo che le aveva sferrato il primo cazzotto e che ora si stava reggendo lo stomaco a causa del calcio che Caroline gli aveva assestato.
 < Bene, l’avete presa. Ora legatela con gli altri e portatela al castello. Il Duca non ha tempo da perdere, abbiamo finito qua.> ordinò un uomo vestito di tutto punto, nella sua armatura scintillante ed immacolata. Era a cavallo e a badare dal suo aspetto lindo e pinto non doveva aver partecipato alla battaglia. Era l’uomo più anziano tra di loro, doveva aver avuto una quarantina d’anni, ma erano solo le piccole rughe attorno ai suoi occhi e alla sua bocca a farlo notare.
 I soldati bofonchiarono i loro insulti e le loro imprecazioni mentre Marcus le afferrava le mani per portarle all’altezza della sua pancia e legarle in una spessa corda.
Caroline gli pestò il piede con tutta la forza che aveva e tentò nuovamente la fuga. Riuscì a colpire quell’odioso burbero che l’aveva presa a pugni in faccia, con l’ennesimo calcio e corse via. Fu una fuga breve e che terminò con l’ennesimo colpo, che la fece stramazzare al suolo.
Era umana adesso, poteva scordarsi la super guarigione e nonostante fosse evidente che era una specie di amazzone in quella vita, nulla poteva fare contro il dolore lancinante al suo stomaco o al suo braccio.
 
La lunga camminata fino al castello fu … lunga. Molto lunga, lunghissima.
Quei bruti non la mollavano un attimo nonostante fosse legata come gli altri prigionieri, in una fila indiana fatta di uomini, donne e persino bambini. Grazie al cielo molte persone erano rimaste in vita.
Alzò lo sguardo per osservare il mastodontico castello verso il quale li stavano conducendo. Era protetto da alte e rustiche mura. Alte guglie si ergevano dalle molteplici torri e dai ballatoi si affacciarono le prime guardie armate di lance. Rifiniture dorate e strane statue ornavano l’intera facciata. Ogni alta finestra, ogni colonna era in stile gotico come l’intera costruzione. Le vetrate erano un mosaico di colori donando un’aria meno spettrale e più accogliente al castello.
Il pesante ponte levatoio cominciò a scendere non appena le guardie ebbero riconosciuto i loro compagni e a Caroline sembrò davvero tutto un brutto sogno.
 < Perfetto, sono a Hogwarts.> bofonchiò scocciata la ragazza.
Marcus, l’omone alto e moro che la odiava palesemente, le diede uno spintone, facendole allungare il passo e provocandole una fitta non indifferente al braccio.
Con tutta l’adrenalina che le stava scorrendo in circolo prima, non si era accorta del profondo taglio che qualcuno le aveva inflitto nella parte superiore del braccio. Sanguinava ancora, per fortuna con minore intensità ma il dolore era quasi insopportabile.
Vennero condotti dentro quello che apparve agli occhi di Caroline come un piccolo villaggio entro le mura. Le venne in mente Alarick.  In una delle sue lezioni di storia aveva detto che era uso recintare la parte più importante per gli affari ed il mercato entro le mura dei castelli, per lasciare nelle campagne circostanti gli appezzamenti coltivati … già, nel Medioevo! Ma dove diavolo si trovava? Aveva forse conosciuto così Klaus? No, quello non era il villaggio del 900, non c’era nessun castello. Forse era un evento della sua vita passata, prima della sua morte. Era riuscita a scappare da Esther magari, era in fuga per salvare il suo …
Le mani di Caroline corsero alla sua pancia. Con tutte le botte che aveva preso, se davvero era incinta in quell’epoca…
Ma tastando la parte bassa della sua pancia non avvertì alcun lieve rigonfiamento. Era quasi impercettibile, ma per lei che non aveva mai avuto un chilo in più del suo peso forma, quel piccolo cambiamento nel suo corpo lo aveva notato.
Un sospirò di sollievo le uscì dalla bocca quando non trovò altro che il suo addome piatto e scolpito. Quindi non era ancora incinta.
Perché poi, questa volta, non stava semplicemente vedendo tutto da un punto esterno, ma lo stava vivendo?
Una strano pensiero le passò per la testa. “ No, non può essere.” Fu l’unica cosa che riuscì a blaterare a se stessa per non cominciare a gridare istericamente. Non poteva trovarsi nel dannato Medioevo, in un’altra dannata epoca! Quella scema di Tatia aveva per caso sbagliato?
I suoi pensieri vennero bruscamente interrotti, quando dopo aver oltrepassato un altro ponte levatoio, venne letteralmente gettata nel cortile del castello vero e proprio.
Cadde carponi e strinse i denti per non urlare a causa del dolore allo stomaco e al braccio. Non avrebbe dato alcuna soddisfazione a quelle bestie.
Si tirò sù con tutta la fierezza che la contraddistingueva e si ripulì il vestito con stizza, fissando negli occhi Marcus. Il sorrisino soddisfatto che aveva in volto svanì e fu tentato di colpirla di nuovo, ma qualcos’altro  attirò l’attenzione di tutti loro.
L’uomo più anziano, quello dall’armatura luccicante aveva cominciato a parlare camminando avanti ed indietro di fronte alla fila dei prigionieri.
 < Benvenuti a Dover. Adesso, alcuni di voi avranno l’onore di rimanere al servizio del Duca come suoi servitori, altri faranno ritorno alle loro terre per coltivarle e donare parte delle loro rendite al nuovo signore, mentre … > si fermò proprio al centro della lunga fila, composta più o meno di una cinquantina di persone.
Indicò la persona alla sua sinistra e fece scorrere il dito fino a destra.
 < Voi dieci sarete impiccati come monito per gli altri villaggi che avessero intenzione di dar vita ad un misero tentativo di rivolta come il vostro. > concluse placidamente, prima di passarsi la mano tra i folti capelli castano chiaro.
La notizia scioccante di ritrovarsi a Dover, in Inghilterra, sembrò passare in secondo piano. Un vociferare prima disperato ed incredulo, poi straziante si alzò dalla folla di prigionieri mentre i soldati afferravano i dieci mal capitati per slegarli dagli altri e portarli nelle prigioni.
Tre donne e un bambino erano tra di loro.
Fu più forte di lei, fu istintivo. Caroline si fece avanti trascinando con sé anche i due compagni di sventure che erano legati a lei.
 < No! Non potete farlo! > urlò in preda al panico. Era una mossa stupida, ma non sapeva cos’altro fare.
Uno schiaffo così forte da risuonare per l’intero cortile, immobilizzando tutti, la colpì in pieno viso facendola piegare sulle sue stesse ginocchia.
Caroline tornò fieramente a guardare il suo assalitore. Questa volta era stato il ragazzo gentile, che l’aveva difesa nel villaggio, a picchiarla. Lo guardò stupita mentre un rivolo di sangue le colava giù dalla bocca.
 < Sta zitta!> le ordinò, corrugando la fronte e lanciandole uno sguardo preoccupato. Preoccupato?
 < No! Non potete giustiziarli, ci sono tre donne ed un bambino tra di loro per l’amor di Dio!> urlò ancora Caroline facendosi più vicina al ragazzo.
 Marcus si avvicinò a lei, a pugno stretto ma Robert, così si chiamava il guerriero che sembrava volerla proteggere, lo fermò con la mano, scoprendosi il fianco.
Fu in quel momento che Caroline afferrò il lungo pugnale che Robert aveva nella cintola e si pose dietro di lui, puntandoglielo alla gola.
 < Lasciateli andare o lo uccido.> sussurrò tra i denti, rabbiosa. Aveva perso il controllo di tutto, era evidente, ma non avrebbe mai permesso che quello scempio avvenisse davanti ai proprio occhi, senza fare nulla.
 < Scusami.> sussurrò all’orecchio di Robert che si stava oltremodo dimostrando un ostaggio propenso alla collaborazione, ma quando Marcus afferrò il primo uomo a lui vicino e lo trapassò da parte a parte con la sua spada Caroline rimase paralizzata, immobile a fissarlo come un uccellino spaventato.
Sentì il coltello venirle portato via dalla mano mentre qualcuno da dietro la prendeva per le spalle e la trascinava lontano da Robert.
 < Bene, lei sarà d’esempio per tutti. > urlò uno dei soldati, prima di tagliare la corda che la univa agli altri e gettarla al centro del cortile.
 < Anzi perché non uccidere un'altra persona davanti ai suoi occhi? Sarebbe un’altra interessante lezione. > ridacchiò divertito il tipo più anziano, il comandante.
 < No, vi prego! Farò tutto quello che volete, ma no! > urlò Caroline mentre tentava di rimettersi in piedi. Un pugno in pieno viso la fece crollare di nuovo a terra e la ragazza per la prima volta si sentì… sola. Persa, indifesa, inutile.
Non poteva salvare tutti loro, cosa aveva creduto di essere? Un’eroina in gonnella? E non poteva salvare se stessa … se quello era solo un incubo, un ‘eco…poteva terminare in quel momento, per favore? In quel preciso momento.
Ma le sue suppliche mentali non riuscirono ad isolarla da ciò che vide avvenire davanti ai suoi occhi. Marcus afferrò un bambino tra la folla di gente e si preparò a pugnalarlo. Era Ian, li avevano trovati alla fine.
 < No! No, no, no! > si alzò in piedi di scatto e venne fermata d Robert che la afferrò per la vita, cercando di trattenerla senza farle troppo male.  < Farò quello che mi direte, tutto! Non dirò più nulla, uccidetemi! Ma non toccatelo! Lasciateli andare! Fatemi parlare con il Duca, maledizione!> urlò Caroline mentre si dimenava tra le braccia del soldato.
 < Lasciatela andare.> una voce bassa, autoritaria risuonò nel cortile attirando l’attenzione di tutti i presenti. Quella voce …
Caroline si voltò di scatto per vedere in faccia il suo salvatore ed una fitta così dolorosa da farle mancare il respiro le attraversò il petto. Disperazione e sollievo la invasero in quelpreciso instante.Klaus si ergeva maestoso sul suo destriero nero. Anche lui indossava un’armatura, era più elaborata, più pregiata di quelle dei suoi soldati ma come la loro era sporca di sangue. Portava i capelli corti, come si confaceva ad un guerriero e la stava guardando. Con quegli occhi, quegli occhi che Caroline aveva imparato a leggere.
Quegli occhi che non la stavano riconoscendo.
No, Tatia non si era sbagliata. E quella non era di certo la sua vita passata …o meglio non era la vita che aveva vissuto nel 900. Era un’altra. Che razza di storia era quella? Non una sola vita passata, ma ben due?
Robert allentò la presa e fu attento a non farla cadere mentre Caroline si avvicinava di un solo passo a Klaus.
 < Sentiamo dunque, cosa avete da offrire al vostro Duca in cambio della sua pietà?> domandò con saccenza mentre con lussuria faceva scorrere lo sguardo sul corpo di Caroline.
Era rimasto in disparte sino a quel momento.
Era incuriosito da quella strana ragazza. Voleva vedere fino a che punto la sua generosità l’avesse spinta. Era evidente che nemmeno la morte riusciva a spaventarla.
Avrebbe dovuto capirlo dal modo in cui si era gettata nello scontro, una vera e propria amazzone che era apparsa al centro della battaglia, creandogli non pochi problemi.
Una donna, una bellissima donna dai fluenti capelli color oro stava uccidendo i suoi soldati per difendere il suo villaggio, il tutto in un abito di broccato color perla.
Aveva cercato di raggiungerla, ma molti dei suoi uomini erano rimasti a terra a causa delle balle di fieno intrise di olio e date alle fiamme che i contadini avevano scagliato contro di loro. Idioti, stavano dando alle fiamme il loro villaggio da soli.
Ordinò ad alcuni fanti ancora in piedi, di entrare nella casa dove l’aveva vista rifugiarsi e catturarla. Avrebbe pensato al suo lauto bottino a fine battaglia.
Caroline deglutì nervosamente e cercò di ragionare lucidamente. Era evidente che Klaus non la conoscesse, era evidente che si trovasse di nuovo di fronte ad un vampiro senza scrupolo alcuno.
 < Me stessa. È tutto quello che ho da offrirvi in cambio della libertà di tutti loro.> disse a voce alta, fiera. Sembrò essersi alzata di qualche centimetro tanta era stata la sua forza, la sua dignità.
Klaus socchiuse impercettibilmente gli occhi ed il sorriso sornione che aveva illuminato il suo viso svanì. Scese agilmente da cavallo e si avvicinò a lei con passo lento, cadenzato. Quella camminata fiera, quelle labbra contratte, carnose ed invitanti persino in quel momento, quella barba incolta,i suoi occhi, quelle magnifiche pozze blu ... era assurdo,ma persino in quel momento sembrava bellissimo. Caroline sentì il proprio cuore cominciare a galoppare all’impazzata, minacciandola di uscire dal suo petto ma non distolse lo sguardo. Klaus la stava letteralmente studiando, analizzando, osservando come se lei fosse un bizzarro animaletto che aveva catturato la sua attenzione.
 < Posso avere tutte le donne che desidero. Anche voi se volessi, proprio ora e senza il vostro bene placido. La vostra non mi sembra un’ottima offerta per me.> sussurrò freddamente contro le sue labbra. Era così vicino a lei, così autoritario, così … distaccato. Caroline non indietreggiò, non sarebbe di certo stata una semplice invasione del suo spazio personale a farla desistere.
 < Io non ne sarei così sicura. Ho un bel caratterino se non lo aveste notato e non mi piace per nulla sottostare agli ordini. Potrei prendere un coltello e uccidervi mentre dormite, potrei uccidermi io stessa. State sicuro che l’unico modo che avete per farmi fare ciò che desiderate è liberare queste persone.> Caroline pronunciò ogni parola con estrema solennità, incatenando i suoi cristallini occhi celesti a quelli di Klaus.
L’ibrido  indurì la mascella e rimase per alcuni secondi a fissarla, con aria quasi provocatoria.
La afferrò rudemente per il collo e digrignò i denti. Non gli piaceva affatto essere ricattato, ma pensandoci bene quella ragazza dallo smisurato orgoglio, gli stava proponendo un patto in cui lei aveva tutto da perdere.
L'aveva messa un’altra volta alla prova, l’aveva a dir poco messa alle strette con la sua provocazione, ma di nuovo lei … era riuscita a stupirlo. Si stava offrendo a lui con un tale orgoglio ed una tale dignità, persino quando non dovesse possederne alcuna, da fargli desiderare di possedere quel frutto prelibato quanto raro. Un frutto che evidentemente sarebbe stato proibito a molti uomini, se doveva basarsi sul suo “caratterino”.
 Un sorriso divertito quanto sfacciato apparve sul viso di Klaus, che si lasciò andare ad un risata di scherno, che poteva sembrare quasi gioiosa. Lasciò la presa attorno al collo di Caroline che sembrò rilassarsi immediatamente.
 < È la vostra giornata fortunata gente! Lasciateli andare. > ordinò senza distogliere lo sguardo dal viso di Caroline. La ragazza trasse un profondo sospiro di sollievo, ma subito dopo le sue pupille si dilatarono ed il suo volto impallidì visibilmente.
 < Avete fatto un patto mia cara e sarò felicissimo di farvelo rispettare. > le sussurrò contro l’orecchio senza sfiorarla con un dito.
 < Portatela nel castello, voglio parlare in privato con lei.> disse Klaus rivoto ai suoi soldati prima di salire le scale in legno che conducevano al piano nobile.
 < Ringraziate la signorina prima di uscire.> gridò con voce divertita, prima di scomparire lungo la balconata.
Cosa aveva fatto? Caroline sentì le proprie ginocchia vacillare.
“ È complicato, molto. Non ho tempo per spiegarti, ma posso mostrartelo … scusami Care, è l’unico modo per non farci scoprire. Capirai.” le ultime parole di Tatia risuonarono nella sua testa mentre veniva rudemente afferrata per le spalle e portata di peso nel castello. Doveva scoprire cosa stava succedendo alla sua vita e doveva farlo con Klaus. Se era riuscita a capire una cosa da tutto quel casino era che le loro vite erano indissolubilmente collegate.
 
Lo so, lo so. Sono crudele, nei primi capitoli non ho fatto altro che lanciarvi fumo negli occhi, e magari un pochino anche in questo, ma prometto che dal prossimo il tutto comincerà a farsi un pochettino più chiaro. =) Ad ogni modo vi ho rivelato un sacco di cose in questo capitolo, spero di essere stata in grado di descriverlo bene, per farvelo capire. E naturalmente ho disseminato indizi qua e là sulla trama generale=). Spero davvero tanto che il capitolo vi sia piaciuto, fatemi sapere cosa ne pensate e GRAZIE MILLE per il vostro splendido supporto, mi ispira e mi fa scrivere col sorriso sulle labbra. Alla prossima settimana, un bacio. Giulia. 
  
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