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Autore: TriskellShadows    13/01/2014    1 recensioni
E' la sera di Natale e Synyster Gates vagabonda per le strade della città. Brian personificherà Ebenezer Scrooge, chi sarà il fantasma che lo guiderà nei sui Natali passati e gli farà capire il vero valore dell'amicizia e del tempo che passa?
Genere: Malinconico, Sentimentale, Triste | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Johnny Christ, Matthew Shadows, Synyster Gates, The Rev, Zacky Vengeance
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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-Adesso dove dobbiamo andare?- ero smanioso, ormai non avevo più paura di vedere altro.
-Adesso siamo al Natale del 2016, è arrivata l’ora di vedere il tuo futuro se dovessi continuare come hai sempre fatto fin ora..-
Mi guidò per un vialetto dall’aria familiare. Entrai da un cancelletto di ferro battuto nero e molto semplice, a causa degli agenti atmosferici si era rovinato ed ora era piegato dal tempo e la vernice si stava staccando pian piano, era molto inquietante quando lo aprii, cigolò come una vecchia porta di una casa stregata e mi fece venire i brividi. Feci un passo per leggere sulla cassetta delle lettere il nome del proprietario, spostai la levetta rossa tipica delle cassette e la vidi piena di una ventina di lettere, le presi tra le mani e tutte indirizzate a Brian Elwin Haner Jr. Quella era casa mia? Le lettere mi caddero dalle mani tremanti e io le seguii cadendo. Provai a leggere il mittente..erano lettere da parte di Matt, Zacky, Johnny, Michelle e Valary..e poi ce n’era una. Era una lettera della madre di Jimmy. Barbara era stata per me come una mamma acquisita, ero continuamente a casa sua e Jimmy lo era a casa mia, non  ci dividevamo mai e lei vedeva crescerci di giorno in giorno insieme e sempre più forti e uniti.
-Jimmy..sapevi di questa?..- la voce mi tremava e non riuscivo a parlare senza serrare violentemente le mascelle per cercare di tenerle chiuse e solide.
-Si Bri..lo sapevo.-
Mi sentì scosso da una convulsione.
-Cosa c’è scritto?-
-Devi leggerla se vuoi saperlo.- orribile risposta, prevedibile ma orribile. Non potevo leggerla, volevo ma non ci riuscivo, ero già abbastanza scosso di mio. Con che cuore potevo leggere quella lettera?
Jimmy mi cinse le spalle dolcemente e mi sorrise per farmi forza, dovevo leggerla.
La aprii molto delicatamente, come se avevo paura si sgretolasse dalle mie mani da un momento all’altro.
E così lessi la lettera.
“Caro Bri,
cosa stai combinando? Cosa stai facendo di te? Dov’è finito il bambino che saltava in camera sui mobili e sul letto? Dov’è il ragazzo che cantava a squarciagola BarbieGirl con mo figlio?
Lo sai cosa sei tu per me vero? Tu sei stato come un figlio acquisito, un po’ difficile da gestire ma era bello vederti sfogare la tua creatività nella musica insieme a Jimmy. Sei sempre stato una figura importante per tutti, una persona forte che erigeva le mura intorno ai suoi amici e familiari e li proteggeva amorevolmente, non avevi paura di nulla e di nessuno. Sei sempre stato determinato e paziente se si parlava di musica e di impegno. E ora, ora non puoi buttare tutto al vento.
Avete fatto tanti sforzi tu e i ragazzi per arrivare dove siete ora, avete lottato con la musica per domarla e farla vostra, avete lottato con il mondo che non credeva in voi e avete lottato contro voi stessi quando vi buttavate giù. Tutto questo lo avete fatto sempre insieme, non vi siete mai divisi o abbandonati. Avevate un legame, che io non avevo mai visto e non vedrò mai in vita mia. Sembravate connessi nel cuore e nella mente in una sola entità. Non ti allontanare da loro, non farti prendere dallo sconforto, dalla depressione. Ti prego non farti tirar giù in questo limbo infinito di sofferenza, non puoi risalire da solo, non puoi sopravvivere senza chiedere aiuto. Non negare chi vuole solo il tuo bene, chi è disposto a prendersi in faccia pugni e schiaffi pur di aiutarti a star bene. Qui fuori ci sono persone che per te rinuncerebbero a tutto. Non abbandonarci anche tu Bri, ti prego mio caro non farlo. Non potremmo reggere anche questo, c’è ancora una possibilità per voi, loro sono disposti a gettarsi fra te e i tuoi problemi e prenderti tra le loro braccia per proteggerti e aiutarvi a vicenda. Ho già perso un pezzo del mio cuore, non voglio perderne un altro. Alzati e combatti, usa come scudo le tue insicurezze e infliggi dolore a quello che provoca dolore a te. Noi saremo sempre qui ad aiutarti. Non dimenticarlo mai.
Con amore, Barbara.”
-Bhè pensavo peggio..- dissi alzando lo sguardo dalla lettera, qualcosa mi infiammò la faccia. Lacrime. Non me ne rendevo conto ma stavo piangendo, ormai nemmeno avvisavano quando arrivavano, ne avevo piante così tante che non me ne accorgevo più. Le mani iniziavano di nuovo a tremarmi, ero scosso come se un teiser mi colpisse con una scarica allucinante. In torno a me divenne tutto nero a puntini bianchi, cercavo di scacciarli ma le lacrime continuavano a scendere sempre più copiose. Mi sentivo cieco e disorientato, la testa mi girava e mi venne da svenire. Così mi lasciai andare al vuoto, ma incontrai qualcosa di morbido, era il mio Jimmy.
-Io..io...Jimmy come..- non sapevo cosa volevo dire, volevo solo nascondermi tra le sue braccia, inebriarmi del suo profumo e piangere mentre lui mi accarezzata la testa.
Sembrava che mi stesse leggendo il pensiero come al solito, iniziò ad accarezzarmi la testa con la mano destra mentre con la sinistra creava un antro caldo e confortevole dove nascosi la testa.
-Tranquillo amico ci sono io qui, non sei solo-
-Ma io..io non lo merito, non merito tutto questo amore, tutta questa comprensione!-
-Si che la meriti! Per quante persone sei stato comprensivo? Quanti hai aiutato a superare la loro perdita, aiutandoli nel dolore e illuminandogli un cammino buio dove si erano persi? Ti basta prendere in mano la chitarra e suonare, e il mondo si colora di te stesso. Sei sempre stato forte per tutti e tutti pensavano che tu fossi forte anche per te stesso. Ma non sapevano che appena eri solo ti sentivi svuotato dentro. Gli altri ragazzi ci hanno provato, si sono feriti fuori e dentro per te e tu li hai solo respinti. Apri il tuo cuore e le tue braccia Bri, c’è chi può accoglierti tra le sue e proteggerti.-
Non riuscivo a capire nulla, il cervello mi era andato in tilt e mi stava salendo un attacco di panico.
Non ne capivo nemmeno io il motivo ma non riuscivo a calmarmi.
-Ho deluso così tante persone..li ho feriti..respinti..loro volevano solo amarmi-
-Loro vogliono ancora amarti Bri, non potranno mai abbandonarti davvero-
Jimmy mi allontanò per guardarmi negli occhi e sorridermi di cuore, risposi al suo sorriso per la prima volta dopo tanto e ci alzammo insieme.
Sul retro del giardino tenevo un patio con dei divanetti e un tavolino lontani dal prato visto che Matt è allergico all’erba.
Quando vi andai però la scena era completamente diversa da quella che ricordavo. Il patio era distrutto, lo avevo costruito insieme agli altri e in effetti era un po’ storto ma a noi piaceva. Il legno era piegato e mangiato dalle termini, le sedie rivoltate a terra e sommerse di rampicanti che stavano per sommergerle. Ci lasciammo quella scena alle spalle mentre salivamo le scale per entrare in casa e sentivo il legno cedere sotto i miei piedi che scricchiolava come se fosse in agonia a causa del mio peso.
I fiori del vaso accanto alla porta erano grigi e spenti, ricurvi verso il basso come in un pianto. Avevo timore di aprire la porta, sembravo essermi catapultato in una casa abbandonata di un film horror.  Aprii la porta cigolante e le cose all’interno non erano meglio. La puzza era insopportabile, c’erano bottiglie di alcolici sparse per il pavimento e per le scale, alcune erano rotte e ancora gocciolanti di liquido; c’erano pacchetti di Marlboro rosse ammassate agli angoli e cicche di sigarette ovunque. In giro c’era qualche busta di Take Away di vari ristoranti e cartoni di pizza con dentro pezzi di crosta non mangiati e ormai pieni di muffa.
La segreteria telefonica ormai scoppiava di messaggi e suonava ininterrottamente come un allarme.
Si sentiva che in casa c’era qualcuno, la casa era buia e le finestre erano serrate dall’interno con le tende strappate che lasciavano filtrare solo pochi raggi di luce. Camminando calpestai qualcosa che sotto i miei piedi si ruppe con un rumore sordo. Era la cornice di una foto, era capovolta così la presi in mano per rigirarla e vedere che foto fosse. Ovviamente era una foto di noi cinque tutti insieme, stavamo vicino al bosco con delle bottiglie di birra in mano, eravamo così piccoli con gli occhi contornati di trucco nero, le magliette con le stampe dei gruppi musicali e un sorriso di conquista sul volto. Quella foto risaliva ai nostri inizi, quando avevamo ancora i capelli lunghi, inconsapevoli del futuro ma con un pugno di sogni in tasca. Vedere quella foto a terra non mi fece pensare ad altro che al me del futuro.
Un rumore molesto mi riportò alla realtà, qualcosa era caduto a terra e si era rotto. Jimmy era in silenzio, io mi avvicinai curioso all’ingresso del salotto e trovai un Brian che mi fece accapponare la pelle. Era accasciato sulla poltrona di pelle marrone che gli aveva regalato Michelle e borbottava da solo cose che non capivo nemmeno io. La sua testa ciondolava da un lato ad un altro come se non fosse attaccata al collo. Era dimagrito, dalla maglietta nera con lo scollo a V sporgevano le ossa, le mani bianche e scarne erano avvinghiate all’ennesima bottiglia di alcolico. Gli occhi erano spaventosi, due fosse nere incavate, erano stanchi e rassegnati, come gli occhi di un anziano che stava per timbrare il cartellino d’uscita.
Mi facevo pena da solo, non sapevo cosa pensare, dire o fare.  Avevo voglia di andare lì e schiaffeggiarlo e scuoterlo per fargli capire che stava buttando la sua vita, ma non potevo. Brian alzò i piedi sul tavolinetto del salotto e la gamba del jeans destro si alzò di poco e vidi uno di quegli aggeggi che ti attaccano per gli arresti domiciliari dove segnalano al comando se vai oltre il perimetro stabilito.
-Jimmy perché ho quel coso alla caviglia?-
-Bhè il 27 dicembre sono venuti a farti visita il classico coro natalizio del vicinato. Si sono messi sul vialetto a cantare e te gli hai urlato contro per mandarli via ma loro insistevano per cantare. Così sei uscito e ti sei arrabbiato, e li hai picchiati. Quindi adesso devi rimanere in casa per evitare guai.-
Ero sbalordito, mi ero ridotto a picchiare quelle brave persone che cantavano nei cori? Davvero?
-E quindi sono agli arresti-
-Già. I nostri amici hanno provato a venirti a trovare ma te non gli hai permesso di entrare, e come hai ben visto ti hanno lasciato delle lettere nella speranza che tu le leggessi-
Quello sulla poltrona ero davvero io? Sembravo invecchiato di trent’anni, la mia casa poi non era mai stata silenziosa. C’erano sempre risate e musica. Jimmy che giocava con Pinkly a nascondino; Zacky che mi svuotava il frigo e Michelle che gli urlava dietro; Johnny che insieme a Matt facevano gli agguati a Jimmy e a Pinkly iniziando una vera e propria battaglia all’ultimo sangue distruggendomi letteralmente casa.
Io a volte mi fermavo a guardarli tutti, ero così contento di loro. Mi piaceva guardarli che si divertivano in casa mia come se fosse un parco di divertimenti, il silenzio era opprimente lì dentro. Quella casa non era fatta per il silenzio, era abituata a urla e risa e musica, non al silenzio.
-Jimmy questo è davvero ciò che mi aspetta?-
-Si Bri, questo è ciò che sarà la tua vita-
Fitta allo stomaco. Avevo dato sempre per scontato l’amore che i miei amici provavano per me, mi sentivo come se potessi trattarli male e loro non se ne sarebbero curati perché erano abituati al mio carattere, mi conoscevano e accettavano quella parte di me, ma forse l’amore a volte non è sufficiente.
Mi avvicinai già abituandomi all’idea di sentire la puzza di alcool che avrebbe accompagnato il respiro di quel relitto che era Brian Haner, una nave abbandonata anche dal suo capitano.
L’odore di alcool era mischiato a quello di sudore acre, sicuramente non si lavava da settimane. Ma qualcosa mi fece storcere il naso, un odore che non era alcool o sudore, un odore metallico e ferroso, era odore di sangue.
Guardai attentamente le braccia tatuate in cerca di eventuali tagli ma non trovai nulla, allora spostai lo sguardo sulle gambe appoggiate al tavolino e lo vidi. La caviglia destra era sporca di sangue ormai secco, sotto il congegno c’erano dei profondi graffi che si era procurato infierendo sulla pelle già irritata. Le ferite erano infette e sembravano davvero dolorose ma non sembrava che a Brian importasse.
Sospirai rassegnato di fronte a quella scena e di fronte a quell’uomo perso e rassegnato, abbandonato dai suoi amici, da sua moglie e dal suo cane.
La mancanza sembrava averlo smontato, perfino se stesso si era perso, adesso era un involucro pieno di alcool e rimpianto.
-Jimmy che ne sarà di me dopo questo?-
Il mio amico distolse lo sguardo da me, si prese le man l’uno dentro l’altra come un bambino imbarazzato, non aveva il coraggio di guardarmi. Cosa poteva esserci di tanto brutto se anche il mio migliore amico aveva timore di parlarmene. Spostava lo sguardo da una parte all’altra della stanza, dalle pareti al pavimento e dal soffitto alla porta, era inquieto.
-Amico?..- insistevo, non sembrava volermi rispondere.
-Bri, dopo di questo c’è solo un’altra cosa. L’ultima, la fine del tuo viaggio. Mi capisci?-
Lo capivo benissimo, tra me e lui c’era una sorta di telepatia inconsapevole, leggevo la parola nella sua testa ma non voleva dirla, così lo feci io per lui.
-Morte..c’è la morte dopo non è così?-
Adesso jimmy era davvero inquieto, sembrava un cavallo in un box troppo piccolo.
-Si Bri. Dopo c’è la tua morte. Ma non sei costretto a vederla, non è una tappa obbligatoria puoi anche scegliere di fermarti qui. La scelta è tua-
Non riflettei neanche per un istante.
-Voglio vederla-
-Bri sei sicuro? Pensaci..-
-Se ci penso cambio idea. Ormai il viaggio è finito, mancano quattro ore all’alba e devo sapere-
-Come vuoi amico, allora andiamo-
Jimmy ancora non mi guardava, si mise le mani in tasca e si avviò alla porta d’uscita, così lo seguii. Ero un ombra che si trascinava passo dopo passo e all’improvviso mi bloccai. Davanti a me c’era la foto che prima appoggiai dal pavimento sul tavolinetto all’ingresso, la presi e la tenni tra le mani così stretta che si deformò, la guardai un’ultima volta e la misi in tasca assieme alla lettera di Barbara. Sospirai chiudendo gli occhi e lasciai quel luogo sentendomi appassito come un fiore.
  
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