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Autore: Hanial    14/01/2014    3 recensioni
La storia che posterò vede gli stessi protagonisti della saga di Shadowhunters e parte dalla fine dell'ultimo libro, quindi per chi non li avesse letti comunico che ci sono degli spoiler.
Nella fan fiction parlerò delle vicende viste da Clary e dei dubbi che nascono in lei dopo la 'fuga' di Sebastian:
"Portai le ginocchia al petto e vi poggiai sopra i gomiti, lasciai che le mani mi si poggiassero per metà sulle tempie mentre con le dita afferravano i miei capelli e scoppiai a piangere, un pianto isterico, come la mia voce di prima, liberatorio, perché avevo cercato di fingere che non mi importasse che Jace fosse così, disperato, perché non sapevo più quale fosse il mio posto, al fianco di Jace o di Jonathan?"
Genere: Avventura, Fantasy, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Slash | Personaggi: Un po' tutti
Note: What if? | Avvertimenti: Incest
Capitoli:
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Mi ritrovai a fissare la strada dal finestrino durante tutto il tragitto, non sapevo come comportarmi, cosa pretendeva che facessi, che tagliassi i ponti con tutti?
Un conto era non dire niente a mia madre, a Luke, a Izzy, addirittura a Jace, ma a Simon…Io e Simon ci eravamo sempre detti tutto, sin dai tempi dell’asilo e adesso cosa pretendeva?
Che lo allontanassi senza una spiegazione?
Chiusi gli occhi poggiando la testa al vetro e incominciai a pensare a come uscire da quella specie di labirinto nel quale Jonathan mi stava rinchiudendo.
Se voleva che lo seguissi perché non veniva a prendermi così la facevamo finita una volta per tutte?
Sentii lo sportello aprirsi e mi ritrovai a cadere urtando con una spalla per terra,
“Ma che dia…”
Aprii gli occhi e davanti a me vidi dei piedi che indossavano un paio di scarpe sportive nere, di quelle con i lacci, buone per correre. Poggiai una mano sull’asfalto seguita subito dopo dall’altra e mi alzai in piedi, mi ripulii i jeans e la maglietta dalla polvere che avevano accumulato e quando sollevai lo sguardo, convinta di incrociare gli occhi verdi di Micheal, lo vidi.
Indietreggiai di qualche passo, fino a quando non mi ritrovai a sbattere con la schiena alla macchina e mi portai una mano davanti la bocca per lo shock.
“Jo…”
“Ciao sorellina.”

Era la prima volta, da quando lo vedevo, che sentivo la sua voce, non c’era più bontà in lei, c’era risentimento, rabbia e allo stesso tempo calma. Non aveva paura di essere scoperto o che qualcuno lo vedesse lì in piedi davanti l’istituto, ma soprattutto non aveva paura che Micheal lo vedesse qui con me.
Mi voltai per poi abbassarmi e guardare dentro la macchina e spalancai gli occhi terrorizzata portandomi nuovamente la mano davanti la bocca, questa volta per evitare di urlare.
Lì dentro c’era il mio istruttore con gli occhi sbarrati e la testa poggiata al volante, con un rivolo di sangue che gli usciva dalla bocca.
“No…”
Indietreggiai urtando questa volta a Jonathan che chiuse le sue braccia intorno al mio corpo e mi costrinse ad alzarmi e a voltarmi verso di lui per poi abbracciarmi.
Il suo corpo era caldo, proprio come quel giorno e aveva sempre lo stesso profumo di bosco che gli sentivo ogni qual volta mi si avvicinava.
“Micheal è…”
“Andava fatto.”

A quelle parole trovai la forza di posare le mie mani sul suo petto e di spingerlo via, cosa voleva dire che andava fatto?
Io non avevo detto niente, lui non sapeva assolutamente niente su Jonathan o su quello che stava succedendo, era l’ultimo arrivato, l’unico con il quale non avessi un rapporto.
“Sei..”
“Un mostro? Lo so. Ma tu non capisci Clary, è giusto così. Lui sarebbe diventato una minaccia per me, per noi e tu non vuoi questo, vero?”
“L’unica cosa che voglio è che tu scompaia per sempre dalla mia vita e da questo mondo!”

Scoppiò a ridere e mi si avvicinò poggiandomi una mano sulla guancia, le sue dita bruciarono la mia pelle non appena vi entrarono in contatto e mi ritrovai immobilizzata. Sapevo di essere lì in piedi davanti a lui eppure mi sentivo come una spettatrice passiva di quella scena.
“Non dire sciocchezze. So che continui a pensarmi ed è giusto così.
Te l’ho già detto no? Io appartengo a te e tu appartieni a me, è sempre stato così e sempre lo sarà.”

Sentii il suo fiato avvicinarsi sempre di più, avrei voluto allontanarlo, spingerlo come avevo fatto prima, ma questa volta non trovai la forza necessaria. Chiusi gli occhi e rimasi lì in attesa di quello che stava per fare.
“Clary? Clary siamo arrivati, svegliati!”
“Eh?”

Strinsi gli occhi per poi aprirli e richiuderli più volte prima di riabituarmi alla luce del sole. Sollevai la testa e mi portai una mano tra i capelli lì dove, fino a pochi istanti prima, ci doveva essere stato qualcosa a sorreggermi.
Voltai la testa cercando di mettere a fuoco e di capire dove mi trovavo e quando mi voltai dall’altra parte avvertii una fitta al cuore, ma questa volta di felicità, nel vedere che accanto a me c’era Micheal in perfetta forma che mi guardava con aria leggermente preoccupata.
Fu più forte di me, tanto era il sollievo nel vederlo ancora vivo, che mi sollevai leggermente spingendomi verso di lui e gli gettai le braccia al collo per abbracciarlo.
Non potevo crederci, da quando avevo incominciato ad avere quei sogni era la prima volta che mi sentivo sollevata nel vedere che non erano la realtà.
Sentii la mano titubante del mio istruttore toccarmi le spalle muovendosi su e giù come una carezza, lo avevo sorpreso?
E come poteva essere altrimenti, non avevo dato segnali del fatto che lo trovassi simpatico né altro, quindi come poteva capire quello che mi stava passando per la testa.
Mi allontanai leggermente in imbarazzo e mi spostai una ciocca di capelli dietro l’orecchio, mentre lui si schiarì la voce con qualche colpo di tosse,
“Forse…Forse è meglio scendere.”
“Già..”

Ammisi con un leggero imbarazzo, mentre sentivo le mie guance diventare più calde, cosa avevo fatto?
Oh dai non era poi la fine del mondo, giusto?
Mi voltai per aprire lo sportello e nel momento stesso in cui poggiai la mano sulla maniglia lo sentii aprirsi dall’esterno, solo che questa volta ero seduta dritta e non sarei potuta cadere.
“Jace.”
Sussurrai il suo nome non appena vidi i suoi occhi color miele guardarmi con una specie di velato disprezzo, aveva visto tutto anche questa volta?
Almeno adesso non era stato costretto a spiarci no?
Mi fece segno di scendere e obbedii senza replicare mentre lui spostava lo sguardo su Micheal,
“Signor Lovelac le dispiacerebbe precederci? Io e la mia ragazza dobbiamo parlare un attimo.”
Sottolineò la parola ragazza come un animale che cercava di marcare il suo territorio, per far capire a quel ragazzo che sebbene avessimo litigato tra noi non era tutto finito, almeno non per il momento.
Lui annuii e senza aggiungere altro lo vidi sparire dentro l’istituto. Giuro che avrei dato qualsiasi cosa per essere al posto suo in quel momento, vedere lo sguardo di Jace in quel modo mi faceva venire i brividi, sebbene fossi convinta di non aver sbagliato.
“Adesso mi dirai che eravate così vicini perché gli stavi togliendo una cosa dall’occhio, non è vero?”
Eh? Ma che andava dicendo? Era un crimine abbracciare qualcuno?
Oh. Ora capisco perché Jace è così geloso.
Le parole di Simon risuonarono nella mia testa, Jace faceva così per gelosia, ma allora perché non ammetterlo?
Era riuscito ad ammettere cose ben più peggiori di questa, allora perché adesso si comportava in questa maniera?
“Veramente…”
Alzò una mano davanti il mio volto facendomi segno di stare zitta, più o meno come avevo fatto io con lui il giorno prima,
“No…Tu non mi devi nessuna spiegazione, io ti stavo spiando giusto? Sono solo uno stalker che arriva nei momenti sbagliati. Se non fossi arrivato avresti controllato anche che qualcosa non gli fosse finita tra i denti!”
Ed ecco ancora una volta quel tono arrabbiato.
Sputava sentenze senza nemmeno sapere cosa fosse realmente successo, senza voler sapere cosa fosse successo.
“Ma smettila.”
Gli posai una mano sul petto e lo spinsi liberandomi la strada verso l’istituto, i fratelli silenti stavano facendo davvero un buon lavoro, fino a qualche tempo fa, toccarlo in questa maniera era impensabile, mentre adesso sembrava non ci fosse alcun problema.
Mi prese per il polso e mi fece voltare verso di lui, lo vidi serrare le mascelle come se stesse lottando contro qualcosa dentro di sé, qualcosa che avrebbe voluto dire ma che sapeva avrebbe rovinato ancora di più le cose.
“Allora perché vi stavate abbracciando?”
“Perché a quanto pare è l’unica persona a starmi vicina in questo periodo! Il mio migliore amico è sempre in giro con la sua ragazza, mia madre è alle prese con il suo matrimonio e il mio ragazzo…”
Mi interruppi un attimo per lasciare che un sorriso amaro mi comparisse sul volto,
“Non sono nemmeno certa di averne più uno.”
Lo vidi spalancare gli occhi e guardarmi con un espressione mista tra paura e sgomento, non si aspettava una reazione simile dopo avermi dato della facile.
“Che…Che stai dicendo?”
Abbassai la testa per poi rialzarla quasi immediatamente, che cosa avevo da temere? Niente, era lui ad essere nel torto non io.
Io sapevo di amare lui e nessun altro, l’unico a mettere in dubbio questi sentimenti era lui.
“Sto dicendo quello che hai capito. All’inizio, dopo che ti sei risvegliato, pensavo fosse tornato tutto alla normalità, certo abbiamo attraversato qualche effetto collaterale e lo stiamo ancora attraversando, ma pensavo ti fosse chiaro che l’unica cosa che contava davvero per me era saperti vivo e al mio fianco.
Non mi importa se non potrò toccarti, per quello posso aspettare, ma non posso sopportare che tu non abbia fiducia in me.”

Finalmente glielo avevo detto. Non ce la facevo più a tenermi quel peso dentro,  sommato poi a tutti gli altri che invece dovevo tenere per me.
“Clary…”
“No, Jace. È una cosa che non sopporto. Perché non puoi accettare il fatto che anche qualcun altro cerca di starmi vicino? È un crimine essere gentili con me?”
“Non è questo...Solo…Mi ha dato fastidio, non perché è lui, poteva essere chiunque altro, non avrei comunque retto il fatto che qualcuno stesse prendendo in qualche modo il mio posto, anche solo come istruttore. Mi fa sentire  male il fatto di non poterti più stare vicino come facevo prima.”

Schiusi le labbra guardandolo.
Sentii il mio volto addolcirsi e la mia mano sollevarsi fino a toccare il suo volto sfiorandolo appena,
“A me non importa che non sia tu più ad allenarmi. Voglio solo che ti fidi di me e che capisca che supereremo anche questa.”
Lo vidi prendere la mia mano e stringerla nella sua per poi avvicinarsi e poggiare delicatamente le sue labbra sulle mie.
Fu una frazione di secondo, ma fu abbastanza per ricordarmi quello che provavo per lui e cioè che senza di lui io non ero niente.
Lui era tutto per me, era il centro della mia vita, l’unica certezza che avevo e che avrei sempre voluto avere.
Gli sorrisi sistemandogli per bene il cappuccio che aveva messo per non attirare troppo l’attenzione dei mondani, visto lo strano effetto che aveva la sua pelle quando veniva colpita dalla luce del sole.
“Ti amo.”
Sussurrò quelle parole in modo che potessi sentirle solo io, sebbene fossimo soli per strada.
“Anche io, ma ora andiamo, non voglio incombere nell’ira di Maryse.”
Mi sorrise e si portò al mio fianco mentre ci avviavamo verso l’ingresso dell’istituto. Superato l’ingresso salimmo le scale percorrendo il grande corridoio che portava nel soggiorno dal quale si sentivano delle voci. Varcata la soglia vidi Alec girato di spalle affacciato dalla finestra, teneva le braccia conserte e non prestava alcuna attenzione ai discorsi che si stavano tenendo nella stanza, Isabelle con indosso un paio di pantaloni neri di pelle e un maglioncino aderente e collo alto che teneva in mano una tazza di thè seduta comodamente su una poltrona, Maryse, seduta sul divano con accanto Micheal, che parlavano di vecchie storie riguardanti le loro famiglie.
Non appena ci vide ci fece segno di entrare e mi guardò con aria indagatrice, ma perché quella donna non poteva mai rivolgermi un sorriso?
“Finalmente Clarissa.”
Quanto odiavo quando pronunciavano il mio nome per intero, mi ricordava Valentine, che mai aveva pronunciato il diminuitivo che mia madre mi aveva dato.
“Scusate.”
Dissi con voce sommessa spostando il mio sguardo da Maryse a Micheal.
“È colpa mia, l’ho fermata appena è arrivata.”
“Avresti potuto farlo dopo, non trovi Jace? Micheal perde del tempo prezioso a causa vostra.”
“Oh su Maryse, non fare così. Ho detto io a Clary che non c’erano problemi visto che mi avrebbe fatto piacere intrattenermi per un po’ con te. Non ci vedevamo da molto tempo e fa sempre piacere parlare con vecchi amici di famiglia.”

Maryse sospirò scuotendo la testa e sollevò una mano facendo segno che per questa volta ci sarebbe passata su.
“Va bene, va bene. Ma adesso non perdete altro tempo. Andate in biblioteca e tu Jace, vieni a dirmi tutto quello che ti hanno detto i Fratelli.”
Aspettai che Micheal si alzasse e rivolsi un sorriso a Jace prima di andare, come per rassicurarlo, non sarebbe successo niente e lui poteva stare tranquillo.
Uscii dalla stanza seguendo il mio istruttore che di spalle era sempre più simile a Jonathan, soprattutto ora che lo avevo rivisto avevo potuto constatare che anche come muscolatura erano piuttosto simili, sembrava quasi che mio fratello fosse diventato più grosso da quando avevamo lasciato il campo di battaglia. Non molto più grosso, ma giusto un po’, come se avesse raddoppiato le ore di allenamento che faceva.
Entrammo nell’enorme biblioteca e mi ricordai della prima volta che avevo messo piede lì dentro, la prima cosa che avevo fatto, dopo aver ammirato la maestosità di quella stanza, era stato guardare incuriosita nelle teche che si trovavano esposte ai lati, contenevano alcuni tesori, anche se i più preziosi erano in un’altra stanza, non molto lontano da dove ci trovavamo.
“Tutto apposto?”
“Come?”

Portai lo sguardo su di lui leggermente confusa, a cosa si riferiva? Al mio gesto inatteso o alla mia chiacchierata con Jace?
“Con Jace, avete chiarito? Mi è sembrato piuttosto turbato.”
“Ah, no, cioè si. È solo che per lui questo è un momento difficile.”
“Si lo so, Maryse mi ha detto tutto.”

Maryse gli aveva parlato della situazione di Jace? Non che fosse un segreto ma mi sembrava davvero strano, visto che lui non faceva parte del nostro istituto.
Alzai le sopracciglia, storcendo le labbra e feci spallucce, non mi andava di parlarne, quelli erano problemi di Jace e non sarei stata io a renderli pubblici, soprattutto perché a lui non sembrava piacere particolarmente Micheal.
“Ok, concentriamoci sulle rune. Partiamo dal tuo potere, ho sentito che è davvero portentoso, quello che hai fatto durante la battaglia ad Idris, unire Nascosti e Nephilim, non è una cosa da poco. Ma questo lo saprai già.”
Si sedette su una delle sedie, accavallò le gambe e poggiò un gomito sul tavolo, sollevando la mano chiusa a pugno e poggiandovi sopra una guancia,
“Dimmi, come fai. Come riesci a visualizzare quelle rune?”
Incominciai a camminare lungo la stanza, cercando le parole per spiegare quello che mi succedeva ogni volta, quando quelle immagini comparivano nella mia testa.
“Delle volte mi compaiono in sogno, altre mi devo concentrare su una cosa che desidero davvero, come quando ho bloccato la casa di Jonathan. Avevo desiderato con tutte le mie forze che nessun altro potesse più entrarci e così la mia mano ha incominciato a tracciare quei segni.”
Qualcosa che nemmeno io controllavo, non sempre.
“Invece con il marchio?”
“Simon mi aveva chiesto qualcosa per proteggerlo da Raphael e l’unica cosa che mi era venuta in mente…”
“Il marchio di Caino non è qualcosa che viene in mente così, Clary. È qualcosa che solo Dio può imprimere su qualcuno, così come aveva fatto con il primo ramingo.”

Mi sedetti sulla sedia davanti la sua e poggiai entrambi i gomiti sul tavolo, prendendomi la testa tra le mani, in molti mi avevano detto quelle parole, Simon mi aveva detto che anche Raziel era rimasto sbalordito nel vedere quel disegno sulla sua fronte e si sa, sbalordire un angelo non è una cosa da poco.
“Non lo so.”
“Oh, per l’Angelo Clary concentrati. Se non scopriamo qualcosa in più come possiamo allenare questo dono?”

Lasciai cadere la testa sulle braccia, che ormai si erano incrociate sul tavolo. Aveva ragione, se non capivamo come funzionava non sarei mai stata in grado di servirmene al 100%, ma io davvero non capivo.
All’inizio avevo pensato fosse per merito di Ithuriel, che attraverso quei sogni mi aveva mandato anche qualche runa, ma dopo averlo visto scomparire nella casa di Valentine, non ne ero stata più tanto certa.
“Hai ragione.”
La mia voce uscii quasi soffocata a causa di quella posizione, ma ci stavo davvero pensando e non riuscivo a trovare una risposta a quella domanda.
Sospirò e sentii il rumore di una sedia che veniva spostata e poi di passi che si muovevano avanti e indietro per poi fermarsi. Volai la testa liberandomi la visuale di un occhio e guardai Micheal osservare la statua dell’angelo che si trovava vicino le grandi finestre.
“Ti avranno già detto che le rune che tracci non sono del tutto nuove. Alcune di quelle che hai mostrato appartengono a dei libri antichi e non sono state concesse a noi Nephilim.”
Continuava a fissare l’angelo invece che guardare me, come se la sua testa stesse viaggiando a mille chilometri da dove mi trovavo io.
“Non si trovano nel libro grigio, ma nemmeno in quello bianco.”
Finalmente si voltò, aveva l’aria assorta, le braccia incrociate al petto e con una mano stava incominciando a torturarsi il labbro inferiore.
“Se io ti chiedessi di tracciare una runa in grado di farci passare attraverso un muro, tu ne saresti capace?
O un’altra che ci permetta di riuscire a compiere dei salti talmente alti che potrebbero essere paragonati all’ebbrezza del volo, almeno per qualche istante, ci riusciresti?”

Mi sollevai poggiandomi allo schienale della sedia e buttai la testa all’indietro guardando il soffitto, chiusi gli occhi concentrandomi sulla seconda frase che aveva detto e incominciai a visualizzare delle linee che si intrecciavano tra di loro formando un disegno abbastanza semplice da poter essere riprodotto.
Mi riportai in posizione eretta e allungai una mano per prendere un foglio di carta e una penna che erano poggiati lì sopra e incominciai a disegnare, a riprodurre il disegno che era ben chiaro nella mia testa.
Una volta finito sollevai il foglio mostrandolo a Micheal che si avvicinò prendendolo dalla mia mano,
“Sarebbe?”
“Ho incominciato a visualizzarlo quando hai parlato dei salti. Sembra una runa di potenziamento ma…”
“Ma ci sono dei piccoli dettagli che la modificano.”

Annuii confermando le sue parole e lui si allontanò per prendere un libro, uno di quelli vecchi e quando lo aprii sul tavolo sentii un forte odore di polvere che mi portò a starnutire.
Micheal incominciò a parlare a spiegarmi alcuni di quei disegni e la loro origine e andammo avanti così per diverse ore, visto che quando mi voltai verso la finestra notai che il sole stava già calando.
“Isabelle!”
Mi ero quasi dimenticata che le avevo promesso di accompagnarla a prendere qualcosa per Simon, oh accidenti questa non me l’avrebbe perdonata facilmente.
Mi alzai e guardai il mio istruttore con un’espressione leggermente allarmata,
“Io devo…”
“Tranquilla, avremmo dovuto finire qualche ora fa. Scusa se ti ho trattenuta.”
“Non fa niente, però ora devo proprio scappare.”
“Ok, a domani.”

Alzai una mano in segno di saluto e corsi fuori dalla biblioteca. Continuai a correre lungo i corridoi fino ad arrivare davanti la porta della camera di Izzy e bussai, sperando di trovarla là dentro. Non appena la porta si aprì la vidi con la faccia contratta in una smorfia infastidita e per tutta risposta le rivolsi un sorriso mortificato,
“Scusa.”
“Niente scuse. Ora sbrigati e andiamo.”

Allungò una mano per prendere un cappotto e uscii sbattendo la porta alle sue spalle, l’avevo fatta arrabbiare davvero, però non pensavo che per lei fosse così importante, stavamo parlando di Simon e lei non mi aveva mai fatto notare che ci tenesse chissà quanto, tuttavia era pur sempre Isabelle e mostrare le sue emozioni non era mai stato il suo forte.
La seguii fuori dall’istituto, infilandomi il giubbino, tra un passo e l’altro,
“Dove andiamo?”
“Un negozio di musica?”

Mi venne quasi spontanea quella proposta, c’erano poche cose che interessavano Simon, come la musica, i videogiochi o alcuni film fantascientifici che mi costringeva spesso a guardare.
Le proposi di prendere un autobus, ma la sua smorfia disgustata mi fece ritirare subito quelle parole, non aveva mai apprezzato a pieno il mondo dei mondani, solo adesso stava incominciando ad avvicinarcisi, visto il profondo legame che Simon ancora nutriva per quello che riteneva familiare.
Durante il tragitto ci scambiammo si e no qualche parola, io ancora non sapevo come comportarmi con lei, non sapevo cosa si potesse chiedere oppure no e nonostante la mia curiosità, nel sapere se anche lei provasse le stesse paure che stavano assalendo Simon, decisi di mordermi la lingua e rimanere in silenzio.
Arrivate davanti al negozio la feci entrare per prima, ogni volta che uscivo con lei vedevo gli sguardi dei ragazzi seguirla ad ogni suo passo, era come se ogni suo movimento fosse magnetico, un qualcosa che riusciva ad attirare l’attenzione di tutti, come il pendolo di un illusionista.
Guardammo tra gli scaffali alla ricerca di un cd, ma sapevo perfettamente che Simon li aveva già tutti, era il classico tipo che come usciva un album che gli piaceva sarebbe stato disposto a passare la notte fuori dal negozio, accampandosi, fino all’apertura.
Lasciai Izzy guardare con aria incuriosita i vari nomi sulle copertine e mi allontanai per vedere cos’altro gli sarebbe piaciuto avere e quando finalmente trovai quello che poteva fare al caso nostro la chiamai.
“Ecco.”
Indicai un piccolo oggetto all’interno di una vetrina, era un plettro con sopra un incisione e sotto il nome del vecchio proprietario, Brian May.
“Questo?”
Lo guardò con aria confusa, come se per lei una cosa di quelle dimensioni non potesse essere considerata un regalo.
“Già. Per uno come Simon è il regalo perfetto.”
Io riuscivo ad immaginarlo tutto contento ad usare quel plettro per suonare, o forse, sarebbe stato capace di incorniciarlo e appenderlo in camera.
“È un pezzo unico ragazze.”
Era stato il ragazzo dietro il bancone a parlare. Si era poggiato con il braccio sulla teca e con l’altra mano stava indicando l’oggetto del quale stavamo parlando.
“È arrivato ieri e qualsiasi musicista vorrebbe averlo.”
“Sul serio?”

La voce di Izzy fu più squillante, come se le parole del ragazzo fossero riuscite a convincerla.
“Allora lo prendo!”
La guardai con la bocca leggermente aperta, fino a quando ero stata io a dirle quelle parole non andavano bene, ma ora che uno sconosciuto aveva incominciato ad elogiare il plettro, questo sembrava aver preso un altro aspetto.
Forse Simon, in un certo senso, aveva ragione. Izzy voleva ciò che gli altri volevano, voleva vincere a tutti i costi qualsiasi battaglia, anche quando si parlava di shopping.
Il ragazzo fece un sorrisetto compiaciuto e infilò una mano nella teca per prenderlo e impacchettarlo. Izzy pagò e quando fummo sulla soglia del negozio sentii il ragazzo richiamarmi,
“Clarissa?”
Mi voltai confusa. Come conosceva il mio nome? E soprattutto come conosceva il mio nome per intero?
Lo vidi prendere un biglietto dalla tasca e allungare una mano verso di me,
“Mi hanno detto di darti questo.”
“Chi?”
“Non ricordo. Prima è venuta una persona e mi ha detto di darti questo.”

Sentii il cuore accelerare e una strana sensazione prendere il possesso del mio corpo, presi il biglietto e lo lessi velocemente.
“Perduto è tutto il tempo che in amor non si spende.” Sorella mia, noi ne abbiamo perso pure troppo.
Sentii il mio corpo incominciare a tremare, come se davanti ai miei occhi si fosse palesata una minaccia incombente. Avevamo perso troppo tempo, quindi lui…
Quelle che prima erano solo paure adesso stavano incominciando a diventare realtà, lo aveva scritto apertamente questa volta.
“Clary?”
Sollevai la testa e incrociai gli occhi azzurri di Izzy guardarmi in maniera confusa, piegai il biglietto e lo misi nella tasca del giubbino,
“Andiamo.”
Lanciai un ultimo sguardo verso il ragazzo al bancone intento a parlare con altri clienti ed uscimmo da quel negozio.
 
  
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