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Autore: Ailis_    14/01/2014    2 recensioni
{Sequel di "Come un fiore su un precipizio"}
E' la solita vecchia storia: lui, lei, l'altro. Lila non ha certo in programma di innamorarsi di qualcuno che non sia Steve, ma le cose capitano e lei non può impedirlo. E dovrà fare la sua scelte, volente e nolente.
Quando l'oramai ben nota sensazione che presto sarebbe accaduto qualcosa fece la sua comparsa, Lila era seduta -accasciata, più che altro- sul divano dell'appartamento che divideva con Kurt e Jackson e sbocconcellava una ciambella: la sentì che le stringeva lo stomaco mentre la tv borbottava monotona in sottofondo.
[...]
“La Terra è di nuovo in pericolo”
[...]
“Simpatico” borbottò la ragazza “avevo dimenticato quanto fosse piacevole parlare con te” ribatté lei e Loki accennò a un sorriso divertito: ecco finalmente un interlocutore degno di quel nome, qualcuno che riuscisse a tenergli testa.
“Non mi abbracci neanche?” la schernì, ma dietro la maschera si scoprì a sperare vivamente che lei lo facesse.
A tutto questo aggiungete un nuovo nemico di cui nessuno sa niente. Cosa succederà?
Genere: Azione, Generale, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Loki, Nuovo personaggio, Un po' tutti
Note: OOC | Avvertimenti: Triangolo
Capitoli:
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Send me away with the words of a love song- Il tuo nome sulle labbra

Buondì!

Lo so, gli aggiornamenti regolari non sono il mio forte, ma consolatevi: l’odissea di questa storia –che si trascina da un anno e più- sta per finire perché avete di fronte l’ultimo capitolo prima dell’epilogo.

E manca tanto così alla scelta.
Per pura curiosità: voi lettori con chi fareste finire Lila?

Perciò, accomodatevi e godetevi il capitolo.

 

 

 

 

Capitolo XI

 

 

Send me away with the words of a love song


Lord make me a rainbow, I'll shine down on my mother
She'll know I'm safe with you when she stands under my colors
Oh, and life ain't always what you think it ought to be, no
Ain't even gray, but she buries her baby

If I die young, The Band Perry

 

Quattro giorni dopo era ancora tutto tranquillo.
Lila era decisissima a godersi un giorno -uno solo, non chiedeva certo tanto!- di meritato risposo come lo intendeva lei.
E ciò non comprendeva un letto, coperte, bevande calde  e cinque Vendicatori nella loro miglior versione di chiocce protettive.
Così si era svegliata molto presto e aveva convinto -più che altro obbligato- un pilota molto gentile ad accompagnarla a terra.
Certo, l'uomo era stato un po' reticente perché non aveva avuto nessuna autorizzazione da parte di Fury, ma alla fine Lila era riuscita a persuaderlo a portarla giù per poi venirla a prendere nel tardo pomeriggio.
Si era fatta depositare su un tetto nei sobborghi di New York e ora camminava tranquillamente per le strade di Manhattan, diretta verso Broadway.
Aveva chiamato suo fratello e gli aveva detto di volerlo vedere, così gli aveva concesso di saltare la scuola e di raggiungerla da Starbucks.
Un comportamento non proprio da lei che doveva aver insospettito Simon, ma il ragazzo non aveva protestato.
Lila aveva bisogno di respirare un po' di normalità e credeva di averne anche il diritto.
Insomma, non la si poteva biasimare se per alcune ore cercava di sfuggire all'orrore che era diventato parte della sua stessa vita.
Aveva passato quattro giorni in una prigione, con l'incubo della morte sempre accanto, e probabilmente mai avrebbe dimenticato le battaglie e la distruzione di quei giorni...
Nell'ottica di Lila, era quasi un dovere trovare qualcosa di cui sorridere di tanto in tanto, in tutto quel caos.
Entrò nel negozio e la accolse subito la familiare aria profumata di caffè, caramello e latte.
Diede un'occhiata in giro e scorse una ben nota chioma bionda che sorseggiava un caffè e si pavoneggiava con alcune ragazzine in divisa, esibendo la tua felpa della squadra di football come se fosse una medaglia al valore.
“A volte mi chiedo come facciamo io e te ad essere parenti” lo prese in giro con un sorriso sardonico.
“Sorella!” si alzò e la strinse in un abbraccio da orso.
Simon aveva solo quattordici anni, ma era già più alto di lei e con le spalle larghe di un uomo. Non sapeva come avesse fatto a diventare così massiccio, ma era sicura che non fosse una cosa di famiglia: prova ne era il fatto che lei era tanto minuta e aggraziata quanto lui alto e massiccio.
Se qualcuno li avesse visti -lei quasi bionda, piccola e lui castano scuro e muscoloso- avrebbe pensato che non fossero neanche lontanamente parenti.
Quando la lasciò libera di tornare a respirare Lila si accomodò sulla sedia di fronte e ordinò un latte caramellato con tanta, tanta panna.
“Come va con la scuola?” domandò con un sorriso disinvolto.
Simon la scrutò con occhi attenti e alla fine si sporse verso di lei con l'espressione più seria che gli avesse mai visto addosso.
“Cosa c'è che non va, Lils?”

Quello -l'innata capacità di guardare dentro le persone- avrebbe invece confermato che erano proprio fratello e sorella.
“Perché dovrebbe esserci qualcosa che non va? E non hai risposto alla mia domanda”
“Tu mi hai fatto saltare la scuola. E tu non lo fai mai, a meno che non sia qualcosa di veramente serio. Perciò, sorellina, dimmi qual è il problema, senza girarci troppo intorno”
La ragazza abbassò lo sguardo e si mordicchiò nervosamente il labbro inferiore, tamburellando le dita sul tavolo.
Non poteva coinvolgere suo fratello in quella guerra, ma aveva bisogno di parlare con qualcuno della situazione con Steve e Loki, qualcuno che non la giudicasse e che l'avrebbe amata a prescindere da qualunque scelta avesse fatto.
“Mi sono innamorata di un altro uomo” esalò alla fine.
“E Steve? Lo amavi così tanto!”
“E lo amo ancora! E' questo il problema, capisci? Come posso scegliere tra due tipi di amore così diversi, eppure ugualmente forti?”
“Ok, ho capito. Ora taci e ascolta, sorella” la fermò lui stringendole una mano. Lila era stata una bambina, poi una ragazza e infine una donna decisa e forte. Era stata un modello da seguire, non tanto per i suoi traguardi -irraggiungibili per lui, in realtà- ma per la sua capacità di fare la cosa giusta, anche quando era la scelta più difficile.
Spesso lo aveva fatto per lui, spesso per sé stessa... ma questo non la rendeva una persona perfetta, priva di macchie e sovrumana.
Al contrario, sua sorella era tremendamente umana e Simon poteva solo immaginare quanto le dispiacesse non riuscire a fare la cosa giusta.
“Io adoro Steve e tu lo sai, ma non ti dirò di scegliere lui se non sei sicura e spero non sia questo quello che ti aspettavi. Il punto non sono loro, ma tu: io voglio che tu sia felice e forse il fatto che questo amore ti provochi tanta sofferenza vuol solo dire che non sono le persone giuste per te. L'amore dovrebbe essere la cosa che più ci avvicina alla magia, non dovrebbe tormentarti fino a desiderare di fuggire. Non so cosa provi esattamente per loro, ma qualunque sia la tua scelta, ti appoggerò sempre” la rassicurò.
“Cosa mi stai suggerendo?”
“Sto solo dicendo che non ti lascerò mai sola. Mi dispiace, ma dovrai sopportarmi ancora per... il resto della tua vita?”
Lo sguardo di Lila si addolcì mentre si alzava con il suo latte caramellato da asporto. Simon la seguì e insieme uscirono dal locale.
“Ora devo andare. Posso anche aver saltato la scuola, ma non posso mancare agli allenamenti”
Lila lo abbracciò. Mentre lo stringeva a sé si rese conto che di lì a poco si sarebbe scatenata la più terribile delle battaglie che la Terra avesse mai visto e che sarebbe potuta morire davvero. Non era un'opzione improbabile: quella poteva essere l'ultima volta che abbracciava suo fratello.
Gli occhi le si riempirono di lacrime. Lo faceva anche per lui, si disse, eppure l'idea di un futuro senza Simon la distruggeva.
Aveva amato suo fratello dal primo momento in cui aveva respirato ed era stato la sua famiglia prima che arrivassero Kurt, Jackson e i Vendicatori.
“Qualunque cosa succeda” gli sussurrò all'orecchio “ti vorrò sempre bene”
“Cosa dovrebbe succedere, sorella?” rise lui e Lila provò una stretta allo stomaco mentre si allontanava da lui.
“Niente, hai ragione, ma sappi comunque che sono tremendamente fiera di ciò che sei diventato”
“Sì, modestia a parte, sono un fico”
“Sì, ho fatto proprio un ottimo lavoro con te” scherzò Lila e Simon si imbronciò borbottando parole incomprensibili.
Quando si separarono, Lila prese a camminare in fretta per allontanarsi da Broadway. Le parole di suo fratello l'avevano fatta riflettere.
Era stato facile non pensare alla scelta che doveva fare fino a quando era stata rinchiusa: aveva altro a cui pensare e nessuno l'avrebbe biasimata per questo.
Ma ora che era tornata non poteva più esimersi. Mentre camminava e sbocconcellava distrattamente un  dolcetto comprato in una piccola pasticceria, si ritrovò a fissare una grande fontana in pieno Central Park.
Avrebbe dovuto tornare per non far preoccupare nessuno, ma decise che poteva concedersi qualche minuto per ammirare i giochi d'acqua e il riflesso del sole.
Da quando era rimasta rinchiusa in quella microscopica prigione con Loki aveva iniziato ad apprezzare di più gli spazi ampi e la solitudine. Non aveva mai apprezzato tanto la libertà.
Ma non era quello il motivo per cui voleva un po' di quiete. Doveva fare la sua scelta, non c'era possibilità.
A volte si chiedeva se non stesse diventando monotona: l'unica cosa a cui riusciva a pensare ora era quella.
Non poteva andare a impelagarsi in una storia più scontata: lei, lui, l'altro.
Con uno sbuffò si lasciò cadere su una panchina, al sole: novembre era una stagione fredda, ma quel giorno i raggi dorati erano tiepidi a sufficienza da scaldarle il viso.
Steve o Loki? Chi scegliere?
Aveva sempre saputo di amare Steve e di farlo con un'intensità tale da togliere il fiato. Non aveva mai provato un amore del genere per qualcuno.
Lui tirava fuori il meglio di lei, la rendeva una persona migliore, degna di ogni cosa buona.
Qualunque ragazza sognava un amore di quel genere.
E allora perché a lei non bastava?
Non era quello il punto, comprese in un lampo. Non era questione di farsi bastare Steve. Il problema era che non aveva chiesto di innamorarsi anche di Loki, non lo aveva voluto per compensare una qualche insoddisfazione.
Era successo e basta ed era stufa di chiedere scusa per quello.
Sì, amava anche Loki. Forse non allo stesso modo di Steve, ma sicuramente con la stessa intensità.
Fu quel pensiero a farle capire che non avrebbe mai potuto scegliere.
Avrebbe voluto e dovuto farlo, ma se li amava con la stessa forza... come fare a dire addio a uno dei due?
Sapeva che se avesse scelto, prima o poi avrebbe fatto pesare quella decisione sul capo del fortunato e non era ciò che voleva.
C'era un'unica cosa da fare, anche se questa le avrebbe spezzato il cuore, un'unica decisione da prendere e...
All'improvviso i suoi pensieri vennero interrotti da un boato assordante e dalle urla di migliaia di persone.
Scattò in piedi e notò, al di là della sommità degli alberi, filoni di fumo e polvere provenienti dal 'Upper West Side.
Non ci volle molto a capire cosa stesse accadendo e tutto divenne ancora più palese quando notò il varco nel cielo.
Non aveva tempo di inorridire, così corse in direzione della battaglia. Mentre si muoveva afferrò l'auricolare che per precauzione portava sempre con sé e se lo infilò.
“Ragazzi, mi sentite?”
Quando non ricette risposta si lasciò scappare un'imprecazione colorita.
“Dannazione, volete rispondere?”
“Lila, sono Bruce. Che succede?”
“Thanos sta attaccando New York. Dovete venire qui, ora. Io mi sto dirigendo verso la zona”
“Aspetta! Non puoi andare da sola!” la richiamò la voce di Steve.
“Sono già qui, non starò ad aspettare che tutto sia distrutto. Fate in fretta” gridò mentre entrava nel pieno dell'azione.
Sembrava di rivedere l'attacco dei chitauri di sei mesi prima. Alcuni edifici stavano crollando, la gente correva da una parte all'altra, tutto intorno a lei c'erano macchine distrutte e altre che bruciavano.
Era uno spettacolo terribile, uno scenario di morte e distruzione che mai Lila avrebbe potuto dimenticare.
“Lila, no, aspetta! Dannazione, fermati!”
“Muovetevi” ribadì prima di chiudere le comunicazioni. Le avrebbe riaperte una volta che fossero comparsi sul campo di battaglia.

Diamo il via alle danze.

*

 

“Io. Odio. I. Chitauri” ringhiò Tony mentre si risollevava dalla polvere.
Al suo fianco, tutti gli altri Vendicatori erano sudati, sporchi di polvere e sangue. Ed erano tutti stremati: combattevano da ore senza pause e al massimo delle loro forze.
Natasha e Lila sembravano le più provate, ma dopotutto erano umane e combattevano senza l'ausilio di armature.
Nessun essere semplicemente umano avrebbe retto a ritmi del genere, ma erano entrambe decise a non mollare.
“Il peggio deve a-ancora a-arrivare” ansimò Lila mentre si piegava su un fianco e tossiva per lo sforzo, salvo poi spostare la testa a destra e sinistra.
Non era solo la stanchezza del corpo a stordirla, ma anche quella dello spirito. I suoi occhi avevano visto  morti, sangue, devastazione a sufficienza per infiacchire anche l'animo più coriaceo.
Era sconfortata: se non avevano potuto salvare tutto quelle vite, per cosa combattevano?
“Dovresti riposarti un po'” azzardò Steve e Lila alzò lo sguardo su di lui, fronteggiandolo con una strana luce negli occhi.
“Fingerò che tu non abbia aperto la bocca per dire una stronzata tanto grande” sibilò e, pur nella confusione, il linguaggio di Lila attirò la loro attenzione. Lei non era mai volgare, mai, neanche per sbaglio.
“Scusate, divento sboccata quando sono arrabbiata. E nervosa. E stressata. Ho bisogno di un centro benessere” gemette alla fine, facendo sorridere tutti per un attimo.
Poi tornarono a combattere, forse con più forza di prima.
Lila aveva ragione: il peggio non era ancora arrivato dal momento che Thanos non era ancora giunto.
Nessuna comparsa, neanche breve. Niente.
Quell'assenza era sospetta e quantomeno preoccupante.
Lila pugnalò un mostro e si lasciò cadere per un attimo a terra, ansante. Sentiva i polmoni in fiamme, le gambe molli e la testa pulsante.
Ogni respiro era una sofferenza e sembrava che qualcuno la infilzasse la trachea con lame roventi.
All'improvviso i chitauri si ritrassero e accerchiarono i Vendicatori che a loro volta si strinsero in un cerchio, guardandosi le spalle a vicenda.
Una luce azzurra, familiare e inquietante, illuminò brevemente la strada e le macerie per poi dissolversi, lasciando il posto a lui.
Thanos.
Solo quando lo vide sul viso di quel mostro, Lila capì quanto aveva sperato di vederlo comparire.
Non aveva mai provato un disprezzo così intenso, così pulsante, verso qualcuno, ma non le faceva paura.
Era galvanizzante, un veleno caldo che le serpeggiava lungo le membra e le fece vibrare in gola un ringhio.
Fu felice di vedere che non sorrideva più. Al contrario, sembrava furibondo.
“Pagherete entrambi per avermi ingannato” sibilò e per qualche strana ragione a Lila ricordò il suono di un serpente pronto ad attaccare.
“Che ne dici di fare meno chiacchiere e più a botte?” lo istigò Tony mentre tutti i Vendicatori serravano la propria presa sulle armi.
“Vi do un'ultima chance, Vendicatori” esordì Thanos “consegnatemi il Tesseract e quei due e avrete salva la vita insieme alla libertà del vostro pianeta”
Se non avesse chiesto la consegna del cubo sarebbe stata un'offerta allettante, quasi impossibile da rifiutare.
Sarebbe stato bello poter ottenere una vittoria senza combattere, senza rischiare di sacrificare nessuno, ma non a quel prezzo.
Il Tesseract doveva restare ad Asgard, al sicuro. Senza contare che nessuno avrebbe permesso a Thanos di portare via Loki e Lila.
Nessuno lo disse, ma nemmeno per un attimo i Vendicatori presero in considerazione di cedere la vita di quei due per la loro libertà.
Lila spostò lo sguardo su tutti loro e vide impressa nei loro occhi la stessa sicurezza che era sicura fosse presente anche nei propri.
In un attimo comprese quanto grande dovesse essere l'affetto che nutrivano per lei e, a dispetto di tutto, per Loki.
Se ne sentì toccata e commossa perché mai avrebbe pensato che qualcuno avrebbe scelto una guerra pur di salvare lei.
Non che fosse l'unica ragione, questo lo sapeva. Ciò nonostante non riuscì a levarsi di dosso la sensazione di intenerimento che le accese gli occhi.
“Grazie per l'offerta, ma ci vediamo costretti a rifiutare” affermò con sicurezza Steve.
Cadde una calma irreale sul campo di battaglia, ma tutti sapevano che era la quiete prima della tempesta.
Lila sfruttò quegli ultimi secondi di pace per posare lo sguardo su Steve e poi su Loki. Se fosse sopravvissuta a quella guerra, avrebbe detto loro qual'era la sua scelta
perché oramai non aveva più dubbi.
Era la cosa migliore da fare, anche se dentro di sé si sentiva morire per la tristezza e il suo cuore si accartocciava per il dolore.
Decise che non voleva pensarci, non ora. Le bastava vederli lì, accanto a lei, ancora entrambi suoi, anche se forse era un pensiero egoista.
Un mezzo sorriso fece la sua timida comparsa sul suo viso, ma venne presto spazzato via dal boato che diede inizio allo scontro.
 

 

Lila aveva un obbiettivo. E non era quello di arrivare viva alla fine della guerra -non solo almeno- ma qualcosa di molto più ambizioso.
Voleva Thanos.
Sapeva che era folle, sconsiderato e imprudente -e probabilmente i Vendicatori l'avrebbero placcata prima che lo raggiungesse- ma voleva saldare il vecchio debito e non si sarebbe data pace fino a quando non lo avesse fatto.
L'umiliazione bruciava e le ferite erano un monumento ad essa, un ricordo inciso su di lei.
Non avrebbe perdonato né dimenticato ciò che aveva fatto a lei e a Loki e voleva saziare quell'insano desiderio di vendetta.
Era riuscita a strappare una lancia ad un chitauro e l'aveva eletta a sua arma, scoprendo con essa un' affinità maggiore di quanto avrebbe mai immaginato: le piaceva ed era facile maneggiarla.
Con un gesto secco la strappò dal torace di un mostro morente e si guardò intorno alla ricerca del suo nemico.
In un altro momento, un gesto così crudo l'avrebbe almeno turbata, ma non in quel frangente.

La guerra priva l'uomo della sua umanità, pensò con amarezza, salvo poi svuotare la mente.
Aveva scoperto che era più facile se si lasciava andare all'istinto, se permetteva al disperato desiderio di vivere di guidarla.
Non trovò Thanos e questo gli parve strano: dove poteva essere andato?
Steve combatteva con un'orda di chitauri, Bruce e Natasha combattevano a terra, mentre Thor e Tony controllavano il perimetro, il tutto sotto l'occhio vigile -e la freccia pronta- di Occhio di Falco.
Che fosse fuggito? Era certa che volesse ucciderli di persona e non credeva di essersi sbagliata.
Eppure lì lui non c'era, di questo era certa.
Voltò il capo in ogni direzione, scansando attacchi e distruggendo avversari di quando in quando fino a quando non si trovò in un punto più esposto degli altri.
E li lo vide: Thanos che le sorrideva, crudele.
Qualcuno aveva detto che basta un attimo perché tutto cambi e in effetti fu questione di un secondo.
Vide Thanos alzare lo scettro, una raggio di luce partire da esso e attraversarla.
Dopodiché fu il buio.
Ma non erano le tenebre accoglienti e prive di paura nelle quali si dovrebbe intravedere la luce, no.
Erano dolorose e contorte, come un labirinto.
Le sembrava le stessero lacerando le pelle in mille punti e ogni parte del suo corpo andava alla deriva.
Non aveva il controllo delle gambe, delle braccia, del viso... era intontita, confusa e ogni volta che provava a focalizzare l'attenzione su un pensiero la testa pulsava fino a darle la nausea.
Sentiva lo stomaco bruciare come se dentro vi fosse lava e avrebbe voluto poter parlare per chiedere aiuto.
Per quanto tentasse di riprendere il controllo del proprio corpo questo le sfuggiva e cadeva in uno stato di incoscienza fino a quando una nuova fitta non la riportava indietro.
Il dolore era insopportabile ed eccessivo.
Il silenzio era irreale, soprattutto perché aveva la vaga sensazione che avrebbe dovuto udire il rumore di qualcosa, anche se non ricordava cosa e le feriva i timpani.
A un certo punto venne sostituito da un vociare confuso e caotico, come se tante persone stessero parlando tutte insieme.
Non riusciva a distinguerle nel caos, anche se aveva la vaga sensazione che fossero familiari.
Qualcuno al suo fianco gemeva, qualcuno la chiamava. Perchè era lei Lila, no? Era il suo il nome che stavano invocando, giusto?
E all'improvviso, senza alcun nesso logico, realizzò che stava morendo; che un momento prima stava combattendo una guerra e quello dopo giaceva a terra, morente.
Stava morendo.
Provò panico e terrore, ma non così tanto come avrebbe pensato. Forse perché la sua mente cominciò a lavorare a pieno regime per trovare il modo di rifiutare quella realtà.

C'è ancora speranza, sussurrò a sé stessa e si aggrappò con forza a quel frammento di coscienza per non andare alla deriva.
Eppure sembrava così facile mollare la presa. Era come fare un passo o respirare: del tutto naturale e di una semplicità disarmante.
Ma non poteva, aveva troppi motivi per restare lì, motivi che superavano il dolore. Non voleva che cessasse perché se l'avesse fatto sarebbe stata morta.
Fredda, irrigidita, perduta.
Suo fratello aveva ancora bisogno di lei e lei stessa non si sentiva pronta a una vita -anche ultraterrena- senza Steve e Loki.
E non era pronta neanche a lasciare se stessa. Amava ciò che era e non voleva morire. Voleva vivere, con ogni fibra del suo essere. No, si disse, non avrebbe mollato la presa.

 

*

Era stato impossibile non vedere cosa era accaduto a Lila, eppure tutti continuavano a pensare che si sarebbe rialzata da un momento all'altro.
Certo, sarebbe scattata in piedi digrignando i denti e ringhiando come una tigre arrabbiata, pronta a tornare a combattere.
Ma quando niente di tutto quello si avverò il panico li assalì e un dolore forte, persistente, invase l'animo e lo sguardo di Steve.
All'improvviso non furono più importanti i chitauri né le milioni di persone da proteggere. L'unica cosa davvero essenziale era lei, il centro del suo universo, stesa in una pozza di sangue e mortalmente pallida.
Provò la stessa sensazione che avrebbe sentito se qualcuno avesse preso il suo cuore e lo avesse stritolato crudelmente fino a farlo morire.
Una volta le aveva detto di non riuscire a pensare alla propria vita senza di lei. Solo ora si rendeva conto di quanto fossero vere quelle parole: ora che lei era lì, coperta di sangue e polvere, comprese come sarebbe stato inutile tentare di tornare a vivere se lei fosse morta.
Si sarebbe trascinato stancamente fino alla fine dei suoi giorni, combattendo i cattivi e difendendo il pianeta per cui Lila aveva tanto lottato, ma non sarebbe stato paragonabile a quando c'era lei.
Avrebbe respirato la stessa aria, camminato sotto lo stesso cielo, guardato la stessa luna... eppure niente sarebbe stato uguale, come se qualcuno avesse tolto il colore ad un film.
“Lila” la chiamò, scioccamente mentre si lasciava cadere accanto a quel corpo mortalmente pallido, dimentico della battaglia intorno a lui.
Avrebbe continuato a proteggere la terra, non avrebbe perso la fiducia nella giustizia, avrebbe continuato ad essere Capitan America, ma non quel giorno.
“Lils...” la chiamò ancora, prendendola tra le braccia e accarezzandole i capelli. Il sangue gli imbrattò i guanti, ma non se ne curò.
Rimase lì, con gli occhi sgranati e le labbra posate sulla fronte di Lila, mentre intorno a lui imperversava la battaglia.
Non gli importava: non si sarebbe alzato da lì.

 

 

*

 

 

Come si uccide un immortale?, si chiese Loki mentre scansava un colpo ben assestato di Thanos.
Combatteva con quel mostro da un tempo che gli pareva lunghissimo, ma probabilmente non erano più che una manciata di minuti.
Non aveva visto cosa era accaduto a Lila, troppo impegnato a combattere contro un manipolo di chitauri, ma ad un certo punto aveva avvertito una strana sensazione allo stomaco e poi era stato come se una crepa gli si fosse aperta al centro del petto, laddove c'era il cuore.
Allora si era voltato come guidato da un istinto superiore e aveva visto Lila cadere a terra, simile a un fiore in boccio reciso.
Era stato allora che aveva provato una vasta gamma di emozioni. Dapprima c'era stata la negazione, sostituita presto dalla rabbia, incontrollata e forte, che aveva scaricato su altri mostri.
Infine era stata la volta del dolore, acuto e straziante come se mille aghi di fuoco gli stessero dilaniando il cuore.
A quel punto non aveva più pensato e per la prima volta aveva agito d'istinto: si era lanciato contro Thanos e avevano iniziato a combattere, mosso da qualcosa che era parte di lui e che conosceva da sempre: la vendetta, calda, dolce, inebriante.

Come si uccide un immortale?, si domandò ancora.
Non lo si uccide: questa fu l'unica desolante risposta.
Eppure doveva esserci un modo per annientarlo, uno qualunque. La mente di Loki lavorava incessantemente e a pieno regime per trovarlo, ciò nonostante la soluzione tardava ad arrivare. Tuttavia era certo che di esserci tanto vicino da poterla sfiorare con le dita, una volta che avesse allungato la mano nella direzione giusta.

Come si uccide un immortale?,
ripeté, quasi come se ribadire la domanda lo avvicinasse alla risposta.
“Lo si rende mortale” gli rispose nella sua testa la voce di Lila , divertita proprio come la sentiva sovente. Sembrava che lo stesse prendendo in giro e quasi gli cadde l'arma di mano nel sentirla nella propria testa.
“Sto impazzendo?” chiese.
“Mi sembrava che fossimo d'accordo che tu sei già pazzo”
“E tu saresti... cosa, esattamente? La mia coscienza?”
“Oh no! Sono una proiezione della tua mente”
“E cosa intendi con ?” le domandò ancora. Sembrava uno sciocco mentre faceva tutte quelle domande, ma una parte di lui voleva continuare a sentire la voce di Lila, convinto che, fino a quando lei avesse parlato, il suo corpo non sarebbe morto.
“Renderlo soggetto alla morte, privarlo dell'immortalità... ti bastano come sinonimi o ne vuoi altri?” lo prese bonariamente in giro.
“E, sentiamo, come dovrei fare?”
“Non lo so, sei tu il mago, giusto? Io mi fido di te” lo disse con noncuranza e se avesse avuto un volto e un corpo avrebbe anche alzato le spalle e accennato a un sorriso distratto.

Quello sarebbe stato esattamente da Lils.
Intanto però la sua voce era andata facendosi più flebile e Loki comprese che quel parto della sua mente stava per dissolversi.
“Aspetta!” la richiamò “Tutto questo è reale?” le domandò scioccamente. Avrebbe fatto di tutto per trattenere un pezzo di Lils legato a sé, anche se questo voleva dire costringerla come fantasma su quella terra.
Era crudele ed egoistico, ma non le avrebbe permesso di andare da nessuna parte, in nessuna forma.
“E' così importante saperlo?”
“Se tutto questo fosse reale, tu saresti morta”
La voce rise, divertita, leggera, come se stessero prendendo un tè e Loki avesse detto chissà quale amenità.
“Non sono morta, non ancora, ma questo non vuol dire che non stia succedendo davvero. Sono un frutto della tua mente, Loki, sono te”
Poi ci fu solo silenzio, presto sostituito dall'attività brulicante della sua mente alla ricerca febbrile di un piano.
In tutto quel trambusto non aveva cessato di combattere e nel frattempo cercò tra le tante letture qualcosa che facesse al caso suo.
Ripensò ai libri letti ad Asgard, ai trattati di Magia Oscura, a ciò che aveva appreso nei suoi lunghi pellegrinaggi nell'universo.
E sì, Lila aveva ragione: c'era un modo, un incantesimo  che avrebbe potuto mutare la natura di qualunque creatura, mortale o immortale che fosse, un incanto così potente da assottigliare la linea di demarcazione tra un dio e un uomo.
Avrebbe richiesto un dispendio enorme di energia e una concentrazione smisurata, ma Loki sapeva di potercela fare.
Ma avrebbe avuto bisogno di aiuto, qualcuno che occupasse Thanos a sufficienza da permettergli di racimolare l'energia necessaria.
Si guardò intorno con la coda dell'occhio e scorse a poca distanza suo fratello.
Per un attimo, mentre ne incontrava lo sguardo, gli sembrò di essere tornato ai vecchi tempi in cui combattevano l'uno al fianco dell'altro, pronti a difendersi e ad aiutarsi.
Aveva pensato che mai sarebbe tornati quei giorni, ma a quanto pareva il destino aveva altri piani per loro e Loki decise che era il momento di dimostrare a suo fratello che poteva fidarsi.
Che non si trincerava dietro parole, che era cambiato davvero.
Indietreggiò fino a che non furono vicini, abbastanza da potergli comunicare le sue intenzioni.
“Fratello” lo chiamò e Thor si voltò verso di lui mentre, schiena contro schiena, cercavano di combattere contro i loro avversari.
“C'è un modo per distruggere Thanos”
“Quale?”
“Un incantesimo che lo renderà mortale. Solo allora potremo distruggerlo, non prima”
Con la coda dell'occhio Loki vide il volto di Thor illuminarsi.
“Puoi farlo?” gli domandò mentre schivava un fendente e distruggeva colui che lo aveva menato.
Loki annuì “Avrò bisogno che teniate a bada Thanos e il suo esercito mentre mi concentro”
Thor gli rivolse un sorriso “A loro pensiamo noi, tu fai quel che devi fare”
Detto ciò si parò di fronte a lui e lo spinse in lato, in modo che non fosse più coinvolto nello scontro. A quel punto iniziò a muovere le mani a disegnare forme astruse, cercando di concentrare ogni suo pensiero in direzione del compito che doveva adempiere, ma scoprì diverse difficoltà in questo.
La sua mente volava sempre a Lila e la vista di Capitan America che stringeva a sé un corpo apparentemente senza vita non era certo d'aiuto.
Se non l'avesse rivista mai più? Se l'unico modo per averla accanto da quel momento fosse stato il suo ricordo?
No, si disse, non doveva pensarci. Loro avrebbero distrutto Thanos e Lila sarebbe stata bene, ecco tutto.
Tornò a concentrarsi e sentì l'energia scorrere nelle suo corpo, giungere alle mani e continuare a circolare.
Era una sensazione inebriante, afrodisiaca, ma non vi badò a lungo, giusto il tempo di assaporarla, prima di cercare di convogliare tutta quella magia negli arti, laddove sarebbe stato più facile maneggiarla.
Non aveva mai provato quel tipo di incanto, ma sapeva di non avere che un tentativo per distruggere il loro avversario: se avesse fallito sarebbero morti tutti.
Piano, lasciò che l'energia raccolta fluisse al di fuori di lui e formasse una sfera luminosa, iridescente, tra le sue mani.
A quel punto non era più sicuro di chi comandasse cosa. Sentiva che la sfera gli ubbidiva, ma era come se avesse una sua volontà, come se si sottomettesse a lui per sua scelta.
Era strano, ma piacevole e avrebbe voluto avere più tempo per assaporare quella sensazione così dolce, ma sapeva anche di non poterlo fare.
“Forza, piccolo cervo. Siamo nelle tue mani” lo incitò la voce distorta dal metallo di Tony e Loki storse il naso nel sentirsi chiamare in quel modo, ma non protestò.
In quel momento Thanos era nella posizione perfetta, esattamente di fronte a lui.

Ora o mai più.
“Fallo, Loki!” gli urlò Thor e il dio non se lo fece ripetere due volte. Senza attendere oltre, lanciò con tutta l'energia residua la sfera e poi trattenne il fiato.
Sembrò che il tempo si fosse congelato e che tutto si muovesse a rallentatore. Da un certo punto di vista avrebbe anche potuto essere buffo, chissà, ma se anche lo fosse stato loro erano troppo tesi per rendersene conto.
Da quel singolo momento dipendevano le loro vite, la sopravvivenza di un intero pianeta e tutti ne erano ben consapevoli.
Tutti rimasero immobili e sentirono ogni speranza crollare quando Thanos scansò l'attacco all'ultimo secondo.
Ma Loki non si diede per vinto. Aveva sentito quanto fosse malleabile quella sfera d'energia, quanto fosse docile e decise di provare a giocare l'ultimissima carta.
Mosse le mani e la palla copiò i suoi movimenti come se fosse uno specchio. Thanos sorrideva come se avesse già la vittoria in mano e alzò lo scettro, pronto a colpire.
Lo vide brillare con maggior forza, proprio mentre alle sue spalle la sfera si avvicinava, veloce come la luce e silenziosa.
Quando lo colpì, l'espressione di Thanos variò dal sorpreso al furioso, ma non ebbe tempo di mutare ancora.
Come pietrificato, la sua pelle scolorì e passò dall'azzurro al grigio spento. Era il momento, si disse Loki, l'unico che mai avrebbero avuto per mettere fino a quello spettacolo di morte e devastazione.
“Colpitelo!” urlò lasciandosi cadere a terra, allo stremo. Non aveva più forze, oramai, ma d'altronde lui la sua parte l'aveva fatta.
Ci avrebbero pensato gli altri Vendicatori a Thanos, si disse. Provò sollievo, gioia, un'enorme sensazione di libertà quando vide il corpo di quel mostro andare in frantumi e disperdersi in mille pezzi.
Chissà, forse non era davvero morto, forse non era realmente sconfitto, ma per il momento andava bene così.
C'era pace, la guerra era finita. Forse solo temporaneamente, ma era finita e sembrava persino troppo bello per essere vero.
Dopo i rumori della battaglia, quella quiete – benché relativa, visto il rumore delle macerie che cadevano e della gente che gridava ancora- era più piacevole che mai.
Loki vide Thor avvicinarsi e sollevarlo in piedi, tenendolo ben saldo per le spalle. Gli occhi del dio del tuono scintillavano per lo sforzo e la soddisfazione.
“Sei stato grande, fratello”
Era la prima volta che suo fratello ammetteva l'utilità della sua magia in battaglia e Loki ne fu felice, anche senza darlo a vedere.
“Mi duole interrompere questo delizioso quadretto” li interruppe Iron Man senza nessuna traccia di ironia nella voce “ma abbiamo ancora un problema”

 

*

Morire era uno schifo, ecco la dura realtà.
Non solo per la questione delle faccende irrisolte, l'addio ai cari, il paradiso, l'inferno e tutte quelle cose in cui, peraltro, Lila nemmeno credeva.
Il problema era l'atroce e insopportabile dolore che torturava ogni parte di lei. Sentiva che piano piano stava prendendo di nuovo il controllo del proprio corpo, ma non era sicura che fosse una cosa buona perché ogni parte con cui entrava in contatto faceva male.
Un male terribile, come se le avessero versato dell'acido nelle vene e sulla pelle viva.
Cercò di ragionare e mettere ordine tra i propri pensieri. Se sentiva dolore voleva dire che era ancora viva. Quindi era una cosa positiva, giusto?
Forse, chissà, non sarebbe morta. Forse c'era ancora una possibilità per lei.
Cercò di aprire gli occhi e si rese conto con stupore di non riuscire a comandare i propri muscoli. Era come quando era molto stanca e le palpebre erano pesanti, tanto da non riuscire a tenerle aperte.
Solo che stavolta non era solo sonno.
Alla fine, dopo innumerevoli tentativi, riuscì ad aprire appena gli occhi.
Pensava che una volta che fosse riemersa dalle tenebre opprimenti tutto sarebbe andato meglio, ma si sbagliava di grosso.
Il dolore la sommerse come un'onda, tanto intenso da mozzarle il fiato. E dire che pensava che non potesse peggiorare!
Nelle sue intenzioni c'era un sorriso, magari l'ultimo – sperava proprio di no- affinché tutti la ricordassero così, serena e allegra. Ma, per quanto tentasse, non riuscì a stirare i muscoli del viso e l'unico risultato del suo magro tentativo fu un rantolo di dolore e una smorfia.
Se fosse morta ora, sul campo di battaglia, la gente l'avrebbe ricordata come un'eroina. Probabilmente le avrebbero dedicato canzoni strappalacrime sparata a diecimila decibel e la gente che l'aveva conosciuta avrebbe parlato di lei tra le lacrime.
Ma Lila non voleva niente di tutto ciò: voleva solo vivere, nulla più.
Voleva continuare a cantare, a ridere, magari piangere qualche volta in più per la gioia, a dire cattiverie e fare tutte quelle cose che la rendevano Lila.
Ma quei pensieri vennero spazzati via quando vide il volto di Steve, una maschera pallidissima di panico che si aprì in un sorriso stiracchiato.
“Abbiamo vinto, sai?” le disse e Lila sbuffò una risata, seguita da colpi di tosse. Si accorse degli altri Vendicatori solo quando Bruce cercò di far spostare Steve per controllare le sue condizioni.
Fu Lila a rifiutare.
Non era un medico, ma non le serviva esserlo per sapere che era in fin di vita e non sarebbe sopravvissuta. Tanto valeva godere degli ultimi minuti con le persone che amava, così cercò con lo sguardo Loki e quando lo trovò, appoggiato al fratello, gli sorrise.
Il dio si lasciò cadere di fianco a lei e le prese una mano. Era il massimo che potesse ottenere di fronte a tutti, Lila lo sapeva. Eppure era ancora conscia del fatto che quel gesto valeva tanto quanto un bacio.
“Starai bene” le disse ancora Steve.
“Lo dici per consolare me o te?” riuscì a sussurrare e a quella domanda Steve non seppe cosa rispondere, così tacque e le posò le labbra tremanti sulla fronte.
Lila chiuse gli occhi per nascondere le lacrime.

Quello le sarebbe mancato, a prescindere da dove sarebbe andata. Steve e Loki le sarebbero mancati, proprio come tutti gli altri Vendicatori. E Kurt. E Jackson. E poi lui, Simon.
Quando realizzò che mai più avrebbe rivisto suo fratello non poté più trattenere le lacrime e i singhiozzi.
Il suo corpo era scosso e le doleva così tanto da farle perdere il contatto con la realtà, ma intanto non sarebbe riuscita a ragionare lucidamente comunque.
Il solo pensiero di non rivedere mai più Simon le faceva accartocciare il cuore nel petto. Non credeva nella possibilità di una seconda vita o di un paradiso da cui vegliare protettiva su suo fratello.
Lei era una scienziata, voleva agire ed essere lì, nel pieno dell'azione, quando Simon si sarebbe diplomato o quando avrebbe preso la laurea o ancora quando si sarebbe sposato e infine avesse visto nascere il suo primo figlio. Lei non ci sarebbe stata e avrebbe perso tutti quei momenti.
Era così persa nel suo mare di tristezza da metterci un po' a capire che qualcosa era cambiato.
La realtà si fece di nuovo sfuocata e i rumori ovattati, come se una coltre di nebbia fosse calata sui suoi sensi.
Non vide la famosa luce bianca, ma non ne aveva bisogno per capire che era quasi finita.
Prese un respiro tremulo e decise che sarebbe morta proprio come era vissuta: fiera, orgogliosa e forte.
“Lils?” la chiamò Steve quando vide che le sue palpebre cominciavano a farsi più pesanti.
“Lila!” la richiamò ancora.
“A-alla fine” sussurrò lei con un mezzo sorriso “non s-sono riuscita a-a scegliere. A-amo entrambi” tossì, ma doveva finire il suo discorso prima che fosse troppo tardi. Dovevano capire entrambi perché non poteva andarsene con il dubbio che la stessero odiando “ e f-fino a quando l'universo non collasserà su se stesso, fino a q-quando io non smetterò di esistere -in qualunque forma io mi manifesti- vi a-amerò. Sarò sempre con voi, anche quando non mi sentirete. Fino alla fine dei tempi, vi amerò”
Una lacrima le solcò la guancia e alla fine si lasciò andare al vuoto che l'attendeva. Che dietro alle tenebre che la accolsero ci fosse il paradiso, l'inferno o il nulla non le importava.
Non sapeva dove stesse andando o da chi. Sapeva solo chi si stava lasciando alle spalle.

   
 
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