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Autore: Victoria93    13/01/2014    5 recensioni
Tratto dalla storia:
-"Stai dicendo che sono io la tua ossessione, signor detective...?" gli sussurrò, di nuovo vicinissima alle sue labbra.
"Non lo so...ma mi stai impedendo di pensare. E nessuno era mai riuscito a ottenere un simile risultato nei miei confronti. Direi che le probabilità che tu sia diventata la mia ossessione sono intorno al 62%".
"Odio le tue stupide percentuali" replicò lei, senza riuscire a trattenersi dal ridacchiare.
"E io amo te".- Elle è pronto per dedicarsi al caso Kira, e ben presto incontra gli agenti giapponesi e si prepara allo scontro con il colpevole, come da programma, ma stavolta...il coinvolgimento di un nuovo agente dell'FBI nelle indagini lo porterà a cambiare notevolmente le sue prospettive, in un modo che nemmeno la mente più geniale del mondo avrebbe mai potuto calcolare e prevedere. Una storia d'amore, intensa, passionale, contro cui quasi niente sarà in grado di opporsi...
Genere: Drammatico, Romantico, Song-fic | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: L, Nuovo personaggio, Un po' tutti
Note: Lemon, OOC, What if? | Avvertimenti: Contenuti forti, Tematiche delicate
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'SUGAR AND PAIN'
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Capitolo 4- Indagini
 
Ruri entrò in bagno velocemente, chiudendosi subito la porta alle spalle e appoggiandovisi contro, il respiro non ancora del tutto regolare.
Non sapeva ancora quando quelle maledette crisi cardiache avrebbero smesso di assillarla, e forse non lo voleva nemmeno sapere, ma una cosa era sicura; se fossero proseguite così, nel tempo, probabilmente avrebbe finito per perdere il controllo al riguardo.
Scosse la testa, nel tentativo di non dedicare più pensieri a quella faccenda, ma non poté fare a meno di rifletterci ulteriormente sopra quando, nello spogliarsi con una discreta fretta, le comparve di fronte agli occhi la sua cicatrice più importante, riflessa nello specchio del lavandino.
I suoi occhi color blu oltremare, dotati di singolari schegge di ghiaccio, si concentrarono sul suo petto, dove i seni erano brutalmente divisi in due da quell’implacabile segno bluastro, che tutti i giorni della sua vita non mancava di ricordarle che non aveva un cuore del tutto suo.
Con stizza, si tolse il resto degli indumenti, incapace di staccare del tutto lo sguardo dagli ulteriori sfregi che le martoriavano la pelle delle braccia e di quasi tutto il torace.
Senza aspettare ulteriormente, aprì l’acqua della vasca idromassaggio e si immerse al suo interno, chiudendo gli occhi nel tentativo di non rimuginare ulteriormente.
Era tutta la vita che, guardandosi allo specchio, era costretta ad assistere a tutto ciò; non avrebbe permesso che questo la turbasse ulteriormente.
Molti anni prima, qualcuno le aveva detto che ciò che non l’avesse uccisa, avrebbe finito per fortificarla: probabilmente era vero. Era sopravvissuta fino a quel momento, aveva imparato a difendersi, aveva appreso come impedire che tutto ciò avvenisse di nuovo. Essere diventata un’agente dell’FBI le aveva anche concesso l’opportunità di far sì che cose del genere non accadessero anche ad altri, ma…era sicura di essere davvero all’altezza di un compito di quel tipo?
Accidenti, eppure come potevano ancora venirle in mente idee simili?! Era in pochissimo tempo diventata la miglior profiler dell’FBI, forse perfino del mondo intero, come poteva avere ancora una così bassa opinione di sé? Ad un tratto, quelle fatidiche parole iniziarono a rimbombarle nella mente…
 
*Non vali niente!! Perché qualcuno dovrebbe prendersi cura di te o accettarti?! Tu sei la più grande delusione e il più grande fallimento di una vita intera!!!!*.
 
Quell’invettiva, insieme a tutte quelle che l’avevano accompagnata, le bruciava sulla pelle anche più di quanto non riuscissero a fare quelle vecchie ferite…eppure…
No, non poteva, non poteva e basta. Adesso era un’agente dell’FBI, non avrebbe permesso a niente di distrarla dal risolvere quel dannato caso. Non sarebbe mai più stata debole, non avrebbe mai più permesso a nessuno di trattarla in quel modo orrendo.
Strinse i denti e respirò profondamente, impedendo alle lacrime di fuoriuscire: non avrebbe pianto. Non si sarebbe fatta sopraffare mai più dal dolore, non avrebbe mai più lasciato che nessuno fosse importante per lei al punto tale da ottenere il potere di farle del male. Non avrebbe mai più abbassato la guardia…
Circa un’ora più tardi, uscendo dall’idromassaggio, ripensò proprio alla stessa idea di mantenere pronti i riflessi e di non cessare di monitorare le sue difese; infilandosi l’accappatoio, tornò in camera da letto e si avvicinò alla sua borsa, estraendone una fotografia.
Ritraeva lei e Robin, insieme, il giorno del diploma: probabilmente, era una delle poche foto di lei, in circolazione, che permettessero di riconoscerla allo stato attuale.
Incapace di trattenersi dal sorridere, osservò il volto pallido e lentigginoso della sua migliore amica, i suoi capelli rossi, i suoi occhi verdi e curiosi, il suo sorriso luminoso; avevano scattato quella foto circa un paio d’anni prima, durante una piccola vacanza estiva che si erano concesse. Voltandola e dando un’occhiata al retro, i suoi occhi scorsero la calligrafia di Robin, che quel giorno aveva voluto lasciarle una dedica…
 
Avevo sentito parlare di quella che chiamano la vera amicizia. Adesso che ti ho conosciuta, capisco che, per me, avrà sempre il tuo nome. Natsumi Williams, non smetterò mai di volerti bene…
 
Con un altro sorriso, carezzò la superficie dell’immagine, le dita che sfioravano il profilo della ragazza ritratta insieme a lei.
Quella foto era uno dei ricordi più preziosi che possedeva, e, fino ad allora, non se n’era mai separata…possibile che adesso fosse necessario farlo, proprio per il bene di un’indagine, e magari…per salvaguardare la sua vita?
Beh, forse questo non era il problema che più la preoccupava…in fondo, aveva accettato quel caso proprio perché sentiva di non avere niente da perdere, e forse perché la carriera rappresentava seriamente tutto ciò che le restava, eppure…c’era qualcosa, qualcosa di impercettibile che le stava sfuggendo, un motivo sottile che, in modo diretto e inspiegabile, l’aveva spinta ad accettare d’impulso, senza nemmeno pensarci sopra.
Comunque stessero le cose, avrebbe dovuto sicuramente rimanere viva, per risolvere quel caso, quindi tanto valeva fare dei sacrifici.
Con gesto deciso e insolitamente freddo, strappò la fotografia in piccoli pezzi, bruciandoli poi con un piccolo accendino nelle vicinanze, l’espressione vuota.
Dopotutto, non poteva permettere che nessuno sapesse che il suo vero nome era Natsumi Williams…
 
A qualche chilometro di distanza, Elle fissò lo schermo del computer con espressione dubbiosa e quasi perplessa, gli occhi scuri intenti a osservare la figura di Ruri, che nel frattempo aveva appena strappato una fotografia, bruciandola immediatamente.
Perché aveva compiuto un gesto del genere? Forse non era importante, magari non significava niente, oppure…
Inspiegabilmente, si rese conto solo in quell’istante che la ragazza era ancora in accappatoio, e la cosa, in modo inavvertito, lo fece sentire parecchio strano.
Non era la prima volta che gli capitava di dover monitorare qualcuno, spiandone perfino l’intimità, eppure…vederla così vulnerabile gli procurava una bizzarra sensazione.
Certo, non si era di sicuro messo a guardarla mentre si immergeva nella vasca da bagno, anche se ogni tanto non aveva mancato di accertarsi che stesse bene con una sporadica occhiata, ma tutta quella situazione era così…
Una nuova chiamata di Watari richiamò la sua attenzione.
“Elle”.
“Che c’è, Watari?”.
“Ho i nuovi rapporti del coroner che aveva richiesto l’agente Dakota”.
“Bene, provvedi a inviarglieli subito”.
“A proposito di Ruri Dakota…”.
“Sì?”.
“Non credi che sarebbe meglio avvisarla delle telecamere che hai voluto installare nella sua suite?”.
Elle alzò un sopracciglio e scosse la testa.
“Ruri Dakota è una persona brillante, intelligente e dotata, ma a volte tende a essere impulsiva. Non credo che gradirebbe la cosa, e non ho tempo di discutere con lei. In più, non ho la minima inclinazione al riguardo, te lo garantisco”.
“Sicuro?”.
“Sì. A tempo debito, la informerò della cosa. È per la sua sicurezza, Watari, e in più, non voglio che metta in pericolo le indagini attentando alla sua vita. Ho bisogno del suo aiuto, lo sai”.
“Sì, me ne rendo conto. Piuttosto, hai notato cos’ha fatto poco fa?”.
“Evidente. Forse stava cercando di non lasciare tracce, probabilmente quella foto riportava il suo nome, o qualcosa del genere…Ruri è sempre stata un tipo prudente, malgrado l’impulsività di cui ti ho appena accennato” commentò Elle, quasi distrattamente.
“Mi rendo conto. Allora a più tardi”.
“Watari” lo trattenne Elle.
“Sì?”.
Il giovane detective esitò per la prima volta, come incerto su come proseguire.
“…hai scoperto niente riguardo ai farmaci che ha assunto poco fa?”.
Watari rimase in silenzio per un lungo momento, ma infine gli rispose.
“Sì, ho fatto come mi hai chiesto. Le registrazioni e le immagini che ne sono derivate…ecco, questo è il risultato”.
Sul computer di Elle apparve subito la foto di un flacone farmaceutico bianco, contenente…
“Corticosteroide, inibitore della calcineurina…” lesse Elle, con lentezza e attenzione “Questo significa che…”.
“Significa che la dottoressa Dakota ha subito un intervento di trapianto cardiaco. E l’assunzione di questi farmaci potrebbe voler dire che sta iniziando a non rispondere più ai trattamenti”.
Elle fissò ancora lo schermo, impassibile.
“Capisco. Sarà necessario tenerla d’occhio con ancora più attenzione. Aggiornami, nel caso in cui ci siano novità”.
“Ricevuto”.
Una volta chiusa la comunicazione con Watari, Elle aprì nuovamente i file riguardanti il caso Kira e tornò al lavoro, ma la sua mente geniale non poté distogliere del tutto il pensiero da quello della sua nuova collaboratrice e da tutto ciò che stava iniziando a scoprire su di lei…
 
Tre giorni dopo, il 13 Dicembre, Natsumi si sedette alla scrivania della sua suite, i suoi appunti sul caso di fianco, insieme alla documentazione che Elle le aveva inviato fino a quel momento.
Fin da quando era arrivata in Giappone, ogni giorno, più o meno alla stessa ora, aveva dovuto sintonizzarsi con Elle, che aveva sempre provveduto a inoltrare la chiamata al quartier generale speciale per le indagini sul serial killer dei criminali. Con una certa ironia, aveva notato che lui aveva provveduto a mascherare la sua immagine servendosi di una grossa R, scritta negli stessi caratteri gotici che aveva già visto: in quel modo, il computer che Watari utilizzava per metterli in collegamento con gli agenti giapponesi avrebbe avuto lo schermo diviso a metà fra la L del detective e la R dell’agente, intente entrambe a mascherare le loro identità.
Circa settantadue ore prima, Elle l’aveva presentata virtualmente agli agenti come la dottoressa Ruri Dakota, esperta criminologa dell’FBI, ma nessuno l’aveva ancora mai vista in volto: non poteva negare che quella situazione si stava già facendo un po’ seccante. Dopotutto, non era abituata a lavorare nell’ombra, ma quelle condizioni erano state irremovibili, considerando che aveva accettato il caso.
Prima che potesse riflettere ulteriormente, quell’ormai familiare L scura le comparve di fronte agli occhi.
“Ruri, la riunione sta per iniziare”.
“D’accordo. Avvia pure la trasmissione”.
Pochi istanti dopo, le apparve dinanzi l’immagine del quartier generale, dove tutti gli agenti che stavano lavorando in merito al serial killer dei criminali erano seduti alle loro scrivanie, completamente voltati verso la sua direzione, gli sguardi fissi sul monitor del computer di Watari.
“Bene, signori. Io e la dottoressa Dakota siamo pronti per cominciare. Dottoressa Dakota?”.
Natsumi si avvicinò al microfono, conscia che esso le avrebbe alterato la voce, e si schiarì la gola per parlare.
“Agenti, i miei rispetti. Per quanto mi riguarda, potete proseguire con l’illustrazione del rapporto di oggi”.
Il sovrintendente Yagami, che sedeva alla scrivania sul fondo della stanza, congiunse le dita delle mani e annuì prontamente, l’aria grave.
“Iniziamo con le informazioni dai civili” disse, serio.
“Sì” disse uno degli agenti presenti, alzandosi in piedi e cominciando a leggere parte dei documenti di cui disponeva “Finora, abbiamo ricevuto 3029 telefonate riguardanti questo caso… anche se, per la maggior parte, si trattava di domande di curiosi, più 14 chiamate di persone che affermano di conoscere Kira o di averlo avvistato. Abbiamo preso attentamente nota di ogni telefonata, ma…come stilato nel mio rapporto, non abbiamo riscontrato alcuna traccia di veridicità. Infine, abbiamo anche 21 casi di individui che sostengono di essere Kira”.
A quelle dichiarazioni seguì un silenzio carico di tensione, che nessuno pensò bene di interrompere: infine, l’agente Kanzo Mogi proseguì con la sua esposizione.
“Per non scartare alcuna possibilità, abbiamo convenuto di mettere tutto a verbale e poi archiviare” concluse l’uomo, rimettendosi poi a sedere.
“Mhm. Passiamo ora alle vittime” disse Yagami.
“Sì” disse un altro poliziotto, alzandosi a sua volta in piedi “Abbiamo verificato che tutti i decessi per arresto cardiaco chiaramente imputabili a Kira riguardano individui sui quali è possibile ottenere tutte le informazioni in Giappone. Inoltre…” l’uomo s’interruppe un momento, lanciando un’occhiata di sbieco nella direzione della telecamera da cui entrambi li stavano osservando “…ho qui le stime degli orari dei decessi espressamente richiesteci da Elle. Il 68% è avvenuto fra le 16.00 e le 02.00 di notte, ora giapponese, con una più alta concentrazione fra le 20.00 e la mezzanotte. I decessi avvenuti il sabato, la domenica e i giorni festivi vanno dalle 11.00 del mattino fino a tarda sera…”.
*Ci siamo* pensò Natsumi, le dita intente a tormentarle le labbra *Queste erano le informazioni che aveva richiesto Elle. Vediamo, gli orari dei decessi cambiano a seconda dei giorni in cui vengono commessi gli omicidi…differenze sostanziali fra i giorni feriali e i giorni festivi…questo significa che il nostro uomo ha un lavoro regolare, scandito da turni irremovibili e non modificabili. Ma un impiego del genere…potrebbe essere solo…*.
“È un’informazione davvero interessante” affermò Elle, anticipando il filo dei suoi pensieri “Stando agli orari dei decessi, ritengo possibile…che l’assassino sia uno studente”.
“Sono d’accordo” s’inserì Ruri, decisa “Questo dato coinciderebbe con alcuni tratti del profilo psicologico che siamo stati in grado di tracciare. Il nostro uomo agisce in maniera calcolata e razionale, ma a volte si lascia prendere da gesti e tendenze impulsivi…una caratteristica del genere è più facilmente da imputarsi a un soggetto giovane, presumibilmente un adolescente”.
“Un adolescente?! Lei sostiene che questi crimini potrebbero essere opera di un ragazzo?!” sbottò un agente, gli occhi strabuzzati.
“Non vedo cosa ci trovi di così allarmante” lo zittì Ruri, un po’ fredda “Le nevrosi sono in grado di danneggiare un individuo in qualsiasi momento della sua vita, non dobbiamo sorprendercene. Inoltre, i sintomi che presenta denotano una spiccata tendenza all’esibizionismo, probabilmente dovuto a un’eccessiva pressione nei suoi confronti e a uno spiccato bisogno di manifestare e di dimostrare qualcosa; se proprio vuole saperla tutta, non è escluso che provenga da una rispettabilissima famiglia borghese. Anzi, le probabilità al riguardo sono circa del 40%”.
“Lei…lei dice che…”.
“Ma c’è dell’altro” riprese Elle, noncurante “Poco fa, la dottoressa Dakota vi ha accennato qualcosa riguardo al profilo psicologico del killer: negli ultimi giorni, io e lei siamo arrivati a una conclusione di notevole importanza riguardo al modo d’agire di Kira, nonché alla sua personalità. Non possiamo esserne del tutto sicuri, eppure si tratta di una teoria che possiede una base alquanto solida. Poiché uccide soltanto criminali, abbiamo dedotto che l’assassino agisca seguendo un proprio codice morale; è possibile che voglia imporsi come un nuovo giustiziere. Non ho dubbi che si tratti di una persona dalla mentalità infantile…”.
Quelle deduzioni scatenarono un notevole mormorio fra i poliziotti, che però si zittì subito quando Elle riprese a parlare.
“Ma le mie sono soltanto ipotesi…quindi, non fissatevi troppo sull’idea che l’assassino sia davvero uno studente. Valutare diverse possibilità ci dovrebbe aiutare ad avvicinarci alla cattura di Kira. Dottoressa Dakota, lei ha qualcosa da aggiungere?”.
Certo che quel tizio era davvero strano: passava dal formale all’informale con una leggerezza che non aveva mai conosciuto. Ma forse era soltanto lei ad essere fissata con quelle stronzate…
“Non per il momento, Elle”.
“Molto bene. Signori, prego, continuate pure con le vostre relazioni”.
Il sovrintendente Yagami si schiarì la voce e proseguì.
“Sì, certo. A qualcuno è venuto in mente dell’altro?”.
A poca distanza, un giovane poliziotto, dotato di una scompigliata chioma scura, alzò la mano timidamente.
“Ehm, sì…” disse, alzandosi in piedi.
“Di’ pure, Matsuda” lo esortò a proseguire Yagami.
Guardandolo con attenzione, Natsumi dedusse che doveva essere molto giovane, forse poco più grande di lei.
“Beh…con questo non intendo assolutamente appoggiare Kira, ma…ecco, negli ultimi giorni ho notato che…a livello mondiale, e in particolare…in Giappone, il numero dei crimini è decisamente diminuito”.
Quell’affermazione riportò alla mente di Natsumi le immagini di tutti i blog e i social network che stavano nascendo in quei giorni, inneggianti all’operato di Kira e alla sua ‘missione’: le parole di Matsuda vennero seguite da un altro silenzio imbarazzante, interrotto solo infine dal sovrintendente.
“Beh…c’era da aspettarselo, visto come stanno le cose. C’è dell’altro?” domandò poi, mentre Matsuda si rimetteva a sedere.
Dopo un altro breve silenzio, Yagami riprese a parlare.
“È tutto, questo era il rapporto di oggi. Elle”.
“Grazie della collaborazione” riprese il detective, mentre gli occhi di Natsumi saettavano verso la porzione del monitor che occupava la grossa lettera gotica “Questo è un altro passo verso la cattura del colpevole. Ora, avrei un’altra richiesta da farvi, se non vi dispiace: mi rivolgo alle squadre che si occupano delle indagini sulle vittime tramite notiziari e Web. Vorrei che controllaste di nuovo le notizie che sono state pubblicate o trasmesse in Giappone prima che le vittime venissero uccise da Kira; vorrei sapere se sono state rese pubbliche fotografie o filmati del volto dei criminali. Dottoressa?”.
Natsumi, ancora non del tutto abituata a essere chiamata in quel modo, si riscosse leggermente e si avvicinò ancora al microfono.
“Gradirei che la questura di Tokyo mi facesse pervenire i rapporti relativi alle disposizioni dei testimoni ascoltati per il caso. Inoltre, vorrei poter essere messa in contatto con il medico legale che si è occupato delle autopsie. Un nuovo elemento che ci sarà utile per risolvere il caso riguarderà sicuramente il comprendere fino in fondo in che modo Kira riesca a provocare quegli arresti cardiaci. È tutto”.
“I nostri canali di comunicazione rimarranno sempre aperti per eventuali necessità” concluse Elle “Buon lavoro…”.
Non appena l’immagine del quartier generale scomparve di fronte ai suoi occhi, quella di L riprese a invadere del tutto lo schermo.
“Che cosa ne pensi?” le domandò il detective.
Ruri ingoiò alcune delle sue medicine, e prese del tempo per rispondere.
“Penso che dovremo tenere d’occhio la pista dello studente. E che valga comunque la pena dare un’occhiata all’esame del coroner, anche se dubito che troveremo qualcosa di significativo. Dannazione, ci dovrà pur essere un modo con cui procura l’arresto cardiaco!”.
“A mio giudizio, è troppo presto per concentrarsi sul modus operandi, Ruri”.
“Beh, saperne di più al riguardo ci condurrebbe più vicini allo scoprire l’identità del colpevole”.
“Ma non abbiamo sufficienti indizi fra le mani per poterlo fare”.
“Elle…”.
“Ciò che voglio dire” la interruppe lui, conciso “È che non possiamo basarci su informazioni affrettate o incomplete”.
“Che cosa suggerisci?” disse Ruri, per la prima volta con tono un po’ infastidito.
“Aspettiamo che Kira faccia la sua prossima mossa”.
“Hai intenzione di attendere che gli omicidi proseguano?” ribatté Ruri, sorpresa.
“Il modo migliore per conoscere il tuo avversario è capire come pensa e come agisce” rispose Elle, sempre impassibile.
“Va bene, mi fido di te. Lo sai”.
“Lo so”.
“A proposito, hai intenzione di dirmi quando questa situazione giungerà al termine? Non possiamo arrestare Kira se rimaniamo confinati nelle nostre stanze”.
“Per il momento, non voglio che lasci la tua postazione. Sarebbe un passo falso notevole, spero che tu te ne renda conto” replicò Elle.
Natsumi sospirò, passandosi una mano di fronte agli occhi.
“Sì, lo so…lo so…”.
“Avrei una richiesta da farti, Ruri” proseguì Elle.
Sorpresa, Natsumi tornò a fissare il monitor.
“Ti ascolto”.
 
Nella sua stanza, Elle osservò con attenzione l’immagine della ragazza, che era andata a sostituire la grossa R che aveva dominato durante la riunione al quartier generale, cercando di intuire qualsiasi pensiero le stesse attraversando la mente.
“Vorrei che mantenessi un filo di comunicazione costante con i tuoi colleghi dell’FBI. Sappiamo per certo quando potranno essere sul posto?” le disse.
La vide bere un sorso di caffè e poi rispondere lentamente.
“Arriveranno domani mattina, intorno alle 07.30”.
“Bene. Watari ha già provveduto a monitorarli come si deve”.
“Come hai fatto con me?”.
Quella domanda lo lasciò spiazzato, ma non gli impedì di replicare con calma.
“Sarebbe a dire?”.
“Sarebbe a dire che non sono così sprovveduta da non accorgermi che la stanza è piena di telecamere, Elle. Pensavi d’avere a che fare con una stordita?”.
Elle non riuscì a trattenersi dal sorridere.
“Non ti sfugge niente, vero?”.
“Avevi in programma d’informarmi?” continuò lei, con astio.
“Al momento opportuno” rispose lui, deciso.
“Questa risparmiatela per il quartier generale. Pensavo che avessi richiesto la mia collaborazione perché ti fidi di me”.
“Ed è così”.
“E perché mi ritieni valida, capace e in grado di badare a se stessa” seguitò Ruri.
“Ed è così” ripeté Elle.
“E allora posso sapere che cosa…” iniziò la ragazza, ma Elle la interruppe.
“Ruri, voglio solo che tu eviti di esporti a inutili pericoli. Stiamo lavorando insieme, non dimenticarlo, e non posso permettere che la tua collaborazione alle indagini venga messa a repentaglio da qualche colpo di testa o da qualche inavvertita mancanza d’attenzione”.
“Mi stai dando dell’imprudente?”.
“Sto cercando di proteggerti. Come faccio con me stesso. Sono sicuro che sei perfettamente in grado di gestire questa situazione nel migliore dei modi, ma…per il momento, non posso permetterti di farlo da sola. Questo è il mio caso, Ruri. Non permetterò che vada in fumo, e perché questo non avvenga, è necessario che tu sia monitorata ventiquattr’ore su ventiquattro” disse Elle, in tono conclusivo.
“Pensavo che questo fosse il nostro caso, Elle”.
“Lo è. Ed è per questo che non permettermi di correre inutili rischi. Mi dispiace, Ruri”.
Ruri sospirò pesantemente, passandosi una mano nella folta chioma scura, ma infine si sforzò di sorridere.
“D’accordo, come vuoi”.
“Allora a più tardi. Contattami non appena avrai notizie dai tuoi colleghi dell’FBI” le ricordò lui.
“Vorranno essere aggiornati sull’incarico da svolgere, quando arriveranno qui. Hai intenzione di parlarci personalmente, o vuoi che gli inoltri un messaggio?”.
“Parlerò con il capo dell’FBI, quando sarà necessario farlo. Ho la sensazione che avranno presto molto da fare”.
Dallo sguardo di lei, capì che avrebbe voluto chiedergli qualcosa, ma infine desistette, scuotendo la testa.
“Come vuoi. A dopo”.
Elle chiuse la comunicazione senza dire un’altra parola, ma anche quando lo sguardo color ghiaccio di Ruri fu scomparso dal monitor, esso non si nascose alla sua vista, invadendogli la mente e occupando il filo dei suoi pensieri.
Ma non aveva senso, diamine, quella situazione non aveva alcun senso. Non gli era mai importato d’avere l’approvazione di nessuno, tantomeno dei suoi collaboratori, forse non gli importava di avere nemmeno quella di Watari, e allora…perché quegli occhi si rivelavano talvolta in grado di turbarlo? Perché sentirsi apprezzato da lei gli provocava uno strano brivido lungo la schiena?
Riflettendoci ulteriormente, giunse a una conclusione semplice e logica: forse era la prima persona al mondo con cui riuscisse ad avere una conversazione alla pari.
Perfino Watari, che era stato quanto di più simile a un padre potesse avere, e che era un uomo intelligente e acuto, non era in grado di fargli provare una sensazione del genere. E d’altronde, il caso Kira lo stava prendendo come niente era stato in grado di fare prima di allora…forse, tutto era collegato proprio a questo. Si trovava di fronte a un serial killer senza precedenti, in grado di calcolare le sue mosse in maniera attenta e razionale, per quanto fosse ridicolo e infantile il suo atteggiamento. Magari era esattamente per quel motivo che riusciva a comprenderlo così bene…ma per quanto riguardava Ruri…poteva dire che fosse la stessa cosa? Poteva dire che l’avvertisse simile a lui?
*In parte è così…in parte…no…*.
 
Nell’alto della sua suite, Natsumi riuscì a distogliere lo sguardo dal computer solo udendo suonare il suo telefonino.
Rispondendo, capì che la chiamata proveniva da un numero familiare.
“Pronto” disse, semplicemente.
“Misaki, sono Naomi”.
La voce della sua ex collega Naomi Misora le giunse alle orecchie, familiare e chiara come sempre.
“Naomi…ciao” ribatté, sorpresa.
“Ciao. Scusami, non vorrei disturbarti…”.
“No, figurati, nessun disturbo”.
“Volevo…ecco, mi chiedevo…volevo sapere come stavi”.
Natsumi sospirò, alzandosi dalla scrivania e sedendosi nella poltrona nelle vicinanze.
“Sto bene, Naomi, anche se sarebbe più opportuno che fossi io a farti questa domanda”.
“Misaki…”.
“Non chiamarmi in quel modo. Sto lavorando” la interruppe Ruri, un po’ secca.
“Certo, capisco. Come devo…”.
“Sono Ruri Dakota. Che cosa posso fare per te?” domandò Ruri, decisa.
Dall’altro capo del telefono, Naomi rimase in silenzio per un po’.
“…Ruri…ce l’hai ancora con me, non è vero?”.
Natsumi sospirò pesantemente, passandosi una mano davanti agli occhi.
“Mi ha chiamato per chiedermi questo?”.
“Ti ho chiamato perché volevo parlare con un’amica, ma non posso farlo, se tu continui a…”.
“Naomi, per l’amor di Dio! Lo sai che ti voglio bene, ma non puoi pretendere che ti approvi!”.
“Non mi aspetto questo” replicò Naomi, con tono triste.
“E allora cosa?”.
“Mi aspetto che tu mi accetti comunque per quella che ho deciso di essere!”.
“La casalinga disperata a cui piace tanto accudire la casa e il suo maritino stronzo? Scusami, ma questo non ha niente a che vedere con la Naomi che conoscevo!”.
Ci fu un silenzio lungo e doloroso, al termine del quale Ruri sospirò nuovamente, chiudendo gli occhi per qualche istante.
“Scusami, mi dispiace…”.
“Non serve” la interruppe freddamente Naomi.
“Senti, mi dispiace, va bene? Non volevo dire ciò che ho detto…” ripeté Ruri, ora a disagio.
“Ma è quello che pensi, non è così?” replicò Naomi.
Ruri sospirò per l’ennesima volta.
“È la tua vita, Naomi; non sarò io a dirti come devi o dovresti viverla. Solo…vorrei che tu non perdessi il contatto con la realtà e con te stessa. È che Penber è così…voglio dire, a volte ti tratta in un modo…”.
“Lo so. Può essere irascibile…”.
“Irascibile? Io lo definirei un fottuto bastardo…” si lasciò sfuggire Ruri.
“Ruri, ti prego…”.
“Va bene, senti, lascia perdere, ok? Non è il caso di parlarne ancora. Mi piacerebbe solo che ti rendessi conto che ti considero una gran donna, e che è proprio per questo che sono così arrabbiata con te” le disse, più dolcemente.
“Perché ho scelto di rimanere con l’uomo che amo?”.
“Perché gli hai permesso di importi di scegliere fra lui e la tua carriera. E per avergli concesso l’opportunità di avere un potere così grande su di te”.
Dall’altro capo del telefono, Naomi sospirò con altrettanta tristezza.
“Ruri…sei mai stata innamorata?”.
Quella domanda la colse di sorpresa, portandola a cambiare espressione.
“Naomi…”.
“Lo sei mai stata?” insisté la sua vecchia amica, con decisione.
Ruri attese qualche altro minuto prima di rispondere, ma infine si pronunciò.
“L’amore ha i suoi limiti…”.
“Forse è proprio qui che ti sbagli. E da ciò che hai detto, capisco che non lo sei mai stata”.
“Naomi…”.
“Il giorno in cui lo troverai, ricordati quello che ti ho detto. Non so se Ray sia del tutto l’uomo giusto per me, ma so che è di lui che mi sono innamorata, e questo mi basta. Mi basta davvero…sul serio”.
Ruri sospirò per l’ennesima volta e si rialzò in piedi, iniziando a passeggiare per la stanza.
“Come vuoi, Naomi…non so nemmeno bene che cosa risponderti, a questo punto. C’era nient’altro che volevi dirmi?”.
“Sì. Volevo dirti che mi recherò in Giappone insieme a Ray: partiamo fra poco”.
Ruri spalancò gli occhi di fronte a quella notizia.
“Sul serio? Ti ha permesso di venire con lui? Quale onore…”.
“Con l’occasione, gli presenterò anche i miei genitori” proseguì Naomi, ignorando il suo commento.
“Ah, capisco. Bene, sono contenta di saperlo, Naomi, ma temo che non riusciremo a incrociarci comunque, non posso lasciare la mia postazione…”.
“Quello che volevo dirti” la bloccò Naomi, trafelata “È che puoi contare su di me per ogni cosa. Dico sul serio, per qualsiasi ragione, sentiti pure libera di chiamarmi”.
Capendo ciò a cui si stava riferendo, Ruri scosse la testa.
“Naomi, apprezzo la tua dedizione, ma…mi dispiace doverti ricordare che non lavori più per l’FBI” le disse, stancamente.
“Lo so, ma…”.
“E che non sono autorizzata a fornirti nessuna informazione riguardo al caso; tanto per la cronaca, spero che il tuo fidanzato si ricordi che questo vale anche per lui”.
“Ho sentito dire che stai lavorando con Elle” le disse Naomi, lasciandola ancora spiazzata.
Natsumi attese qualche secondo prima di rispondere.
“Sì…è vero. Ma non dovresti parlare di queste cose, senza prima accertarti che la linea che stai utilizzando sia davvero sicura”.
“Scusami, hai ragione” le disse Naomi.
“In ogni caso, l’unica cosa che posso dirti e assicurarti è che cattureremo Kira, a qualunque costo. Hai la mia parola” le si rivolse Ruri, in tono di conclusione.
“Non lo metto in dubbio. Sei sempre stata la migliore, Ruri”.
“Dopo Elle” le ricordò la ragazza, con tono scherzoso.
Dall’altro capo, avvertì che Naomi stava probabilmente sorridendo.
“Dopo Elle…” ripeté lentamente.
“Adesso devo salutarti, il dovere mi chiama. Fammi avere tue notizie, d’accordo?”.
“Lo farò” le assicurò Naomi, più affettuosamente.
“E non farti mettere sotto da Ray. Non te lo meriti” le disse poi Ruri.
“Farò anche questo” promise Naomi.
Ruri si accinse a chiudere la comunicazione, quando la voce della sua ex collega la richiamò.
“Ruri…?”.
“Sì?” rispose.
Naomi rimase in silenzio più a lungo del solito, e infine riprese a parlare, una nota malinconica impressa nella voce.
“Mi manchi…” le disse, quasi mormorando.
Senza nemmeno comprendere bene perché, Ruri avvertì una fitta all’altezza del petto, ma quelle parole la portarono comunque a sorridere ancora una volta.
“Mi manchi anche tu…” le rispose alla fine, sussurrando a sua volta.
“Allora…ciao”.
“Ciao…”.
Ruri riattaccò il telefono, per poi appoggiarsi al muro con una mano, il respiro pesante e gli occhi socchiusi. Diamine, perché doveva essere così difficile?
Sapeva che non avrebbe mai accettato fino in fondo la scelta di Naomi, ma in fondo, che cosa poteva davvero importargliene? Certo, le dispiaceva che avesse deciso di buttare via la sua vita in quel modo, le dispiaceva che non si curasse del suo talento e della sua carriera, le dispiaceva aver perso una splendida collega d’indagine, ma in fondo…ciò che davvero le faceva male al cuore era vedere una ragazza così giovane maltrattata da un uomo a cui lei stessa teneva così tanto.
Ben presto, finì per sedersi di nuovo sulla stessa poltroncina, prendendosi la testa fra le mani; dopo qualche minuto, con estrema lentezza iniziò ad arrotolarsi le maniche del maglioncino, scoprendo ancora alla sua vista i numerosi tagli e le infinite cicatrici che le deturpavano la pelle. Con una calma ricca di dolore, li sfiorò con delicatezza, per poi tornare a coprire quei maledetti segni con un gesto di stizza molto frettoloso.
Già…forse il punto era proprio quello…non avrebbe mai più sopportato che una donna venisse in alcun modo maltrattata da un uomo che le era caro…esattamente a causa di ciò che le era successo.
Passandosi una mano dietro il collo, le sue dita sfiorarono un taglio la cui cicatrice era ancora più netta delle altre; era una ferita inflitta con un piccolo coltellino svizzero…uno di quegli oggetti che suo padre portava sempre con sé.
Alzandosi in piedi, sentì il suo nome bruciarle sulla pelle come non mai: Williams, Natsumi Williams, la figlia di John Steven Williams, ambasciatore della Casa Bianca nella capitale italiana…l’uomo che per quasi vent’anni l’aveva resa oggetto delle sue violenze…
 
Il 16 Dicembre, tre giorni dopo, Ruri aprì gli occhi nell’udire un segnale di richiesta da parte di Elle.
Tirandosi su con passo malfermo, indossò subito qualcosa e si sedette di fronte al computer.
“Elle, sono in ascolto”.
“Ruri, ho appena ricevuto una chiamata urgente da parte del quartier generale. Abbiamo un problema”.
 
Continua…
 
Nota dell’Autrice: Eccociiiii, siamo arrivati al quarto capitolo!! Lo so, lo so, so che la storia procede un tantino a rilento, ma vi prometto che non vi farò aspettare ancora moltissimo prima del loro primo incontro, non dubitate! I primi capitoli sono un po’ di introduzione alla storia, credetemi, anch’io non vedo l’ora che quei due si incontrino di persona!! Intanto, vorrei ringraziare TANTISSIMO AnonimaKim, Annabeth_Ravenclaw, Pinkamena Diane Pie e Norahmckey per aver recensito la storia!! Spero che continuerete a seguirla e che vi farà appassionare, grazie di cuore per le recensioni! E grazie di nuovo ad Annabeth e a Pinkie per aver inserito la storia fra le seguite, ne sono molto felice! Specifico una cosa che prima non avevo fatto notare: come c’è scritto fra le caratteristiche della storia, preciso che la fanfiction sarà anche una songfic, per cui capiterà che, di quando in quando, inserisca alcune canzoni, chiamiamola pure la cosiddetta ‘colonna sonora’, perché no! ;) ci tengo a precisare che scelgo le canzoni scrupolosamente in base sia ai testi, che alla musica! Spero che mi fornirete la vostra opinione anche su di esse, al momento opportuno, mi piacerebbe molto che mi diceste il vostro parere in merito!! Detto ciò, vi saluto e prometto di tornare presto con il prossimo capitolo!!! Baci, Victoria
   
 
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