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Autore: ladyvampiretta    14/01/2014    6 recensioni
Layla è destinata a morire tragicamente, così hanno deciso gli angeli. Castiel, però, ignaro di tutto, le salva la vita. I loro destini si incroceranno in un turbinio di amore e morte che li porterà ad attraversare l'Inferno e il Paradiso per sfuggire alla sorte avversa.
[Dalla storia]
"« Devo tenerti d'occhio... » continuò « ... corri un grave pericolo »
Rimasi colpita « Eh? Quale pericolo? » sbottai.
Castiel rimase impassibile « Ti vogliono morta »
Genere: Azione, Drammatico, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Castiel, Nuovo personaggio, Un po' tutti
Note: Otherverse | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago
Capitoli:
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L'INFERNO

 

"Call me... How you will call me?

How you will call your fear

when lights will be fading?"

[Freaks! - About Wayne]

 

 

L'inferno.

Tutti se lo immaginano come un luogo dove regna il dolore, dove c'è sofferenza... ma nessuno pensa quanto questo possa essere riduttivo.

Quello che subii quando mi ritrovai al cospetto di Crowley fu inimmaginabile. Le sofferenze che patii non sono descrivibili, tanto furono atroci. Era il Re dell'Inferno, ma di certo non pensavo si divertisse tanto nel vedermi agonizzare.

Subii le peggiori violenze... la mente umana non può concepire quello che passai lì sotto. E solo in quel momento capii il vero significato della parola "Inferno".

Due giorni.

Quarant'otto ore.

Il tempo sembrava scorrere più lento che mai.

Mentre venivo torturata, non potevo far altro che pensare al mio angelo. Dopotutto, era per lui che avevo permesso a Caius di portami all'Inferno. Era un patto, al quale non potevo sottrarmi.

Il dolore era atroce, riuscì perfino a farmi rimpiangere di essere nata.

Non ci sono parole per descrivere quello che subii.

Appena Caius mi aveva portata negli Inferi, devo ammettere che ne rimasi sorpresa. Non era, a prima vista, quel "luogo di anime perdute" che immaginavo: era costituito da un corridoio oscuro lunghissimo.

A primo impatto, pensai che la mia "tortura" fosse quella di camminare senza arrivare mai. Mi viene da ridere se ripenso a quanto fossi ingenua.

Dopo una lunga camminata, ci trovammo davanti ad un portone nero.

Il demone mi spinse verso di esso, prima di bussare.

« Avanti » fu la risposta divertita di Crowley all'interno della stanza.

Quando la porta si aprì, mi trovai davanti ad una stanza dalle pareti ricoperte di qualcosa di scuro e tetro (che sperai fosse carta da parati). Non c'era luce e la sola fonte di illuminazione proveniva da un camino acceso, in cui scoppiettava allegramente un piccolo fuocherello. La fiamma proiettava delle strane ombre sulle pareti.

Ebbi un fremito quando vidi la poltrona nera al centro della stanza. In un attimo ripensai alla sofferenza che avevo provato mentre il tatuatore mi disegnava il pentagramma sul petto.

Vicino ad essa, c'era un grosso tavolo di onice, scuro, su cui era poggiato quello che sembrava a tutti gli effetti un orologio elettronico. Sul quadrante lampeggiavano i numeri 48:00 di un verde fosforescente.

Rabbrividii. Quello era sicuramente il conto alla rovescia della mia permanenza all'Inferno.

« Salve dolcezza » mi accolse con la sua voce minacciosa. Sembrava vagamente canzonatoria. Alzai lo sguardo e incrociai quello di Crowley.

Era vestito con un completo scuro, con una camicia nera e la cravatta grigia. Mi guardava e sorrideva, serafico.

Gli rivolsi uno sguardo truce.

« Ti ricordi di me, dolcezza? Ci siamo visti poco fa » asserì.

Non dissi nulla, così lui proseguì.

« Allora » disse, aprendo le braccia « Pronta per le tue 48 ore infernali? » domandò, abbozzando un sorriso.

Degluttii. Alle mie spalle comparvero due figure che mi afferrarono per le braccia e mi depositarono in malo modo sulla poltrona nera. Due manette apparvero dal nulla e mi bloccarono gambe e braccia.

Cercai di divincolarmi, mentre delle lacrime di paura cominciavano a rigarmi il volto.

« Si comincia » mormorò eccitato Crowley, battendo le mani.

E fu l'inizio della fine.

 

Quarant'otto ore.

Due giorni.

Di certo non immaginavo che il tempo all'inferno passasse tanto lentamente.

Arrivata al culmine del dolore, lanciai uno sguardo all'orologio, immaginando che i due giorni d'agonia fossero passati da un bel pezzo.

Dovevano essere passate settimane, invece il timer sembrava dissentire. Non era possibile.

Tra una ripresa e l'altra, Crowley intercettò il mio sguardo sbigottito e ridacchiò.

« Ah, tesoro, non te l'ho detto? » chiese divertito « All'Inferno il tempo passa con maggiore lentezza, ventiquattr'ore terrestri corrispondono a un mese qui »

Sgranai gli occhi. Sul quadrante erano riportati le ore e i minuti rimanenti:

23:54

A detta del demone avevo ancora un altro mese di sofferenze.

Non riuscivo a crederci.

Avevo la gola dolorante per il troppo gridare e avevo delle incredibili fitte alla testa. Stavo per scoppiare. Cominciai a chiedere aiuto, nella speranza che qualcuno mi sentisse, ma niente. Anzi, le mie grida non fecero altro che divertire di più i miei aguzzini.

« Mi dispiace, ma un patto è un patto » ridacchiò Crowley, prima di avventarsi nuovamente su di me.

E la mia tortura ricominciò.

 

Non riuscii a crederci quando, guardando il timer, mi resi conto che era arrivato a zero.

00:00 mi sembrò una visione celestiale.

La mia tortura era finita.

Ero talmente dolorante e distrutta che manifestai la mia gioia sollevando solamente l'angolo sinistro della bocca.

Crowley andò a lavarsi le mani nella stanza accanto e quando tornò, bastò uno schiocco di dita per liberarmi dalle manette che per due mesi mi avevano tenuta imprigionata.

Mi sentivo distrutta, le torture mi avevano prosciugata di ogni gioia di vivere... di ogni voglia di vivere.

Abbassai lo sguardo, malgrado il dolore al collo e quello che vidi mi terrorizzò. Il mio corpo era martoriato da tagli, bruciature, lividi. Non c'era centimetro di pelle intatto o sano. Sotto la poltrona si erano formate delle enormi macchie scure.

Sangue.

« Bene, puoi tornare dal tuo angelo » annunciò il demone. Mi squadrò da capo a piedi.

« Ma prima, forse, è meglio se ti dò una sistemata »

Si avvicinò e mi posò un dito sulla fronte, un po' come faceva Castiel.

Castiel. Il mio angelo.

Una strana sensazione si diramò dal cuore, raggiungendo ogni parte del mio corpo. Sarei tornata da lui in un batter d'occhio e avremo completato il rituale. Potevamo vivere insieme, senza più problemi.

Il tocco di Crowley fu come ghiacchio su un corpo bollente. Rabbrividii.

In un attimo, però, il dolore svanì. Abbassai nuovamente lo sguardo e notai con enorme stupore che il mio corpo era tornato come prima delle torture. Non avevo ne' graffi, ne' lividi.

Stavo bene... o almeno, a livello fisico era tutto a posto. Crowley di certo non poteva fare nulla per migliorare la mia mente... i ricordi degli ultimi mesi.

Quando saltai giù dalla poltrona, riscoprii come fosse toccare nuovamente con i piedi a terra. Dopo mesi legata, il semplice fatto di poter di nuovo poggiare su un qualcosa di solido fu strano.

Feci qualche passo e mi accorsi che le mie gambe funzionavano ancora bene, come se non fosse successo nulla.

Mi voltai verso il mio aguzzino. La sola vista del demone mi dava i brividi. Ne ero spaventata, ma presto sarei tornata da Castiel. Nessuno ci avrebbe più cercati e lui avrebbe curato le ferite che il re dell'Inferno aveva lasciato su di me.

« Allora, quando mi riportate a casa? » domandai con voce tremante.

Crowley mi guardò con cipiglio alzato « Non ti riporterò sulla Terra »

« Perché? » sbottai, sgranando gli occhi. La paura tornò a farsi strada in me.

« Perché non era nei patti »

Strinsi i pugni contro il corpo « Non è vero! Caius aveva detto che... »

« Che dopo due giorni saresti stata libera, non che ti avremmo riportato a casa » disse, interrompendomi.

Gli occhi mi si ridussero a due fessure. Avevo interpretato male le sue parole. Con "libera" pensavo dicesse che mi avrebbe riportata da Castiel. Ma così non sarebbe stato.

« Sono passate le 48 ore, ora sei libera » disse, con il suo solito fare canzonatorio.

« E... io come torno sulla Terra? » domandai, con voce isterica mentre il panico si insinuava in me.

"Rimarrò per sempre qui?"

« Non ne ho idea, questo è un posto per anime, tu qui sei un'anomalia, vedi di cavartela da sola » disse, inespressivo.

« Brutto bastardo! » cominciai ad inveire, ma Crowley schioccò le dita e mi ritrovai ad urlare contro un muro spoglio.

Mi voltai di scatto e mi ritrovai in quella che sembrava una strada bombardata e distrutta dalla guerra. Non c'era molta luce e la sola illuminazione era data da alcuni focolari accesi qua e là.

"Dove mi ha mandata?"

Intorno a me cominciarono ad avvicinarsi delle ombre scure. Sembravano quasi incorporee, eppure avevano l'aspetto minaccioso.

Senza pensarci due volte, feci uno scatto e cominciai a correre. Le anime dei dannati cercarono di starmi al passo, con la differenza che loro non sentivano la fatica, io sì.

Correvo, obbligando le mie gambe a muoversi il più velocemente possibile, mentre le anime si lanciavano verso di me, cercando di fermarmi. Alcune mi saltarono addosso, rimanendo aggrappate alle mie braccia, ma riuscii a scrollarmele di dosso.

Continuai a correre fino a perdere il fiato, quando mi accorsi di star entrando in un posto nuovo. Mi fermai di colpo e notai che le anime non mi seguivano più. Si erano dileguate.

Intorno a me c'era il nulla più assoluto, anche se il rosso era il colore che dominava la mia visuale. Per un attimo nella mia mente tornarono le immagini delle torture che avevo subito. Il rosso... il rosso del sangue.

Sbarrai gli occhi per la paura. Fu come cadere in trance. Il mio corpo venne percorso da dei brividi e un attimo dopo sentii il pavimento sotto le mie ginocchia.

"No, non devo pensarci, è finita!" mi ridestai, ricacciando dentro le lacrime di dolore e paura. Facendo forza sulla braccia, cercai di rialzarmi in piedi. L'unico pensiero che mi impediva di impazzire era il viso di Castiel. I suoi occhi blu cobalto erano la mia ragione di vita lì sotto. Perfino quando Crowley mi torturava, l'unica cosa che mi obbligava a resistere era il mio angelo, che mi aspettava ai "piani alti". Era per lui che ero scesa e per lui sarei risalita.

In lontananza scorsi come un enorme cancello in ferro battuto e una figura che sedeva su un masso lì accanto.

Degluttii. E se mi fossi cacciata ancora più a fondo nei guai?

Eppure, quella figura era l'unica persona che poteva darmi delle risposte. Presi fiato e mi incamminai verso il cancello.

Quando arrivai davanti ad esso, rimasi esterrefatta per quanto fosse enorme.

Era alto almeno dieci metri e largo cinque. Era costituito da filamenti che si intrecciavano l'uno all'altro e nel punto più alto formavano una scritta, conosciuta in tutto il mondo.

« "Lasciate ogni speranza o voi che entrate" » recitò l'uomo accanto al cancello.

Mi voltai a guardarlo, incuriosita.

Era un signore alto e statuario, dalla lunga barba bianca infilata nella cintura del saio che indossava. La scena sarebbe quasi risultata comica, se non fosse per il luogo in quale mi trovavo. Malgrado la barba, non aveva la minima ruga sul volto.

Gli occhi erano completamente neri, privi di pupilla, come tutti i demoni. Sopra uno di essi, c'era una vistosa cicatrice che segnava il viso in una linea perfettamente obliqua.

« Io sono Minosse, guardiano del cancello degli Inferi » disse, in tono autoritario. Mi lanciò un'occhiata carica di stupore. Lo vidi socchiudere gli occhi, come per vedermi meglio.

« Tu chi sei? Non sei uno spirito, sei viva! » sibillò, mostrando la lunga lingua biforcuta, come quella dei serpenti: lunga più del normale, sulla punta si spezzava in due lingue appuntite. Ebbi un fremito di paura « Ehm, sì, sono viva » lanciai un'occhiata al cancello « Come faccio a tornare sulla terra? » domandai, anche se dal mio tono di voce sembrava una supplica.

Minosse scoppiò in una risata fragorosa « Dall'Inferno non si esce » e riprese a ridere.

Mi si gelò il sangue nelle vene e il mondo mi crollò addosso.

Sarei rimasta a marcire all'inferno fino alla fine dei miei giorni. Non avrei rivisto più nessuno... non avrei più rivisto Castiel.

Le lacrime cominciarono a rigarmi il viso. Sentii dei passi farsi più vicino e mi accorsi che Minosse mi stava guardando in modo torvo.

« Perché piangi? » disse, in tono canzonatorio.

« Perché morirò qui senza aver visto... » ma il nome di Castiel non mi uscì. Sentivo un groppo alla gola che a malapena mi permetteva di respirare. Le ginocchia mi cedettero e mi trovai per l'ennesima volta carponi.

« Alzati! » ordinò a denti stretti. Sollevai lo sguardo. La creatura mi guardava in modo torvo.

« Dall'Inferno non puoi raggiungere la Terra, ma si dice che ci sia un portale nel Purgatorio » mormorò, come se non volesse che le sue parole venissero udite.

« Come? Dici sul serio? » dissi, mentre mi si allargava il sorriso sul volto.

« Sì » rispose « Ma per arrivare al Purgatorio, dovrai superare tutti gli anelli dell'Inferno... ed è una missione suicida »

« Accetto! » dissi, senza pensarci due volte. Se avessi temuto delle prove, non mi sarei ritrovata ad amare un angelo e a finire nell'Inferno.

Minosse mi guardò, sbigottito.

« Non sai quello che fai » disse, scuotendo la testa.

« Non mi importa » mi impuntai « Per lasciare questo posto sono disposta a tutto »

Minosse non disse nulla, si limitò ad annuire piano.

« Non mi resta che aprirti il cancello, ma leggi e capisci bene la scritta lì sopra » disse, indicando la frase "Lasciate ogni speranza o voi che entrate".

Strinsi i denti. Dovevo farlo, ad ogni costo.

Minosse mi rivolse un ultimo sguardo fugace, prima di darmi le spalle e avvicinarsi al cancello.

Mormorò alcune parole in latino e per un paio di istanti non successe nulla.

Improvvisamente si udì uno stridio e il cancello cominciò a muoversi, come per magia. Il cigolio fu un suono sordo che mi costrinse a premere le mani sulle orecchie.

« Supera tutte e sette le porte. Quello è l'unico modo per abbandonare l'Inferno » mi scrutò come per confermare che avevo capito « Buona fortuna, ne avrai bisogno »

Lo guardai con fermezza.

Ormai avevo deciso.

Stavo per superare l'enorme cancello quando la voce di Minosse mi raggiunse di nuovo.

« Ti dò un ultimo consiglio: l'Inferno ti farà perdere la rotta, chi sei, ti farà vacillare... dopotutto, è una terra di punizione e nessuno ne esce senza una qualche cicatrice. Ricordati chi sei e perché vuoi risalire » disse. Io, che ero rimasta ferma davanti al cancello, mi irrigidii a quelle parole, ma non potevo fare altro. Sarei uscita dall'Inferno, a qualsiasi costo.

 

Quando le porte dell'Inferno si aprirono, venni investita da una folata di vento bollente. Degluttii e mi incamminai. Oltrepassato l'uscio del cancello, sentii come una forza invisibile che mi attirava a se'. Non potevo oppormi.

Sentii un cigolio sinistro e intuii che il cancello mi si era chiuso alle spalle.

Mi guardai intorno, cercando di vedere cosa mi riservasse l'ingresso dell'inferno.

Era un lungo viale a strapiombo in quello che doveva essere un fiume, illuminato da diverse fiaccole lungo tutto il cammino.

Gli alberi erano secchi e spogli, la strada lastricata di cemento.

Il caldo era afoso.

"Chissà cosa troverò qui" pensai, continuando a guardarmi intorno con circospezione.

Improvvisamente vidi un gruppetto di uomini. I loro lamenti si udivano a km di distanza. Mi avvicinai con cautela.

C'erano circa una decina di uomini e donne, legati a dei pali sormontati da fiaccole. Il loro vociare era straziante. Cercavano di liberarsi, fissando un punto imprecisato.

« No, ti prego... »

« Per favore, aspetta... »

« No... »

Li guardai incredula.

Mi avvicinai ancora di più.

Un uomo, basso e tarchiato, con le mani legate sopra la testa e i piedi legati insieme smise di pregare e abbandonò la testa contro la spalla.

"Sarà morto?" pensai, subito rettificato in "Sarà svenuto?"

Improvvisamente fece un sonoro e profondo respiro, come se fosse stato sommerso nell'acqua per lungo tempo e l'aria avesse da poco ricominciato a circolare nei polmoni.

« Non ce la faccio... ti prego » riprese a lamentarsi come niente fosse.

Accanto a me sentii come se qualcosa di pesante fosse caduto al suolo. Mi voltai di scatto e incrociai gli occhi spenti e sgranati di una donna. Sembrava fosse riuscita a liberarsi, ma il palo era caduto su di lei, schiacciandola. Senza pensarci due volte, cercai di aiutarla, ma il palo era decisamente più pesante di quelli normali. Strinsi i denti e con tutta la forza che avevo in corpo riscii a spostarlo quel tanto che bastava per far uscire da sotto la donna.

Lei sgattaiolò velocemente e si alzò di scatto, guardandosi intorno furtiva.

Indossava solo una tunica bianca lacerata e sporca in più punti.

« Ehi, devo farti alcune domande urgenti » dissi, avvicinandomi a lei. La donna sembrò non avermi sentita, tanto era in agitazione. Sospirai e la scrollai, prendendola per le spalle. Non avevo tempo da perdere.

« Ehi! Dico a te! Dove siamo? »

La donna, sempre tremante, spostò il suo sguardo su di me. Era vuoto, come privo di vita o di speranza. Non c'era alcuna luce nei suoi occhi.

« Siamo nel girone dell'accidia » sussurrò con voce tremante, stringendosi nel suo stesso abbraccio « Qui ci sono quelli che nella vita hanno vissuto nella noia, nella pigrizia... »

« E come mai... » non sapevo come formulare la domanda. Volevo chiederle perché si lamentassero tanto osservando un punto imprecisato. Magari la loro era solo pazzia, dato il posto in cui erano stati rinchiusi.

La donna intuì i miei dubbi e prese un lungo respiro prima di rispondere.

« Nella vita siamo stati indifferenti e insofferenti... » mi spiegò, abbassando lo sguardo. Aveva il viso segnato da profondi solchi sulle guancie « La nostra pena è quella di rimanere per l'eternità incatenati a dei pali in cui la nostra insofferenza viene forzata attraverso la visione di immagini di una realtà dove i nostri sogni che avevamo da vivi si mescolano ai nostri peggiori incubi ». Si portò le mani sul volto e cominciò a massaggiarselo. Il volto scheletrico e il suo pallore risaltavano maggiormente con la luce delle fiaccole lì intorno.

« E tu che cosa vedi? » chiesi, senza pensare. La domanda mi era sorta spontanea, dato il viso contrito della donna.

« Mi...mio marito con dei figli che non abbiamo mai avuto ma che ho sempre sognato... sono così belli... non potendoli avere, ero diventata insofferente verso il mondo. » rispose, con le lacrime agli occhi « Hanno i miei capelli e i suoi occhi e... » non riuscì a finire la frase, dato che i singulti cominciarono a farsi strada in lei.

"Questo è il suo sogno... vuol dire che sta per arrivare l'incubo"

« Lui però mi ha uccisa per sposare Karim Duval... la reginetta del ballo, la più bella ragazza della scuola che da sempre mi ha portato via tutto... e adesso anche John... e sono felici insieme » e scoppiò in un pianto a dirotto.

Mi morsi il labbro. Volevo consolarla, ma non trovai le parole adatte.

Mi limitai a delle cordiali pacche sulle spalle.

« Senti... » provai a chiedere « Non è che per caso sai se c'è una porta? Un passaggio? » le chiesi, addolcendo la voce.

La donna tirò su col naso e mi rivolse lo sguardo vacuo.

« Sì, se vai sempre dritto, troverai una montagna... alle pendici c'è una porta, almeno così si dice... nessuno c'è mai arrivato perché... » la sua voce si spezzò e la donna strabuzzò gli occhi.

Il suo corpo si irrigidì e il palo, che poco prima l'aveva quasi schiacciata, le cadde addosso, pesantemente. Lei non fece neanche in tempo ad urlare e io rimasi impalata a fissare la scena.

Improvvisamente, il palo si sollevò, come mosso da una forza misteriosa, conficcandosi nuovamente nel terreno. Mi avvicinai per sincerarmi delle condizioni della donna.

"Non può essere morta perché è già morta" mi urlò la mia parte razionale.

In minuto dopo, esattamente come l'uomo tarchiato, anche la donna si riprese bruscamente. Si guardò intorno, quando il suo sguardo venne catturato da qualcosa davanti a se'. E cominciò ad agonizzare.

E in quel momento capii che era tornata preda del suo stesso incubo.

 

Appena la donna riprese ad urlare, si alzò un vento gelido. Non era una folata normale, ma era tagliente e quando investì i corpi dei dannati, lasciò su di loro ferite profonde da cui fuoriusciva un liquido cremisi: sangue.

Non udii le loro urla. I loro gemiti si persero nella tempesta.

 

Seguii le indicazioni che la donna mi aveva dato. Camminai a lungo, passando ad altri peccatori di accidia, prede dei loro incubi peggiori e al vento sferzante, che supplicavano e gemevano. Cercai di ignorarli, altrimenti non sarei mai uscita viva da lì. Nonostante tutto, sembrava che la tempesta non avesse effetto su di me. Dopo quella che mi sembrò una infinità, arrivai alle pendici di una enorme montagna. Anch'essa era priva di vegetazione, anzi, sembrava che vi fosse stato da poco spento un incendio.

Intravidi una porta e feci uno scatto per raggiungerla.

Non era niente di maestoso, sembrava una semplice porta di legno... forse un po' antica, scheggiata. Niente però avrebbe lasciato intendere che si trattava della porta che conduceva al secondo girone infernale.

La maniglia sembrava d'oro. Titubante, vi appoggiai la mano sopra. Di primo impatto mi sembrò bollente. Fu proprio mentre le dita si chiudevano sul metallo che accadde. I ricordi delle torture di Crowley tornarono a far capolino nella mia mente. Sempre senza staccare la mano, sentii le ginocchia affondare nella ghiaia cosparsa sul pavimento.

Ganci arrugginiti che mi afferravano la pelle e le ossa, tiravano senza che nulla si rompesse, ma il dolore era quanto di più atroce possibile. Delle catene mi avvolgevano il collo cercando di stritolarmi...

La testa cominciò a girarmi e il mondo intorno a me sembrò vorticare fino a diventare sfocato.

"No, dove riprendermi... dove uscire dall'Inferno".

Facendo appello a tutte le mie forze, cercai di scacciare quei pensieri e concentrarmi sulla mia missione: tornare sulla terra.

Una leggera brezza gelida mi fece venire la pelle d'oca. Ma durò un attimo, per poi sparire.

Finalmente riuscii ad alzarmi e a fare pressione sulla maniglia. La porta si aprì cigolando.

Non riuscii a vedere cosa ci fosse oltre, data l'oscurià.

Mi feci forza e superai l'uscio.

 

La prima cosa che mi colpì fu il forte odore di sudore che mi fece arricciare il naso.

Quando entrai completamente, la porta alle mie spalle si chiuse con uno schianto.

L'ambiente era molto simile al girone precendente, ma ai pali infuocati non c'era nessuno appeso. Le anime erano tutte in piedi.

E combattevano.

Uomini e donne combattevano, facevano a pugni e si lanciavano calci con una violenza inaudita. Due uomini mi passarono vicino mentre facevano a botte.

Uno era alto, con il viso scarno, con un paio di ciocche brizzolate. Indossava dei vestiti tutti strappati e sanguivana. Aveva graffi su tutto il volto.

Il suo aggressore... era uguale a lui!

Mi fermai ad osservarli, sbigottita. In effetti, il suo avversario era identico a lui, con una sola differenza: era perlaceo, come un fantasma, anche se doveva essere solido a tutti gli effetti.

L'aria era satura di urla, gemiti, sofferenza. Il pavimento ricoperto di rosso.

E poi, in mezzo a quel caos, vidi un bambino, caduto a terra, mentre un altro inveiva con violenza su di lui. Era atroce la brutalità con cui uno feriva l'altro.

Senza pensarci due volte, mi lanciai su di loro e provai a separarli. Spinsi il bambino perlaceo lontano dall'altro, parandomi davanti a lui.

Lo spirito mi guardò con uno sguardo strafottente « Ne vuoi anche tu? » domandò.

Gli lanciai un'occhiataccia e aiutai lo spirito del bambino normale a rialzarsi.

Questi mi sorrise, riconoscente.

Non doveva avere più di otto anni. Piccolino, con dei capelli scuri scompigliati, indossava solo una maglietta bianca lacera. Cominciò a piangere e mi si aggrappò ad una gamba.

« Ti prego, signora, aiutami » disse, singhiozzando.

Strinsi i denti e lanciai un'occhiataccia allo spirito perlaceo.

« Perché lo stai picchiando? È solo un bambino, come te! » lo ammonii, urlando. In quel momento, il fatto che mi trovassi all'Inferno sembrò sparire davanti ai miei occhi e l'istinto prese il sopravvento sulla razionalità.

« E' la sua pena, tu non puoi farci niente » sibillò, incrociando le braccia.

Improvvisamente venni sollevata da terra e scagliata contro una parete.

« AHI!!! »

Caddi a terra carponi, ansimando. La botta era stata talmente forte che mi aveva mozzato il respiro. Impiegai diversi secondi a rialzarmi in piedi.

Mi guardai intorno, per vedere chi mi avesse fatto quello. Alzai lo sguardo: ero andata a battere contro una parete di pietra nuda, su cui troneggiava una targa su marmo.

La scritta era in latino.

« "Qui scontano la loro pena le anime che in vita furono cariche d'ira. Sono destinate a combattere contro se stessi e a patire sulla loro pelle lo stesso odio che manifestarono verso un altro essere vivente" » tradussi ad alta voce.

Sbarrai gli occhi.

Il girone dell'ira.

Lancia un'occhiata al bambino che combatteva contro lo spirito di se stesso.

Come poteva aver vissuto nell'ira? Non aveva neanche avuto il tempo di vivere.

"No, non è possibile" pensai, allibita.

« Ma brava, vedo che conosci il latino » mi schernì una voce poco distante da me.

Mi voltai nella direzione da cui era provenuta la voce e quello che vidi mi lasciò senza parole.

Una ragazza alta, slanciata, dai capelli mossi e scuri mi guardava beffarda. Indossava dei jeans chiari su un top bianco.

Quella figura perlacea era la mia esatta copia.

Se ne stava ferma, con le braccia incrociate, ad un paio di metri da me, a fissarmi con un sorrisetto finto sulle labbra.

« Comunque quel bambino deve scontare la sua pena perché una notte, non riuscendo più a rimanere impassibile davanti al fratellino più piccolo che piangeva in continuazione lo ha massacrato di botte... deve pagare » disse, atona.

Sgranai gli occhi.

Non avevo sentito la parte sul bambino, incredula com'ero nel trovarmi davanti uno spettro dalle mie sembianze.

« No... non è possibile » biascicai, vedendola « ... io non sono morta... perché tu sei qui? »

« Non sei morta ma sei all'Inferno » rispose, nel modo più naturale possibile. Si portò le mani ai fianchi e mi studiò con lo sguardo « Sei contro-natura qui e devo porvi rimedio » fece una mezza risata « Magari vuoi che assuna un aspetto... "diverso" ? » domandò, mimando le virgolette con le mani.

« Cosa? » La guardai confusa.

Il mio riflesso perlaceo fece ondeggiare i capelli e in meno di un battito di ciglia si era trasformata. Non era più la mia copia ma... quella di Castiel.

Sgranai gli occhi mentre il mio cuore cominciava a battere forte dalla paura.

« Oh, sì, questo era l'effetto che volevo » ridacchiò lo spettro, con la voce del mio angelo.

Degluttii a fatica. Dovevo andarmene di lì e alla svelta.

Castiel-spettro mi guardò con un sorriso beffardo e carico d'odio che mi fece rabbrividire.

« La paura... che bella sensazione » disse. Era proprio la voce di Castiel, dolce e profonda. Alzò un braccio e fece come per scacciare una mosca. Nello stesso istante, il mio corpo di sollevò ancora, gettandomi a terra, ai suoi piedi.

L'angelo-spettro si inginocchiò accanto a me « Ti sei fatta male? » chiese in tono ironico.

Avevo il sangue in bocca.

Ferro e sale.

Lo sputai in terra e lui rise ancora più forte.

« Si direbbe che sei ridotta male » e così dicendo, mosse ancora una volta la mano e mi fece volare a diversi metri di distanza. La mia schiena si scontrò contro il tronco di un albero. Il dolore fu lancinante e sentii diverse scheggie conficcarmisi nella pelle.

Grugnii di dolore e cercai di rialzarmi in piedi.

« Castiel non è così chiacchierone » mormorai, abbozzando un sorriso di schernimento.

Mi guardai intorno.

"Dov'è finito quello spirito?" pensai, stringendo i denti dal dolore. Lo spettro dalle sembianze dell'angelo sembrava sparito.

Sentii un'altra fitta alla schiena e mugugnai dal dolore.

Certo, non era niente rispetto a quello che mi aveva fatto patire Crowley, ma faceva male lo stesso.

Sentii una piccola fitta al labbro. Lo sfiorai con la mano destra e vidi che c'era una lunga linea rossa.

"Merda, sto sanguinando"

Dello spettro-Castiel non c'era alcuna traccia, però avevo visto una cosa. Un elemento che mi diede nuova speranza: una porta.

Un secondo dopo, lo spirito mi fu accanto e mi assestò una ginocchiata tra le costole.

Dovevo reagire o mi avrebbe fatta fuori.

Mi rialzai a fatica, sotto il solito sorriso beffardo dello spettro.

"Il viso di Castiel..." pensai, mentre la mia mano tremava.

"Non posso colpire Castiel " pensai, stringendo i denti.

Dovevo farmi forza. Sapevo che non era il mio angelo, ma solo uno stupido spirito che aveva assunto le sue sembianze.

« Cosa c'è? Non ce la fai a colpirmi? » mi schernì « Ah, è vero! Tu ami Castiel e non lo colpiresti mai. In tal caso, ci penso io » e così dicendo, lo spirito-Castiel mi assestò un pugno sullo stomaco. Mi piegai in avanti, con il fiato corto.

"Merda!"

Quando riuscii a respirare normalmente, alzai lo sguardo, incrociando quello dello spirito. Gli occhi erano dello stesso blu cobalto dell'angelo, ma di certo non avevano la stessa luce. Quelli di Castiel erano talmente espressivi che bastava uno sguardo per capirlo. Quelli della figura che mi stava davanti erano vuoti, inespressivi.

"Bene" pensai, sorridendo. Mi bastò quel dettaglio per farmi ritrovare la forza di colpire.

« Ora ti tolgo quel sorrisetto dalla faccia! » dissi, mentre gli sferravo un pugno in faccia con tutta la forza che avevo.

Lo spettro inclinò la testa confuso.

Il mio colpo, però, non sortì alcun effetto. La mia mano oltrepassò il corpo perlaceo della figura che mi stava davanti. Sbilanciata, caddi in avanti.

"Dovevo immaginarmelo, è un fantasma!" diedi un pugno a terra.

Poi ebbi una intuizione. Lo spettro non si era ancora voltato nella mia direzione e come una furia mi rialzai in piedi e feci uno scatto fino alla porta che avevo visto prima. Quando poggiai la mano sulla maniglia, venni attraversata dalla scarica elettrica e poco dopo la porta si aprì. Vidi lo spettro-Castiel lanciarmi uno sguardo omicida, prima di urlare una qualche imprecazione. Ma non mi importava.

Ero entrata nella terza porta.

 

 

Angolo dell'autrice:
Ok, da bravi, posate quelle mannaie! So che non ho rappresentato l'Inferno come Dante... si sarebbe rivoltato nella tomba. Ho optato per una versione legata ai 7 peccati capitali, spero di aver reso bene la pena e la sofferenza dei dannati.

Ahi! Scusate, ma devo lasciarvi, c'è il fantasma di Dante che mi sta prendendo a sassate...posso capirlo... aggiornerò presto, se sopravvivo!

 

 

  
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